NT/ Giugno 8, 2023/ Vangelo-Domenica con i Padri, Liturgia della Parola domenicale, Orientamenti per la preghiera, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

È un’esigenza dell’amore la corrispondenza dell’affetto e la presenza fisica della persona amata anche se non sempre è possibile; <!-more-> Cristo-Gesù è però sempre presente in mezzo a noi e dentro di noi e vive reale nell’Eucaristia.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura (Dt 8,2-3.14b-16a)
Nel Deuteronomio l’alleanza fra Dio e Israele è messa in rilievo come alleanza di amore, in una relazione personale. Si ricorda il tempo del deserto quando Israele seguiva il suo Dio, donandosi a Lui in una totale dipendenza. E mentre Dio lo nutriva con la manna e lo dissetava con l’acqua della roccia, gli faceva anche comprendere che non di solo pane vive l’uomo ma anche della Parola di Dio: «Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto».

Dal libro del Deuteronòmio (Dt 8,2-3.14b-16a)

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale Dal Sal 147

R. Loda il Signore, Gerusalemme.

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. R.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce. R.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R.

Seconda Lettura (1Cor 10,16-17)

Accostandoci all’Eucarestia dobbiamo intensificare la nostra fede nel valore senza misura del sacrificio di Gesù. La nostra comunione è al Corpo ed al Sangue del Signore morto e risorto. È un dono così grande, meraviglioso, che comprendiamo solo un pò e con grande fatica perché è un mistero che sovrasta l’intelligenza umana creata; ma in cui Cristo ci assimila a Sé, ci fa suoi e di tutti noi fa un solo corpo come è scritto: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 10,16-17)

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?
E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Parola di Dio.

SEQUENZA

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nútrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. (Gv 6,51)

Alleluia.

VANGELO

Senza equivoci e con grande realismo Gesù annuncia la realtà nuova simbolizzata nella manna del deserto. È lui il vero pane di vita e solo nutrendoci di questo pane avremo in noi stessi la Vita, perché dimorerà in noi, Via, Verità e Vita: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda».

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Parola del Signore.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

“Non abbiate paura. Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me”
“Pregate! Pregate molto! I Cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici”.
Prima delle apparizioni della Madonna  a Fatima , i tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta (Lúcia de Jesus dos Santos, e i suoi cugini Francisco e Jacinta Marto), tutti residenti nel villaggio di Aljustrel, parrocchia di Fátima ebbero tre visioni dell’ Angelo del Portogallo, o Angelo della Pace, nella Loca do Cabeço. In queste tre apparizioni, succedutesi tra la primavera e l’estate del 1916, l’Angelo insegnò ai tre pastorelli di Fatima una preghiera di adorazione e di intercessione:

“Mio Dio io credo, adoro, spero e Ti amo, ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Santissima Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo Sangue Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del Sacratissimo Cuore di Gesù e per l’intercessione del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori “.

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Cristo vuole che noi diventiamo il suo corpo non solamente con l’amore, ma che, in realtà, ci mescoliamo alla sua propria carne. È ciò che fa il cibo che il Salvatore ha dato come prova del suo amore. Ecco perché egli ha unito il suo corpo a un solo capo […] Cristo ci ha dato la sua carne da mangiare per attirare il nostro amore verso di lui e mostrarci quello che ha per noi. Egli non si è fatto solamente vedere a quelli che hanno desiderato contemplarlo, ma si è lasciato anche toccare, palpare, mangiare, triturare con i denti, ingerire in modo da saziare il più ardente amore.

(S.G. Crisostomo, Omelia sul Vangelo secondo Giovanni, 46)

Ciò che il Signore si ripromette, dandoci a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue, è che noi dimoriamo in lui, e lui in noi. Dimoriamo in lui come sue membra, dimora in noi come suo tempio. È l’unità che ci compagina come membra; ma chi crea l’unità è la carità.

