Grandiosa novità: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1).
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Annuncio di gioia e di amore per Israele che ha fatto l’esperienza dell’esilio, della solitudine e della sconfitta: le tenebre della rovina e dello sgomento cederanno il posto alla «luce» e alla «gioia». L’annunzio profetico superando la prospettiva storica abbraccia un vasto orizzonte: oggi sta in mezzo a noi la luce inestinguibile: Cristo-Gesù divenuto per noi sacramento d’amore, luogo di incontro con Dio e con i fratelli.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura (Is 8,23b-9,3)
Nel momento di grave sciagura per Israele, il profeta annuncia che Dio farà irruzione nella storia attraverso la nascita di un Fanciullo, Principe della Pace rendendo gloriosa per l’avvenire la Galilea delle genti, dove il popolo vide una grande luce.
Dal libro del profeta Isaìa (Is 8,23b-9,3)
In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti.
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Mádian.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 26 (27)
R. Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R.
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. R.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. R.
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Seconda Lettura (1 Cor 1,10-13.17)
Gesù ha tanto pregato per l’unità di tutti i cristiani, perché «siano una cosa sola» (Gv 17,11b), e questa unità ce l’ha lasciata come testamento prima di immolarsi sulla Croce. Diversamente si smembrerebbe il Suo Corpo mistico di cui Cristo è Capo. L’Apostolo quindi esorta tutti noi, affinché possiamo essere «tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi».
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1 Cor 1,10-13.17)
Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire.
Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo».
È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
VANGELO
La prima missione di Gesù è quella di suscitare un desiderio di ricerca, di cambiamento, di cammino, di pentimento: «convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Per far parte di questo regno si esige la trasformazione dei propri sentimenti, un autentico capovolgimento di tutto l’uomo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4,12-23)
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA
Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale. Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo.
(C.V. II, Lumen Gentium,1)
Voi siete la luce del mondo; Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.
(Mt 5,14a; 16)
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Da chi? [(L’autore dell’Opera incompleta su Matteo si chiede da chi il Battista fosse stato consegnato a Erode)]. Senza dubbio da Dio [Giovanni fu consegnato]: nessuno infatti può commettere alcunché nei riguardi di un uomo santo, se non glielo abbia permesso Dio. Un peccatore può forse qualcosa nei confronti di un altro peccatore, poiché Dio non si occupa totalmente di chi pecca; senza dubbio però non può nulla verso un uomo di Dio poiché: Dio protegge chi spera in lui (Sal 17, 31). Così altrove: Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cade a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
Quanto più a voi di poca fede? Persino i vostri capelli sono tutti contati (Mt 10, 29-30).
Venendo a conoscenza di questo, il Signore si ritirò di lì non per il timore della morte ma per due motivi: in primo luogo per riservare la sua passione a un tempo opportuno; poi per offrirci l’esempio di fuggire il pericolo della tentazione: non certo perché lui temesse il pericolo della tentazione ma perché noi altrimenti non avremmo tollerato ogni tentazione.
Se dunque per tutto il cammino della giustizia il Signore ci ha preceduto come maestro affinché noi lo seguissimo come discepoli, risulta chiaro che non badò a che cosa egli ma a che cosa noi fossimo in grado di adempiere: se infatti Cristo avesse compiuto ciò che era possibile a lui e non a noi, non avremmo potuto essere suoi discepoli, non essendo in grado di seguirlo (…) Cristo cominciò la predicazione dal momento in cui Giovanni fu arrestato. Se avesse iniziato a predicare mentre Giovanni era vivo, sicuramente lo avrebbe svilito e la predicazione di Giovanni sarebbe stata ritenuta superflua rispetto alla sua dottrina: come se la luce del giorno, nascendo contemporaneamente alla luce della stella del mattino, celasse la bellezza di quest’ultima. Saggiamente diede inizio alla sua predicazione dalle parole che era solito pronunciare Giovanni: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino (Mt 3, 2), non per cancellare l’insegnamento di Giovanni ma per dargli forza. Se infatti avesse predicato queste parole mentre il profeta ancora forniva i medesimi insegnamenti, forse avrebbe dato l’impressione di cancellarli, ora invece, poiché ripete tali parole mentre quello è in prigione, questo significa non voler cancellare ma voler rafforzare le dottrine di quello. Diede forza all’insegnamento di Giovanni per attestare che quello era un testimone degno di fede.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 6)
Perché Gesù si ritira in Galilea? Egli si comporta così per insegnare a non avvicinarci ai pericoli, ma piuttosto a evitarli e a ritirarci? Non è, infatti, una colpa non gettarsi nel pericolo; mentre è un delitto non resistere con coraggio quando ci si trova in mezzo. Per darci questo insegnamento e per placare l’invidia dei giudei, Cristo si ritira a Cafarnao, e contemporaneamente adempie la profezia (Is 9, 1-2) e si affretta a pescare coloro che dovevano divenire i maestri di tutto il mondo: essi, infatti, dimoravano a Cafarnao, dove esercitavano il mestiere di pescatori.
