NT/ Gennaio 28, 2023/ Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Studi, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

L’esperienza di Dio, della sua salvezza è possibile soltanto a chi si presenta davanti a Lui nello stato di indigenza.

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È sul «povero», sul contrito ed umiliato di cuore che Egli posa i suoi occhi. Quanti sono privi di gioia, di serenità, il Cristo li invita a cercare l’origine di tanta insoddisfazione e smarrimento, che forse sta nel ricercare il benessere per il benessere.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Sofonia ci dà il ritratto più completo del «povero» secondo la Bibbia. Povero è colui che cerca la giustizia e l’umiltà, che resta disponibile al piano di Dio. A un «piccolo numero di poveri» Dio rivolgerà il suo messaggio, per portare avanti il suo disegno di salvezza. Questo è lo stile inconfondibile dell’opera di Dio: «Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero».

Dal libro del profeta Sofonìa (Sof 2,3; 3,12-13)

Cercate il Signore
voi tutti, poveri della terra,
che eseguite i suoi ordini,
cercate la giustizia,
cercate l’umiltà;
forse potrete trovarvi al riparo
nel giorno dell’ira del Signore.
«Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».

Confiderà nel nome del Signore
il resto d’Israele.
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Potranno pascolare e riposare
senza che alcuno li molesti.

Salmo Responsoriale Dal Sal 145 (146)

R. Beati i poveri in spirito.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. R.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. R.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.

Seconda Lettura

Dio quando sceglie non tiene conto dei privilegi di classe e condizione economica o di cultura, anzi se sembra avere una preferenza è solo per ciò che è considerato insipiente e debole agli occhi degli uomini del mondo; per questo l’Apostolo afferma che «Dio ha scelto ciò che è debole per il mondo per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, (…) per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 1,26-31)

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.

VANGELO

Nel discorso delle beatitudini vengono delineate chiaramente e inequivocabilmente le linee maestre del comportamento e dei sentimenti del cristiano. È una Parola dura, in netta opposizione alla mentalità che respiriamo, inaccettabile in una visione terrena e umana della vita. E non dimentichiamo che in questo Logos Gesù non si rivolge in primo luogo agli apostoli, ma alla folla quindi a tutti noi. I poveri, i miti, gli afflitti, i misericordiosi, i puri, gli assetati di giustizia, gli operatori di pace e i perseguitati sono proclamati beati, perché grande è la loro ricompensa nei cieli e già qui in terra quella spirituale: «Beati i poveri in spirito».

 

+Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Chiesi a Dio di essere forte
per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
Mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l’umiliazione
perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
Mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini
nessuno possiede quello che ho io!

(Testo anonimo, inciso su una tavoletta di bronzo in un istituto carcerario a New York, attribuita a  Kirk Kilgour, famoso pallavolista rimasto paralizzato nel ’76 a seguito di un incidente durante un allenamento. Kirk ha letto questa preghiera di fronte al Papa durante il Giubileo dei malati a Roma).

 

1-Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Il Signore aveva insegnato con il suo esempio che bisognava rifiutare la gloria dell’ambizione umana, dicendo: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto (Mt 4, 10). E poiché aveva preannunciato mediante i profeti che avrebbe scelto un popolo umile e timoroso delle sue parole (cf. Is 66, 2), stabilì nell’umiltà dello spirito il principio della beatitudine perfetta. Perciò egli ha collocato nel possesso del regno dei cieli coloro che hanno umiltà di spirito, cioè quelli che si ricordano di essere uomini, consapevoli di essere costituiti dall’ aggregazione di elementi vili e di scarsissimo valore per essere generati a questa condizione di corpo perfetto e di evolvere, mentre Dio asseconda il loro progresso, verso queste facoltà del pensiero, della riflessione, del giudizio e dell’azione.
Consapevoli che nulla appartiene loro, nulla possiedono di proprio, ma che per il dono dell’unico Padre sono state concesse le stesse condizioni iniziali per venire alla vita ed accordate le stesse risorse per goderne.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 4, 2)

Sappiamo bene che vi sono molte categorie di poveri; ma non per il fatto stesso che sono poveri, si deve concludere che essi siano beati! Non è certo l’indigenza a renderci beati, ma la fede di una povertà abbracciata volontariamente.
Sappiamo altrettanto bene che ci sono di quelli materialmente poveri in questo mondo, e ciò nonostante non lasciano di commettere peccati; in tale maniera sono lontani dalla fede che va riposta nel Signore. È scontato che individui di tal fatta non meritano certo l’appellativo di beato. Occorre che cerchiamo di capire a chi va la prima beatitudine, che asserisce: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Ecco di quali beati si tratta: si tratta di coloro che, disprezzate le ricchezze di questo mondo, disprezzate egualmente le sostanze del secolo presente, allo scopo di diventare ricchi davanti a Dio, scelsero di essere poveri di fronte al mondo. Il mondo li giudica poveri, ma essi sono ,ricchi davanti a Dio; bisognosi di tutto secondo i criteri del mondo, ma ricchi di fronte al Cristo.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 2)

