NT/ Settembre 3, 2023/ Vangelo-Domenica con i Padri, Liturgia della Parola domenicale, Orientamenti per la preghiera, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Croce vetta monte Subasio

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Suona dura questa espressione, e il pungolo della tua verità è arduo per tutti noi. Ma quelli che adesso sono disposti ad ascoltare e seguono il richiamo della croce, avranno aperta la strada del regno. «Nella Croce è la salvezza, nella Croce è la vita, nella Croce è la difesa dai nostri nemici, dalla Croce sgorga la soavità celeste, nella Croce è la forza della mente, nella Croce è la gioia dello spirito: nella Croce è la pienezza della virtù, nella Croce è la perfezione della santità […] la croce è guida al paradiso» (Cit. dall’ Imitazione Cristo).

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Il profeta Geremia avrebbe preferito essere un profeta di Consolazione e invece è stato destinato a portare un messaggio di contestazione, che gli procura persecuzioni e scherni ma non indietreggia perché il suo cuore brucia per Dio e per la sua causa.

Dal libro del profeta Geremìa (Ger 20, 7-9)

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.

Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale Dal Sal 62 (63)

R. Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. R.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode. R.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. R.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene. R.

Seconda Lettura

Al disegno di amore di Dio, che per primo ci è venuto incontro, noi dobbiamo rispondere con l’offerta viva di noi stessi a lui: una liturgia che possa tradursi in vita, per compiere quello che piace al Padre dei viventi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 12, 1-2)
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati. (Cf. Ef 1,17-18)

Alleluia.

VANGELO

Croce vetta monte Amiata

Chi risponde alla chiamata di Gesù e lo segue deve prendere la propria croce e seguirlo come lui che ha portato la Sua Croce per la redenzione dell’universo che morì su di essa, ma risuscitò glorioso. Una croce che è sinonimo di offerta della propria vita, nella certezza di riaverla intera nella gloria del Padre.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16,21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Parola del Signore.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