( S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 14, 1)
[Gesù] si allontanò non per viltà ma si ritirò per insegnarci, col suo operato, ad allontanarci da quelli che ci perseguitano.
Si ritirò dalla Giudea presso le genti pagane, per indicare che si allontanava dai giudei non solo per la loro prevaricazione contro Dio, ma anche per i loro peccati a danno dei profeti. La grande luce è il nostro Signore Cristo, splendore del messaggio evangelico, non la Legge, che viene assomigliata alla lampada. Per questo la lampada era sempre accesa nel Tabernacolo, in quanto la sua luce è piccola, capace di illuminare soltanto le regioni della Giudea.
Perciò i pagani erano nell’oscurità, perché la luce della lampada non arrivava fino a loro.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 34)
Come insegna la storia, queste tribù [(Le tribù di Nephtali e Zabulon avevano fatto parte del regno d’Israele, e perciò erano state trasferite dagli Assiri a Babilonia (cf. 2 Re 17) prima che la stessa sorte toccasse agli abitanti del regno di Giuda.)] erano state le prime ad emigrare a Babilonia. Proprio quelli che per primi avevano subito l’ira divina, giustamente furono i primi ad essere visitati dalla misericordia divina; e coloro che per primi erano stati condotti alla servitù del corpo, furono liberati dalla servitù dello spirito. Il popolo immerso nelle tenebre vide una grande luce: su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte, una luce si è levata. Dimoravano nelle tenebre i giudei che erano sotto la Legge nella quale la giustizia divina non si era manifestata: sebbene là fosse presente la giustizia, essa era tuttavia celata in figure e misteri di entità carnali. Qual è infatti la luce di giustizia nella circoncisione del prepuzio? Le tenebre erano soprattutto nella Legge che era stata data non per manifestare la giustizia divina ma per punire la durezza del loro cuore, come dice il Signore: Per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma (Mc 10, 5), e non per salvarli ma per renderli ciechi cosicché, esaltati dalla Legge, non conoscessero la luce che non meritavano di vedere, immersi nelle tenebre, cioè nei peccati. La grande luce è Cristo. Ci furono certo molte luci tra i giudei: Mosè, Aronne, Giosuè e gli altri giudici e profeti. Ogni maestro è luce per quelli che illumina con l’insegnamento, come è scritto: Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 14). Ma la grande luce è Cristo. In terra e ombra di morte dimoravano i pagani, sia perché compivano iniquità portatrici di morte sia perché adoravano idoli e demoni, la venerazione dei quali li conduceva alla morte eterna. I giudei, che agivano in base alla Legge, erano perciò nelle tenebre ma non in terra e ombra di morte, poiché, sebbene non si potesse definire giustizia quella che compivano, tuttavia a quelli che la perseguivano, anche se, non veniva concessa la gloria, non toccava loro la morte eterna poiché osservavano le norme divine. Penso infatti che l’ombra di morte sia il peccato dell’idolatria.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 6)
È quanto dice il testo dell’evangelista nel seguente passo, facendo riferimento al preannuncio profetico: Al di là del Giordano, paese della Galilea delle genti: il popolo che era immerso nelle tenebre ha visto sfolgorare una grande luce.
