NT/ Agosto 18, 2023/ Vangelo-Domenica con i Padri, Liturgia della Parola domenicale, Orientamenti per la preghiera, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

La salvezza non è un privilegio riservato a qualcuno, perché la misericordia del Signore raggiunge tutti, buoni e cattivi, giudei e pagani purché trovi uno spazio di accoglienza e una fede che gli permetta di esprimersi nella sua realtà.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Is 56,1.6-7)

È sottolineato l’universalismo della salvezza. Essa non è privilegio riservato solo a Israele perché la misericordia di Dio è un dono completamente gratuito: Dio salva per amore! Vi è anche l’accenno alla religione universale: «perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Dal libro del profeta Isaìa (Is 56,1.6-7)

 

Così dice il Signore:
«Osservate il diritto e praticate la giustizia,
perché la mia salvezza sta per venire,
la mia giustizia sta per rivelarsi.
Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo
e per amare il nome del Signore,
e per essere suoi servi,
quanti si guardano dal profanare il sabato
e restano fermi nella mia alleanza,
li condurrò sul mio monte santo
e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.
I loro olocausti e i loro sacrifici
saranno graditi sul mio altare,
perché la mia casa si chiamerà
casa di preghiera per tutti i popoli».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale Dal Sal 66 (67)

R. Popoli tutti, lodate il Signore.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. R.

Seconda Lettura (Rm 11,13-15.29-32)

Dio coinvolge tutti nella “colpa” per usare a tutti misericordia. L’incorrispondenza del popolo eletto sarà l’occasione, perché Dio offra la riconciliazione a tutti gli uomini. Riconciliazione agli stessi giudei per essere, anch’essi ancora una volta, oggetto dell’infinita misericordia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 11,13-15.29-32)

Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Gesù annunciava il vangelo del Regno
e guariva ogni sorta di infermità nel popolo. (Cf. Mt 4,23)

Alleluia.

VANGELO

L’esempio che questa donna ci dà della sua fede è veramente straordinario, sconcertante. Neppure il silenzio di Gesù o le sue parole forti la fanno desistere poiché ha una fede umile. E Gesù la premia e ne loda la grande fede. La nostra fede è come quella della donna cananea? «Donna, grande è la tua fede!».

Gandolfi Ubaldo, secolo XVIII, dipinto, museo Palazzo Magnani a Bologna.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 15,21-28)

