NT/ Dicembre 22, 2022/ Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

L’incarnazione distingue il Cristianesimo da tutte le altre religioni, che sono tutte più o meno alla ricerca di Dio.

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Nella religione cristiana, invece, è Dio che cerca l’uomo, che si rivela all’uomo, è Lui che fa il passo più lungo per così dire, fino al punto che nell’incarnazione, pur restando Dio, si veste della forma e natura umana assumendola in un’unità inscindibile, pertanto nel Volto del Cristo, in ogni suo simile, creato a «immagine e somiglianza» di Lui, l’uomo dovrebbe scoprirvi e trovarvi sempre Dio. 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima lettura (Is 52, 7-10)

Israele aspetta la salvezza solo dal suo Dio ed è in ascolto della sua parola. Ed ecco il messaggero che annunzia il ritorno a Sion! Con gli esuli ritornerà anche Dio in mezzo alla sua nazione ricostituita e sarà il loro Re. È la parola di salvezza che provoca un grido di gioia, la buona novella che allieta il cuore. Per questo il Signore proclama per mezzo del suo profeta che: «Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio».

Dal libro del profeta Isaìa
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

Salmo Responsoriale Dal Sal 97 (98)

Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.  R.

Seconda Lettura (Eb 1, 1-6)

Dio, nell’A.T., ha parlato per mezzo dei Profeti, ma nel N.T. ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Ha fatto sentire l’ultima sua parola, che è una parola vivente, personale. È il verbo eterno, la Parola di vita, Il Figlio di Dio incarnato, che dal trono regale si è lanciato verso la nostra terra per rivelarci la gloria del Padre. Dopo averci redenti egli siede alla Destra del Padre. E in lui tutti noi diveniamo eredi del Cielo.

Natività, Cappella-Palatina, Palermo.

Dalla lettera agli Ebrei 
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».

VANGELO

Il Verbo che si fa carne, non è soltanto portatore di luce, ma anche di vita divina. L’uomo che crede in Lui viene immerso nella divinità del Padre e diventa figlio di Dio; immerso nella divinità e umanità del Figlio, cioè nel mistero della sua Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione diviene a Lui conforme nella grazia e nella gloria: immerso nella divinità dello Spirito Santo Creatore, e come Lui, procede dal padre e dal Figlio per via d’amore. E «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

Natività, P. Cavallini, Mosaico absidale della Basilica di S. Maria in Trastevere (1291)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Presepe di Greccio di Giotto, San Francesco col Bambino divino Gesù.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Giovanni giunge a portarci una dottrina così eccelsa, un modello di vita così sublime e una sapienza tale, come è naturale per uno che parla attingendo direttamente ai tesori dello Spirito Santo, come se fosse appena disceso dal cielo stesso. Anzi, nemmeno è possibile che coloro che abitano i cieli fossero a conoscenza di tali tesori, come ho appena detto. Ma dimmi forse tutto ciò è proprio di un pescatore? O lo è in tutto e per tutto di un retore? Forse di un sofista o di un filosofo? O di chiunque abbia goduto di una formazione pagana? Certamente no. Non è infatti possibile che un’anima semplicemente umana discetti in tal modo su quella natura pura e beata, sulle potenze che le sono associate, sull’immortalità e sulla vita senza fine, sulla condizione dei corpi mortali e su quelli che saranno destinati a divenire immortali, sulla pena, sul tribunale futuro, sulla futura necessità di rendere conto di parole e azioni, pensieri e ragionamenti.

(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 2,2)

Ebbene, come quando uno, allorché abbia condotto in alto mare chi sta di fronte alla riva e riesce a vedere città, coste e porti, lo ha distolto dalle cose che vedeva prima e non ha posto un termine ai suoi occhi, ma ha diretto la sua vista verso l’infinito, così l’evangelista, conducendoci al di sopra di tutta la creazione, fa spaziare la nostra vista sulle realtà celesti (…) L’intelletto, librandosi verso il «principio», ricerca quale «principio»; allora, quando trova quell’ «era», poiché sopravanza la sua comprensione, non è in grado di persistere nella sua riflessione, ma continuando a mantenere il suo sguardo fisso e non potendo assolutamente desistere, spossato si rivolge nuovamente alle realtà inferiori.
L’espressione In principio era, infatti, non indica nient’altro se non ciò che è sempre ed è senza fine.
(S.G. Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 2,4)

Per quale motivo, mentre tutti gli altri evangelisti cominciano dall’ incarnazione (…), Giovanni, tralasciato tutto il resto, il concepimento, la nascita, l’educazione e la crescita, ci espone immediatamente la sua eterna generazione?