Di quali tenebre intende parlare? Certamente allude a chi è sprofondato nell’errore dell’ignoranza. E qual è la grande luce che il popolo ha visto brillare? Di sicuro intende parlare di quella luce di cui pure scriverà l’evangelista Giovanni: Egli era la luce vera che illumina ogni uomo che viene al mondo (Gv 1, 9). Di tale luce anche il vecchio Simeone aveva parlato agli esordi dell’Evangelo: La luce che hai preparato perché si manifestasse alle genti e fosse la gloria di Israele (Lc 2,31-32). La luce meglio si fa notare quando brilla nelle tenebre. David aveva così preannunziato: È sorta nelle tenebre una luce per i retti di cuore (Sal 111, 4). Che tale luce avrebbe illuminato la Chiesa, ha un riscontro anche in Isaia, quando dice: Sii luce, sii luce, Gerusalemme! È presente infatti la tua luce: la maestà del Signore è sorta in te (Is 60, 1). Ma anche Daniele si riferisce a tale luce, dato che asserisce: Egli rivela i segreti e le realtà nascoste, poiché ben conosce ciò che si nasconde nelle tenebre, perché egli possiede la luce (Dn 2, 22). Si tratta evidentemente del Figlio che opera con il Padre: il Padre è luce al pari del Figlio. Troviamo detto a David in un Salmo: Nella tua luce noi vedremo la luce (Sal 35, 10), perché è dato a noi di percepire il Padre mediante il Figlio: lo assicura il Signore stesso nell’Evangelo: Chi vede me, vede anche il Padre (Gv 14, 9). Luce da luce vera il Figlio che è venuto; visibile dall’invisibile.
Osserva infatti l’apostolo che il Figlio è immagine del Dio invisibile (Col 1, 15).
Dunque di tale luce si parla nel testo addotto: Il popolo immerso nelle tenebre ha visto sfolgorare una grande luce.
Ma non l’ha vista con gli occhi materiali, perché si tratta di una luce invisibile ai sensi; lo ha scorto con gli occhi della fede e con l’intelligenza dello spirito. Si capisce dal modo con cui l’ha detto: Il popolo che sedeva nelle tenebre ha visto sfolgorare una grande luce; coloro che giacevano nel paese dell’ombra di morte han visto sorgere per sé una luce. Perciò tale luce è apparsa non solo per coloro che erano immersi nelle tenebre; l’evangelista (dopo che già l’aveva avvertito il profeta) dice che essa è sorta anche per coloro che giacevano nel paese dell’ombra di morte; così il profeta presenta uomini che si trovano in due posizioni ben diverse: quelli che si trovano a giacere nelle tenebre, e quelli che sono in un paese aduggiato dall’ombra di morte. Non v’è dubbio che per paese dell’ombra di morte si devono intendere le zone della sede infernale, perché la spiegazione si trova in David che afferma: Infatti anche se camminerò in mezzo all’ombra di morte non avrò motivo per temere disgrazie: non sei tu forse con me? (Sal 22, 4). Non ha motivo di temere disgrazie, cioè le pene dell’inferno. Dunque, anche per coloro che giacciono nei paese dell’ombra di morte spunta La luce di salvezza, cioè Cristo, il Figlio di Dio; lui che proprio nell’Evangelo si definisce in questo modo: Io sono la luce vera. Chi mi avrà seguito, non si troverà a camminare nelle tenebre (Gv 8, 12). È il Signore che è sceso nella regione dell’ombra di morte, dopo quella veneranda e meravigliosa passione con la quale ha portato la salvezza a tutti gli uomini. Nella sua discesa nella regione dell’ombra di morte tutti gli inferi sono rimasti sbigottiti per la luce sfolgorante della sua maestà che vi ha fatto brillare. V’erano molti là ad attendere la venuta liberatrice del Signore: ed egli venne per portare su dagli inferi quelli che erano prigionieri. Ne parla in anticipo il Signore stesso, per mezzo di Salomone, quando così fa parlare la Sapienza: Penetrerò nelle parti inferiori della terra; visiterò tutti coloro che dormono; illuminerò tutti coloro che sperano in Dio (Sir 24, 45).
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 15, 1)
Ha detto: ombra della morte e non «morte» perché il peccato non può distruggere del tutto l’anima, come la morte i corpi, ma le porta un’ombra di morte.