O figlio, tu potrai trasmutarti in me, a misura che riuscirai ad uscire da te stesso. Ché l’intimo oblio di se stessi congiunge a Dio, come la mancanza di desideri esterni porta la pace interiore. Io voglio che tu apprenda a rinnegare pienamente te stesso, in adesione alla mia volontà, senza obiezioni, senza lamentele. “Seguimi” (Mt 9,9). “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Senza la via non si cammina; senza la verità non si conosce; senza la vita non si vive. Io sono la via che devi seguire; la verità cui devi credere; la vita che devi sperare. Io sono la via che non si deve lasciare, la verità che non sbaglia, la vita che non ha termine. Io sono la via diritta, la verità ultima, la vita eterna, beata, increata. “Se rimarrai nella mia via, conoscerai la verità e la verità ti farà libero” (Gv 8,32); così raggiungerai la vita eterna. “Vuoi entrare nella vita? Osserva i comandamenti” (Mt 19,17). Vuoi conoscere la verità? Chiedi a me. “Vuoi essere perfetto? Vendi ogni tua cosa” (Mt 19,21). Vuoi essere mio discepolo? Rinnega te stesso (cfr Lc 9,23; 14,27; Mt 16,24). Vuoi avere la vita eterna? Disprezza la vita presente. Vuoi essere esaltato in cielo? Umiliati in questo mondo. Vuoi regnare con me? Con me porta la croce. Soltanto quelli che si fanno servi della croce trovano la via della beatitudine e della vera luce. O Signore Gesù, dura fu la tua vita, e disprezzata dagli uomini; fa’ che io ti possa imitare, disprezzato dal mondo, giacché “il servo non è da più del suo padrone, né il discepolo è da più del maestro” (Mt 10,24). Che il tuo servo si addestri alla scuola della vita, perché in essa sta la mia salvezza e la vera santità; qualunque cosa io legga o ascolti, fuori di essa, non mi ristora e non mi allieta pienamente. Figlio, tutte queste cose le conosci e le hai lette; sarai beato se le metterai in pratica. “Chi ha dinanzi agli occhi i miei comandamenti, e li osserva, questi mi ama; e io l’amerò, mi manifesterò a lui” (Gv 24,21) e lo farò sedere con me nel regno del Padre mio (Ap 3,21). O Signore Gesù, come hai detto e hai promesso, così sia fatto veramente, e a me sia dato di meritarlo. Ho ricevuto la croce, l’ho ricevuta dalla tua mano; la porterò, la porterò fino alla morte, come tu me l’hai posta sulle spalle. In verità la vita di un santo monaco è la croce; ma la croce è guida al paradiso. Abbiamo cominciato; non ci è lecito tornare indietro, né lasciare ciò che abbiamo intrapreso. Via, o fratelli, procediamo insieme: Gesù sarà con noi. Abbiamo preso questa croce per amore di Gesù; per amore di Gesù perseveriamo nella croce. Colui che ci guida e ci precede sarà il nostro aiuto. Ecco, il nostro re camminare avanti a noi; “egli combatterà per noi” (2Esd 4,20). Seguiamolo con animo virile; che nessuno abbia paura, né si lasci atterrire; che noi siamo pronti a morire coraggiosamente nella lotta; che non abbiamo a gravare il nostro buon nome con una delittuosa fuga (1Mac 9,10) dinanzi alla croce.(L’imitazione di Cristo, Libro III, c. LVI n° 1-2)Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: “allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno” (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell’anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria. Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va’ pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce. Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell’anima qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti, talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più, frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza. Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque, sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi sempre te stesso. Volgiti verso l’alto o verso il basso, volgiti fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno. Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un’altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo, nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il dolere della passione. “Era necessario – diceva – che il Cristo patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria” (Lc 24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d’altro, che non sia il patire tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt’intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio su questa terra aumenta insieme con l’amore di Dio. Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e dell’afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura, essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo, e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai, dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così. Non c’è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi; giacché “i patimenti di questa nostra vita terrena”, anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, “non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura” (Rm 8,18). Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire. Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna contrarietà. “Io gli mostrerò – dice Gesù – quante cose egli debba patire per il mio nomo” (At 9,16). Dunque, se vuoi davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti! Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose più gravose per il mondo. Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi. Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio, nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe certamente indicato, con la parola e con l’esempio. Invece egli esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: “Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale, attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa, “che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso molte tribolazioni” (At 14,22)(L’imitazione di Cristo, Libro II, c. XII n° 1-6)