Sebbene anche l’evangelista Luca esponga in parte le beatitudini, tuttavia queste beatitudini [di Matteo] debbono essere intese come più complete di quelle; quelle furono pronunciate in un campo,
queste su un monte. Quelle a persone modeste, queste a perfetti, a reggitori di popoli, quali furono gli apostoli, a cui queste parole furono rivolte. Il motivo di tale differenza lo abbiamo esposto più ampiamente a suo luogo. Dunque là Cristo parlò semplicemente di poveri, qui di poveri in spirito: il povero in spirito è l’umile di cuore (Lc 6, 20), cioè è povero in spirito chi non ha grande giudizio di sé  Al contrario, ricco in spirito è chi ha una grande stima di sé, è superbo e non adempie il precetto di Cristo che dice: Se non vi convertirete e non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18, 5). Chi, ormai convertitosi, è divenuto come un bambino, quello è un povero in spirito. E chi è povero in spirito, convertitosi, diventa come un bambino (…) Poiché di essi è il regno dei· cieli. Che cosa dunque? Il regno dei cieli non è di altri che coltivano altre virtù? Anche di loro. Come infatti tutti gli altri vizi destinano agli inferi ma in particolar modo la superbia, poiché è la radice di tutti i mali, così tutte le virtù conducono al regno dei cieli, ma più di tutte l’umiltà, poiché essa è senza dubbio la radice di tutti i beni così come la superbia di tutti i mali (Lc 14, 11). Ed è certo che chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato.
(Anonimo, Opera incompleta Matteo, omelia 9)

Lo stesso insegnamento si legge anche altrove: E salverà gli umili di spirito (Sal 33, 19). Affinché nessuno creda che sia la povertà, alle volte imposta dalla necessità, a essere predicata da lui, Gesù
precisa: poveri in spirito. Vuol farci capire che qui si tratta di umiltà, non di povertà materiale. Beati i poveri in spirito, cioè coloro che, per un dono dello Spirito Santo, hanno perso la loro volontà. È a tal genere di poveri che si rivolge il Salvatore, parlando per bocca di Isaia: Il· Signore mi ha unto; per questo mi ha mandato ad annunciare la buona novella ai poveri (Is 61, 1). ·
(Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 5, 3)

2-Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Non si tratta qui delle lacrime che si versano per chi muore secondo la consueta legge di natura, ma del pianto per i peccati e per le colpe dei mo~. Così pianse Samuele per Saul, poiché Dio s’era pentito di averlo consacrato re d’Israele (1Sam13ss.). Nello stesso senso anche l’apostolo Paolo dice che piange ed evita coloro che non hanno fatto penitenza dell’impurità e della fornicazione cui si
erano abbandonati.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 5, 4)

Fa lo stesso discorso che aveva condotto sulla natura dei poveri; cioè: non dice beati· per sé quelli che – ad esempio – piangono o per la morte della cara sposa, oppure per la grave perdita dei cari figli; ma intende piuttosto definire beati coloro che si sforzano di cancellare con lacrime abbondanti i peccati di cui si sono macchiati, oppure coloro che non si stancano di espiare l’iniquità del proprio tempo e i delitti di quelli che errano; e fanno ciò perché mossi dallo zelo per la legge di Dio. La consolazione e l’esultanza del regno eterno vengono promesse dal Signore a ragione a coloro che piangono in modo tanto meritorio.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 3)

E coloro che sono afflitti per i loro peccati sono beati, cioè moderatamente beati: indubbiamente più beati sono quelli che piangono i peccati altrui, poiché coloro che fanno questo certamente non hanno i propri peccati da piangere. Tali conviene che siano tutti i maestri, anche quelli che sono sul monte. Dato infatti che tutti i maestri sono i padri del popolo di Cristo, in che modo possono non piangere quando vedono che ogni giorno le anime dei cristiani precipitano nell’inferno? Se la consolazione degli afflitti consiste nella cessazione del pianto per il castigo, poiché chi piange i propri peccati, ottenuta la remissione di essi, sarà consolato nell’altra vita, coloro che sono afflitti per i peccati altrui in che modo saranno consolati nell’altra vita? Forse cesseranno mai di piangere per i peccatori? Sì, dato che tutto il tempo in cui sono nel mondo, ignorando la provvidenza divina e non comprendendo bene chi sono coloro che peccano costretti dal diavolo e chi quelli che scelgono il male non in base ad un proposito malvagio, sono afflitti per tutti coloro che peccano, pensando che tutti siano sopraffatti e costretti dal diavolo.
Allorché, invece nel mondo futuro avranno conosciuto la provvidenza divina e avranno chiaramente compreso che coloro che appartenevano a Dio non potevano esser perduti e che quelli che andavano in rovina non appartenevano a Dio, poiché nessuno può portare via alcunché dalle mani di Dio, allora, allontanato il pianto, saranno consolati e senza essere turbati da alcun dolore si rallegreranno della loro sola beatitudine.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
Il peccato arreca un profondo dolore È questo genere di tristezza che Gesù dichiara beata. Egli intende non una tristezza comune, ma una tristezza profonda che arriva sino alle lacrime; per questo non dice: «beati quelli che sono tristi», ma quelli che piangono. Anche questa beatitudine ci insegna la pienezza della virtù e della sapienza. Infatti, se coloro che piangono la morte di un figlio, della moglie o di un parente, non sono scossi da nessuna passione nel tempo del loro dolore, non provando alcun desiderio di impudicizia, d’orgoglio, d’invidia, né d’alcun altro vizio, in quanto sono presi soltanto dalla loro pena, tanto più coloro che piangono i loro peccati con sincero rimorso daranno una dimostrazione di virtù che sarà ancora più grande.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 2)

3-Beati i miti perché avranno in eredità la terra.