(S.G. Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 4,1)

Natività di G. Agnolo (1392-95), Cappella della Cintola, Duomo di Prato.

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Due sono le nascite del Signore nostro Gesù Cristo, una divina, l’altra umana (…). Ecco la prima nascita: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Di chi era il Verbo? Del Padre.
Chi era il Verbo? Il Figlio. Mai il Padre è stato senza il Figlio. E tuttavia il Padre, benché mai fu senza il Figlio, generò il Figlio.
Il Padre lo generò, ma il Figlio non iniziò a esistere. Non ha inizio il Figlio, che è stato generato senza inizio. E tuttavia è Figlio e tuttavia è generato. Dirà qualcuno: Come può essere generato e non avere inizio? Se è generato ha un inizio; se non ha un inizio, come può essere generato? Come, non te lo so proprio dire. Chiedi a me che sono un uomo come è stato generato Dio? La tua domanda mi mette in difficoltà, ricorro però al profeta: La sua generazione chi potrà spiegarla? (cf. Is 53,8).
(S.Agostino, Discorsi 196,1)

Difatti io non ascolto che Cristo è nato da Maria, se non ascolto anche che In principio era il Verbo e il Verbo era Dio.
(S.Ilario di Poitiers, Sinodi e fede degli orientali 70)

Non trattiamo ora, fratelli, come si possa intendere quel che è stato affermato: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1). Può essere inteso in modo inevitabilmente inespresso: non dipende dalle parole dell’uomo l’intellezione di esso. Trattiamo del Verbo di Dio ed esponiamo la ragione per la quale non si può intendere. Con questo nostro dire non vogliamo darne comprensione, ma spieghiamo che cosa può impedire di raggiungerla. È infatti una pura forma, non ha ricevuto forma, ma è la forma di tutti i formati: forma immutabile, perfetta, indefettibile, eterna, invisibile, forma che tutto trascende, che è l’ esistenza di tutte le cose, quale fondamento al loro sussistere, dispiegata su di esse. Se affermi che tutto sussiste in lui, non sei nel falso. È stato infatti affermato che proprio il Verbo è la Sapienza di Dio; d’altra parte troviamo scritto: Hai fatto ogni cosa con Sapienza (cf. sal 103,24). Dunque, tutte le cose sussistono in lui; nondimeno, essendo Dio, tutte le cose gli sono soggette.
(S.Agostino, Discorsi 117, 2, 3)

Chiunque perciò può comprendere che cosa sia il verbo, non soltanto prima che risuoni al di fuori, ma anche prima che il pensiero si occupi delle immagini dei suoni (…), e può comprendere che cosa sia il verbo, può già vedere, per mezzo di questo specchio e in questo enigma (cf. 1 Cor 13, 12) una certa somiglianza di quel Verbo di cui è detto: In principio era il Verbo (…) Infatti quando diciamo il vero, cioè ciò che sappiamo, è necessario che nasca dalla scienza che conserviamo nella nostra memoria un verbo che sia pienamente della stessa specie della scienza da cui è nato. Il pensiero che si è formato a partire da ciò che già sappiamo è il verbo che pronunciamo nel cuore: verbo che non è né greco, né latino, che non appartiene ad alcun’altra lingua; ma quando c’è bisogno di portarlo a conoscenza di coloro ai quali parliamo, si fa ricorso a qualche segno che lo esprima.
(…) Perciò il verbo che risuona al di fuori è segno del verbo che risplende all’interno e che, più di ogni altro, merita tale nome di. verbo. Perché ciò che pronunciamo materialmente con la bocca è voce del verbo e si chiama anch’esso verbo in quanto serve al verbo interiore per apparire all’esterno.
(S.Agostino, La Trinità 15, 10, 19 – 11,20)