Croce vetta monte Cetona

Questo non ti accadrà mai
Che vuol dire: Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini? Pietro, esaminando la questione con ragionamento umano e terreno, pensava che ciò fosse per lui obbrobrioso e sconveniente. Cristo dunque, riprendendolo, dice: «Non è sconveniente che io patisca, ma tu lo giudichi in questo senso con mentalità carnale, perché, se avessi ascoltato le mie parole in in modo conforme a Dio, libero da
ragionamenti carnali, avresti compreso che soprattutto questo mi è conveniente.
Tu pensi che patire sia indegno di me; io invece ti dico che è intenzione del diavolo che io non patisca». Con opposte argomentazioni mitigava la sua angoscia. Come persuase a battezzarlo Giovanni che riteneva che fosse indegno di Cristo ricevere il battesimo da lui, dicendo: Così conviene a noi, e convinse questo stesso Pietro che voleva impedirgli di lavargli i piedi, dicendo: Se non ti lavo i piedi non hai parte con me; così anche in questo caso lo frenò con argomentazioni di segno opposto e placò la sua paura della passione con l’intensità del rimprovero.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 54, 4)
Gesù proibisce che la sua identità sia resa nota
E che in un certo senso sia questa la sua intenzione nel proibire che si proclami che egli è il Cristo, risulta chiaro dalle parole: Da quel momento Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, e dalle parole che seguono. Allora, in quel preciso momento in cui i discepoli riconobbero che Gesù era il Cristo Figlio del Dio vivente, per rivelazione fatta loro dal Padre, era come annunciare loro che – anziché credere in Gesù Cristo già «crocifisso» – dovessero credere in Gesù Cristo che «sarebbe stato crocifisso», ma era anche come se insegnasse loro che – anziché credere in Gesù Cristo, e in lui «risuscitato dai morti» – credessero in Gesù Cristo, che «sarebbe risuscitato dai morti»; ma poiché ha privato della loro forza i Principati’ e le Potestà e ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro sulla croce, se uno si vergogna della croce di Cristo, si vergogna anche dell’economia, grazie alla quale quelle potenze furono condotte in trionfo; deve invece gloriarsi nella croce del Signore nostro Gesù Cristo chi questo lo crede e lo ha riconosciuto.
Grazie al Cristo, il mondo è crocifisso a colui che crede, i Principati e le Potestà furono resi pubblico spettacolo e condotti in trionfo, e tra questi Principati (credo) c’era anche il Principe di questo mondo.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 18)
Lungi da me, Satana!
Non sapevano gli apostoli che cosa mai significasse proprio questo concetto di risorgere e pensavano che fosse molto meglio non morire. Perciò, mentre gli altri erano turbati e perplessi, di nuovo solo Pietro, che era ardente, ha il coraggio di parlare su questo punto, e non apertamente, ma prendendolo in disparte, cioè, separandosi dagli altri discepoli, e dice: Dio te ne scampi: Signore; questo non ti accadrà mai. Che è mai questo? Egli che aveva ottenuto una rivelazione, che era stato proclamato beato, così rapidamente cadde e si ingannò, in modo da temere la passione? Che c’è da meravigliarsi che questo accadesse a chi non aveva ricevuto una rivelazione su tale argomento? Per sapere che non pronunziò quelle parole di sua iniziativa, considera come, in ciò che non gli era stato rivelato, rimanga turbato e sconvolto e, pur sentendolo innumerevoli volte, non sa che senso abbia quanto viene detto. Aveva appreso che era Figlio di Dio, ma non gli era ancora chiaro che cosa fosse il mistero della croce e della risurrezione. Difatti, dice, quel parlare rimaneva oscuro per loro. Vedi che giustamente ordinava di non parlarne agli altri? Se infatti a tal punto turbò quelli che era necessario che lo sapessero, che cosa non sarebbe capitato agli altri? Egli, mostrando che era tanto lontano dall’andare alla passione contro la sua volontà, rimproverò Pietro e lo chiamò Satana.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 54, 3)
Il rimprovero a Pietro
Quando, contrariamente a quanto aveva sperato, Pietro udì queste parole, ne rimase turbato. Infatti, da una parte, la rivelazione aveva mostrato Cristo come il Figlio di Dio e il Dio vivente, ma, dall’altra, era ora visto prepararsi agli eventi spaventosi della passione. Nel rimproverare Pietro Cristo porta alla luce il suo giusto giudizio. Quando Pietro confessa Cristo, Cristo lo loda. Ma quando egli si mostra irrazionalmente terrificato, Cristo lo rimprovera, agendo senza favoritismi verso la sua persona.
(Teodoro di Eraclea, Frammento 102)

Pietro come Satana
A motivo poi della sua ignoranza, che in qualche misura contrastava con le cose di Dio, gli disse: Satana, termine che in ebraico vuol dire avversario. Ora, se Pietro non avesse parlato per ignoranza e non avesse rimproverato il Figlio di Dio vivente dicendogli: Pietà per te, o Signore, questo non ti accadrà mai, Gesù non gli avrebbe detto: Vai dietro a me, come a uno che ha smesso di stare dietro di lui e di seguirlo; e non avrebbe detto neppure Satana, come a uno che ha contraddetto le sue parole. Ma colui che aveva seguito Gesù, o aveva camminato dietro a lui, Satana riuscì a distoglierlo dal seguire e trovarsi dietro al Figlio di Dio; e a motivo di quelle parole dette per ignoranza, riuscì a renderlo meritevole di sentirsi dire dal Figlio di Dio: Satana, perché non pensava secondo Dio, ma secondo gli uomini.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 21)
Prenda la sua croce