Abbiamo ascoltato dal Vangelo le parole del Signore […] Ora, su questo tema del corpo del Signore, che egli diceva di voler offrire come cibo per la vita eterna, ci sembra doveroso da parte nostra, e oggi quanto mai opportuno, esporre alle vostre orecchie e alle vostre menti qualche riflessione. Ci ha spiegato come farà a distribuire questo suo dono, in che modo cioè ci darà la sua carne da mangiare, dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui (Gv 6, 57)La prova che si è veramente mangiato e bevuto il suo corpo e il suo sangue, è questa: che lui rimane in noi e noi in lui, che egli abita in noi e noi in lui, che noi siamo uniti a lui senza timore di essere abbandonati. Con linguaggio denso di mistero ci ha insegnato e ci ha esortati ad essere nel suo corpo, uniti alle sue membra sotto il medesimo capo, a nutrirci della sua carne senza mai separarci dalla sua comunione. Se non che molti dei presenti non compresero e si scandalizzarono: ascoltando tali parole non riuscivano ad avere se non pensieri secondo la carne, ciò che essi stessi erano. Ora, l’Apostolo con tutta verità dice che pensare secondo la carne conduce alla morte (Rm 8, 6). Il Signore ci dà la sua carne da mangiare; ma intendere questo secondo la carne è morte, mentre il Signore ci dice che nella sua carne si trova la vita eterna. Non dobbiamo quindi intendere secondo la carne neppure la carne, come si deduce dalle parole che seguono. Perciò dice: Le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita (Gv 6, 64). Abbiamo già detto, o fratelli, che cosa ci raccomanda il Signore nel darci a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue: che noi dimoriamo in lui e lui in noi. Ora, noi dimoriamo in lui, se siamo le sue membra; egli dimora in noi, se siamo il suo tempio. E’ l’unità che ci compagina facendoci diventare membra di Cristo Ma che cos’è che crea questa unità se non la carità? E la carità di Dio donde nasce? Domandalo all’Apostolo. La carità di Dio – egli risponde – è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5, 5). E’ lo Spirito – dunque – che vivifica: lo Spirito, infatti, fa vivere le membra. Ma lo Spirito non fa vivere se non le membra che trova nel corpo che esso anima. Lo spirito che è in te, o uomo, lo spirito che ti fa essere uomo, fa vivere forse un membro che trova separato dal tuo corpo? Dico il tuo spirito per dire la tua anima: la tua anima fa vivere soltanto le membra che compongono il tuo corpo; se un membro viene amputato, non è più vivificato dalla tua anima, perché non appartiene più all’unità del tuo corpo. Queste considerazioni devono ispirarci amore per l’unità e orrore per la separazione. Niente deve temere un cristiano, quanto l’essere separato dal corpo di Cristo. Chi infatti si separa dal corpo di Cristo, non è più suo membro; se non è suo membro, non può essere animato dal suo Spirito. Che se qualcuno – dice l’Apostolo – non possiede lo Spirito di Cristo, non gli appartiene (Rm 8, 9). E’ lo Spirito – dunque – che vivifica, la carne non giova nulla. Le parole che io vi ho dette sono spirito e vita. Che significa sono spirito e vita? Significa che devono essere intese in senso spirituale. Tu le hai intese in senso spirituale? Allora sono spirito e vita. Le hai intese in senso materiale? Esse sono sempre spirito e vita, ma non lo sono per te.

(S.Agostino, Commento al Vangelo secondo Giovanni, 27, 1;6)