Per questo come la nostra scienza è differente dalla scienza di Dio, così il nostro verbo che nasce dalla nostra scienza è differente da quel Verbo divino che è nato dall’essenza del Padre, che è come se dicessi: «dalla scienza del Padre, dalla sapienza del Padre»; o, in maniera più precisa, «dal Padre che è scienza, dal Padre che è sapienza». Il Verbo di Dio Padre è dunque il suo Figlio unigenito, in tutto simile e uguale al Padre, Dio da Dio, luce da luce, sapienza da sapienza, essenza da essenza; egli è assolutamente ciò che è il Padre, ma non è il Padre, perché questo è Figlio, quello è Padre. Per questo conosce tutto ciò che conosce il Padre, ma per lui il conoscere viene dal Padre, come l’essere.
Infatti in Dio conoscere ed essere sono una sola cosa. E dunque come il conoscere non viene al Padre dal Figlio, così nemmeno gli proviene l’essere. Pertanto è come «dicendo» se stesso che il Padre ha generato il Verbo, in tutto uguale a sé. Egli infatti non «avrebbe detto» interamente e perfettamente se stesso, se ci fosse nel suo verbo qualcosa di meno o di più di ciò che è in lui. (…) Per quanto concerne questo nostro verbo dunque, se vi abbiamo riscontrato una qualche somiglianza con quello divino, non esitiamo affatto a considerare fino a che punto ne è dissimile, nella misura in cui ci sarà possibile dirlo. (…) Che è, dico, questo qualcosa di formidabile e di non ancora formato, se non un qualcosa del nostro spirito che con una specie di movimento incessante portiamo di qua e di là, quando pensiamo ora questo ora quello a seconda che lo scopriamo o ci si presenta spontaneamente? C’è un verbo vero, quando ciò che, come ho già detto, con una specie di movimento incessante portiamo di qua e di là si fissa su ciò che sappiamo, ne trae la sua forma, prendendone la piena rassomiglianza, cosicché quale una cosa si conosce tale anche si pensi, cioè tale sia detta nel cuore, senza pronunciare parola, senza che si pensi a una parola che senza dubbio appartiene a qualche lingua. Di conseguenza, anche se concludiamo per non dare l’impressione di fare una questione di parola che si debba già chiamare verbo quel qualcosa del nostro spirito che può ricevere forma
dalla nostra scienza e ciò, anche prima che abbia preso forma, perché è già, per dir così, formabile, chi non vedrà quanto grande è qui la  somiglianza con quel Verbo di Dio, che è nella forma di Dio in tal maniera che non è stato formabile e poi formato né può mai essere informe, ma è forma pura e veramente uguale a colui dal quale ha origine e al quale essa è mirabilmente coeterna? Perciò quello di Dio si dice Verbo senza che si possa dire pensiero di Dio affinché non si creda alla presenza in Dio di qualcosa che cambi e che ora si dia una forma per essere Verbo, ora la riceva, la possa perdere e possa in qualche modo passare da una forma all’altra.
(S.Agostino, La Trinità 15, 13, 22 – 16,25)

A forza di parlare, le parole perdono valore: risuonano, passano e perdono valore, e non sembrano altro che parole. C’è però anche nell’uomo una parola che rimane dentro: il suono solo infatti esce dalla bocca. È la parola che viene pronunciata autenticamente nello spirito, quella che tu percepisci attraverso il suono, ma che non si identifica col suono. Quando, ad esempio, io dico: Dio, pronuncio una parola.
È una parola tanto breve: tre lettere e due sillabe! Forse che Dio è tutto qui, tre lettere e due sillabe? Quanto è insignificante la parola, altrettanto è grandioso il significato che essa esprime. (…) Che c’è dunque nel tuo cuore quando pensi a una realtà viva, eterna, onnipotente, infinita, ovunque presente, ovunque tutta intera, in nessun modo circoscritta? Quando pensi a queste cose, c’è  nel tuo cuore la parola di Dio. Questa parola è, allora solo quel suono formato da tre lettere e due sillabe?
Tutto ciò che si dice passa, è un insieme di suoni, di lettere, di sillabe. Questa parola che risuona, passa: ma ciò che il suono significa è nella mente sia di chi l’ha pronunciata, sia di chi l’ha udita; esso rimane anche quando è cessato il suono.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 1,8)

Natività, mosaico, scuola mosaicisti del Friuli.

