NT/ Settembre 24, 2023/ Vangelo-Domenica con i Padri, Liturgia della Parola domenicale, Orientamenti per la preghiera, Raccolte, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Preghiere, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Vi siete mai domandati perché la prosperità degli altri o ci irrita o ci deprime? Eppure gioire del bene degli altri è il mezzo migliore per essere oggetto della liberalità e magnanimità di Dio e il segreto per avvicinarci sempre più al suo Regno. Dio non fa mancare a nessuno il necessario, indipendentemente se uno ha il lavoro o no; il pane quotidiano che chiediamo ogni giorni di darci: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», è un diritto di ogni creatura anche se a tanti manca realmente, perché una società dove poche famiglie detengono quasi tutta la ricchezza, escludendola al resto, ai più, porta ad un disequilibrio globale. È allora fondamentale nutrirsi dell’alimento divino, celeste e soprannaturale, di questo «pane» per essere in grado di condividere l’altro con tutti. È «l’agire illogico di Dio», è la sua smisurata misericordia che vede tutti con occhi di bontà, come amici e non come nemici, e vuole dare a tutti lo stesso compenso per sentirci tutti più ricchi e lo potremo comprendere un po’, se ci mettiamo anche noi tra i servi inutili e ultimi dell’ultima ora per vivere senza calcolare e fare confronti ma bearsi dei doni ricevuti.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Il brano di Isaia è un invito pressante a cercare il Signore finché è vicino, a cambiare vita fiduciosi della sua misericordia, a cambiare mentalità perché le nostre vie e pensieri non sono i suoi.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 55,6-9)
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.

L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri;

ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona.

Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.

Oracolo del Signore.

Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,

i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

 

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale Dal Sal 144 (145)

R. Il Signore è vicino a chi lo invoca.

Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. R.

Seconda Lettura

Cristo è tutto per Paolo. Il vivere o il morire non ha importanza, purché Egli sia glorificato. Lavorerà ancora, se Lui lo vorrà. La comunità dei cristiani però -è il suo appello accorato- si comporti in maniera degna del Cristo. Ecco le esigenze dell’Amore: «Per me il vivere è Cristo».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 1,20c-24.27a)
Fratelli,
Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più  necessario che io rimanga nel corpo.
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo. (Cf. At 16,14b)

Alleluia.

VANGELO

Sei invidioso perché io sono buono? La liberalità e magnanimità di Dio sono inconcepibili se siamo accecati dell’invidia, dal calcolo o dall’opportunismo e vogliamo far rientrare Dio negli schemi della nostra meschina giustizia umana basata sui nostri egoismi. La generosità divina supera infinitamente le regole della giustizia umana: i suoi progetti vanno ben oltre l’equità che tuttavia è ancora così distante nella redistribuzione delle ricchezze tra le persone nel mondo: Egli ci chiede di arrivare a vivere solo di Lui e così poter entrare nella sua logica illogica e nel suo non buon senso perché tutti noi vuole salvare e dona a tutti la stessa moneta: Il suo regno.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.

Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.

Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Parola del Signore.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Chi ama Dio venga a godere di questa bella e luminosa festa.

Chi è un servitore entri con giubilo nel gaudio del suo Signore.

Chi ha sopportato le pratiche del digiuno riceve la sua ricompensa.

Chi ha lavorato dalla prima ora si rallegri rendendo grazie.

Chi è arrivato alla sesta ora non nutra alcun dubbio, egli non perderà nulla.

Chi ha ritardato fino all’ora nona si avvicini senza esitazione e paura.

Chi è apparso all’undicesima ora, non abbia paura del suo ritardo.

Il Signore è generoso, riceve il primo come l’ultimo, ammette al riposo l’operaio dell’ultima ora come quello che ha lavorato dalla prima, dà a questo e regala a quello, riceve l’opera e accoglie l’intenzione, onora il lavoro e loda i buoni propositi.

Entra dunque nel gaudio del tuo signore; ricevono la ricompensa i primi e gli ultimi; ricchi e poveri, giubilate insieme; astinenti e pigri onorate questo giorno; voi che avete digiunato e voi che non avete digiunato, gioite oggi.

