NT/ Giugno 1, 2023/ Vangelo-Domenica con i Padri, Liturgia della Parola domenicale, Orientamenti per la preghiera, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Studi, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Le parole con le quali il cristiano inizia o termina gli atti più importanti della sua vita umana e della sua vita nella grazia sono sempre: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Tutta la nostra vita deve essere sempre orientata verso Dio, uno nella natura e trino nelle persone.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Es 34,4b-6.8-9)

Il popolo aveva peccato adorando il vitello d’oro. Mosé intercede e Dio perdona dimostrandosi così «misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà». Egli ama e perdona più di quanto giudichi e condanni. Dio è infinitamente buono e pronto al perdono, purché abbiamo il coraggio e l’umiltà di chiederglielo: «Il Signore, il Signore misericordioso e pietoso».

Dal libro dell’Esodo (Es 34,4b-6.8-9)

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale (Dn 3,52-56)

R. A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri. Rit.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo. Rit.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso. Rit.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno. Rit.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini. Rit

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo. Rit.

Seconda Lettura (2Cor 13,11-13)

Paolo dopo aver rimproverati i corinti per i loro disordini comportamentali, li saluta affettuosamente e li sprona a tendere alla perfezione e a vivere nella gioia, poiché Dio è presente in noi con la ricchezza della sua vita trinitaria che è dono, amore, comunicazione: «La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo» siano con tutti noi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (2Cor 13,11-13)

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.

Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.

La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene. (Cf. Ap 1,8)

Alleluia.

VANGELO

Il fatto che per la festa della Santissima Trinità, la Chiesa abbia scelto un testo che sottolinea l’importanza della fede in Gesù Cristo, dimostra che l’inizio, l’itinerario o percorso, e il fine dell’atto di fede totale sono contenuti nella piena adesione a Cristo. Chi va a Cristo va al Padre e ciò mediante lo Spirito Santo. In che modo Dio salva il mondo? Inviandogli il Suo Figlio: «Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Per quale via privilegiata il Cristo viene oggi nel mondo? Attraverso  il suo corpo mistico che è la chiesa. Ne deriva che la chiesa ha per missione non solo di predicare una dottrina, delle parole, un insegnamento, ma primariamente quella di trasmettere una presenza ossia Cristo nel mondo.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Il principe di questo mondo vuole rovinare e distruggere il mio proposito verso Dio. Nessuno di voi qui presenti lo assecondi. Siate piuttosto per me, cioè di Dio. Non parlate di Gesù Cristo, mentre desiderate il mondo. Non ci sia in voi gelosia. Anche se vicino a voi vi supplico non ubbiditemi. Obbedite a quanto vi scrivo. Vivendo vi scrivo che bramo di morire. La mia passione umana è stata crocifissa, e non è in me un fuoco materiale. Un’acqua viva mi parla dentro e mi dice: qui al Padre. Non mi attirano il nutrimento della corruzione e i piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David e come bevanda il suo sangue che è l’amore incorruttibile. Scrivo secondo la mente di Dio. Non voglio più vivere secondo gli uomini. Questo sarà se voi lo volete. Vogliatelo perché anche voi potreste essere voluti da Lui. Ve lo chiedo con poche parole. Credetemi, Gesù Cristo vi farà vedere che io parlo sinceramente; egli è la bocca infallibile con la quale il Padre ha veramente parlato. Chiedete per me che lo raggiunga. Non ho scritto secondo la carne, ma secondo la mente di Dio. Se soffro mi avete amato, se sono ricusato, mi avete odiato.

(S.Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Romani, 7-8)

Se la carità di Dio, riversata nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che a noi fu donato, fa di molte anime un’anima sola e di molti cuori un cuore solo, non saranno, a maggior ragione, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo un solo Dio, una sola luce, un unico principio? Nostro Signore Gesù Cristo, dosando il suo linguaggio in modo che i ciechi non vedessero e i fedeli aprissero gli occhi, rivolse ai Giudei queste parole che oggi sono state proclamate dal santo Vangelo: Gli dissero i Giudei: Tu chi sei? (Gv 8, 25). Poco prima il Signore aveva detto: Se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati (Gv 8, 24). Essi allora gli chiesero: Tu chi sei? come cercando di sapere in chi dovevano credere per non morire nel loro peccato. Alla domanda tu chi sei? egli rispose: Il Principio, che anche a voi parlo (Gv 8, 25). Se il Signore ha detto di essere il principio, ci possiamo chiedere se anche il Padre è il principio. Se infatti il Figlio, che procede dal Padre, è il principio, tanto più facilmente si può pensare che anche Dio Padre è il principio. Egli ha un Figlio di cui è Padre, ma non procede da nessuno. Il Figlio infatti è Figlio del Padre, e il Padre a sua volta è Padre del Figlio; ma del Figlio si dice che è Dio da Dio, luce da luce; del Padre che è luce; ma non da luce; si dice che è Dio, ma non da Dio. Se dunque colui che è Dio da Dio, luce da luce è principio, a maggior ragione si può pensare che è principio la luce da cui ha origine la luce, e Dio da cui ha origine Dio. E così sembra assurdo, o carissimi, dire che il Figlio è il principio, senza ammettere che anche il Padre è il principio.