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[Il Verbo] è immagine di colui che l’ha generato, lo rivela in tutta la sua completezza, poiché in nulla è separato da lui pur sussistendo perfettamente da sé. Allo stesso modo il nostro verbo è immagine del nostro pensiero in tutta la sua interezza.
Ciò che, infatti, pensiamo nostro cuore, lo esprimiamo con le parole, e ciò che diciamo è immagine del pensiero che dimora nel cuore. (…) Il nostro cuore è dunque come una sorgente, e il verbo che esprimiamo è come un corso d’acqua che promana da quella sorgente. (…) Come poteva esserci in principio un verbo umano, se l’uomo ricevette il principio della sua esistenza solo in seguito? (…) In principio dunque non c’era né un verbo degli uomini, né uno degli angeli, poiché ogni creatura è posteriore al tempo, avendo ricevuto il principio della propria esistenza dal creatore. (…) Suvvia, ascolta degnamente la parola di Dio: ti parla, infatti, dell’Unigenito, e lo chiama Verbo.
(Basilio di Cesarea, Omelia su In principio era li Verbo 16,3)

Il termine Verbo significa anche che le cose nascoste sono state rivelate per mezzo di lui, proprio come i segreti del cuore sono rivelati dalle nostre parole.
(S.Efrem il Siro, Commento al Diatessaron 1,2)

Poi dice e il Verbo era presso Dio. A tal punto l’evangelista teme il nostro ingegno inesperto, a tal punto teme la nostra mente infantile e ignorante. Non affida ancora al nostro udito l’appellativo di Padre, affinché nessuno di coloro che sono più carnali sentendo la parola Padre si figuri di conseguenza nella sua mente anche una madre. Eppure, in questo prologo non chiama nemmeno il Figlio: sospetta, infatti, la nostra familiarità con la natura inferiore, affinché nessuno sentendo la parola Figlio umanizzi Dio per un’insana congettura suscitata dalle passioni. Per questo motivo, riprendendo il discorso, lo chiama di nuovo Verbo, tentando di spiegare alla tua incredulità questo concetto.
Corμe infatti la tua parola scaturisce dalla tua mente. e non si mischia alle tue passioni, così, sentendo nominare il Verbo, non ne intenderai la natura a partire dalle tue passioni.
(S.Gregorio di Nissa, Contro Eunomio 4,1)

Io penso che la primizia dei Vangeli sia proprio ciò che tu mi hai prescritto di investigare secondo le mie capacità, ovvero il Vangelo secondo Giovanni, che parla di colui di cui si può delineare una genealogia e che allo stesso tempo proviene da Colui che non ha genealogia alcuna.
(…) Anche Luca, del resto, riserva le parole più grandi e più perfette a colui che si adagiò sul petto di Gesù: nessuno, infatti, degli altri ha mostrato la sua divinità perfettamente come Giovanni, facendocelo vedere mentre dice: io sono la luce del mondo (Gv 8,12), io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6), lo sono la risurrezione (Gv 11,25), io sono la porta (Gv 10, 9), io sono il buon pastore (Gv 10,11) (…) Ebbene, bisogna avere il coraggio di dire che la primizia di tutte le Scritture sono i Vangeli, e che dei Vangeli la primizia è quello secondo Giovanni, il cui pensiero nessuno può comprendere se costui non si sia adagiato sul petto di Gesù o abbia ricevuto da Gesù Maria perché diventi la propria madre.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 1, 21-23)

Nulla è più antico del principio, se questa parola si considera nella sua definizione.
Non vi sarà mai il principio del principio: e se si pensa che vi sia o sorga qualche altra cosa prima di esso, cesserà davvero d’essere principio. D’altronde, se è possibile che esista qualcosa prima di quello che veramente è principio, il nostro discorso andrà all’infinito, giacché sempre viene fuori un altro che mostra, come secondo, quello su cui si sofferma la nostra ricerca. (…) Poiché, dunque, non ha fine un andare sempre a ritroso lungo il percorso dei secoli, si capirà che il Figlio non è esistito nel tempo, ma esiste fin dall’eternità insieme al Padre. Era, infatti, in principio. E se era in principio, quale mente, ditemi, potrà sorvolare sul profondo significato di quella parola «era»? Quando mai la parola «era» si fermerà come alla fine, una volta che il pensiero insegue sempre l’antecedente e precorre la mente che lo segue? (…) Parlando dell’Unigenito non è possibile, d’altronde, pensare a un principio nel tempo. Giacché è prima di ogni tempo, ed esiste prima dei secoli, e inoltre la natura divina non può avere un termine (…) Un principio infatti non può capirsi per se stesso se non in relazione alla fine, perché il principio in tanto è tale in quanto ha un termine e, viceversa, il termine si capisce se c’è un principio. Per principio,
qui, intendiamo quello che è definito nel tempo, e che noi consideriamo quantitativamente.
Ma poiché il Figlio è più antico dei secoli, non potrà essere stato generato
nel tempo, ma egli era sempre nel Padre come da una sorgente (…) Paragonando, dunque, il Padre a una sorgente, il Verbo era in lui sapienza, potenza, impronta, splendore e immagine di lui. E se non esisteva in nessun modo il tempo quando, indipendentemente dal Verbo, dalla sapienza, dall’impronta e dallo splendore, era il Padre, bisogna ammettere che era eterno anche il Figlio il quale è, nello stesso modo, eterno con il Padre.