Allora: quando? Quando Pietro disse: Dio te ne scampi; questo non ti accadrà mai, e udì: Lungi da me, Satana. Non si limitò soltanto al rimprovero, ma volendo anche dimostrare ampiamente l’assurdità delle parole di Pietro e il vantaggio derivante dalla passione, afferma: «Tu mi dici: Dio te ne scampi; questo non ti accadrà mai; io invece ti dico che non solo è per te dannoso e rovinoso ostacolarmi e non tollerare la mia passione, ma non potrai nemmeno salvarti, se tu stesso non sei sempre pronto a morire». Perché non pensassero che soffrire fosse indegno di lui, insegna ad essi il vantaggio della passione non solo con gli argomenti precedenti, ma anche con quelli seguenti. In Giovanni dice: Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Qui, sviluppando ampiamente questo concetto, porta avanti il discorso non solo su di sé, sul fatto di dover morire, ma anche su di loro. È così grande infatti il vantaggio che deriva da questa realtà, che anche per voi non voler morire è un male, mentre è un bene essere pronti a questa eventualità.
Ma mette in evidenza questo successivamente; per ora invece lo tratta parzialmente. Considera come svolga il discorso senza costrizione, perché non ha detto: Sia che vogliate, sia che non vogliate, dovete soffrire questo, ma come? Se qualcuno vuole venire dietro a me. Non forzo, non costringo, ma rendo ciascuno padrone della sua libera scelta; perciò dico: Se qualcuno vuole.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 55, 1)
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà
Poi, dal momento che ha detto: Chi vuole salvarla, la perderà, ma chi la perderà, la salverà, e ha indicato sia lì sia qui la salvezza e la perdizione, perché nessuno pensasse che fosse uguale questa perdizione e quella, questa e quella salvezza, ma si sapesse chiaramente che c’è tanta differenza tra quella salvezza e questa, quanta ce n’è tra la perdizione e la salvezza, lo stabilisce una volta per sempre dimostrandolo mediante termini contrapposti: Qual vantaggio infatti, dice, ha l’uomo se guadagna il mondo intero e poi perde la propria anima? Hai visto come la salvezza della vita ottenuta in modo indebito sia perdizione e peggiore di ogni perdizione, dal momento che è insanabile
per il fatto che non c’è nulla che poi la possa riscattare? Non dirmi, vuol dire, che ha salvato la sua anima chi è sfuggito a tali pericoli, ma considera, insieme alla sua anima, anche tutto il mondo: che vantaggio gliene viene se essa si perde?
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 55, 3)
Qual è il vantaggio
Il primo membro della frase si può intendere in due sensi. Da una parte, si può intendere che, se uno ama la vita e ritiene la vita presente essere un bene, si prende cura della sua anima mentre vive nella carne e teme di morire come se la perdesse con questa morte: costui perderà la sua anima proprio perché vuole salvarla in questo senso, escludendola dalle condizioni della beatitudine; se uno, invece, fa poco conto della vita presente grazie alla mia parola che lo ha convinto a lottare sino alla morte per la verità consegnandola per la pietà a quella che comunemente chiamiamo morte, costui che per causa mia ha «perduto» l’anima, per contro la salverà e l’acquisterà.
D’altra parte, la parola si potrà interpretare anche in un altro senso: se uno si è reso conto che così è davvero la salvezza, e vuole guadagnare questa salvezza per la propria anima, costui deve rinunziare a questa vita, rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguirmi, e perdere la sua anima per il mondo. Perché se la perde a causa mia e di tutto il mio insegnamento in cambio di siffatta perdita si procurerà la salvezza.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 26)
Nulla può essere dato in cambio della propria anima?
Quanto alle parole: O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?, sembrerà che, dette in senso di domanda, vogliano dire che l’uomo in cambio della propria anima, dopo aver peccato, dia tutta la sua sostanza per dare i suoi averi da mangiare ai poveri, credendo con questo di salvarsi. Dette però in senso affermativo, credo che queste parole vogliano dire: l’uomo non ha nulla che possa dare in cambio della propria anima; Dio invece, in cambio dell’anima di tutti noi, diede il sangue prezioso di Gesù, in quanto siamo stati comprati a caro prezzo, non a prezzo di cose corruttibili, di argento o di oro, riscattati: ma con il sangue prezioso di Cristo agnello senza difetti e senza macchia.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 28)