Per miti si devono intendere gli uomini mansueti, umili, modesti, di fede semplice, che sanno sopportare ogni sorta di offesa: ben saldi ·nei comandi evangelici, sanno imitare l’esempio di mansuetudine del Signore che così si esprime a tale proposito: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore. Molto tempo prima di Cristo anche Mosè poté trovare favore immen.so presso Dio, in quanto fu mite. Si trova scritto sul suo conto: Mosè fu il più mansueto che mai si sia trovato sulla terra (Nm 12, 3). Anche David, in quest’ordine ,di idee, così si esprime: Ricordati, Signore, di· David e di tutta la sua mansuetudine (Sal 131, 1).
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 4)

Chi è mansueto non irrita i malvagi né è irritato da lui, né contro di lui ha il sopravvento la causa del peccato né mai.
nasce in lui un motivo di peccare contro un altro: si appaga nel sopportare le offese piuttosto che nel compierle. Se l’uomo non fosse contento di subire offese, non potrebbe mai essere privo di peccato, poiché come la zizzania non viene mai meno nel campo, così non diminuiscono nel mondo coloro che provocano. È veramente mansueto chi, pur avendo subito offese, non pensa a compiere il male né lo compie.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)

Ditemi: quale è questa terra? Non si tratta, come alcuni sostengono, di una terra spirituale; non abbiamo mai letto nella Scrittura di una simile terra. Ma cosa dobbiamo intendere? Gesù promette una ricompensa sensibile e immediata, come dice anche Paolo con le parole: Onorate vostro padre e vostra madre così vivrete a lungo sulla terra (Sir 3, 6), e come Gesù stesso dice al ladrone: Tu sarai con me oggi in paradiso (Lc 23, 42). Cristo non esorta soltanto con la speranza dei beni futuri, ma anche di quelli presenti per venire incontro ai più rozzi dei suoi uditori, quelli che ricercano appunto i beni di quaggiù prima dei beni futuri.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 3)

Beati i miti; perché avranno in eredità la terra, credo quella terra della quale si dice nei Salmi: Sei tu la mia speranza, il mio retaggio nella terra dei viventi (Sal 141, 6). Simboleggia infatti una certa solidità e stabilità della eredità perenne, perché in essa l’anima mediante un buon sentimento riposa come in una propria dimensione allo stesso modo che il corpo sulla terra e da essa si nutre come d’un proprio cibo come il corpo dalla terra.
Ed essa è il riposo e la vita dei santi. Sono miti quindi coloro che non acconsentono alla malvagità e non resistono al male ma vincono il male col bene.
(S.Agostino, Discorso del Signore sul monte I, 2, 4)
Gli esseri eterni erediteranno una terra eterna Senza dubbio è la terra dei viventi riguardo alla quale è stato scritto: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi (Sal 26, 13). Ma questa terra, come dicono alcuni, per tutto il tempo in cui si trova in questo stato è terra di morti, poiché è soggetta alla vanità.
Ma appena affrancata dalla schiavitù della corruzione nella libertà della gloria dei figli di Dio, diviene terra di viventi, cosicché gli immortali ereditino l’immortalità.
Ho letto di un altro il quale dice che si definisce terra dei viventi il cielo in cui risiederanno i santi, la quale terra è cielo rispetto alla regione inferiore in cui viviamo, mentre viene definita terra rispetto al cielo superiore. Altri ancora dicono che nella terra è da intendere il nostro corpo e, per quanto tempo esso soggiace alla morte, è terra di morti; ma nel momento in cui sarà trasfigurato e reso conforme al corpo della gloria di Cristo, sarà terra di viventi e la erediteranno eterna, resi eterni e spirituali,
e santa, resi spirituali e santi.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)