Ma allora? ci sono due principi? Bisogna guardarsi bene dal dire questo. Ma se il Padre è il principio e il Figlio è il principio, come si fa a dire che non ci sono due principi? Allo stesso modo che diciamo che il Padre è Dio e il Figlio è Dio, e tuttavia non diciamo che vi sono due dèi. Sarebbe un’eresia dire che vi sono due dèi, come è un’eresia dire che ve ne sono tre: eppure ciò che è il Padre non è il Figlio, e ciò che è il Figlio non è il Padre; lo Spirito Santo, poi, non è né Padre né Figlio, ma è lo Spirito del Padre e del Figlio. Sebbene dunque, secondo l’istruzione che i cattolici hanno ricevuto in grembo alla madre Chiesa, il Padre non sia il Figlio e il Figlio non sia il Padre, e lo Spirito del Padre e del Figlio non sia né il Padre né il Figlio, tuttavia non affermiamo che sono tre dèi; e quando veniamo interrogati circa le singole persone, quale che sia, non possiamo fare a meno di riconoscere che è Dio.

[Partire dalla fede per giungere alla perfezione]

Ciò sembra assurdo a chi giudica le cose straordinarie alla stregua di quelle abituali, le invisibili alla stregua di quelle visibili, paragonando le creature al Creatore. Accade che gli infedeli ci chiedano: quello che voi chiamate Padre, dite che è Dio? E’ Dio, rispondiamo. Quello che voi chiamate Figlio, è Dio? Sì, è Dio. Quello che voi chiamate Spirito Santo, è Dio? E’ Dio, rispondiamo ancora. Allora, essi dicono, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tre dèi? No, rispondiamo noi. Rimangono sconcertati, perché non sono illuminati; hanno il cuore chiuso, perché non possiedono la chiave della fede. Noi invece, o fratelli, guidati dalla fede, che risana l’occhio del nostro cuore, accogliamo senza oscurità ciò che intendiamo; crediamo senza esitazione ciò che non intendiamo; e non ci scostiamo dal fondamento della fede per poter giungere al vertice della perfezione. E’ Dio il Padre, Dio il Figlio, Dio lo Spirito Santo; e tuttavia il Padre non è il Figlio, né il Figlio è il Padre, e neppure lo Spirito Santo del Padre e del Figlio è il Padre o il Figlio. La Trinità è un solo Dio, una sola eternità, una sola potestà, una sola maestà; tre, ma non tre dèi. E non venga a dirmi l’eretico: Allora perché tre? Se sono tre, devi dirmi chi sono. Rispondo: il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Ecco, insiste, se sono tre, spiegami: tre di che cosa? Ed io rispondo: Intanto cerca tu di contare; perché io arrivo a tre dicendo: Padre e Figlio e Spirito Santo. Considerato il Padre in sé, egli è Dio; in relazione al Figlio è Padre. Il Figlio in sé è Dio, in relazione al Padre è Figlio.

Ciò che dico potete riscontrarlo nelle cose di tutti i giorni. Prendete due individui, di cui uno sia padre e l’altro figlio; il primo è uomo in se stesso ed è padre in relazione al figlio; così il figlio è uomo in se stesso ed è figlio in relazione al padre. Il nome padre infatti dice relazione ad un altro, e così il nome figlio; però ambedue sono uomini. Orbene, Dio Padre, è Padre in relazione ad un altro, al Figlio; e Dio Figlio è Figlio in relazione ad un altro, cioè al Padre; questi però non sono due dèi, come quelli sono due uomini. Perché qui non è la stessa cosa che là? Perché là si tratta di una cosa e qui di un’altra, come è appunto la divinità. Ci troviamo davanti a qualcosa di ineffabile, che non si può spiegare a parole, e il numero c’è e non c’è. Sì, il numero c’è: Padre e Figlio e Spirito Santo sono Trinità. Sono tre, ma che sono questi tre? Qui il numero non serve più. Così Dio non rifugge dal numero né si lega al numero. Siccome sono tre, sembra che si tratti di numero; se vuoi sapere che cosa sono i tre, il numero non serve più. Per questo è scritto: Grande è il Signore nostro, grande è il suo potere, e la sua sapienza non ha numero (Sal 14, 6 5). Quando cominci a pensare, cominci a contare; ma quando hai contato, non sei in grado di tirar le somme. Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio, lo Spirito Santo è lo Spirito Santo. Ma che cosa sono questi tre, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo? Non sono tre dèi? No. Non sono tre onnipotenti? No. Non sono tre creatori del mondo? No. Allora il Padre è onnipotente? Certo, è onnipotente. Il Figlio è onnipotente? Sì, anche il Figlio è onnipotente. E lo Spirito Santo? Anch’egli è onnipotente. Allora sono tre onnipotenti? No, un solo onnipotente. Il numero serve soltanto a indicare i loro rapporti reciproci, non ciò che sono in sé. Il Padre in sé è Dio assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre dèi; egli è in sé onnipotente assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre onnipotenti. Siccome, però, non è Padre in sé ma in relazione al Figlio; e il Figlio non è Figlio in sé ma in relazione al Padre; e lo Spirito non è Spirito in sé ma in quanto è lo Spirito del Padre e del Figlio, non si può dire che sono tre, ma solo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, un solo onnipotente. Quindi c’è un solo Principio.