Icona – Natività

(Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 1, 1)

E chi potrebbe rettamente conoscere, se non il Padre la luce che esisteva prima della creazione del mondo, la Sapienza intellettiva e sostanziale preesistente ai secoli, e il Dio Verbo, che vive ed è in principio presso il Padre? Questi è la prima e unica progenie di Dio anteriore alla creazione delle cose visibili e invisibili, il capo supremo dell’esercito spirituale e immortale
che è in cielo, l’angelo del grande ·disegno, il ministro dell’ineffabile volontà del Padre, il creatore dell’universo insieme con il Padre, la seconda causa di tutte le cose dopo il Padre, il Figlio vero e unigenito di Dio, Signore di tutte le creature, ·Dio e re, che ha ricevuto dal Padre la signoria e il potere per la sua stessa divinità, potenza e onore.

(Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 1, 2, 3)

Il Padre generò me, sapienza creativa, prima dei secoli, stabilì me come principio delle sue vie per le opere che ora, misticamente, si sono compiute (cf. Pr 8,22). Infatti, sebbene io sia Verbo increato per natura, faccio mia la voce della natura che ho ora assunto. Come umano sono io per essenza e non per apparenza, così divina è la natura che, per la modalità dello scambio, si è unita a me. Perciò sappiate che sono un solo Cristo, venuto per salvare ciò di cui e in cui sono.

(Cosma di Maiuma, Canone per il quinto giorno della grande settimana, Ode 9)

Dice, inoltre, riguardo alle parole In principio creò il cielo e la terra ( Gen 1, 1), che non sbaglierebbe chi identificasse il principio con la Sapienza. È detta, infatti, presso uno dei divini coreuti parlare di se stessa in questo modo: Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, nel principio (Pr 8, 22). Ne consegue in modo del tutto conveniente che tutto ciò che venne alla luce è posteriore alla Sapienza, poiché fu fatto per mezzo suo. Si esamini, poi, se le parole dell’evangelista: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio, si accordino con quelle della Genesi.
Bisogna infatti affermare che il principio, da cui germogliò il verissimo Verbo, è il Padre e il Creatore di tutto, nel quale era. Inoltre, le parole Egli era, in principio, presso Dio (Gv 1,2) sembra che intendano significare l’autorità del Verbo, che possedeva presso il Padre e prima della creazione dell’universo, chiamando la sua potestà principio. Dunque, il Principio dopo il proprio “principio senza principio”, ovvero il Padre, diventa principio degli altri esseri lui stesso, attraverso il quale tutto è stato creato.
(Metodio di Olimpo, Estratti dall’opera Sulle cose create 8)

«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14)

L’anima nostra, dunque, che vuole avvicinarsi a Dio, si elevi dal corpo, sia sempre unita a quell’Essere sommo, a quel Bene che è divino, che sempre è e che era dal principio ed era presso Dio, cioè il Verbo di Dio. Egli è quell’Essere divino nel quale viviamo e siamo e ci muoviamo (At 17, 28). Egli è quello che, era in principio, egli è quello che è. Infatti, dice, è in voi il Figlio di Dio Gesù Cristo, nel quale non fu «si» e «no», ma in lui fu il «sì» (2 Cor 1,19). Egli ordinò a Mosè di dire: Colui che è (Yahweh, il Verbo di Dio) mi ha mandato (Es 3, 14).

(S.Ambrogio, Lettere 29,14)

 

 

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