4-Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
In Luca (Lc 6, 20-23) sono ricordati come beati semplicemente coloro che hanno fame. Invece Matteo distingue coloro che spontaneamente, spinti dal desiderio del bene, respingono i piaceri della carne.
Approveremo allo stesso modo l’uno e l’altro. Colui che era desideroso della giustizia di Dio, ha trovato ciò che veramente desiderava, ma ha saziato questo desiderio non soltanto con l’analogia del desiderio di cibo. Infatti ha desiderato aver parte alla giustizia non soltanto come cibo: questo è soltanto la metà dell’immagine.
Ora, invece, il desiderio di questo bene ha fatto sì che l’aspirazione alla giustizia e la sua attrazione fossero indicati col desiderio del bere.
Questo tale – è detto – sarà saziato, ma la sazietà non elimina il desiderio, bensì lo intensifica.
(S.Apollinare di Laodicea, Frammento 11)
Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia. Aver fame e aver sete significa desiderare la giustizia divina. Sia che gli uomini la realizzino sia che ne sentano parlare, non ascoltino né realizzino la giustizia di Dio contro voglia ma in base a un desiderio del cuore, poiché ogni bene che gli uomini non realizzano per amore del bene stesso è sgradito a Dio.
Perciò il Signore, per mezzo di Giovanni, non invita tutti semplicemente a bere ma solo gli assetati, dicendo: Chi· ha sete, venga a me e beva (Gv 7, 57). Penso che non senza ragione parlò di aver fame e sete di giustizia. Ora infatti ha fame di giustizia colui che desidera vivere in conformità con la giustizia divina, la qual cosa è prerogativa di un cuore giusto; ha sete di giustizia chi desidera conseguire la conoscenza di Dio che può ottenere tramite lo studio assiduo delle Scritture, cosa che è propria di un uomo che si lascia guidare.
Poiché verranno saziati, certo dalla generosità della ricompensa divina, poiché i premi di Dio saranno più grandi dei desideri insaziabili dei santi.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
Ci insegna che non si deve desiderare la giustizia comune, per una gratificazione o per un’ingiustificata bramosia.
Poiché intende proclamare beati coloro che ambiscono la giustizia al modo con cui si ha fame e sete ed anelano ad essa con bramosia di interni affetti. Che se ciascuno di noi, affamato ed assetato di essa, brama la giustizia, non può volere altro che la giustizia, non può che aspirarvi, se è vero che chi ha fame o sete deve necessariamente bramarle. A ragione perciò a coloro che hanno fame o sete nel modo spiegato, viene promesso il soddisfacimento che si consegue con tale desiderio; a prometterlo difatti è colui che è pane celeste e sorgente di acqua viva; dice: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché verranno saziati. Si parla qui della giustizia che viene dalla fede: essa viene da Dio e dal Cristo; di essa parlò l’Apostolo quando scrisse: La giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono in lui (Rm 3, 22).
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 5)
Ma osservate con quale vigore e con quale energia egli si esprime a questo proposito: non dice che sono beati coloro che hanno a cuore la giustizia, ma chiama beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, per farci intendere che non dobbiamo praticare questa virtù con animo freddo, ma con tutto l’ardore di cui siamo capaci. Siccome è proprio dell’avarizia desiderare con passione le ricchezze, né si ha di solito per il mangiare e per il bere un desiderio così violento come quello che spinge gli avari ad aumentare il loro denaro, Gesù vuole che riponiamo quest’ardore nella pratica della virtù opposta all’avarizia. E anche qui ci propone una ricompensa sensibile: perché saranno saziati. Poiché si crede che sia l’avarizia ad arricchire molti uomini, Gesù afferma che avviene il contrario: è la giustizia, cioè, che procura questa ricchezza.
Non abbiate, quindi, timore della povertà né terrore della fame, se praticate la giustizia. Sono soprattutto quelli che rapinano i beni altrui che finiscono col perdere ogni cosa; mentre, al contrario, chi ama la giustizia possiede ogni bene con tutta sicurezza. Ebbene, se coloro che non rubano i beni degli altri, godono di grande ricchezza, molto più godranno coloro che rinunziano a quanto posseggono ed elargiscono tutto agli altri.
(Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 4)
Se bisogna proporre un’interpretazione audace, mi sembra che con il discorso relativo alla virtù e alla giustizia si offra al desiderio di chi ascolta il Signore stesso, che è stato per noi sapienza che viene da Dio, giustizia, santità e redenzione, ma anche pane che scende dal cielo e acqua viva; partecipando di questa sete il grande Davide in un suo Salmo dice: l’anima mia ha sete del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto del Signore? (Sal 41,3-4). Nella giustizia vedrò il tuo volto, sarò saziato nel vedere la tua gloria.
Questa è, secondo la mia interpretazione, la vera virtù, il bene non contaminato dal male, lo stesso Dio, la potenza che avvolge i cieli, come Abacuc riferisce.
(Origene, Frammento 83)