(Dal Mattutino della Pasqua ortodossa)

Il padrone di casa
Il padrone di casa è Cristo, per il quale i cieli e la terra sono come una sola casa; la famiglia è, come appare, la moltitudine delle creature, sia angeliche che terrestri. È come se egli avesse costruito una casa a tre piani: inferno, cielo e terra, in modo che coloro che combattono possano vivere sulla terra, coloro che sono vivi sotto terra, e coloro che hanno vinto in cielo. Anche noi, che siamo posti nel mezzo, dobbiamo sforzarci di non scendere insieme a coloro che sono all’inferno, ma di salire al livello di quelli che sono in cielo.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 34)
Operai per la sua vigna
Un padrone di casa uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Che cosa rappresenta qui la vigna di Dio? Non degli uomini, come altrove; infatti uomini sono chiamati i coltivatori della vigna. La vigna, invece, rappresenta la giustizia, ed in essa sono posti diversi tipi di virtù come viti. Per esempio, gentilezza, castità, pazienza, magnanimità e innumerevoli altre buone qualità, che sono tutte chiamate virtù. Vediamo dunque con quanto impegno dobbiamo coltivare la vigna celeste. Adamo fu messo nel paradiso per coltivarlo e per lavorarlo, ma poiché lo trascurò, fu scacciato fuori di esso.
Noi siamo stati messi qui per coltivare la giustizia; se la trascuriamo, saremo cacciati via, così come furono cacciati i giudei, dei quali fu scritto: Aggiungi iniquità alla loro iniquità, così che non possano entrare nella tua giustizia (Sal 68, 27). […] Un lavoratore a giornata messo nella vigna non solo perderà la sua paga, se trascura il suo lavoro, ma gli sarà anche imputata la perdita dovuta all’abbandono della vigna.
Così anche noi, se trascuriamo la giustizia che ci è stata affidata, non solo non avremo alcuna ricompensa, ma ci sarà anche imputata la colpa per la giustizia, che è stata abolita. Infatti la vigna di Dio non è fuori di noi, ma è stata piantata in noi stessi. Così chi commette peccato distrugge la giustizia di Dio dentro se stesso, ma chi fa opere buone la coltiva dentro di sé. La ben coltivata giustizia di Dio dentro di noi produce l’uva, cioè Cristo.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 34)
La vigna e gli operai
Che cosa dunque vuole dire la paraBBla? È necessario chiarire innanzitutto questo e poi spiegheremo l’altra difficoltà.
Vuol dire che la vigna sono i comandi e i precetti di Dio, il tempo del lavoro la vita presente, gli operai quelli che in modi diversi sono chiamati ad osservare le prescrizioni divine, l’alba, l’ora terza, la sesta, la nona e l’undicesima coloro che sono venuti in età differenti e si sono distinti.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 64, 3)
Un denaro al giorno
Egli dà a tutti un denaro, che è la grazia dello Spirito, perfezionando i santi in accordo con Dio, imprimendo il marchio celeste sulle loro anime e conducendoli alla vita e all’immortalità.
(Cirillo di Alessandria, Frammento 226)
Il giorno come storia della rivelazione
Il Signore stesso è il padrone di casa e colui che regola il regno dei cieli. Per ”giorno” egli intende l’intera era, durante la quale, in tempi diversi a partire dalla trasgressione di Adamo, egli chiama gli uomini giusti a compiere la loro opera pia, stabilendo le loro ricompense in base alle loro azioni. E così all’alba (ora prima) sono coloro che vissero al tempo di Adamo e Enoch; alle nove del mattino (ora terza) sono coloro che vissero al tempo di Noè e di Sem, e tutti i giusti che discesero da loro, poiché il secondo tempo rappresenta anche la seconda chiamata, quando anche le leggi erano differenti. I lavoratori chiamati a mezzogiorno (ora sesta) sono quelli che vissero al tempo di Abramo, il tempo in cui fu istituita la circoncisione; quelli, infine, chiamati alle cinque (ora undicesima) sono i giusti prima dell’ avvento di Cristo. Solo nel loro tempo fu posta la domanda: Perché ve ne state qui