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore», disse la donna, «eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Parola del Signore.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Se Gesù avesse ascoltato la donna cananea alla prima richiesta, avrebbe ottenuto solo la liberazione della figlia. Avrebbe passato la vita con meno problemi. Ma tutto sarebbe finito in quello e alla fine madre e figlia sarebbero morte senza lasciare traccia di sé. Così però la sua fede cresceva, si purificava, fino a strappare da Gesù quell’ultimo grido di entusiasmo: «Donna, grande è la tua fede, avvenga di te come vuoi». Da quel momento, conferma il Vangelo, sua figlia guarì. Ma cosa gli è successo durante il suo incontro con Gesù? Un miracolo molto più grande della guarigione della figlia. Quella donna divenne una “credente”, una delle prime credenti dal paganesimo. Un pioniere della fede cristiana. Il nostro predecessore. Quanto ci insegna questo semplice racconto evangelico! Una delle cause più profonde di sofferenza per un credente sono le preghiere inascoltate. Abbiamo pregato per qualcosa per settimane, mesi e forse anni. Ma niente. Dio sembrava sordo. La donna cananea è sempre presentata come maestra di perseveranza e di preghiera. Chi osservava il comportamento e le parole che Gesù rivolgeva a quella povera donna sofferente, poteva pensare che si trattasse di insensibilità e durezza di cuore. Come puoi trattare così una madre in lutto? Ma ora sappiamo cosa c’era nel cuore di Gesù e cosa lo fece agire in quel modo. Soffriva nel presentare i suoi rifiuti, tremava al rischio che lei si stancasse e si arrendesse. Sapeva che la corda, se tesa troppo, poteva rompersi. Per Dio, infatti, c’è anche l’incognita della libertà umana, che fa nascere in lui la speranza. Gesù ha aspettato, per questo, alla fine, ha manifestato tanta gioia. È come se avesse vinto insieme all’altra persona. Dio, quindi, ascolta anche quando… non ascolta. In lui la mancanza di ascolto è già un modo di attendere. Ritardando il suo ascolto, Dio fa crescere il nostro desiderio, fa sorgere l’oggetto della nostra preghiera; che dal materiale si passa allo spirituale, dal provvisorio all’eterno, dal piccolo al grande. In questo modo, puoi darci molto di più di quanto inizialmente richiesto. Spesso quando preghiamo, sembriamo quel contadino di cui parla un antico autore spirituale. Ha ricevuto la notizia che sarà ricevuto di persona dal re. Questa è l’occasione della vita: potrai presentare la tua richiesta con parole tue, chiedere quello che vuoi, sicuro che ti sarà concesso. Il giorno arriva, e il buon uomo, estremamente eccitato, arriva davanti alla presenza del re e, cosa gli chiede? Un quintale di letame per i loro campi! Era il massimo a cui era riuscito a pensare. A volte ci comportiamo con Dio allo stesso modo. Quello che gli chiediamo rispetto a quello che potremmo chiedergli non è altro che un quintale di sterco, bazzecole che servono a ben poco, anzi, che a volte possono anche ritorcersi contro di noi. Sant’Agostino era un grande ammiratore dei cananei. Quella donna gli ricordava sua madre, Monica. Anche lei aveva seguito per anni il Signore, chiedendo la conversione del figlio. Non era stato scoraggiato da alcun rifiuto. Aveva seguito il figlio in Italia, a Milano, finché aveva visto che stava tornando al Signore. In uno dei suoi discorsi ricorda le parole di Cristo: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto», e conclude dicendo: «Così la donna cananea ha fatto: ha chiesto, ha cercato, ha bussato alla porta e ha ricevuto». Facciamolo anche noi e sarà aperto anche a noi.

Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri

(P. R. Cantalamessa, “Omelia sulla donna Cananea”)