Dio, per mezzo del suo Verbo vivente, dà vita a tutti e dona il suo Verbo come cibo e vita ai santi, come dichiara il Signore stesso: Io sono il pane della vita […] Anche il peccato, però, ha un pane suo proprio – un pane di morte, che richiama coloro che sono amanti del piacere e privi di intelletto. Dice il peccato: “Toccate con delizia il pane preso di nascosto e le acque furtive”. Chi soltanto li tocca non sa che chi è nato dalla terra muore nel peccato ( cf. Pr 9, 17 -18). Anche quando il peccatore pensa di trovare il piacere, il risultato finale di questo cibo è tutto fuorché piacevole, come ci ammonisce di nuovo la saggezza divina: È piacevole il pane procurato con frode, ma poi la bocca sarà piena di granelli di sabbia (Pr 20, 17) […] Il pane della saggezza è un frutto vivente, come dice il Signore: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv 6, 51). Dopo che gli Israeliti mangiarono la manna, che era pane delizioso e meraviglioso, morirono [… ] Ora le persone malvagie hanno fame di un siffatto pane, perché le anime deboli soffriranno la fame. Solo il giusto, essendo preparato, sarà soddisfatto e dirà: Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine (Sal 17, 15). Coloro che partecipano del pane divino provano sempre un’avida fame. Costoro hanno un dono che non viene mai meno, come promette la Sapienza quando dice: Il Signore non lascia che il giusto soffra la fame (Pr 10, 3). Lo promette anche nei Salmi: Benedirò tutti i suoi raccolti: sazierò di pane i suoi poveri (Sal 132, 15).
Possiamo anche sentire il nostro Salvatore: Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5, 6).
Dunque per i santi e per coloro che amano la vita in Cristo è ben più soddisfacente elevarsi nell’avida ricerca di questo cibo.
(S.Atanasio, Lettere festali 7, 4-6)

Anche in questo simbolo sacro (cioè il pane) si intende che il nostro popolo è stato radunato, tanto che, come molti chicchi di grano uniti, tritati e impastati insieme fanno il pane, allo stesso modo sappiamo di essere in Cristo, che è pane celeste, un unico corpo, nel quale è riunita e raccolta la nostra pluralità.
(S.Cipriano, Lettere 63 , 13)

È stato dimostrato che i sacramenti della Chiesa sono più antichi; ora apprendi che sono anche più grandi. È cosa realmente prodigiosa che Dio allora abbia fatto piovere la manna per i nostri padri e che essi siano stati nutriti ogni giorno da cibo proveniente dal cielo.
Perciò è stato detto: L’uomo mangiò il pane degli angeli (Sal 78, 25). Ma tuttavia coloro che mangiarono quel pane, morirono tutti nel deserto; invece questo cibo che tu ricevi, questo pane vivo, che è disceso dal cielo, ti somministra la sostanza della vita eterna, e chiunque lo mangi, non morirà in eterno. È infatti il corpo di Cristo.
(S.Ambrogio, I misteri 8, 47)
Cristo è il pane del sacramento