[Il mistero della Trinità]

Prendiamo un testo della sacra Scrittura che ci aiuterà, alla men peggio, a capire ciò che stiamo dicendo. Dopo la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, e dopo la sua ascensione al cielo, che avvenne nel giorno da lui fissato, trascorsi dieci giorni egli inviò lo Spirito Santo: quanti si trovavano riuniti nella medesima sala, ripieni di Spirito Santo, cominciarono a parlare nelle lingue di tutte le genti. Coloro che avevano ucciso il Signore, sbigottiti da tale prodigio e profondamente scossi, si pentirono di quanto avevano fatto, pentiti si convertirono, e, convertitisi, credettero. Si unirono al corpo del Signore, cioè al numero dei fedeli, che arrivarono a tremila, e, in seguito ad un altro prodigio, a cinquemila. Si formò così un solo popolo, numeroso, in cui tutti, ricevuto lo Spirito Santo che accese in essi l’amore spirituale, mediante la carità ed il fervore dello spirito, diventarono una cosa sola: in quella comunità perfetta cominciarono a vendere tutto ciò che possedevano e a deporre il ricavato ai piedi degli Apostoli perché fosse distribuito a ciascuno secondo il bisogno. Di essi la Scrittura dice che erano un cuor solo e un’anima sola protesi verso Dio (At 4, 32). Fate dunque attenzione, o fratelli, e da questo prendete motivo per riconoscere il mistero della Trinità, cioè per affermare che esiste il Padre, esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, e tuttavia Padre e Figlio e Spirito Santo sono un solo Dio. Ecco, quelli erano diverse migliaia ed erano un cuore solo, erano diverse migliaia ed erano un’anima sola. Ma dove erano un cuor solo e un’anima sola? In Dio. A maggior ragione questa unità si troverà in Dio. Sbaglio forse dicendo che due uomini sono due anime, e tre uomini tre anime, e molti uomini molte anime? Certamente dico bene. Ma se essi si avvicinano a Dio, molti uomini diventano un’anima sola. Ora, se unendosi a Dio, mediante la carità, molte anime diventano un’anima sola e molti cuori un cuore solo, che cosa non farà la fonte stessa della carità nel Padre e nel Figlio? Non sarà lì con maggior ragione la Trinità un solo Dio? E’ da quella fonte, e precisamente dallo Spirito Santo, che ci viene la carità, come appunto dice l’Apostolo: La carità di Dio è riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Se dunque la carità di Dio, riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, fa di molte anime un’anima sola e di molti cuori un cuore solo, non saranno a maggior ragione il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo un solo Dio, una sola luce, un solo Principio?

Ascoltiamo dunque il Principio che ci parla. Su di voi – dice – ho ancora molto da dire e da giudicare (Gv 8, 26). Ricordate che ha detto: Io non giudico nessuno (Gv 8, 15); ecco che ora dice: Su di voi ho ancora molto da dire e da giudicare. Ma una cosa è dire non giudico nessuno, e un’altra cosa ho da giudicare. Non giudico significa ora, al presente; è venuto infatti per salvare il mondo, non per giudicarlo (cf. Gv 12, 47); invece quando dice su di voi ho molto da dire e da giudicare si riferisce al giudizio futuro. Egli infatti è salito al cielo per venire a giudicare i vivi e i morti. Nessuno giudicherà più giustamente di lui che fu giudicato ingiustamente. Su di voi – dice – ho molto da dire e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è verace. Vedete come il Figlio, uguale al Padre, glorifica il Padre. Insegna a noi, è come se dicesse nei nostri cuori: O uomo fedele che ascolti il mio Vangelo, ecco cosa ti dice il Signore Dio tuo: se io che in principio sono il Verbo, Dio presso Dio, uguale al Padre, coeterno a colui che mi ha generato; se io glorifico colui di cui sono Figlio, come oserai tu, che sei il suo servo, metterti orgogliosamente contro di lui?