tutto il giorno oziosi?, poiché non avevano speranza nel Signore. Essi erano senza Dio nel mondo e oziosi in ogni opera buona: erano come quelli che se ne stanno nella piazza del mercato, senza dedicarsi alla ricerca di alcunché, ma trascorrendo la loro vita intera senza uno scopo. Il Signore li ammonisce: Perché ve ne state qui oziosi? Ed essi rispondono: Perché nessuno ci ha presi a giornata: infatti né Mosè né alcuno dei santi ha mai parlato ai gentili, ma solo a Gerusalemme. Nondimeno il Signore li manda nella vigna. […] Alla fine della vita, che è la sera (infatti il tempo che trascorrerà fra il soggiorno di Cristo sulla terra e il compimento dei tempi è quello seguente all’undicesima ora, come dice Giovanni: È l’ultima ora [1Gv2;18]), il padrone di casa ordina che siano
dati i compensi a cominciare dagli ultimi.
(S.Cirillo di’ Alessandria, Frammento 226)
L’ora terza, nona e undicesima
Il Signore uscì all’alba e chiamò Adamo e coloro che erano con lui; alle nove del mattino (ora terza) chiamò Noè e quelli che erano con lui; a mezzogiorno (ora sesta) Abramo e quelli che erano con lui; alle tre (ora nona) Mosè e i suoi, o David e i suoi, poiché a questi diede i testamenti. (*)
Le cinque (ora undicesima) rappresentano simbolicamente il tempo dei gentili, perché ora noi siamo sul limite stesso del mondo, come testimonia Giovanni nella sua lettera, in cui dice: È l’ultima ora (1 Gv 2, 18). (Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 34)
(* La tendenza a dividere il tempo dell’Antico Testamento in varie età cronologiche risale al Il
secolo, la divisione in quattro età è già attestata in Ireneo. Cf. A. Luneau, I.:Histoire du Salut chez le
Pères de l’Église, Paris 1964). ·
Cominciare dagli ultimi
Gli ultimi, ricevendo la generosità del padrone in luogo di possibili difficoltà, sono i primi a ottenere la loro ricompensa, dal momento che tutti questi, dopo l’avvento del Signore, sono diventati – attraverso il battesimo e l’unione con lo Spirito – partecipanti nella natura di Dio, e sono chiamati figli di Dio.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 226)
Pronti ad obbedire
Perché quindi questa parabola è stata strutturata così e che cosa vuole dimostrare? Vuole rendere più zelanti quelli che nell’estrema vecchiaia si convertono e diventano migliori, e non consentire che siano ritenuti inferiori. Perciò introduce altri che provano fastidio per i beni di costoro, non per mostrarli consumati e rosi dall’invidia, per niente affatto!, ma per insegnare che questi avevano ricevuto un onore così grande che poteva generare invidia negli altri. Anche noi lo facciamo spesso quando diciamo: «Il tale mi ha rimproverato di averti ritenuto degno di un onore così grande», non perché siamo stati rimproverati, né perché vogliamo calunniare quello, ma perché vogliamo fargli vedere la grandezza del dono che ha ricevuto.
Ma perché non li ha assoldati tutti subito? Per quanto lo riguardava, li avrebbe assoldati tutti; se non hanno risposto tutti insieme, la differenza è stata causata dalla volontà di quelli che sono stati chiamati.
Perciò vengono chiamati alcuni all’alba, altri alla terza ora, altri alla sesta, altri alla nona, altri all’undicesima, quando avrebbero obbedito. Indicava questo concetto anche Paolo dicendo: Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre si compiacque di rivelarmi suo Figlio. Quando si compiacque? Quando avrebbe obbedito. Dio fin dal principio voleva, ma poiché egli non avrebbe ceduto, si compiacque quando anche lui si sarebbe lasciato persuadere. Così chiamò il ladrone, pur potendo chiamarlo anche prima, ma quello non avrebbe obbedito. Se infatti Paolo non avrebbe obbedito fin dal principio, a maggior ragione il ladrone. Se questi dicono: Nessuno ci ha presi a giornata, proprio come dicevo, non bisogna indagare con curiosità tutto ciò che c’è nelle parabole; qui non si indica che fa questa affermazione il padrone di casa, ma quelli; ed egli non li rimprovera, per non turbarli, ma per attirarli a sé. Che, per quanto stava in lui, li avrebbe chiamati tutti fin dal principio, lo ha mostrato la parabola quando dice che uscì all’alba per prendere a giornata.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 64, 3)