Dobbiamo intendere, o miei fratelli, che per quanto riguarda questa morte visibile e corporale, noi non moriremo se mangiamo il pane che discende dal cielo?
No, per quanto riguarda la morte visibile e carnale, moriremo anche noi come quelli.
Ma per quanto riguarda quella morte che il Signore c’insegna a temere, di cui sono morti i padri di costoro, quella morte ci sarà risparmiata. Mangiò la manna Mosè, la mangiò Aronne, la mangiò Finees e molti altri che erano graditi a Dio, e non sono morti. Perché? Perché ebbero l’intelligenza spirituale di quel cibo visibile: spiritualmente lo desiderarono, spiritualmente lo gustarono e spiritualmente furono saziati. Anche noi oggi riceviamo un cibo visibile: ma altro è il sacramento, altra è la virtù del sacramento. Quanti si accostano all’altare e muoiono, e, quel che è peggio, muoiono proprio perché ricevono il sacramento! È di questi che parla l’Apostolo quando dice: Mangiano e bevono la loro condanna (1 Cor 11, 29). […] Procurate dunque, o fratelli, di mangiare il pane celeste spiritualmente, di portare all’altare l’innocenza. I peccati, anche se quotidiani, almeno non siano mortali.
Prima di accostarvi all’altare, badate a quello che dite: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6, 12). Perdona e ti sarà perdonato: accostati con fiducia, è pane, non è veleno.
(S.Agostino, Commento al Vangelo secondo Giovanni 26, 11)
Questo pane è la remissione dei peccati
Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno ne mangerà, vivrà in eterno, cioè: in precedenza io non ho parlato della vita temporale né della fine di questa vita, alla quale anche se uno soggiace, purché abbia ricevuto il mio pane, vivrà in eterno. Lo riceve, infatti, chi esamina se stesso; e chi lo riceve non morrà della morte del peccatore, perché questo pane è la remissione dei peccati.
(S.Ambrogio, I patriarchi 9, 39)
Il pane vivo dal cielo
Lui poteva venire a noi nella sua gloria indicibile, ma noi non eravamo in grado di sopportare la grandezza della sua gloria. Perciò, come a dei neonati, lui che era il pane perfetto del Padre offrì a noi se stesso come il latte, poiché si trattava della sua venuta come uomo. Questo perché, nutriti, per dire così, dalla mammella della sua carne, e tramite tale allattamento abituati a mangiare e a bere il Verbo di Dio, possiamo contenere in noi stessi lui, che è il pane d’immortalità, lui, che è lo Spirito del Padre.
(S.Ireneo di Lione, Contro le eresie 4, 38, 1)
Una nuova dieta spirituale
Il latte è un nutrimento rispondente alle esigenze del bimbo appena formatosi e venuto alla vita, un nutrimento per lui benefico, preparato da Dio, nutritore e Padre di tutti gli esseri generati e rigenerati.
Esso è come la manna che discese dal cielo per gli antichi Ebrei, cibo celeste degli angeli (Sal 77, 24-25) [ … ] Divenne egli stesso [Gesù], il Logos, cibo spirituale per le persone sagge, una volta che l’amorevole e benevolo Padre lo aveva fatto scendere come pioggia (Lc 11, 27-28).
O meraviglioso mistero! [ … ] Questi sono i cibi a noi adatti che il Signore ci dona: offre la carne e versa il sangue e così nulla manca alla crescita dei bambini. O incredibile mistero! Siamo invitati a spogliarci della vecchia e carnale corruzione e così pure ad abbandonare il vecchio cibo, adottando al suo posto un nuovo regime
di vita, quello di Cristo; siamo invitati a ricevere lui stesso, se possibile, e custodirlo dentro di noi, stringendo al nostro cuore il Salvatore, per annientare in noi le passioni della carne. ·
(S.Clemente di Alessandria, Il pedagogo 1, 41, 1 – 43, 1)
La manna piove ancora dal cielo

Chiedi perché il Signore Dio non faccia piovere manna ora come fece sui nostri antenati? Se ci pensi, capirai che egli fa piovere manna dal cielo sui suoi servi, e per di più ogni giorno. La manna corporea si trova, in effetti, in molti posti, ma ora non è più motivo di grande meraviglia, perché ciò che è perfetto è arrivato (1 Cor 13, 15). Questo è il pane dal cielo, il corpo da una Vergine di cui il Vangelo ci racconta
a sufficienza. Quanto più eccellente è questo rispetto a ciò che ci fu prima! Coloro che mangiarono la manna, o il pane, sono morti, ma coloro che mangiano questo pane, vivranno per sempre […] Chiunque ha esperienza di questa pioggia di saggezza divina è deliziato e, non avendo bisogno di nessun altro cibo, vive non di solo pane ma di ogni parola di Dio (Mt 4, 4).
(S.Ambrogio, Lettere 77)
Come mendicanti davanti a Dio
In effetti, quando preghiamo, siamo tutti mendicanti di Dio; stiamo davanti alla porta di casa del gran padre di famiglia, anzi ci prostriamo con la faccia a terra, gemiamo supplichevoli, desiderosi di ricevere qualcosa; e questo qualcosa è Dio stesso! Che ti chiede un mendicante? Del pane. E tu che cosa chiedi a Dio, se non Cristo che dice: Io sono il pane vivo disceso dal cielo?
(S.Agostino, Discorsi 83, 2)
Il pane vivifica la nostra carne