Su di voi – dice – ho molto da dire e da giudicare, ma colui che mi ha mandato è verace; come a dire: Io vi giudico secondo verità perché, essendo Figlio di chi è verace, io sono la verità. Il Padre è verace, il Figlio è la verità, che cosa riteniamo sia meglio? Cerchiamo di capire, se ci è possibile, che cosa sia di più, il verace o la verità. Prendiamo altri esempi. E’ meglio un uomo pio o la pietà? E’ meglio la pietà: l’uomo pio deriva dalla pietà, non viceversa. La pietà sussiste, anche se uno che era pio diventa empio. Egli ha perduto la pietà, ma niente è stato tolto alla pietà. Così dicasi dell’uomo bello e della bellezza: vale più la bellezza di chi è bello; è infatti la bellezza che rende uno bello, non è l’uomo bello che crea la bellezza. Altrettanto dicasi dell’uomo casto e della castità: la castità è superiore a chi è casto; se non esistesse la castità, come potrebbe uno essere casto? se invece uno non vuol essere casto, la castità rimane integra. Ora, se la pietà è più che essere pio, la bellezza più che essere bello, la castità più che essere casto, concluderemo che la verità è più che essere verace? Ma dicendo questo, arriveremmo a dire che il Figlio è superiore al Padre. Molto chiaramente infatti il Signore dice: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Se il Figlio è la verità, che cosa è il Padre se non ciò che dice la stessa verità quando afferma: Colui che mi ha mandato è verace? Il Figlio è la verità, il Padre è verace, chi è maggiore? Trovo che sono uguali; perché il Padre che è verace, non è verace nel senso che ha preso una parte della verità, ma perché egli stesso ha generato tutta intera la verità.

[Dio autore della verità.]

Mi rendo conto che dovrei spiegarmi meglio. E per non trattenervi più a lungo, oggi ci fermiamo qui. Il discorso si concluderà quando, con l’aiuto di Dio, avrò terminato ciò che voglio dirvi. Questo ve l’ho detto per tenere desta la vostra attenzione. L’anima, per sé mutevole, per quanto nobile creatura essa sia, è tuttavia una creatura; benché migliore del corpo, tuttavia è stata creata; l’anima, dunque, è di per sé mutevole, cioè ora crede, ora non crede; ora vuole, ora non vuole; ora è adultera, ora è casta; ora è buona, ora è cattiva; insomma è mutevole. Dio invece è immutabile nella sua essenza; perciò così definì se stesso: Io sono colui che sono (Es 3, 14). Questo è anche il nome del Figlio che dice: Se non credete che io sono; e conferma questo nome, rispondendo alla domanda tu chi sei?, col dire: Il Principio. Dio quindi è immutabile, mentre l’anima è mutevole. Quando l’anima prende da Dio ciò che la rende buona, diventa buona per partecipazione, allo stesso modo che il tuo occhio vede per partecipazione; infatti non vede più se vien privato della luce, partecipando della quale vede. Siccome dunque l’anima diventa buona per partecipazione, se cambiando diventa cattiva, la bontà di cui era partecipe non viene meno. Quando era buona era partecipe di una certa bontà, la quale è rimasta integra quando l’anima è cambiata in peggio. Se l’anima si svia e diventa cattiva, la bontà non diminuisce; se si ravvede e diventa buona, la bontà non cresce. Il tuo occhio è diventato partecipe della luce e tu vedi; se lo chiudi, la luce non diminuisce; se lo apri, la luce non aumenta. Con questo esempio potete comprendere, o fratelli, che se l’anima è pia, è della pietà che si trova presso Dio che l’anima partecipa; se l’anima è casta, è della castità che si trova presso Dio che l’anima partecipa; se l’anima è buona, è della bontà che si trova presso Dio che l’anima partecipa; se l’anima è verace, è della verità che si trova presso Dio che l’anima partecipa. Se l’anima non è partecipe della verità che è presso Dio, ogni uomo è mendace (cf. Sal 115, 11); e se ogni uomo è mendace, nessuno di per sé è verace. Il Padre verace, al contrario, è verace in sé, perché ha generato la verità. Una cosa è che quest’uomo sia verace, per essere diventato partecipe della verità; un’altra cosa è che Dio sia verace, per aver generato la verità. Ecco in che modo Dio è verace: non per esser partecipe della verità, ma per averla generata. Vedo che avete capito bene e ne sono lieto. Ma per oggi basta: il resto ve lo spiegheremo quando a Dio piacerà e secondo la luce che egli ci darà.

(S.Agostino, commento Vangelo di Giovanni, 39, 1-8)