E la luce è sorta significa che è sorta non per noi che la ricerchiamo, ma risplendette per coloro che vivevano nella trascuratezza.
(Origene, Frammento 73)
Ma quando Gesù comincia a predicare? Da quando Giovanni fu chiuso in prigione. Ma perché non predicò prima? E che bisogno aveva di Giovanni Battista, dato che le sue opere gli rendevano già un’efficace testimonianza? Ecco: perché noi potessimo comprendere maggiormente la sua grandezza: Gesù Cristo ha i suoi profeti, così come il Padre ha avuto i suoi. Proprio questo rileva Zaccaria nel suo Cantico: E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo (Lc 1, 76). Era necessario il precursore, inoltre, perché agli insolenti giudei non restasse alcuna scusa, come testimonia lo stesso Gesù Cristo con le parole: È venuto Giovanni che non mangiava né beveva e hanno detto: Ha il demonio addosso. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve ed essi dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Alla sapienza, però, è resa giustizia dai figli suoi (Mt 11, 18-19). E ancora era necessario che tutto quanto riguardava il Cristo fosse manifestato in anticipo da un altro, prima di esserlo da lui stesso. Infatti, se dopo tante testimonianze e dopo tali prove, i giudei dissero: Tu rendi testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non è valevole (Gv 8, 13), che cosa avrebbero osato dire se, prima che Giovanni avesse parlato, si fosse presentato in pubblico e avesse reso per primo testimonianza in favore di sé?
Ecco perché Gesù comincia a predicare prima di Giovanni e non compie alcun miracolo, se non dopo che il suo precursore è stato rinchiuso in prigione: nel timore che nascesse qualche scisma tra il popolo.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 14, 1)
In alcuni codici non si trova «convertitevi». Se il Salvatore dice le stesse cose a Giovanni, uno solo è il Dio che ha inviato l’uno e l’altro. E forse Giovanni, in quanto preparava a Dio un «popolo ben preparato», per primo dice: Convertitevi, mentre Gesù, ricevendo un popolo ben preparato che non necessitava più di conversione, non dice: «Convertitevi».
Non per opporsi alla Legge e ai profeti, a Giovanni che aveva portato a compimento l’antica Legge, Gesù iniziò ad annunciare la Nuova, lui che ne era il principio di questa. Perciò quanto a Giovanni, non sta scritto «incominciò», infatti era alla fine.
E ancora, l’uno predica nel deserto, l’altro fra la gente. Il regno dei cieli non è in un luogo ma consiste nella condotta di vita: infatti è dentro di noi. Osserva: se Giovanni annuncia che il regno dei cieli si avvicina, Cristo re, invece, lo consegna a Dio Padre.
(Origene, Frammento 74)
La voce del Signore che sprona alla penitenza, non è nuova. Lo Spirito Santo aveva anticipato il messaggio rivolto al popolo perché si pentisse: così fa dire a David: Oggi; se sentirete la sua voce, non vogliate indurire i vostri cuori; come è avvenuto nel giorno della prova nel deserto, al momento della prova (Sal 94, 8-9). Ma nello stesso Salmo, poco prima, aveva premesso il seguente invito: Venite, mettiamoci in ginocchio davanti a lui; innalziamo suppliche davanti al Signore che ci ha creati, poiché egli è il nostro Dio (Sal 94, 6-7). Ciò aveva detto allo scopo di sollecitare il popolo peccatore alla penitenza, perché mostrasse poi anche l’affetto manifesto di chi è profondamente pentito.
Il Signore invita alla penitenza; il Signore promette il perdono dei peccati; è il Signore che fa dire così ad Isaia: lo esisto.