Io muoio, dice, per dare la mia vita a tutti, e redimere, con la mia carne, la carne di tutti. La morte, infatti, morirà nella mia morte, e la natura umana, che è corruttibile, risorgerà insieme a me. Per questo mi sono fatto simile a voi, cioè uomo del seme di Abramo, affinché in tutto sia assimilato ai fratelli (Eb 2; 17) […] Infatti, colui che aveva il potere della morte non poteva essere annientato in altro modo, e così pure la morte stessa, se Cristo non avesse dato se stesso per noi, uno solo come redenzione per tutti: egli era al di sopra di tutti. […] Cristo, dunque, diede il suo corpo per la vita di tutti e, mediante se stesso, introduce in noi la vita: in che modo questo avvenga, lo dirò per quanto mi è possibile. Infatti, dopo che il Verbo vivificante di Dio abitò nella carne, la rinnovò nel suo bene, cioè nella vita e, unitosi ad essa in modo ineffabile di unione, la rese vivificante come lui che lo è per natura. Il corpo di Cristo vivifica quelli che ne sono partecipi: caccia via la morte e quanto è in quelli che sono soggetti alla morte, e allontana la corruzione, partorendo in se stesso la ragione che distrugge completamente la corruzione.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 4, 2)

Una volta Cristo parlando ai Giudei disse: Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avete in voi la vita.
Quelli non intendendo spiritualmente le sue parole se ne andarono scandalizzati, credendo che il Salvatore li invitasse alla sarcofagia (Gv 6, 52-53). C’erano nell’Antico Testamento i pani della proposizione (Lv 24, 5-9; 1Mac1, 22; 2 Mac 10, 3) i quali, proprio perché dell’Antico Testamento, sono terminati. Nel Nuovo Testamento sono un pane celeste e un calice di salvezza (Sal 116 [115], 4) che santificano l’anima e il corpo. Come il pane è proprio per il corpo, così il Logos è proprio per l’anima. Non ritenerli come semplici e naturali quel pane e quel vino: sono invece, secondo la dichiarazione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda.
Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione, tu che sei giudicato degno del corpo e del sangue di Cristo.
(S.Cirillo di Gerusalemme, Le catechesi ai misteri 4, 4-6)La medicina dell’immortalità
Ognuno e tutti insieme nella grazia che viene dal suo nome vi riunite in una sola fede e in Gesù Cristo del seme di David figlio dell’uomo e di Dio per ubbidire al vescovo e ai presbiteri in una concordia stabile spezzando l’unico pane che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere sempre in Gesù Cristo.
(S.Ignazio di Antiochia, Lettera agli Efesini 20)
A chi crede il mistero viene rivelato
Non spiega ancora il modo in cui avrebbe dato la sua carne da mangiare: sapeva, infatti, che essi giacevano nelle tenebre e non potevano capire in nessun modo quel mistero. Dimostra, invece, quanto vantaggio ne sarebbe seguito dal mangiare la sua carne, perché, convincendoli, col proporre loro il godimento eterno, a voler vivere subito, in qualche modo li istruisse a credere. Una volta che essi
avessero creduto, avrebbero potuto logicamente anche imparare a capire. Lo dice il profeta Isaia: Se non credete, non capirete (Is 7, 9). Occorreva dunque che, poste in essi prima le radici della fede, fosse insinuata, in secondo luogo, la conoscenza di ciò che ignoravano; non si doveva pensare che la ricerca preceda la fede. Credo che Gesù, tralasciando giustamente di spiegare in che modo avrebbe dato loro da mangiare la sua carne, li esorta a credere prima ancora che essi indaghino. Infatti, avendo spezzato il pane, lo diede a quelli che già credevano, dicendo: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo (Mt 26, 26). Egli è, infatti, vita per natura, in quanto è stato generato dal Padre vivente; ma lo è anche, tuttavia, il suo santo corpo congiunto, in qualche modo, e unito infallibilmente al Verbo che vivifica tutto: perciò il corpo è ritenuto suo, ed è creduto come una sola cosa con lui. […] Vedi come egli non spieghi il modo del mistero a chi è ignorante e non vuole credere senza indulgere alla curiosità, mentre si vede che lo dichiara molto chiaramente a quelli che già credono?