L’umana debolezza dei discepoli
Dal momento che i discepoli non avevano ancora ricevuto il potere dall’alto (cf. Lc 24, 49), non era forse innaturale che essi ricadessero di tanto in tanto nelle debolezze della natura umana e, pensando a qualcosa di questo genere, dicessero: «Come potrà qualcuno negare se stesso? E come potrà qualcuno, perdendo la propria vita, salvarla?» […] Pertanto, al fine di allontanarli da questo tipo di ragionamenti e, per così dire, al fine di forgiare nuovo coraggio in loro, comunicando loro un desiderio per la gloria futura, egli dice: vi sono alcuni tra i presenti, alludendo a Pietro e ai figli di Zebedeo; questi, infatti, erano stati scelti per accompagnarlo alla trasfigurazione, che Cristo chiama «il regno», e che aveva dimostrato l’ineffabilità della sua autorità e la natura immutabile della sua ·parentela con il Padre. Ed in queste parole egli accenna anche all’importanza del suo secondo avvento, mostrando come questo suo primo avvento sia un preludio ed anche una conferma del secondo. Infatti egli verrà nella gloria del Padre, e non in umile condizione.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 195)
Con i suoi angeli nella gloria del Padre suo
Hai visto come una sola sia la gloria del Padre e del Figlio? Se una sola è la gloria, è evidente che anche la sostanza è una sola. Se infatti in una sola sostanza c’è differenza di gloria – Altra è la gloria del sole e altra la gloria della luna e altra è la gloria delle stelle: una stella differisce da un’altra nella gloria, pur essendo una sola la sostanza-, come si potrebbe pensare che diversa sia la sostanza di coloro che hanno una sola gloria? Non ha detto: in una gloria tale, quale quella del Padre, perché ancora tu possa supporre una qualche differenza, ma, mostrando un’espressione accurata, dice: verrà in quella stessa gloria, modo che si immagini che sia una sola e la medesima.
Perché dunque, dice, temi, o Pietro, sentendo parlare di morte? Allora mi vedrai nella gloria del Padre, e se sono nella gloria, lo sarete anche voi. La vostra condizione non è limitata alla vita presente, ma vi accoglierà un’altra sorte migliore.
Ma tuttavia, dopo aver parlato dei beni, non si è fermato qui, ma ha unito anche ciò che è temibile, presentando quel tribunale, il rendiconto inesorabile, la sentenza incorruttibile, il giudizio infallibile.
Non ha certamente permesso che il discorso apparisse solo funesto, ma lo ha unito anche a buone speranze, perché non ha detto: allora punirà i peccatori, ma renderà a ciascuno secondo le sue azioni. Lo diceva non per ricordare soltanto la punizione ai peccatori, ma anche i premi e le ricompense a coloro che hanno agito rettamente.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 55, 4)
Alcuni tra i presenti non assaggeranno la morte
Il Signore ammaestra sia con le sue azioni sia con le parole, e sia i suoi discorsi si che le sue opere ci istruiscono circa la fede della nostra speranza. Egli aveva imposto alla debolezza umana un pesante fardello, obbligando gli uomini, che cominciano a passare da una semplice voglia di vivere alla coscienza della vita, ad abbandonare il piacere di ciò che. nel presente seduceva i loro corpi, e a rinnegare se stessi, cioè a rifiutare di essere ciò che cominciano ad essere, quando cominciano ad avere questa coscienza per il piacere della volontà, e a seguire l’idea di una speranza dubbia e incerta, quando in quelle cose che sono considerate presenti ci sono le attrattive di un piacere seducente. Era necessaria quindi l’autorità di un esempio vero e chiaro, affinché, contro la forza e la consapevolezza di un giudizio, diventasse desiderabile la perdita dei beni presenti, non essendo incerto il guadagno successivo dei beni futuri. Dopo aver esortato quindi a prendere la croce, perdere la vita e sacrificare il mondo in cambio della vita eterna, egli si voltò verso i suoi discepoli e affermò che ci sarebbero stati alcuni fra di loro che non avrebbero gustato la morte finché non avessero visto il Figlio dell’uomo nella gloria del suo regno. Usando il verbo gustare, egli indica che la morte avrebbe appena sfiorato i credenti. Ed ecco come alle parole sono seguiti i fatti.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 17, 1)

Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prende la sua croce e mi segua.(𝙼𝚊𝚝𝚝𝚎𝚘 16,24)

𝗟𝗘𝗧𝗧𝗘𝗥𝗔 𝗗𝗜 𝗦𝗔𝗡𝗧𝗔 𝗖𝗔𝗧𝗘𝗥𝗜𝗡𝗔 𝗗𝗔 𝗦𝗜𝗘𝗡𝗔

Santissimo e beatissimo Padre in Cristo, dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figliola Caterina vi conforta nel prezioso sangue suo col desiderio di vedervi senza alcun timore servile; poiché chi è timoroso perde tutta la forza dei santi propositi e buoni desideri.

Se non faceste quello che dovete fare, avreste bisogno di temere. Voi dovete venire [a Roma]: venite dunque; venite dolcemente senza alcun timore; e se qualcuno intorno a voi vi vuole impedire, dite a loro arditamente, come rispose Cristo a s. Pietro, quando per tenerezza voleva fargli evitare la Passione. Cristo si rivolse a lui dicendo: “Va’ de retro, Satana; tu mi sei scandalo, perché cerchi l’interesse dell’uomo piuttosto che quello di Dio; non vuoi che io compia la volontà del Padre mio”. Così fate voi, dolcissimo Padre; imitate Colui di cui siete Vicario; acquistate forza in voi stesso e dite forte dinanzi a tutti: “Se anche dovessi perdere mille volte la vita, voglio adempiere la volontà del Padre mio”.

Supponiamo che ci sia pericolo di vita, non occorre sacrificarla? Poiché è un mezzo certo per acquistare la vita della grazia. Coraggio, e non temete, poiché non dovete.

Prendete l’arma della santissima Croce, che è la salvezza e la vita dei cristiani; lasciate dire chi vuol dire, e tenete fermo il santo proposito.

Credete, e confidate in Cristo dolce Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonatemi, perdonatemi; Gesù Cristo crocifisso sia con voi. Gesù dolce, Gesù amore.

𝚂𝙰𝙽𝚃𝙰 𝙲𝙰𝚃𝙴𝚁𝙸𝙽𝙰 𝙳𝙰 𝚂𝙸𝙴𝙽𝙰
(𝐿𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑎 8, 𝑎 𝑃𝑎𝑝𝑎 𝐺𝑟𝑒𝑔𝑜𝑟𝑖𝑜 XI)

Il sacerdozio comune dei fedeli

Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo « un regno e sacerdoti per il Dio e il Padre suo » (Ap 1,6; cfr. 5,9-10). Infatti per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce (cfr. 1 Pt 2,4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cfr. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cfr. 1 Pt 3,15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo [16]. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all’offerta dell’Eucaristia [17], ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e la carità operosa.

(C.V.II, Lumen Gentium, I, 10)

Note: [16] Cf. PIO XII, Disc. Magnificate Dominum, 2 nov. 1954: AAS 46 (1954), p. 669; Encicl. Mediator Dei, 20 nov. 1947: AAS 39 (1947), p. 555 [Collantes 7.390]. [17] Cf. PIO XI, Encicl. Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928: AAS 20 (1928), p. 171s. [Collantes 4.113]. PIO XII, Disc. Vous nous avez, 22 sett. 1956: AAS 48 (1956), p. 714.

Share this Post