Se dunque nessuno, fuorché Cristo, è disceso dal cielo, e nessuno, fuorché lui, vi ascende, che speranza c’è per gli altri? Questa: che il Signore è disceso precisamente perché in lui e con lui siano una persona sola coloro che per mezzo di lui saliranno in cielo. Non è detto, – osserva l’Apostolo – “e ai discendenti”, come si trattasse di molti, ma e alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo. E ai fedeli dice: Voi siete di Cristo; e se siete di Cristo, siete dunque la discendenza di Abramo (Gal 3, 16 29). Quest’uno di cui parla l’Apostolo, siamo tutti noi. Per questo, i Salmi a volte esprimono la voce di molti, a indicare che l’uno è formato da molti; a volte è uno che canta, a indicare che i molti convergono in uno. Ecco perché nella piscina probatica veniva guarito uno solo, e chiunque altro vi discendesse dopo, non veniva guarito (Gv 5, 4). Quell’unico uomo sta a indicare l’unità della Chiesa. Guai a coloro che disprezzano l’unità e tendono a crearsi delle fazioni tra gli uomini! Ascoltino colui che voleva fare di tutti gli uomini una cosa sola, in uno solo, in ordine ad un unico fine. Ascoltino le sue parole: Non dividetevi, io ho piantato, Apollo ha innaffiato, ma Dio ha fatto crescere. Quindi né colui che pianta è qualche cosa, né colui che innaffia, ma chi fa crescere, Dio (1 Cor 3, 6-7). Quelli dicevano: Io sono di Paolo, io d’Apollo, io di Cefa. L’Apostolo rispondeva: Ma Cristo è forse diviso? (1 Cor 1, 12-13). Rimanete uniti in lui solo, siate una cosa sola, anzi una persona sola. Nessuno ascende in cielo, se non colui che dal cielo è disceso. Ecco – dicevano a Paolo – noi vogliamo essere tuoi. E lui: Non voglio che siate di Paolo, ma che siate di colui al quale anche Paolo appartiene insieme con voi.

Cristo infatti discese e morì, e con la sua morte ci liberò dalla morte: morendo, ha distrutto la morte. E voi, fratelli, sapete che la morte entrò nel mondo per l’invidia del diavolo. La Scrittura afferma che Dio non ha fatto la morte, né gode che periscano i viventi. Egli creò ogni cosa perché esistesse (Sap 1, 13-14). Ma per l’invidia del diavolo – aggiunge – la morte entrò nel mondo (Sap 2, 24). L’uomo non sarebbe giunto alla morte propinatagli dal diavolo, se si fosse trattato di costringervelo con la forza; perché il diavolo non aveva la potenza di costringerlo, ma solo l’astuzia per sedurlo. Senza il tuo consenso il diavolo sarebbe rimasto impotente: è stato il tuo consenso, o uomo, che ti ha condotto alla morte. Nati mortali da un mortale, divenuti mortali da immortali che eravamo. Per la loro origine da Adamo tutti gli uomini sono mortali; ma Gesù, figlio di Dio, Verbo di Dio per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, Figlio unigenito uguale al Padre, si è fatto mortale: il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 3 14).

[La morte è stata ingoiata nel corpo di Cristo]

Egli dunque prese sopra di sé la morte, e la inchiodò alla croce, e così i mortali vengono liberati dalla morte. Il Signore ricorda ciò che in figura avvenne presso gli antichi: E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, affinché ognuno che crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna (Gv 3, 14-15). Gesù allude ad un famoso fatto misterioso, ben noto a quanti hanno letto la Bibbia. Ma ascoltino anche quelli che non hanno letto l’episodio, e quanti che, pur avendolo letto o ascoltato, lo hanno dimenticato. Il popolo d’Israele cadeva nel deserto morsicato dai serpenti, e l’ecatombe cresceva paurosamente. Era un flagello con cui Dio li colpiva per correggerli e ammaestrarli. Ma proprio in quella circostanza apparve un grande segno della realtà futura. Lo afferma il Signore stesso in questo passo, sicché non è possibile dare di questo fatto un’interpretazione diversa da quello che ci indica la Verità riferendolo a sé. Il Signore, infatti, ordinò a Mosè di fare un serpente di bronzo, e di innalzarlo su un legno nel deserto, per richiamare l’attenzione del popolo d’Israele, affinché chiunque fosse morsicato, volgesse lo sguardo verso quel serpente innalzato sul legno. Così avvenne; e tutti quelli che venivano morsicati, guardavano ed erano guariti (Nm 21, 6-9). Che cosa sono i serpenti che morsicano? Sono i peccati che provengono dalla carne mortale. E il serpente innalzato? la morte del Signore in croce. E’ stata raffigurata nel serpente, appunto perché la morte proveniva dal serpente. Il morso del serpente è letale, la morte del Signore è vitale. Si volge lo sguardo al serpente per immunizzarsi contro il serpente. Che significa ciò? Che si volge lo sguardo alla morte per debellare la morte. Ma alla morte di chi si volge lo sguardo? alla morte della vita, se così si può dire. E poiché si può dire, è meraviglioso dirlo. O non si dovrà dire ciò che si dovette fare? Esiterò a dire ciò che il Signore si degnò di fare per me? Forse che Cristo non è la vita? Tuttavia Cristo è stato crocifisso. Cristo non è forse la vita? E tuttavia Cristo è morto. Ma nella morte di Cristo morì la morte, perché la vita, morta in lui, uccise la morte e la pienezza della vita inghiottì la morte. La morte fu assorbita nel corpo di Cristo. Così diremo anche noi quando risorgeremo, quando ormai trionfanti canteremo: O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo pungiglione? (1 Cor 15, 55). Frattanto, o fratelli, per essere guariti dal peccato volgiamo lo sguardo verso Cristo crocifisso; poiché come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Come coloro che volgevano lo sguardo verso quel serpente, non perivano per i morsi dei serpenti, così quanti volgono lo sguardo con fede alla morte di Cristo, vengono guariti dai morsi dei peccati. E mentre quelli venivano guariti dalla morte per la vita temporale, qui invece è detto: affinché abbia la vita eterna. Esiste infatti questa differenza, tra il segno prefigurativo e la realtà stessa: che la figura procurava la vita temporale, mentre la realtà prefigurata procura la vita eterna.