La madre dei gentili
Quando si recò nella regione di Tiro, Gesù lasciò dietro di sé la terra dei giudei, e la donna lasciò dietro di sé l’idolatria ed un’empia condotta di vita. Ciò che i giudei avevano perso, ella trovò.
Colui che essi avevano negato nella Legge, ella professò attraverso la fede. Questa donna è la madre dei gentili, e riconobbe Cristo per mezzo della sua fede.
Pertanto, in favore di sua figlia (il popolo dei gentili) ella invocò il Signore. La figlia era stata sviata a causa dell’idolatria e del peccato, ed era gravemente posseduta da un demone.
(Epifanio Latino, Interpretazione dei Vangeli, 58)
Una donna pagana
Essa però, com’è chiaro, non apparteneva al popolo d’Israele, al quale appartenevano i patriarchi, i profeti, i parenti di nostro Signore Gesù Cristo e la stessa Vergine Maria, madre di Cristo. Questa donna non era di questo popolo, ma era pagana. Il Signore infatti, come abbiamo sentito, s’era ritirato nella regione di Tiro e Sidone. La donna cananea era venuta di lì e con insistenza petulante implorava la grazia della guarigione per la figlia ch’era crudelmente straziata dal demonio. Tiro e Sidone erano città dei pagani e non del popolo d’Israele, anche se vicine a quel popolo. La cananea dunque, bramosa di ottenere la grazia, gridava e picchiava con forza alla porta, ma Cristo si mostrava indifferente verso di lei, non per rifiutarle la misericordia, ma per infiammarne il desiderio; e non solo perché fosse più ardente il suo desiderio, ma – come ho detto prima – fosse messa in risalto la sua umiltà.
(S. Agostino, Discorsi 77, 1)
I gentili invocano il Figlio di David . .
Per vedere come un significato interiore si accompagna ai fatti che si compiono, bisogna esaminare la figura della cananea a partire dall’efficacia stessa dei termini. È certo che la folla dei proseliti ha fatto e fa parte di Israele. Essa è passata dai pagani alle opere della Legge, e – uscita dal suo stato di vita precedente -, era trattenuta, come in una casa, nell’ osservanza religiosa di una legge straniera e dominatrice. I cananei erano gli abitatori di quelle regioni dove ora si trova la Giudea.
Ma, ridotti dalla guerra, dispersi nei luoghi vicini o asserviti per la loro condizione di vinti, essi portano in giro soltanto un nome senza avere una terra patria. Questo popolo, dunque, venendo dai pagani, si è unito ai giudei. E poiché non c’è dubbio che, tra la folla che ha creduto, c’è una parte di proseliti, questa cananea che esce dal suo territorio, che abbandona cioè i pagani per la nazionalità di un altro popolo, sarà giustamente considerata come l’immagine dei proseliti, e la figlia – per la quale prega -, come quella del popolo dei pagani. E poiché la Legge ha fatto riconoscere il Signore, lo chiama figlio di Davide. Nella Legge infatti si trova che un ramo spunterà dalla radice di lesse e che il figlio di Davide sarà re di un regno eterno e celeste. Certamente lei, che confessa il Cristo come Signore e figlio di Davide, non ha più bisogno di guarigione. Ma chiede aiuto per sua figlia, cioè per il popolo dei pagani, prigioniero della dominazione degli spiriti impuri.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 15, 3)
Da quella regione
Marco dice che, entrato nella casa, [Gesù] non poté restare nascosto. Perché, in ultima analisi, se ne andò in queste regioni? Dopo averli liberati dall’osservanza dei cibi, procedendo nel suo cammino
apre poi la porta ai pagani, come anche Pietro, dopo aver prima ricevuto l’ordine di abolire questa Legge, viene inviato da Cornelio. Se uno dicesse: Perché, mentre diceva ai discepoli: Non andate fra i pagani, accetta di andarvi? Potremmo rispondere innanzitutto che non era soggetto a ciò che prescriveva ai discepoli; in secondo luogo, che non vi andò per predicare e a questo alludeva Marco dicendo che si nascose ma non restò nascosto. Come infatti rientrava nell’ordine delle cose non accorrere da loro per primi, così sarebbe stato indegno della sua bontà respingere chi si rivolgeva a lui. Se bisognava tener dietro a coloro che fuggivano, a maggior ragione non si doveva fuggire coloro che andavano in cerca di lui.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 52, 1)