Pensavano che avrebbero ricevuto di più
Fra questi (lavoratori) i primi sembrano aver faticato di più degli ultimi, per essere stati più a lungo soggetti al fanatismo del diavolo visto che la morte e la corruzione non erano stati ancora sconfitti. Se esaminato su una base egualitaria, il caso presuppone che sia dovuto di più ai primi lavoratori, poiché essi vissero in un tempo in cui la morte e il diavolo predominavano: infatti questo era il peso del giorno e il calore bruciante, quando neppure la rugiada dello Spirito era presente per aiutare gli uomini ad essere giusti.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 226)
Nessuna protesta
Possiamo chiederci: in che senso si può dire che mormorarono coloro che, benché tardi, furono chiamati al regno? Chi mormora, infatti, non conquista il regno dei cieli, e chi lo conquista non può certo darsi alla mormorazione. Siccome però gli antichi padri, sino alla venuta del Signore, pur essendo vissuti nella giustizia non furono accolti nel regno prima che scendesse Colui che avrebbe aperto agli uomini le porte del paradiso mediante la sua morte, per loro la mormorazione consiste nel fatto di essere vissuti nella giustizia per conquistare il regno, dal quale però furono tenuti a lungo lontano. Essi, trascorsa la vita nell’onestà, furono destinati agli inferi, benché in luoghi di quiete, e per questo si può dire che lavorarono nella vigna e mormorarono. Sono essi che ricevono il denaro dopo la mormorazione, dato che giungono ai gaudi del regno dopo un lungo soggiorno agli inferi. Noi invece, chiamati all’ultima ora, non mormoriamo dopo la fatica e riceviamo il denaro, perché, giunti in questo mondo dopo la venuta del Mediatore, siamo accolti nel regno appena dopo la morte, e riceviamo senza indugio il premio che gli antichi padri meritarono di ottenere solo dopo lunga attesa.
(S.Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 19, 4)
Li hai trattati come noi
Che cosa vuol dire con questa parabola? Ciò che egli afferma all’inizio non concorda con ciò che vien detto alla fine; anzi, sembra che si dica tutto il contrario. Qui egli dimostra che tutti i lavoratori ricevono lo stesso salario e non che gli uni sono cacciati mentre gli altri vengono ammessi. Tuttavia, sia prima che dopo, la parabola afferma il contrario, cioè che saranno primi gli ultimi e ultimi i primi, vale a dire i primi non rimarranno sempre tali, ma passeranno a essere ultimi. Che egli intenda dire questo, lo si vede da ciò che aggiunge: perché molti sono chiamati e pochi gli eletti, di modo che per un duplice motivo ferisce gli uni e consola e rianima gli altri. La parabola, tuttavia, non dice questo; ma piuttosto che gli ultimi saranno uguali a coloro che si sono distinti e hanno faticato molto. Sono proprio questi  che affermano: Tu li hai messi alla pari con noi: che abbiamo sopportato tutto il peso
della giornata e dell’arsura.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 64, 3)
Non ti faccio torto
Ma la questione è se i primi che si sono segnalati splendidamente, sono risultati graditi a Dio e hanno brillato tutto il giorno per le loro fatiche, si lasciano dominare da quell’estremo morbo della malvagità, rappresentato dall’invidia e dalla gelosia.
Vedendo infatti che quelli avevano usufruito della medesima ricompensa, dicono: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e il  caldo. Benché non ricevessero alcun danno e la loro paga non fosse diminuita, erano scontenti e irritati per il bene altrui, il che era proprio dell’invidia e della gelosia. E ciò che è più importante è che il padrone, esponendo le proprie ragioni in difesa di quelli e giustificandosi nei confronti di chi aveva parlato così, lo condanna per la sua malvagità ed estrema invidia, dicendo: Non ti sei messo d’accordo con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; io voglio dare anche a quest’ultimo come a te. Forse il tuo occhio è malvagio perché io sono buono?
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 64, 3)
Il significato della parabola