Poiché Dio non mandò suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3, 17). Dunque il medico, per quanto dipende da lui, viene per guarire il malato. Se uno non sta alle prescrizioni del medico, si rovina da solo. Il Salvatore è venuto nel mondo: perché è stato chiamato Salvatore del mondo, se non perché è venuto per salvarlo, e non per giudicarlo? Se tu non vuoi essere salvato da lui, ti giudicherai da te stesso. Che dico: ti giudicherai? Ascolta: Chi crede in lui non è giudicato; chi invece non crede… (e qui cosa ti saresti aspettato se non: viene giudicato? ma dice:) è già stato giudicato. Il giudizio non è stato ancora pubblicato, ma è già avvenuto. Il Signore infatti sa già chi sono i suoi (2 Tim 2, 19), sa chi rimane fedele fino alla corona e chi si ostina fino al fuoco dell’inferno; distingue nella sua aia il grano dalla paglia; distingue la messe dalla zizzania. Chi non crede è già stato giudicato. E perché è stato giudicato? Perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio (Gv 3, 18).

(S.Agostino, commento Vangelo di Giovanni, 12, 9-12)

Dio dona il Figlio unigenito
La passione che dona vita. Egli dice che è il Figlio di Dio a essere consegnato, la sorgente della vita, e della vita eterna. Colui che ha offerto la vita per gli altri non poteva rimanere continuamente nello stato di morte. Se infatti coloro che credono nel Crocifisso non periscono, ancor più a ragione lo stesso Crocifisso non perirà. Colui che spazza via la distruzione altrui, molto più lui stesso ne è libero. Colui che dà agli altri la vita molto più la fa sgorgare per se stesso.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 27, 2)
La profondità dell’amore di Dio e la nostra risposta
Infatti dalle parole -Dio amò tanto il mondo- viene messa in risalto la grandezza e l’intensità di tale amore. Veramente grandissima, anzi infinita, era la distanza tra Dio e il mondo. Giacché proprio lui che è immortale, senza principio, infinitamente grande, amò noi che siamo fatti di terra e di cenere, carichi di innumerevoli peccati per averlo offeso continuamente e ingrati. E le parole che seguono sono di un tono altrettanto commovente; aggiunse infatti: Che diede il suo Figlio, l’Unigenito, non un servo, un angelo, un arcangelo.
Nessun padre ha mai avuto tanto amore per il proprio figlio quanto Dio ne ha avuto per questi suoi servi ingrati. […] Eppure noi non ci sentiamo toccati nel profondo del nostro animo da tutti questi benefici; anzi siamo ingrati sino al punto da rivestire con livree e con gualdrappe
d’oro i nostri servi, muli e cavalli, mentre disprezziamo il nostro Signore quando è nudo e vagabondo, quando va mendicando di porta in porta e quando sta agli angoli delle strade stendendo la mano. […]
Dico spesso queste cose, né cesserò mai di ripeterle perché mi preoccupo non tanto dei poveri, quanto piuttosto delle vostre anime.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 27, 2)
Un dono di valore manifesta amore
Dio che ama il mondo, ha dato ad esso tale prova del suo amore, da offrire il suo Figlio unigenito. Se la fede nel suo amore nasce dal fatto che ha consegnato una creatura alle creature, e ha dato per il mondo ciò che è del mondo e, per redimere ciò che esiste dal nulla ha offerto colui che esiste dal nulla, il rinunciare a qualcosa di vile e disprezzabile non conferisce grande merito alla prova: invece, è prezioso ciò che evidenzia la carità, e le cose grandi si misurano con le cose grandi.
Dio, che ama il mondo, non gli ha dato un figlio adottivo, ma il suo Figlio, il suo Unigenito. Di qui l’appartenenza, di qui la nascita, di qui la verità. Non si tratta di una creazione, non di un’adozione, non di una falsità. Di qui nasce la fiducia nell’amore e nella carità, dall’aver dato cioè il proprio Figlio, il proprio Unigenito per la salvezza del mondo.
(S.Ilario di Poitiers, La Trinità 6,40)
Cristo è la vita del mondo
Se infatti il Padre non avesse consegnato la Vita, noi non avremmo avuto la vita; se questa Vita non fosse morta, la morte non sarebbe stata uccisa. Lo stesso Signore, il Cristo, è la Vita; di lui l’ apostolo Giovanni afferma: Egli è il vero Dio e la vita eterna (1 Gv 5,10). Egli stesso, per bocca del profeta, condannò a morte la morte dicendo: ‘O morte sarò la tua morte; sarò il tuo pungiglione o inferno.’ (cf. Os 13, 14). Come se dicesse: “Io morendo ti ucciderò, io ti annienterò, io ti strapperò ogni potere, io ti toglierò i prigionieri che hai tenuto in tuo possesso. Hai voluto prendermi benché fossi innocente: è giusto che perdi quelli che hai voluto tenere avvinti a te.
(S.Agostino, Discorsi 265 B, 4)