Sono io che cancello le tue iniquità; non mi ricorderò più dei tuoi peccati. Tu invece ricordatelo ben bene; confessa tu, per primo, le tue iniquità: così otterrai la giustificazione (Is 43, 25-26). Giustamente anche il Signore esorta il popolo, perché faccia penitenza, con il dire: Fate penitenza; il regno dei cieli si è fatto vicino, così che mossi da tale richiamo per la confessione dei propri peccati, cominciassero ad essere resi degni del regno dei cieli ormai vicino. Non può infatti uno ricevere la grazia celeste che Dio dà, se non sarà completamente purificato da qualsiasi macchia di peccato mediante la confessione che sgorga dalla penitenza, mediante il dono di salvezza la cui fonte è il battesimo salutare. Battesimo fondato dal Signore e Salvatore nostro, cui va ogni benedizione per tutti i secoli dei secoli. Amen.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 15, 3)
Il regno dei cieli è vicino, cioè la beatitudine del regno dei cieli che Dio ha predisposto per i fedeli, quasi che dica: Preparatevi con la penitenza e la pazienza a ottenere la beatitudine del regno dei cieli, poiché si avvicina il tempo di accordare la ricompensa; voi che temete i mali e desiderate il bene, prestate attenzione che il regno dei cieli è vicino, se non vi spaventano i mali o amate il bene, se non desiderate i regni o temete le sofferenze.
Gioiscano i giusti, poiché ormai per loro i mali sono terminati e cominciano i beni. Piangano i peccatori, poiché ormai i loro beni sono passati ed iniziano i mali. Cosa poteva nuocere ai giusti, che hanno sopportato la malvagità, dopoché banno cominciato a trovarsi nel bene? Il ricordo dei mali passati non solo non nuoce ma procura ancora maggior diletto. I mali, per tutto il tempo in cui sono presenti, sembrano pesanti da sopportare: ma appena passati, il loro ricordo è fonte di vanto: qual è invece il giovamento per i peccatori nel momento in cui si trovino immersi nei mali, dopo aver ottenuto in precedenza i beni? Il ricordo dei beni passati non solo non giova ma rende ancora più intollerabile la loro condizione. Per il tempo in cui sono presenti, i beni appaiono fonte di piacere: una volta passati, il loro ricordo porta maggiore afflizione. E quale frutto portò a Cristo il predicare la penitenza?
Ha seminato la parola della penitenza e ha avuto come raccolto i predicatori senza macchia della giustizia.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 6)
Prima di dire o fare alcunché, Cristo chiama gli apostoli, affinché nulla resti loro nascosto delle sue parole e delle sue opere, sicché in seguito con fiducia possano dire: Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto o ascoltato (At 4, 20). Li osserva non nel corpo ma nello spirito, non guardando al loro aspetto esteriore ma ai loro cuori. E li sceglie non perché fossero apostoli ma perché potevano divenire apostoli. Come l’artigiano, se ha visto delle pietre preziose ma non tagliate, le sceglie non per quello che sono ma per ciò che possono divenire, perché essendo pratico nella sua arte, non disdegna un bene pur rozzo, allo stesso modo il Signore, vedendoli, non sceglie le loro opere ma i loro cuori.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 7)
Ed essi, abbandonando subito le reti lo seguirono. Giovanni evangelista descrive in maniera diversa la chiamata di questi apostoli; è evidente, quindi, che quanto ci narra Matteo è la loro seconda chiamata, come chiunque può constatare anche da molte altre circostanze. Giovanni, infatti, dice esplicitamente che questi due discepoli si avvicinarono a Gesù prima che il precursore fosse incarcerato, mentre quanto Matteo narra qui avvenne dopo l’arresto del Battista. Inoltre, Giovanni precisa che fu Andrea a chiamare Pietro, mentre Matteo dice che Gesù li chiamò tutti e due. E ancora Giovanni riferisce: Gesù, vedendo Pietro venire verso di lui, gli disse: «Tu sei Simone, figlio di Giona, sarai chiamato Cefa (che vuol dire pietra)» (Gv 1, 42). Matteo, dal canto suo, lascia intendere che Simone era già chiamato con questo secondo nome, quando dice che Gesù vide Simone, detto Pietro. Si può, tuttavia, arrivare alla stessa conclusione, riferendosi al luogo ove i due fratelli furono chiamati da Gesù e a parecchie altre circostanze; lo si deduce anche dal fatto che essi gli obbedirono con immediatezza, lasciando tutto quanto possedevano: essi, infatti, erano ormai ben preparati e pronti. Giovanni evangelista ci presenta Andrea, che va a trovare Gesù nella sua casa e che da lui apprende molte cose, mentre qui Matteo riferisce che i due discepoli, udita una sola parola di Gesù, immediatamente lo seguirono. È quindi verosimile che questi apostoli avessero già seguito Gesù prima e che poi lo avessero lasciato; è verosimile inoltre che, quando essi seppero che Giovanni era stato messo in prigione e Gesù si era allontanato, siano tornati nuovamente alla loro antica professione di pescatori nel loro paese; perciò Cristo li ritrova mentre stanno pescando. Quando essi vollero lasciare Gesù la prima volta, egli non lo impedì loro e neppure li abbandonò definitivamente perché allora lo avevano lasciato.