Che cosa dimostrano queste parole? Lo stesso concetto si può intravedere in altre parabole. Difatti quel figlio, che era persona stimata, viene presentato con questi stessi sentimenti, quando vide che il
fratello dissoluto riceveva molti onori e più di lui. Come questi ottennero un maggior beneficio per il fatto di ricevere la paga per primi, così anche quello veniva onorato maggiormente per l’abbondanza
dei doni, e questo è attestato dal figlio che si segnalava per la sua riputazione. Che si può dire? Che non c’è nessuno nel regno dei cieli che sostenga così le sue ragioni o rivolga simili accuse, non sia mai!, perché quel luogo è esente da invidia e gelosia. Se infatti, stando quaggiù, i santi danno anche la loro vita per i peccatori, a maggior ragione gioiscono vedendoli godere lassù di questi beni e li considerano come propri. Perché dunque il Signore ha disposto così il suo discorso? Quanto diceva era una parabola; perciò non si deve indagare tutto nelle parabole parola per parola, ma apprendere e cogliere la finalità per cui la parabola è stata composta e non spingere più in là la propria curiosità.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 64, 3)
Il tuo occhio è malvagio perché il mio è buono?
Per questo il padre di famiglia dice: Voglio dare anche a quest’ ultimo come a te. Siccome poi la conquista del regno è un dono del suo buon volere, a ragione soggiunge: O non mi è lecito attuare questa mia volontà? È follia, da parte dell’uomo, mettere in discussione la bontà di Dio. Il lamento non deve poi nascere nel caso in cui egli non dà ciò che deve, ma se non dovesse elargire ciò a cui è tenuto.
Per questo, ben a proposito si soggiunge: O forse il tuo occhio incattivisce perché io sono buono? Nessuno poi si esalti per ciò che ha compiuto o per il tempo trascorso, dato che – dopo l’affermazione surriferita – la Verità dice in aggiunta: Così gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi. Infatti, anche se siamo consapevoli di aver compiuto del bene, non sappiamo con quanto rigore si verrà sottoposti all’esame del Giudice supremo. Sia quindi per ognuno motivo di grande gioia l’entrare, anche come ultimo, nel regno di Dio.
(S.Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 19, 4)
I primi saranno gli ultimi – La cernita finale degli eletti
Pochi sono gli eletti. Perché? – Incontriamo a questo punto una terribile sentenza: Molti infatti sono i chiamati ma pochi gli eletti, perché parecchi arrivano alla fede ma pochi raggiungono il regno dei cieli. Ecco, ad esempio, quanto siamo numerosi per l’odierna celebrazione e come affolliamo la chiesa: chi però saprebbe indicare quei pochi che sono annoverati nel gregge degli eletti di Dio? È vero infatti che la voce di tutti invoca Cristo, ma non è così della loro condotta. Parecchi seguono Dio a parole, ma se ne allontanano con le opere. Per questo Paolo dice: Proclamano di conoscere Dio, ma lo negano coi fatti. E Giacomo: La fede senza le opere è morta. E anche il Signore, per bocca del salmista: Ho dato l’annuncio, e ho parlato e si sono moltiplicati oltre i limiti. Quando infatti il Signore chiama, i fedeli si moltiplicano oltre i limiti, perché in certi casi arrivano alla fede anche quanti non sono annoverati fra gli eletti. Costoro si trovano con i fedeli nell’ ammissione delle stesse verità, ma non meritano di conseguire l’identica sorte a motivo della vita riprovevole. Quest’ovile della santa Chiesa accoglie capri e agnelli, ma – come attesta il Vangelo – il Giudice, alla sua venuta, separerà i buoni dai malvagi, come il pastore divide le pecore dai capri. Quanti, qui, sono schiavi dei piaceri della carne non potranno, infatti, essere posti nel gregge delle pecore. In quel giorno il Giudice separerà dalla sorte degli umili coloro che su questa terra si esaltarono nell’arroganza della superbia. Non possono conquistare il regno dei cieli coloro che, chiamati in questo mondo a una fede soprannaturale, si buttano con impeto di desiderio sui beni della terra.
(S.Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 19, 5

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