5-Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Il Signore ci sprona con numerose sollecitazioni – sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo – perché pratichiamo la misericordia. Ma nel testo qui addotto c’è, in qualche modo, la sintesi della beatitudine
per giustificare la nostra fede: ve n’è d’avanzo, perché l’insegnamento ci giunge dalla voce stessa del Signore: Beati i misericordiosi, perché Dio userà misericordia con loro. Il Signore delle misericordie dice che i misericordiosi sono beati: con ciò intende dimostrare che nessuno può meritare misericordia dal Signore, se a sua volta non avrà usato misericordia.
Si trova detto in un altro passo: Siate misericordiosi come il Padre che è nei cieli è misericordioso (Lc 6, 36).
(Cromazìo di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 6)
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Qui Gesù parla, a mio avviso, di tutti coloro che esercitano la misericordia, non soltanto usando delle loro ricchezze, ma anche praticandola con le opere. Sono molti i modi per attuare la misericordia, e pertanto questo comando ha una grandissima estensione.
E quale ne è la ricompensa? Perché – dice Gesù – troveranno misericordia. Sembra a prima vista che questa ricompensa sia uguale al bene che sì è fatto, ma in realtà è infinitamente più grande. Gli uomini esercitano la misericordia come uomini: ed otterranno misericordia dal Dio dell’universo. La misericordia umana e quella divina non sono uguali: c’è tra esse tanta distanza quanta ce n’è tra la malvagità e la bontà.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 4)
Non solo è misericordioso colui che usa misericordia al povero, all’orfano o alla vedova: infatti questo è un tipo di misericordia che è possibile riscontrare di frequente anche presso quelli che non conoscono Dio. È invece veramente misericordioso chi ha misericordia per il proprio nemico e gli fa del bene secondo quanto è stato scritto: Amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano (Le 6, 27). Infatti Dio non solo dà la pioggia o fa sorgere il suo sole su coloro che gli sono graditi ma anche su quelli che gli sono sgraditi. Perciò è detto anche questo: Siate misericordiosi, come il vostro Padre è misericordioso (Lc 6, 36). Ed è davvero beato quel tale, poiché la sua misericordia, se egli non ha peccato – cosa difficile tra gli uomini – lo aiuta ad accrescere la propria giustizia; nel caso poi che abbia commesso peccato, lo aiuta in vista della remissione, poiché può con fiducia dire: Rimetti’ a me i miei debiti come io li rimetto ai miei debitori (Mt 6, 12).
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
Ascolta ora quel che segue: Beati i misericordiosi, perché con essi Dio userà misericordia. Fa’ il bene e ti sarà fatto; fallo con gli altri affinché sia fatto a te. Tu infatti sei nell’abbondanza e sei nel bisogno: sei ricco di beni temporali, ma hai bisogno di quelli eterni. Tu senti la voce di un mendicante, ma tu stesso sei mendicante di Dio. Si chiede a te, ma chiedi anche tu. Come ti comporterai con chi chiede a te, così anche Dio si comporterà con chi chiede a lui. Tu sei pieno e vuoto nello stesso tempo; riempi con la tua pienezza chi è vuoto, affinché il tuo vuoto sia riempito dalla pienezza di Dio.
(Agostino, Discorsi 53, 5, 5)

6-Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Sono coloro che, liberatisi da qualsiasi macchia di peccato, si saranno resi puri da ogni lordura di peccato della carne: è il primo passo; poi, attraverso l’esercizio delle opere della fede e della giustizia, saranno accetti a Dio; lo intuiamo dall’ attestazione di David che, in un Salmo, si domanda: Chi salirà verso il monte del Signore, o chi potrà vivere nel suo santo luogo? (Sal 23 , 3-4). Risponde all’interrogativo: Chi ha le mani pure e il cuore innocente; chi non ha esposto la sua anima alla vanità. Giustamente anche David, ben sapendo che solo con cuore integro si può vedere Dio, in questo modo, in un Salmo, supplica: Crea in me, o Dio, un cuore puro; rinnova in me uno spirito saldo (Sal 50, 12). Così il Signore ha dimostrato che i puri di cuore sono beati: essi che vivono sotto il segno della fede, davanti al Signore, con mente pura e con coscienza monda: costoro, nel regno celeste che deve venire, meriteranno di vedere il Dio della gloria, non già come in uno specchio, in maniera confusa, ma volto a volto (1 Cor  13, 12), come assicura l’Apostolo.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 6)