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 4, 2)
Chi mangia, dunque, la santa carne di Cristo ha la vita eterna: la carne ha, infatti, in se stessa il Verbo che è vita per natura.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 4, 2)
Pane terreno e pane celeste
Noi gli offriamo ciò che è suo, proclamando in modo armonico la comunione e l’unità della carne e dello Spirito. Perché come il pane che viene dalla terra, dopo aver ricevuto l’invocazione di Dio, non è più pane ordinario, ma eucaristia, essendo costituito da due cose, la terrena e la celeste, così i nostri corpi, partecipando all’eucaristia, non sono più corruttibili, perché hanno la speranza della risurrezione.
(S.Ireneo di Lione, Contro le eresie 4, 18, 5)Vero cibo, vera bevanda
O vuole intendere che questo è il cibo vero, in quanto salva l’anima, oppure vuole rassicurarli riguardo a quei suoi discorsi, in modo che non credano che quanto ha detto prima sia un enigma o una parabola,
ma si convincano che davvero è necessario mangiare il suo corpo.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 47, 1)
La vera sazietà
Quello che gli uomini bramano mediante il cibo e la bevanda, di saziare la fame e la sete, non lo trovano pienamente se non in questo cibo e in questa bevanda, che rendono immortali e incorruttibili coloro che se ne nutrono, facendone la società dei santi, dove sarà la pace e l’unità piena e perfetta. È per questo che, come prima di noi hanno capito gli uomini di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo ci offre il suo corpo e il suo sangue, attraverso elementi dove la molteplicità confluisce nell’unità. Il pane, infatti, si fa con molti chicchi di frumento macinati insieme, e il vino con molti acini d’uva spremuti insieme.
(s.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 26, 17)
Siamo un’unica cosa, perché il Padre è in Cristo e Cristo in noi
Se infatti veramente il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14) e noi riceviamo veramente il Verbo fatto carne come alimento nel Signore, come pensare che non rimane naturalmente in noi, lui che, nato uomo, ha assunto la natura della nostra carne, ormai inseparabile da lui, e ha mescolato la natura della sua carne alla natura eterna nel sacramento della carne, a cui noi dobbiamo comunicare? Così infatti noi tutti siamo una sola cosa, perché il Padre è in Cristo e il Cristo è in noi. […] Se quindi veramente Cristo ha assunto la carne del nostro corpo, se veramente l’uomo nato da Maria è il Cristo, e veramente nel sacramento [dell’eucaristia] noi riceviamo la carne del suo corpo e saremo una cosa sola perché il Padre è in lui e lui è in noi, c’è da chiedersi: in che modo si può affermare [solo] un’unità di volontà, dal momento che, grazie al sacramento, è propriamente la natura il sacramento dell’unità perfetta? […] Se non avremo appreso da Cristo quanto diciamo sulla sua reale presenza in noi grazie alla natura, lo diremo in modo stolto ed empio. Egli infatti dice: La mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda; Chi mangerà la mia carne e berrà il mio sangue, rimane in me e io in lui (Gv 6, 56-57). Circa la realtà della carne e del sangue non si è lasciato spazio a dubbi. Ora, sia secondo la dichiarazione stessa del Signore sia secondo la nostra fede, si tratta di vera carne e di vero sangue.
Ricevuta la prima e bevuto il secondo, essi fanno sì che noi siamo in Cristo e Cristo sia in noi. O forse questo non è verità? Potrà non essere vero per quanti negano che Gesù Cristo è vero Dio! Egli è quindi in noi per mezzo della sua carne e noi siamo in lui, mentre ciò che noi siamo, insieme con lui, si trova in Dio. ·
(S.Ilario di Poitiers, La Trinità 8, 13-14)
Un’unica cosa con Cristo