Ritorno a ciò per cui siamo stati creati
Il Figlio di Dio nostro Redentore e Creatore, che esiste prima dei tempi, si è fatto Figlio dell’uomo alla fine dei tempi, perché dopo averci creato con la potenza della sua divinità per farci godere la beatitudine della vita eterna, egli stesso, assunta la fragilità della nostra umanità, ci ha voluto risanare per farci ricevere la vita che avevamo perduto.
(Beda il Venerabile, Omelie sul Vangelo 2, 18)
Il mistero del legno e dell’agnello
Abramo aveva numerosi servitori: perché Dio non gli chiese di sacrificare uno di loro? La ragione è che Abramo non avrebbe rivelato il suo amore con l’ offerta di un servo, ma era necessario suo figlio.
Nello stesso modo ci sono stati molti servitori di Dio, ma egli non ha mostrato il suo amore per le proprie creature tramite nessuno di costoro, bensì attraverso il proprio Figlio, grazie al quale Dio ha proclamato il suo amore per noi […]. Il mistero del legno e dell’agnello comincia a diventate chiaro con Abramo: durante il sacrificio di Isacco, infatti, un agnello, simbolicamente, si impiglia nell’albero (cf. Gen 22, 1-13 ); Giacobbe poi utilizza dei pezzetti di legno mettendoli nell’acqua (cf. Gen 30, 37-42). Il legno diventa dunque degno di portare il Signore, dal momento che nessun osso gli fu spezzato. I frutti della terra sono prodotti dal legno di un albero e i tesori del mare sono trasportati dal legno di un’imbarcazione: così è pure per l’anima che ha bisogno del corpo come di uno strumento. Il Signore fu alla mercé della rabbia di una folla inferocita, ma conservò il silenzio come muto e aiutò gli uomini ad ascendere verso l’alto con la sua forza.
(Efrem il Siro, Commento al Diatessaron 21, 7; 9)
Non per condannare ma per salvare. Il perdono e il giudizio
Molti dei più infingardi, abusando della bontà di Dio nei riguardi del genere umano, per commettere un maggior numero di peccati e per adagiarsi sempre di più nell’accidia, fanno discorsi come questi: “L’inferno non esiste, non vi sono castighi, Dio ci perdona tutti i peccati”. [… ] Due infatti sono le venute del Cristo; una c’è già stata e l’altra avrà luogo nel futuro; ma non hanno entrambe lo stesso scopo; la prima avvenne non per punire i nostri peccati, ma per perdonarli; la seconda, invece, non sarà per perdonare, ma per giudicare il male che
avremo commesso. Egli stesso dice della prima: Non sono venuto per giudicare, ma per salvare il mondo (Gv 12, 47); e della seconda, invece: Quando verrà il Figlio nella gloria del Padre suo […] porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra (Mt 25, 31.33). E gli uni andranno alla vita, gli altri al supplizio eterno (Mt 25,46). […] Ma siccome egli è stato indulgente, non ha fatto la requisitoria, ma ha offerto il perdono. Se infatti l’avesse fatta allora, tutti sarebbero stati certamente tolti di mezzo: Tutti infatti hanno peccato – dice l’Apostolo – e sono privi della gloria di Dio (Rm 3, 23). Non vedete quindi risplendere l’infinita grandezza della misericordia di Dio nei riguardi del genere umano?
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 28, 1)
Chi non crede in lui è già condannato. Il rifiuto dell’aiuto del medico
Dunque il medico, per quanto dipende da lui, viene per guarire il malato. Se uno non sta alle prescrizioni del medico, si rovina da solo. Il Salvatore è venuto nel mondo: perché è stato chiamato Salvatore del mondo, se non perché è venuto per salvarlo, e non per giudicarlo? Se tu non vuoi essere salvato da lui, ti giudicherai da te stesso. Che dico: ti giudicherai? Ascolta: Chi crede in lui non è giudicato; chi invece non crede … (e qui cosa ti saresti aspettato se non: viene giudicato? ma dice:) è già stato giudicato. Il giudizio non è stato ancora pubblicato, ma è già avvenuto.
(S:Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni,  12, 12)
Il peccato e la trasgressione sono in nostro potere
A buon diritto il profeta dice: Non così i malvagi ma come pula che il vento disperde; perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio (quelli cioè che sono stati già giudicati, perché chi non crede è già stato giudicato), né i peccatori nell’ assemblea dei giusti (vale a dire quelli già condannati per non essersi riuniti a coloro che hanno vissuto senza biasimo), perché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina (Sal 1, 4-5). Ancora una volta il Signore mostra che sono in nostro potere tanto le nostre cadute quanto i nostri mancamenti.
(S.Clemente Alessandrino, Stromati 2, 15, 69, 1)
La separazione da Dio è una scelta volontaria