Osservate che, ora, la ricompensa è spirituale. Secondo Gesù hanno il cuore pillo coloro che posseggono una completa e universale virtù, che non si sentono colpevoli di nessun male, o quelli che vivono nella castità. Nessuna virtù più di questa è necessaria per vedere Dio; perciò diceva Paolo: Sforzatevi di essere in pace con tutti e di conservarvi illibati; senza di che nessuno vedrà Dio (Eb 12, 14). E qui egli intende quella visione che è possibile all’uomo. Questo comando era quanto mai necessario: molti uomini, infatti, sono misericordiosi, non commettono rapina, non conoscono l’avarizia, ma si lasciano andare all’impudicizia e alla fornicazione; per farci comprendere che non basta essere come costoro, Cristo aggiunge anche questo precetto. E Paolo insegna questa verità nella sua epistola ai Corinzi, quando testimonia che i macedoni si erano arricchiti non soltanto con le elemosine, ma anche con le altre virtù; infatti, dopo aver parlato della generosità con cui essi avevano aiutato i poveri con il loro denaro, aggiunge che essi si erano dati tutti al Signore (cf. 2 Cor 8, 5).
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 4)
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Doppiamente si può vedere Dio: in questa terra e nell’altra vita. Nel primo caso, secondo ciò che è stato scritto: Chi vede me, vede anche il Padre mio (Gv 14, 9). Sono puri di cuore non soltanto quelli che non commettono il male né pensano a commetterlo ma anche quelli che compiono sempre il bene e pensano a questo. Infatti talvolta si può compiere il bene senza pensare, e in tal caso coloro che compiono il bene non lo fanno per Dio e perciò Dio non li ricompensa ditale bene poiché egli non ricompensa il bene che viene fatto ma ciò che viene fatto bene. Chi invece compie il bene per Dio, senza dubbio riflette anche sul bene. Chi perciò realizza ogni giustizia e vi riflette con la sua mente, vede Dio, poiché la giustizia è figura di Dio. Dio infatti è giustizia.
Secondo dunque che uno si sia sottratto al male e abbia compiuto il bene, in proporzione vede Dio confusamente o con chiarezza, con moderazione o ampiamente, in parte o completamente, di tanto in tanto o in ogni momento o in base alla capacità umana. In questo stesso modo, chi agisce e pensa male, vede il diavolo poiché ogni male è figura del diavolo.
In quell’altra vita i puri di cuore in questo modo vedranno Dio faccia a faccia, non più come in uno specchio in modo confuso come ora (1 Cor 13, 12).
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
Qualcosa che solo i puri di cuore possono contemplare: Senti quel che segue: Beati i puri di cuore, cioè coloro che sono mondi nel cuore, perché vedranno Dio. Questo è il fine del nostro amore, il fine con cui essere portati alla perfezione e non alla distruzione.
Finisce il cibo, finisce il vestito: il cibo ·perché si consuma col mangiarlo, il vestito perché vien condotto al termine col tesserlo. Arriva al termine sia l’uno che I’ altro, ma la fine dell’uno è il suo giungere alla distruzione, la fine dell’altro è invece la perfezione. Tutto ciò che facciamo, che facciamo bene, che ci sforziamo di raggiungere, tutto ciò per cui ci affanniamo lodevolmente, che desideriamo innocentemente, non lo ricercheremo più quando si arriverà alla visione di Dio.
Che cosa dovrebbe cercare uno che possiede Dio? Oppure che cosa potrebbe bastare a uno al quale non basta Dio? Noi desideriamo di vedere Dio, cerchiamo di vederlo, lo bramiamo ardentemente.
Chi non lo brama? Ma vedi che cosa è detto: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Prepara questa condizione per essere in grado di vederlo. Per portare un paragone materiale, perché vorresti vedere il sole con gli occhi cisposi? Se gli occhi saranno sani, la luce darà gioia.
Se gli occhi non saranno sani, la luce sarà un tormento. Non ti sarà permesso di vedere col cuore non puro ciò che si vede solo col cuore puro.
(S.Agostino, Discorsi 53, 6)
Dice in proposito che sono puri coloro che posseggono tutta intera la virtù. Mostra che non è sufficiente ciò che è stato detto prima, ma prosegue, dicendo che proprio essi vedranno Dio. In che senso allora è detto che nessuno ha mai visto Dio? Diciamo che si vede e si comprende con la paiola: o dalla sacra Scrittura  con gli occhi della conoscenza vediamo Dio, o dalla sapienza che si manifesta in ogni cosa è possibile conoscere per congettura colui che è l’artefice di tutto, proprio come nei prodotti umani l’artigiano vede con l’intelligenza quale sia la forma del prodotto finito. Si vede non la natura di colui che ha fabbricato, ma solo l’abilità tecnica. Così anche colui che vede nella creazione Dio, si figura non l’essenza ma la sapienza. di colui che ha fatto ogni cosa. Dunque, anche il Signore dice la verità, quando annuncia che Dio sarà visto dai puri di cuore; e la Scrittura non mente.
(Apollinare di Laodicea, Frammento 13)

7-Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Ma chi sono i pacifici? Sono coloro che, lontani dallo scandalo che nasce dal dissenso e dalla discordia, conservano, nell’unità della fede cattolica, l’amore di predilezione della carità fraterna, e la pace della Chiesa. Il Signore raccomanda di conservare la pace in modo del tutto particolare: per essa fa un pressante invito, poiché leggiamo nell’Evangelo: Vi do la pace, vi lascio la mia pace (Gv 14, 27). Che il Signore avrebbe fatto dono di una tal pace alla sua Chiesa, l’aveva già anticipato David, quando dice: Ascolterò che cosa dice dentro di me il Signore, poiché egli parlerà di pace in favore del suo popolo, in favore dei suoi eletti e per coloro che si convertono a lui (Sal 84, 9).
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 7)