Come unendo la cera alla cera si vedrà che l’una è nell’altra: allo stesso modo, credo, chi riceve la carne del nostro Salvatore e beve il suo prezioso sangue, come egli dice, si trova a essere una sola cosa con lui, unito e mescolato in qualche modo a lui mediante quella partecipazione, sì da trovarsi lui in Cristo e, a sua volta, Cristo in lui.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 4, 2)
Finalmente il Signore spiega come avvenga ciò di cui parla, e in che consista mangiare il suo corpo e bere il suo sangue: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui (Gv 6, 56).
Mangiare questo cibo e bere questa bevanda vuol dire dimorare in Cristo e avere Cristo sempre in noi. Colui invece che non dimora in Cristo; e nel quale Cristo non dimora, né mangia la sua carne né beve il suo sangue, ma mangia e beve a propria condanna un così sublime sacramento, essendosi accostato col cuore immondo ai misteri di Cristo, che sono ricevuti degnamente solo da chi è puro; come quelli di
cui è detto: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8).
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 26, 18)
Cristo è l’immagine vivente della vita
Le altre immagini, fatte di diversi metalli, colori, sostanze o artifici, riproducono l’aspetto esteriore di quelle realtà di cui sono state costruite immagini. Ma, pur essendo immagini vere, possono forse come cose inanimate uguagliare le realtà viventi, come cose dipinte o scolpite o fuse uguagliare le realtà originarie? Il Figlio invece non è immagine per il Padre secondo tali modalità, perché è immagine vivente di un vivente (2 Cor 4, 4; Col 1, 15); nato da lui, non ha una natura diversa; non differendo in nulla, possiede anche la potenza di quella natura da cui non differisce.
Il fatto di essere l’immagine comporta che la nascita del Dio unigenito fa conoscere Dio Padre, ma lo fa conoscere essendo egli stesso forma e immagine di Dio invisibile (Col 1, 15). E per questo non perde la somiglianza legata alla natura, perché non manca del potere della natura. ·
(S.Ilario di Poitiers, La Trinità 7, 37)
L’essere del Padre e del Figlio è comune
Tutto quello che il Padre possiede è del Figlio (Gv 16, 15) e viceversa, tutto quello che il Figlio possiede appartiene al Padre. Pertanto non vi è niente di privato, perché tutto è in comune: il loro stesso essere è comune e possiede pari dignità, anche se l’essere del Figlio proviene dal Padre.
In questo senso si dice anche: Io vivo grazie al Padre, non nel senso che il Padre tenga insieme il vivere e l’essere del Figlio, ma nel senso che il Figlio trae la sua esistenza dal Padre al di fuori del tempo e della causa; ·
(S.Gregorio Nazianzeno, Discorsi teologici: Secondo discorso sul Figlio, 4, 30, 11)
Nutrirsi di Cristo
Il Signore ha invitato i servi e ha dato loro in cibo se stesso. Chi può avere l’ardire di mangiare il proprio Signore? E tuttavia egli afferma: Chi mangia di me, vivrà per me (Gv 6, 58). Quando si mangia Cristo, si mangia la vita. Né si uccide perché si possa mangiare, ma egli ridona la vita ai morti. Quando si mangia, infonde vita nuova, ma la sua non si riduce.
Perciò, fratelli, non esitiamo a mangiare un tale pane nel timore di consumarlo interamente e non trovare poi di che mangiare.
Si mangi il Cristo: mangiato, è vivente, perché, ucciso, è risorto.
(S.Agostino, Discorsi 132 A, 1)
Cristo ha il Padre dentro di sé
Egli vive dunque per il Padre, e come egli vive per il Padre, allo stesso modo noi vivremo per la sua carne. Ogni paragone si utilizza come traccia per la comprensione di qualcosa, così che sulla base del modello proposto intendiamo ciò di cui si tratta.
Questa è dunque la ragione della nostra vita: abbiamo Cristo che rimane per la sua carne in noi, esseri carnali, e noi vivremo per lui nella stessa modalità in cui egli vive per il Padre. Se allora noi naturalmente viviamo per lui secondo la carne, e cioè abbiamo ricevuto la natura della sua carne, come egli non avrà in sé il Padre per natura secondo lo Spirito, posto che vive per il Padre? Sì, egli vive per il Padre, in quanto la nascita non gli ha apportato una natura estranea e diversa; egli riceve dal Padre ciò che è, senza tuttavia che qualche dissomiglianza di natura intervenga per separarlo da lui, e per nascita ha in sé il Padre nella potenza della sua natura.