Infatti, dopo aver permesso loro di andarsene, torna a loro una seconda volta per riprenderli e guadagnarli alla sua causa: e questo è il modo migliore di pescare gli uomini.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 14, 2)
Fortunati codesti pescatori, che il Signore è andato a scegliere non fra tanti dottori della Legge, oppure tra gli scribi, o anche tra tanti sapienti di questo mondo! Egli li chiama al grande compito della predicazione divina ed alla grazia dell’apostolato: ed essi hanno il privilegio di essere i primi. Tale scelta fu certamente degna del Signore e quanto mai opportuna per la sua predicazione. Erano tanto più meravigliose la lode e l’ammirazione che ne sarebbero nate all’annuncio del suo nome, quanto più fossero stati di umile condizione coloro che venivano chiamati ad annunciare la predicazione apostolica; considerati un nulla di fronte al mondo, erano destinati a conquistarlo non però con la sapienza di parola ornata, ma con la predicazione umile della fede: era tale la via per liberare il genere umano dall’errore della morte, come si esprime l’Apostolo, quando dice: Perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1 Cor 2, 5). Ed ancora: Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto, per confondere i sapienti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla, per ridurre al nulla tutte le cose (I Cor 1, 27-28). Non ha dunque scelto né i nobili di questo mondo, né i ricchi, perché non potesse cadere qualche sospetto sulla predicazione dell’ evangelo; non ha scelto i sapienti del mondo, perché non si dovesse credere che la forza persuasiva sugli uomini fosse affidata alla sapienza della dottrina del mondo.
Al contrario: ha voluto scegliere dei poveri pescatori, uomini analfabeti, inesperti, ignoranti: tutto ciò avrebbe dimostrato che la forza persuasiva dell’evangelo era affidata alla grazia del Salvatore.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 16, 1)
E disse loro: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini, cioè vi renderò maestri affinché con la rete della parola di Dio afferriate gli uomini da questo mondo falso e vacillante, tempestoso e instabile, pieno di insidie, sempre pericoloso, mai sicuro per nessuno, dove gli uomini non camminano con le loro gambe ma sono trasportati contro voglia, quasi a forza. La feroce natura del diavolo, facendo sorgere in loro molti cattivi desideri, li illude che realizzerà la loro volontà; in realtà seducendoli li spinge a male agire affinché gli uomini si cibino l’uno dell’altro come i pesci più forti divorano sempre i più deboli. Cosicché, trasferiti, vivano nella terra fruttifera del corpo di Cristo, resi membra del suo corpo, nella terra abbondante di frutti, dolce, sempre tranquilla, dove non c’è tempesta che porti alla rovina, se non per mettere alla prova la fede e per far fruttare la pazienza. Affinché gli uomini camminino con le loro gambe e non siano trascinati, e non si divorino l’un l’altro ma si sostengano reciprocamente, ecco, io vi metto tra le mani un vangelo nuovo, diverso per la rete di opinioni diverse e che è intessuto di ricche narrazioni di parabole legate insieme, di virtù da ammirare, di vari insegnamenti, quasi flutti che corrono qua e là, che è tenuto insieme dalle minacce dei giudizi e dalle promesse delle ·beatitudini, quasi fossero nodi indissolubili, e che infine è reso ben saldo dalle predizioni, dalla conoscenza di pensieri nascosti, dalle testimonianze dei diavoli e dalle resurrezioni dei morti. In tal modo possa con cura tenere stretti gli uomini nel suo seno sicuro, così da non dare loro la possibilità di uscirne a causa di qualche potere ostile, come se passassero attraverso un’apertura a cui lo Spirito Santo, che ha intessuto tale rete, non ha badato.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 7)
Perché il Signore sceglie dei pescatori?