Nella pace v’è la perfezione, perché in essa nulla è in contrasto; e quindi gli operatori di pace sono figli di Dio ed ovviamente i figli devono mantenere la somiglianza del Padre. Sono operatori di pace nel proprio essere coloro che, sottomettendo tutte le attività dell’animo alla ragione, cioè all’intelligenza e alla coscienza, e avendo dominato tutti gli impulsi sensuali, divengono regno di Dio.
In esso le attività sono talmente ordinate al punto che nell’uomo domina quella che primeggia ed eccelle, senza che si oppongano le altre che sono comuni a noi e alle bestie. Così ciò che nell’uomo eccelle, cioè l’intelligenza e la ragione, sia sottomesso all’essere più alto che è la stessa Verità, l’Unigenito Figlio di Dio.
(S.Agostino, Discorso del Signore sul monte I , 2, 9)
Con queste parole Gesù Cristo non soltanto ci vieta le liti e gli odi, ma esige da noi qualcosa di più e vuole che noi riconduciamo alla concordia quelli che sono divisi. E anche qui promette una ricompensa tutta spirituale: Saranno chiamati figli di Dio, in quanto la grande opera del Figlio unico di Dio è stata appunto questa: unire tutto ciò che era diviso e riconciliare tutto ciò che era in lotta.(S:Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 4)
La pace è il Dio Unigenito riguardo al quale così si esprime l’Apostolo: Egli è la nostra pace (Ef 2, 14); coloro perciò che amano la pace sono figli della pace. Sono detti operatori di pace non solo coloro che riportano la pace tra i nemici ma anche quelli che si dimenticano dei torti e così amano la pace.
Sono molti coloro che volentieri si adoperano per pacificare i nemici altrui ma non si riconciliano mai nel loro cuore con i propri nemici. Costoro si fanno beffe della pace, non la amano. La vera pace è quella che si trova nel cuore, non nelle parole. Vuoi conoscere chi veramente opera per la pace? Ascolta il profeta che dice: Preserva la tua lingua dal male, le tue labbra da parole bugiarde (Sal 33, 14), cioè, la tua lingua non pronunci discorsi malvagi.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
Se dunque proprio nell’interno dell’uomo esiste un certo dissidio ogni giorno, e si lotta lodevolmente, perché le facoltà superiori non siano vinte da quelle inferiori, perché il desiderio sensuale non vinca lo spirito, perché la concupiscenza non vinca l,a sapienza, ne risulta la giusta pace che tu devi realizzare in te, affinché sulle facoltà inferiori abbia il dominio la facoltà più elevata, ed esiste in te. La facoltà più elevata che tu hai è quella in cui risiede l’immagine di Dio. Questa si chiama spirito, si chiama intelligenza; in essa arde la fede, si rafforza la speran.za, si accende la carità.
(S.Agostino, Discorsi 53 A, 12)

L’operatore di pace è colui che dimostra l’accordo di ciò che nelle Scritture ad altri appare contraddittorio: l’Antico Testamento con il Nuovo, la Legge con i Profeti e i Vangeli tra loro.
Perciò colui che ha imitato il figlio di Dio, è chiamato figlio per le opere, avendo ricevuto lo spirito di adozione a figlio (Rm 8, 15).
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 38)

8-Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Non a caso il Signore ha appena parlato della necessità di avere fame e sete della sua giustizia; egli ordina di avere tanta sete della sua giustizia al punto che non dobbiamo temere di affrontare per suo amore non solo le persecuzioni del mondo e le pene che il nostro corpo può incontrare, ma anche di non temere di affrontare la stessa morte. A nessuno meglio che ai martiri si attaglia l’epiteto di beati, perché essi per il nome di Cristo sostengono persecuzioni in questo mondo, oltre che affrontarle per la giustizia legata alla professione della fede. Ad essi viene fatta una promessa magnifica: si promette loro il regno dei cieli! I primi nella serie dei martiri furono di certo gli apostoli; non solo essi furono beati, ma pure tutti i giusti che, proprio per la difesa della giustizia della Legge, subirono le più svariate persecuzioni: e così meritarono di pervenire, in premio della loro fede, ai regni celesti.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 8)

Non ha detto: Beati coloro che sono perseguitati dai pagani, affinché tu non pensi che sia beato solo chi soffre persecuzioni perché non adora gli idoli. Anche coloro che sono perseguitati dagli eretici perché non abbandonano la verità sono beati: essi soffrono per causa della giustizia.
I pagani infatti negano Cristo, gli eretici la verità di Cristo. Chi nega la verità di Cristo, nega Cristo stesso che è la verità.
Perciò gli eretici che non perseguitano per causa di Cristo ma per la verità di Cristo, a un primo sguardo sembrano cristiani, in verità si rivelano pagani. E non solo gli eretici: se anche qualcuno tra i potenti che sembrano cristiani, forse perché accusato per i suoi peccati, sarà divenuto tuo nemico e ti avrà perseguitato, tu sarai beato insieme con Giovanni. Anche Giovanni Battista fu ucciso non per causa del paganesimo né dell’eresia ma perché rimproverava Erode a causa del suo adulterio. E tutti i profeti furono uccisi non da sovrani pagani ma dai loro correligionari: non a causa del paganesimo ma perché rimproveravano i loro peccati. Se qualcuno che soffre qualcosa dai suoi per causa di Dio non ha ricompensa, neppure i profeti la ebbero. Ma se è vero che i profeti sono martiri, certamente anche chi ha sofferto qualcosa per causa di Dio, seppure dai suoi, ottiene la ricompensa.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)