Mandala via!
Pertanto questa donna implorò il Signore per il bene di sua figlia, cioè la Chiesa dei gentili. Ma egli non le rivolse neppure una parola: non perché non volesse guarirla ma al fine di rivelare la sua grande fede ed umiltà. Allora i discepoli furono mossi a pietà, e supplicarono il Signore dicendo: Mandala via, vedi· come ci grida dietro. Ma egli rispose: Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele. Ora egli pronunciò queste parole per la folla dei giudei, in modo che non avessero scuse nel giorno del giudizio, quando avrebbero potuto dire: «Voleva andare dai gentili piuttosto che da noi».
(Epifanio Latino, Interpretazione dei Vangeli 57)
Sono stato inviato alla casa d’Israele
Il Signore tace, riservando con il mantenere il silenzio il privilegio della salvezza a Israele. I discepoli, presi da compassione, aggiungono le loro preghiere. Ma lui, che racchiudeva il mistero della volontà del Padre, risponde che è stato inviato alle pecore sperdute della casa di Israele, perché apparisse chiaramente che la figlia della cananea portava in sé la figura della Chiesa, dal momento che chiedeva ciò che era destinato ad altri. Non che la salvezza non dovesse essere offerta anche ai pagani. Ma il Signore era venuto per i suoi e nella sua casa, e attendeva quindi le primizie della fede da coloro dai quali era uscito, mentre gli altri sarebbero stati salvati in seguito mediante la predicazione degli apostoli. Ecco perché dice: Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini.
L’onore accordato a Israele e l’amore di Dio per esso accresceva la sua gelosia: in conformità a questi privilegi, il popolo dei pagani ricevette il nome di cani. Ma la cananea, già salvata per la fede e certa del profondo mistero, rispose che i cagnolini – con questo diminutivo affettuoso era addolcito l’insulto del termine “cani” – si cibano delle briciole che cadono dalla tavola.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 15, 4)
Gesù non vuole dare ai suoi detrattori la possibilità di accusarlo 
Si comporta così non perché ha di fronte qualcosa di simile alla superbia dei farisei o all’orgoglio degli scribi, ma per non apparire in contraddizione con il suo stesso precetto con il quale aveva ordinato: Non andate fra i gentili e non entrate nelle città dei samaritani! Non vuol dare insomma ai suoi avversari l’occasione di calunniarlo e riserva la completa salvezza dei gentili per il tempo della sua passione e della sua risurrezione. I discepoli non conoscevano ancora a quel tempo i misteri del Signore e pregavano per la cananea – per la donna che un altro Vangelo chiama sirofenicia – o perché spinti dalla misericordia o perché desiderosi di liberarsi da quella seccatrice che con eccessiva insistenza gridava le sue suppliche a lui come se fosse non un medico clemente ma insensibile.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 2, 15, 23)
La pecorella smarrita
A questo punto sorge un problema a proposito di queste parole. In qual modo noi siamo venuti all’ovile di Cristo dai pagani, se egli è stato mandato solo alle pecore sperdute del popolo d’Israele? Che significa il piano provvidenziale di questo mistero tanto profondo? Perché mai il Signore, pur sapendo lo scopo per cui era venuto, per formarsi senza dubbio la Chiesa tra tutti i popoli, disse d’essere stato inviato solo alle pecore sperdute del popolo d’Israele? Noi comprendiamo dunque ch’ egli doveva mostrarsi presente con il suo corpo tra quel popolo, nascere, compiere i miracoli e risorgere per proprio potere; comprendiamo che così era stato disposto, così era stato dichiarato fin dall’inizio, così era stato predetto, così era stato compiuto; poiché il Cristo doveva venire in mezzo al popolo dei giudei per essere visto, essere ucciso allo scopo di riconciliare in tal modo con Dio coloro ch’erano l’oggetto della sua prescienza.
Quel popolo infatti non fu condannato ma passato al vaglio. In mezzo ad esso c’era una gran quantità di paglia, ma anche una certa quantità di buon grano nascosto; vi era ciò che doveva essere bruciato ma anche ciò di cui si sarebbe riempito il granaio. Da dove vennero gli apostoli se non da quel popolo? Donde Pietro? Donde tutti gli altri fedeli?
(S.Agostino, Discorsi 77, 2)
La trasformazione dei gentili
Allora il Signore le disse: Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini. Cosa possono dire i giudei di fronte a queste parole? È chiaro che Gesù intendeva dire che i giudei erano figli: mentre chiamava «cani» i gentili. La donna concordò dicendo: È vero, Signore, cioè: io so, Signore, che i gentili sono cani nel venerare gli idoli e nell’abbaiare contro Dio: Ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. In altre parole: tu sei venuto fra i giudei e ti sei rivelato a loro, ma non hanno voluto che tu fossi accolto. Ciò che essi hanno respinto, dallo a noi che lo chiediamo. Riconoscendo la straordinaria fede di questa donna, nostro Signore disse: Donna, davvero grande è la tua fede. Ti sia fatto come desideri […] Dunque, attraverso la fede i gentili furono resi figli da cani che erano.
(Epifanio Latino, Interpretazione dei Vangeli 58)

Gesù e la cananea di pinto di A. Carracci. Solo in tempi relativamente recenti (nel 1981) il dipinto è stato “riscoperto” da Charles Dempsey, storico dell’arte statunitense e studioso di Annibale Carracci, secondo il quale l’originale della Cananea sarebbe da individuarsi nella tela conservata nel Palazzo Comunale di Parma.