L’atteggiamento che essi hanno, li fa riconoscere per veri figli di Abramo, poiché allo stesso modo con cui egli aveva prontamente obbedito alla voce di Dio, essi seguono il Signore. Abbandonarono infatti subito la possibilità di un guadagno terreno, per conquistare vantaggi eterni; lasciarono il padre terreno, per acquistare un padre celeste: perciò ben meritarono di venire scelti. Il Signore ha scelto dei pescatori ai quali ha cambiato la qualità della medesima professione: da una pesca di natura mondana furono trasferiti ad una pesca di natura celeste. Essi stavano per «pescare» gli uomini inabissati nei più profondi gorghi dell’errore; li avrebbero «pescati» per salvarli.
Dice loro il Signore: Seguitemi: vi renderò pescatori· di uomini. Non è nient’altro che la realizzazione della profezia fatta da Dio per mezzo del profeta Geremia che annuncia: Ecco che io invierò molti pescatori – parola del Signore -; essi faranno i pescatori. Dopo di essi ci saranno pure dei cacciatori che andranno alla caccia (Ger 16, 16). Agli apostoli compete perciò non solo l’appellativo di «pescatori», ma altresì quello di «cacciatori». «Pescatori», in quanto con le reti della predicazione evangelica tirano a riva, come fossero dei pesciolini, gli uomini strappandoli al secolo; «cacciatori», poi, in quanto prendono gli uomini per offrire loro la salvezza; quegli uomini che erano immersi nell’errore di questo mondo, al modo in cui uomini selvaggi si aggirano nei boschi e vivono allo stato ferino: essi li catturano con una cacciagione, diciamo così, celeste, per la salvezza.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 16, 2)
Abbandonarono immediatamente la barca. Osservate, ora, la fede e l’obbediente docilità dei discepoli. Gesù parla, mentre essi si trovano nel bel mezzo del loro lavoro (e voi sapete quale occupazione appassionante sia la pesca); ebbene essi, appena sentito il suo invito, non si ritraggono, né rinviano e neppure dicono: Lasciaci andare a casa un momento per parlare con i nostri parenti; ma, abbandonata ogni cosa, lo seguono, come fece un tempo Eliseo nei confronti di Elia. È una obbedienza pronta e perfetta come questa che Gesù Cristo esige da noi, una obbedienza che esclude ogni ritardo, anche quando vi fossero fortissime ragioni ad ostacolarla. Per questo, quando s’avvicinò a Gesù un altro discepolo, chiedendogli di poter seppellire il padre, Gesù non lo lasciò andare, per dimostrarci che fra tutte le opere la prima e la più necessaria è seguirlo. E se voi osservate che la promessa che egli fa loro è grande, io vi risponderò che li ammiro ancor di più in quanto, senza aver veduto alci.in miracolo di Gesù, prestano fede a tale promessa e pospongono tutto per seguirlo. Essi credettero che le parole, dalle quali erano stati pescati, avrebbero consentito anche a loro di pescare un giorno gli altri uomini.
Questa, infatti, fu la promessa che Gesù fece.
Ma a Giacomo e a Giovanni non promise niente di simile, perché l’obbedienza dei due primi apostoli aveva già aperto loro la via; e, d’altra parte, essi avevano già udito molte cose sul conto di Gesù e non avevano quindi bisogno di promesse.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 14, 2)
Qualcuno, forse, potrebbe dire a sé, con segreti pensieri: Dando ascolto alla voce del Signore, che cosa o quanto hanno perduto questi due pescatoti che non avevano quasi nulla? In questa vicenda però, fratelli carissimi, dobbiamo valutare l’affetto verso le cose più che il loro valore.
Ha rinunciato a molto chi non ha tenuto nulla per sé, e altrettanto si deve dire di chi ha abbandonato tutto, anche se possedeva poco. Certo, noi siamo legati con affetto alle cose che possediamo e cerchiamo con desiderio quelle di cui siamo ancora privi. Pietro e Andrea fecero quindi rinunce, dato che ambedue si liberarono anche dai desideri del possesso.