Beati i perseguitati a causa della giustizia. Questa aggiunta distingue il martire dal brigante; di fatto anche il brigante è perseguitato per causa dei suoi misfatti ma egli non cerca il premio, bensì sconta la pena dovuta. Fa di uno un martire non la pena, ma la causa; prima scelga la causa e poi tranquillo sopporti la pena. In un sol luogo v’erano tre croci, quando il Cristo soffrì la passione: egli nel mezzo, di qua e di là due briganti.
Considera la pena: niente di più simile, eppure uno dei briganti sulla croce trovò il paradiso. Il Cristo nel mezzo fa da giudice: condanna il superbo, soccorre l’umile. Il legno della croce fu il tribunale per il Cristo. Che cosa farà quando giudicherà, egli che poté fare ciò quando era giudicato? Al brigante, che aveva proclamato la sua fede in lui, disse: Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso. Egli infatti si differenziava dall’altro.
Cosa mai aveva detto? Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno.
«Conosco – diceva – i miei delitti; senza dubbio dovrò sopportare tormenti finché non vi giungerai tu stesso». Ma poiché chiunque si umilia sarà esaltato, Cristo pronunciò subito la sentenza e gli concesse il perdono.
(S.Agostino, Discorsi 53 A, 13)
Dopo aver parlato dell’affrontare le persecuzioni, come se qualcuno risponda a Dio: «Signore, che cosa sarà di noi qualora non avremo subito persecuzioni a causa tua o a causa della tua giustizia ma ci troveremo a ricevere gli insulti e le calunnie dei malvagi?», sarete beati, non solo se avrete subito persecuzioni ma anche quando gli uomini vi insulteranno Ecco che molti uomini a causa di Dio ci diventano nemici ma non ci perseguitano apertamente, forse perché non possono: tuttavia, mentendo su tutto, ci calunniano e dicono di noi cose vergognose.
Sarete beati quando vi insulteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi; mentendo a causa mia (Mt 10, 42). Come infatti è vero che non verrà mai meno la ricompensa a chi ci ha offerto un bicchiere d’acqua, così dunque se qualcuno ci abbia recato l’offesa anche di una sola assai insignificante parola, la nostra anima non sarà priva di ricompensa.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)
In tempo di persecuzione la perfidia più sofisticata riesce ad escogitare i tormenti più raffinati contro i giusti per la fedeltà al nome di Cristo; essa infierisce contro la carne; ma noi dobbiamo sopportare non solo pazientemente e ricevere gli obbrobri finanche con gioia ed esultanza, sapendoli premessa di gloria per la vita futura.
Solo così si spiegano le parole: Godete in quel giorno ed esultate: vi assicuro che grande sarà la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5, 11-12). Quanta gloria comporta saper sopportare pazientemente tali persecuzioni! Quale grande ricompensa ci assicura il Signore che è messa in serbo per noi nei cieli! Perciò teniamo fisso lo sguardo sul premio della gloria che ci viene posta dinnanzi; vediamo di essere disposti ad affrontare qualsiasi prova che possa mettere in forse la nostra fede robusta: è il prezzo che occorre pagare, se intendiamo aver parte alla stessa gloria che hanno conseguito i profeti e gli apostoli.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 17, 9)
Ma non crediate che basti semplicemente essere oggetto di maledizione per essere proclamati beati: il Signore precisa due condizioni necessarie per essere beati e cioè che le ingiurie siano sofferte in suo nome e che esse siano false. Senza queste due condizioni, non solo non si è beati, ma si è quanto mai disgraziati. Osservate ora il premio che viene prospettato: Perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli. Del resto, anche se vedete che non tutte le beatitudini sembrano terminare con la promessa del regno dei cieli, non scoraggiatevi per questo; infatti, sebbene le ricompense assumano nomi diversi, tuttavia introducono tutte nel regno dei cieli.
(S:Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 15, 5)
Quando Gesù dice che coloro che piangono saranno consolati, che i misericordiosi troveranno misericordia, che coloro che hanno il cuore puro vedranno Dio e che i pacifici saranno chiamati figli di Dio, è sempre il regno dei cieli che egli designa in tutte queste varie ricompense, poiché coloro che ne godranno conseguiranno senza alcun dubbio quel regno.
Non crediate, quindi, che il regno dei cieli sia solo il premio dei poveri di spirito: è il regno anche per coloro che hanno fame e sete di giustizia, per i mansueti e per tutti gli altri beati, senza alcuna eccezione.
Per questo Gesù, affinché nessuno si aspetti soltanto alcunché di sensibile e di terreno, promette appunto a tutti la beatitudine. Non potrebbe certo essere beato colui che ricevesse soltanto una ricompensa effimera, che finisce con questa vita e scompare più rapidamente dell’ombra.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo dì Matteo 15, 5)
Mettete a confronto la vergogna terrena con la gloria celeste e riflettete se non sia di molto minor conto ciò che soffrite in terra rispetto alle aspettative celesti.
Ma tu potresti dire: Chi può, non dirò, gioire ma almeno sopportare con fermezza, se sarà stato calunniato falsamente? Chiunque non si compiace di una gloria effimera. Chi desidera ardentemente
le cose celesti non teme gli insulti sulla terra né bada a che cosa gli uomini dicano di lui ma al giudizio di Dio su di lui. Chi infatti si compiace della lode degli uomini, quanto si rallegra tanto si rattrista: prova rincrescimento per le offese degli uomini e si rattrista tanto quanto si rallegra. Chi invece non si gloria della lode degli uomini, non è umiliato dall’ offesa.
Dove cerca la gloria, là ognuno teme la vergogna. Chi cerca la gloria sulla terra, teme la vergogna sulla terra; chi invece non cerca la gloria se non presso Dio, quello non teme la vergogna, se non quella che viene da Dio. Se il soldato affronta il pericolo della guerra con la speranza del bottino che segue alla vittoria, quanto più non dovete temere gli insulti del mondo voi che siete in attesa del premio del regno dei cieli?
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)

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