La separazione da Dio è la morte; e la separazione dalla luce sono le tenebre; e la separazione da Dio è la perdita di tutti i beni che si trovano presso di lui […]. Poiché la luce è eterna, coloro che hanno accecato se stessi, o che sono stati accecati da altri, sono per sempre privati dell’allegria della luce, non perché la luce apporti loro la pena della cecità, ma perché la cecità stessa fa cadere sopra di loro una tale disgrazia. Per questo il Signore diceva: Chi crede in me non è con-dannato, cioè non è separato da Dio, perché, per mezzo della fede, è unito a Dio; Ma chi non crede – aggiunge – è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio, cioè ha separato se stesso da Dio con una sua scelta volontaria. ·
(S.Ireneo di Lione, Contro le eresie 5, 27)
Non c’è bisogno di giudicare i credenti
Chi crede – dice – non è giudicato. Perché sarebbe necessario giudicare il credente? Il giudizio, infatti, esiste per le cose dubbie; una volta tolta l’incertezza; non si richiede più l’esame del giudizio. Da qui deriva che non è necessario neppure che siano giudicati gli increduli, poiché non c’è ambiguità sul fatto che sono increduli.
Ma una volta abolito il giudizio verso i credenti e i non credenti, il Signore ha aggiunto il motivo e la categoria delle persone verso le quali sarà necessario esercitare il giudizio. Alcuni si trovano a metà strada tra i fedeli e gli empi, hanno qualcosa degli uni e degli altri, ma propriamente non corrispondono né agli uni né agli altri, perché partecipano al tempo stesso dei due modi di essere. […] Molti infatti sono trattenuti nella Chiesa dalla paura di Dio, ma insieme sono sollecitati ai vizi terreni dai piaceri del mondo. Pregano, perché hanno paura; peccano, perché lo vogliono. […] Il giudizio è dunque contro di loro, perché già è stato eseguito contro gli increduli, e d’altro canto non è necessario per i credenti.
(S.Ilario di Poitiers, Commento ai Salmi 1, 22)suono tromba giorno giudizio
Il giorno del giudizio
Nel giudizio finale non vengono giudicati e periscono altri […] dei quali il Signore dice: Chi non crede è già stato giudicato.
[…] Risorgono quindi anche tutti gli infedeli, non per il giudizio, ma per il supplizio. Allora non viene discussa la causa di coloro che si presentano al cospetto del severo giudice già condannati per la loro incredulità. Mantenendo, sì, la professione della fede, ma non possedendo le opere corrispondenti, sono condannati alla perdizione. Quelli poi che non sono in possesso dei sacramenti della fede non udranno nell’esame finale la sentenza del Giudice, perché, già’ giudicati per le tenebre dell’incredulità, non meritano il rimprovero e la condanna di colui che essi hanno disprezzato. […] Un principe che regge uno stato civile punisce in un modo il cittadino colpevole all’interno e punisce in altro modo il nemico che si ribella all’esterno. Nel cittadino rispetta i diritti e lo richiama nei termini del meritato rimprovero. Contro il nemico invece muove guerra, adopera mezzi coercitivi e gli infligge torture che la sua malvagità merita; ma non va a cercare che cosa dice la legge circa la sua colpa. Non è necessario che venga represso dalla legge chi mai poté essere tenuto a freno dalla legge.
(S.Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 26, 27, 50)
La mancanza di fede è di per sé una punizione
Il Salvatore dice questo, perché è già un castigo la sua stessa incredulità, quando è ostinata e senza alcun ripensamento, in quanto il fatto stesso di essere privi della luce ha in sé un grandissimo castigo; e
anche perché preannunzia un avvenimento futuro. L’incredulo è infatti come l’omicida, che seppure non è condannato dalla sentenza del giudice, è già condannato dalla natura stessa del suo delitto. È in questo senso che Adamo è morto il giorno stesso in cui mangiò dall’albero.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 28, 1)

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Sanno certi cristiani che, sfigurando e disprezzando l’uomo, offuscano il volto di Dio davanti agli sguardi degli atei? Sanno che, rispettando e amando l’uomo nella logica di Dio, darebbero a Dio questa epifania che, sola, può penetrare questo mondo irreligioso? Questo significa imporre alla chiesa un compito strettamente evangelico di presenza di fronte all’aspetto dolorante che l’uomo ha preso spesso nelle situazioni del mondo d’oggi. Più che condanne teoriche dell’ateismo, più che crociate per Dio e onori resi a Dio, questa preoccupazione dell’uomo sarà un segno di Dio.

(P.A. Liégé, L’ateismo, tentazione del mondo, risveglio dei cristiani?)

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