Compie una grande rinuncia chi prende le distanze dalla cosa posseduta e dalle bramosie verso di essa. Nel seguire Cristo essi seppero staccarsi da tutto ciò a cui avrebbe potuto orientarsi il desiderio di chi non voleva seguirlo. Nessuno, dunque, anche osservando chi compie grandi rinunce, dica fra sé: Vorrei imitare chi disprezza questo mondo ma non ho nulla da abbandonare. Avete fatto grandi rinunce, fratelli, se vi distaccate dai desideri terreni. Le nostre esterne risorse, anche se modeste, bastano sempre al Signore.
Egli valuta, infatti, il sentimento e non la cosa in sé, e non considera ciò che viene sottoposto a sacrificio, ma l’intenzione con cui esso è compiuto. Se poi riflettiamo sull’oggetto concreto della rinuncia, dobbiamo dire che i nostri santi si sono guadagnati la vita eterna condivisa con gli angeli, per aver rinunciato alle reti e a una barca. Il regno di Dio non può essere valutato con valori di quaggiù, ma vale tanto quanto ciò di cui puoi disporre. Per Zaccheo fu questione di metà della sua sostanza, per aver egli destinato l’altra metà alla restituzione del quadruplo di ciò di cui si era ingiustamente appropriato.
Per Pietro e Andrea si trattò della rinuncia alle reti e alla barca; per la vedova, dei due spiccioli; per altri, di offrire un bicchiere d’acqua fresca. Come si è detto, il regno di Dio vale a seconda di ciò di cui uno può disporre.
(S.Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 5, 2)
E lasciate le reti lo seguirono. Perché nessun cristiano dica: «Non posso forse amare le ricchezze ed essere gradito a Cristo?», abbandonando le loro reti gli apostoli ci hanno insegnato che nessuno può possedere le cose terrene e compiutamente giungere a quelle celesti. Rifletti sul fatto che tra cielo e terra l’aria posta nel mezzo separa entrambe queste entità create per mostrare che tra entità celesti e terrestri non può esserci alcuna mescolanza.
Le realtà celesti sono spirituali, leggere e per natura tendenti verso l’alto; quelle terrene pesanti e sempre tendenti verso il basso. Se dunque ti sarai rivolto alle realtà celesti, ti condurranno in alto, se alle terrene ti spingeranno verso il basso.
Perciò lasciarono le reti, perché non costituissero un faticoso ostacolo più che un utile aggiuntivo (…)
Ma quelli -lasciato il padre e la barca-, lo seguirono. Osserva che di Pietro e Andrea si dice che lasciarono le reti, di Giacomo e Giovanni, il padre e la barca. Tre sono nel complesso le cose che ogni uomo deve abbandonare per volgersi a Cristo: gli atti carnali, gli averi mondani, i genitori terreni. Con le reti si allude agli atti legati alla carne, con la barca agli averi, con il padre a tutti i genitori. E rifletti sul fatto che prima si fa riferimento alle reti abbandonate, poi alla barca ed in terzo luogo al padre: infatti prima conviene lasciare le attività legate al mondo, che sono quelle che in special modo nuocciono all’attività dello spirito; in secondo luogo gli averi, poiché avere qualcosa nel mondo non nuoce tanto quanto compiere una qualche attività; tuttavia nuoce pur sempre possedere qualcosa; in ultimo i genitori: nuocciono anch’essi ma in misura minore che le ricchezze e gli atti di questo mondo. Lasciarono la barca per divenire timonieri della nave della Chiesa; abbandonarono le reti per non recare più pesci alla città terrena ma uomini a quella celeste; abbandonarono il loro unico padre per divenire genitori di tutti gli esseri spirituali.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 7)
Dell’eterno Genitore, luce intensa, sol radioso, Gesù Cristo Salvatore.
Nel tramonto luminoso, noi cantiamo al Dio trino, lieta l’anima ed ossannanti.
Tu sei degno, o Re divino, della lode dei tuoi santi, o Gesù, dator dator di vita, in un mondo ove si muore, alla pace tutti invita, dono eccelso del tuo amore.
(Inno del II secolo)