Briciole dalla tavola del padrone
Considera, insieme alla fede, anche l’umiltà. Egli chiamò figli i giudei; ella non si limitò a questo, ma li chiamò anche padroni, tanto era lontana dal rattristarsi per gli elogi altrui. Anche i cagnolini, dice, si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. Hai visto la perspicacia della donna, come non abbia osato contraddire, non si sia sentita ferire dalle lodi altrui, non si sia irritata per il maltrattamento subito? Hai visto la sua fermezza? Egli diceva: Non è bene; questa diceva: Si Signore; egli li chiamava figli, questa padroni; egli la chiamò cagnolina, questa aggiunse anche quello che fa il cagnolino. Hai visto la sua umiltà? Ascolta la iattanza dei giudei. Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno, e: Siamo nati da Dio. Non così si comporta questa, ma si chiama cagnolina e chiama loro padroni; per questo divenne figlia. Che disse Cristo? Donna, grande è la tua fede. Perciò tirava per le lunghe, per gridare queste parole, per premiare la donna. Ti sia fatto come vuoi. Quanto dice significa: la tua fede può realizzare cose anche più grandi di queste; tuttavia ti sia fatto come vuoi.
Questa parola è affine a quella che diceva: Sia fatto il cielo, e fu fatto. E da quel momento sua figlia fu guarita. Hai visto come ella abbia non poco contribuito alla guarigione della figlioletta? Per questo Cristo non disse: La tua figlioletta sia guarita, ma: Grande è la tua fede. Ti sia fatto come vuoi, perché tu impari che tali parole erano pronunciate non senza motivo né per adulazione, ma che grande è la potenza della fede. Ne affidò l’esatta prova e dimostrazione all’esito degli eventi: subito dunque la sua figlioletta fu guarita.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 52, 2)
Grande è la tua fede
Per questa ragione Gesù pospose la sua risposta, affinché, cioè, la donna potesse gridare ad alta voce la sua parola, ed egli potesse mostrare che ella era degna di mille corone. Egli ritardò non perché non volesse concederle il dono (della sua grazia), ma poiché cercava ed aveva premura di rivelare la sua fede. Con le sue lodi egli la onora come colei che rappresenta simbolicamente la Chiesa formata dai gentili.
Notate che non dice: «Sia guarita la tua bambina», ma: Ti sia fatto come desideri, al fine di dimostrare che era stato il potere della sua fede a provocare la guarigione.
Sebbene ella fosse degna di cose ancora più grandi, nondimeno ciò che ella voleva fu quello che le fu concesso.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 83)
Sua figlia fu guarita da quell’istante
Vedete, fratelli, come soprattutto l’umiltà è stata esaltata nei confronti di questa donna ch’era cananea, che cioè proveniva dal paganesimo ed era prefigurazione, cioè simbolo, della Chiesa. In realtà il popolo giudaico, per essere escluso dal Vangelo, s’era gonfiato di superbia per il fatto d’aver ricevuto la Legge, per il fatto che da esso erano discendenti i patriarchi, erano usciti i profeti, e Mosè, il servo di Dio, aveva compiuto nell’Egitto i grandi miracoli che abbiamo sentito ricordati nel salmo, aveva condotto il popolo attraverso il Mar Rosso mentre le acque si ritiravano, ricevette la Legge che
diede allo stesso popolo. Il popolo giudaico aveva bene dei motivi per vantarsi ed esaltarsi, ma a causa della stessa superbia avvenne che non volle umiliarsi a Cristo, maestro d’umiltà, repressore dell’orgoglio, medico divino, il quale perciò, pur essendo Dio, si fece uomo affinché l’uomo si riconoscesse uomo. È una medicina molto efficace. Se questa medicina non cura la superbia, non so che cosa può curarla. È Dio e si fa uomo: mette da parte la divinità, cioè in qualche modo la depone, ossia nasconde la propria natura e appare la natura assunta. Si fa uomo pur essendo Dio, mentre invece l’uomo non si riconosce uomo, cioè non si riconosce mortale, fragile, peccatore, malato, in modo da ricevere il Medico almeno perché è malato; ma ciò ch’è più pericoloso, gli sembra d’esser sano.
Quel popolo dunque non si avvicinò al medico per questo motivo, cioè per la superbia. Si parla dei giudei come di rami maturati tagliati via dall’albero dell’ulivo, cioè dal popolo generato dai patriarchi, rami tagliati giustamente perché sterili a causa dello spirito di superbia; in quell’ulivo fu poi innestato un ulivo selvatico.
Quest’ulivo selvatico era il popolo dei pagani. Afferma I’Apostolo che l’ulivo selvatico fu innestato nell’ulivo domestico, ma i rami naturali furono tagliati via. Quelli furono tagliati a causa della superbia, l’ulivo selvatico fu invece innestato a causa dell’umiltà. Quest’umiltà era stata mostrata dalla donna quando diceva: «È vero, Signore; sono un cane, desidero solo mangiare le briciole». Per questa umiltà piacque anche il centurione; questo desiderava che il suo servo fosse guarito dal Signore e poiché il Signore gli disse: Verrò io stesso e lo guarirò, egli rispose: Signore, non sono degno che tu entri in casa mia, ma di’ solo una parola e il mio servo sarà guarito. Non sono degno che tu entri nella mia casa. Non lo accolse nella sua casa ma lo aveva accolto già nel proprio cuore.
Quanto più era umile, tanto più ne era capace, tanto più n’era pieno. Alla stessa maniera i colli respingono l’acqua mentre se ne riempiono le valli. Dopo che il centurione aveva detto: Non sono degno che tu entri in casa mia, ecco quanto disse il Signore a quelli che lo seguivano: Vi assicuro che non ho incontrato nessuno in Israele che avesse tanta fede; cioè non ho trovato tanta fede tra il popolo al quale sono venuto. Che significa: «Tanta»? «Tanto grande». Che cosa la rendeva così grande? Ciò che vi è di più piccolo, cioè l’umiltà. Non ho trovato tanta fede; simile al granello di senape che quanto è più piccolo, tanto più è fervente. Il Signore innestava già l’ulivo selvatico in quello domestico. Faceva ciò quando diceva: Vi assicuro che non ho trovato tanta fede in Israele.
(S.Agostino, Discorsi 77, 11-12)