(S.Ilario di Poitiers, La Trinità 8, 16)
Non solo vita, ma vita eterna
Non intende parlare qui di una vita qualunque, ma di quella che va tenuta in gran pregio. È evidente che non si parla qui della vita pura e semplice, ma di quella gloriosa e ineffabile, giacché anche gli infedeli e i non iniziati vivono, pur non mangiando la sua carne. Vedi dunque che
non si tratta di questa vita, ma di quell’altra? È come se dicesse: “Chi mangia la mia carne, quando morirà non andrà in perdizione e non sarà punito”. Anzi non parla neppure della risurrezione comune (tutti, infatti, risorgeranno), ma di quella beata e gloriosa, che costituirà il premio per gli eletti.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 47, 1)
Lunga vita e vita eterna
Ricorda poi di frequente la manna, sia per mettere in risalto la differenza, sia per indurle alla fede. Se fu possibile sostentare la vita per quarant’anni, senza messe, senza frumento e senza possedere neanche la più rudimentale attrezzatura, a maggior ragione egli avrebbe potuto farlo in quell’occasione, essendo venuto con scopi ben più importanti. D’altra parte, se quelle cose non erano se non delle prefigurazioni della realtà, e tuttavia si raccoglievano senza sudori e fatiche il cibo quotidiano, a maggior ragione sarà così ora, dato che grande è la differenza, sia perché non si muore mai, sia perché si gode
la vera vita. Molto opportunamente egli accenna di frequente alla vita, perché essa è cosa molto desiderabile per gli uomini e niente è così dolce come il non morire.
Anche nella vecchia alleanza veniva infatti promessa una vita lunga; ora però non si tratta più soltanto di longevità, ma di una vita senza fine. Nello stesso tempo vuol dimostrare di revocare ora il castigo meritato dal peccato, annullando quella sentenza di morte, per sostituire adesso non una qualunque vita, ma la vita eterna, contro la quale appunto era stato emanato quel decreto. Questo discorso lo fece in una sinagoga mentre insegnava a Cafarnao (Gv 6, 59), là dove erano avvenuti prodigi più che in ogni altro luogo, per cui avrebbero dovuto ascoltarlo con maggiore interesse.
Ma perché insegnava nella sinagoga e nel tempio? Sia perché voleva attirare a sé la folla che si radunava in quei luoghi, sia per dimostrare ad essa che egli non si opponeva al Padre.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 47, 1-2)
Pane celeste d’immortalità
Tutti gli angeli del cielo stupiscono al vedere ciò che accade sulla terra: uomini terrestri, abitatori di quaggiù, s’innalzan con lo spirito e giungono lassù partecipi di Cristo crocifisso (cf. Eb 3 , 10);  tutti insieme mangiano il suo corpo, e, accostandosi con fede ardente al pane della vita, da lui sperano eterna salvezza. Anche se dai sensi è visto come pane, nello spirito santifica poiché è pane celeste d’immortalità.
Che sia carne dell’Emmanuele il pane che prendiamo per primo lo insegna a tutti noi il Signore in persona: quando infatti venne alla passione volontariamente, Cristo spezzò il pane della salvezza dicendo ai suoi apostoli, come sta scritto: “Avvicinatevi e mangiate di questo pane: se ne mangerete avrete in sorte la vita senza tempo, infatti è la mia carne questo cibo, poiché io, che voi vedete, sono pane celeste d’immortalità”. Sappiamo tutti, quanti possediamo fede totale in Cristo, che accostandoci con devozione al pane mistico e attingendo poi dal calice di salvezza animati da intenzione pura e sincera, prendendo parte tutti, con viva fede in lui, al corpo di Cristo e insieme al suo sangue, abbiamo la speranza di ottenerne cittadinanza simile agli angeli; realmente, infatti, il santissimo corpo di Gesù il Cristo che ha sofferto la passione è  pane celeste d’immortalità. (S.Romano il Melode, Kontakia, La moltiplicazione dei pani 12-17)

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