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Le diverse religioni

2. Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso.

Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l’aiuto venuto dall’alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.

Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose (4).

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.

La religione musulmana

3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.

Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.

La religione ebraica

4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.

Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell’esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell’ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i gentili (7). La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso (8). Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.

Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata (9); gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione (10). Tuttavia secondo l’Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (11). Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9) (12).

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.

La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

Fraternità universale

5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).

Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.

In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini (14), affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli (15).

(C.V. II, Nostra Aetate n° 2-4)

Note: (4) Cf. 2 Cor 5,18-19; (5) Cf. S. GREGORIO VII, Epist., III, 21, ad Anazir (Al-Nãþir), regem Mauritaniae, ed. E. CASPAR in MGH, Ep. sel. II, 1920, I, p. 288, 11-15; PL 148, 451A; (6) Cf. Gal 3,7; (7) Cf. Rm 11,17-24; (8) Cf. Ef 2,14-16; (9) Cf. Lc 19,44; (10) Cf. Rm 11,28; (11) Cf. Rm 11,28-29; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium: AAS 57 (1965), p. 20 [pag. 151ss]; (12) Cf. Is 66,23; Sal 64,4; Rm 11,11-32; (13) Cf. Gv 19,6; (14) Cf. Rm 12,18; (15) Cf. Mt 5,45.

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