Non esiste un uomo ‘buono’ che non possa corrompersi, né uno ‘cattivo’ che non possa convertirsi. E Dio che conosce i cuori usa pazienza e attende.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura
Dio ha mostrato moderazione verso i nemici del suo popolo perché Egli è imparziale e nella sua bontà si prende cura di tutti. La sua forza non può renderlo ingiusto, perché è il principio stesso della giustizia. Infatti Dio si mostra forte con quelli che non credono alla sua forza, ma con quelli che confidano nella sua giustizia, dopo i peccati concedi il pentimento si mostrandosi misericordioso.
Dal libro della Sapienza (Sap 12,13.16-19)
Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto.
La tua forza infatti è il principio della giustizia,
e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
Mostri la tua forza
quando non si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono.
Padrone della forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi con molta indulgenza,
perché, quando vuoi, tu eserciti il potere.
Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini,
e hai dato ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 85 (86)
R. Tu sei buono, Signore, e perdoni.
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche. R.
Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio. R.
Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà. R.
Seconda Lettura
Il cristiano è stato redento ma è rimasto indebolito dal peccato. Lo Spirito Santo viene quindi in nostro soccorso per pregare in noi e elevarci a quel livello di fede e di amore che ci spinge a metterci in sintonia con la volontà di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,26-27)
Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Mt 11,25)
Alleluia.
VANGELO
I servi impazienti siamo noi. Ci occupiamo troppo delle difficoltà. Vorremmo subito abbattere gli ostacoli iniziali, quasi ad assicurare e pregustare l’abbondanza del raccolto. Ma il buon seme del Regno di Dio ha una sua forza latente, che anche in mezzo alla zizzania lo farà crescere rigoglioso fino alla maturazione e il raccolto sarà abbondante; bisogna però saper attendere come fa il Signore: «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura».
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,24-43)
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No”, rispose, “perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA
«Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l`agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d`autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione» (Gc 5, 7-11), e il suo amore pazienta (cf.1Cor 13,4).
In realtà noi intercediamo per tutte le colpe secondo le nostre possibilità proprio perché tutte le colpe sembrano più degne di perdono, quando il colpevole promette d’emendarsi […] Noi dunque non approviamo affatto le colpe che vogliamo siano emendate né le azioni compiute contro la legge morale o civile vogliamo che restino impunite perché ce ne compiacciamo ma, pur avendo compassione del peccatore, ne detestiamo le colpe o le turpitudini; inoltre quanto più ci dispiace il peccato, tanto più desideriamo che il peccatore non muoia senza essersi emendato. E’ facile ed è anche inclinazione naturale odiare i malvagi perché sono tali, ma è raro e consono al sentimento religioso amarli perché sono persone umane, in modo da biasimare la colpa e nello stesso tempo riconoscere la bontà della natura; allora l’odio per la colpa sarà più ragionevole poiché è proprio essa a macchiare la natura che si ama. Non ha quindi alcun legame con l’iniquità ma piuttosto con l’umanità chi è persecutore del peccato, per essere salvatore dell’uomo. Solo in questa vita c’è la possibilità di correggere la propria condotta, poiché nell’altra ognuno riceverà ciò che avrà meritato per se stesso. Noi quindi nell’intercedere per i colpevoli siamo spinti dall’amore per il genere umano affinché la loro vita terrena non finisca con un supplizio, che dopo la fine della vita non avrà mai fine.
Amare i nemici, precetto di Cristo. Non aver dunque nessun dubbio che questo nostro dovere non derivi dalla religione stessa dal momento che Dio, in cui non v’è ombra d’iniquità, la cui potenza è sovrana, il quale non solo vede come ciascuno è presentemente ma prevede pure come sarà nel futuro, il quale è il solo che sia infallibile nel giudicare, perché nel conoscere non può ingannarsi, tuttavia come dice il Vangelo fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori (Mt 5, 44-45). Gesù Cristo, esortandoci a imitare questa mirabile bontà: Amate – dice – i vostri nemici, fate del bene a quanti vi odiano e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori (ibid.). Chi ignora che molti abusano di questa indulgenza e bontà divina per la propria perdizione? Ma San Paolo li deplora e li biasima severamente dicendo: Ma pensi tu, forse, o uomo, il quale condanni chi fa tali azioni e poi le fai tu stesso, di sfuggire alla condanna di Dio? Ti burli forse dell’immensa bontà, pazienza e tolleranza di Lui? Ignori forse che la pazienza di Dio t’invita al pentimento? Tu invece con la tua durezza di cuore’ impenitente ti ammassi sul capo un cumulo di punizioni per il giorno della collera e del giudizio finale, in cui Dio, rendendo pubblico il Suo verdetto, darò a ciascuno secondo quel che avrà fatto in vita (Rm2, 3-6). Forse che Dio non continua ad esser paziente perché i malvagi persistono nella loro iniquità? Egli invece punisce in questa vita solo ben pochi peccati, perché nessuno ignori ch’esiste la sua Provvidenza, ma riserva la maggior parte dei peccati all’ultimo giudizio, per dare a questo un risalto maggiore.
Dio non accomuna agli empi chi li ama.
Non penso che il divino Maestro ci ordini d’amare la malvagità ordinandoci d’amare i nostri nemici, di far del bene a chi ci odia, di pregare per chi ci perseguita. Se noi prestiamo a Dio un culto di pietà filiale, potranno essere nostri nemici e persecutori unicamente gli empi aizzati contro di noi con odio accanito. Dobbiamo quindi forse amare gli empi? Dobbiamo forse far loro del bene e pregare per loro? Sicuro, senza dubbio: è Dio stesso a comandarcelo; ma con tutto ciò non ci associa agli empi, ai quali egli stesso non si associa affatto, pur perdonando loro e donando loro. la vita e la salute. L’Apostolo espone questa volontà di Dio, per quanto può conoscerla un santo, dicendo: Non sai forse che la pazienza di Dio, t’invita al pentimento? (Rm 2, 2-4).
(Sant’Agostino, Lettera 153, 2-4)
Il Signore in modo esplicito asserisce di essere lui il seminatore del buon seme; esso viene sparso nei cuori degli uomini, come succede per il grano seminato in un campo. Il Signore continua a seminare la parola di Dio quale buon seme che deve germinare, cosicché ciascuno di noi, secondo la potenza del seme sparso entro il proprio cuore da Dio, produca frutti celesti e spirituali. Ma il Signore ha anche subito messo gli uomini sul chi va là, perché il diavolo, pronto sempre con la sua malizia e iniquità, immediatamente si dà dattorno con l’intento di soffocare la parola di Dio, seminandovi sopra la zizzania. Qui la spiegazione data: Mentre gli operai dormivano, venne il nemico, seminò la zizzania tra il grano e se ne andò quatto quatto. Il Signore intende ancor dire che il diavolo trova le maniere di sopra seminare la zizzania negli uomini che dormono; vale a dire, egli trova il modo di introdursi in coloro che sono come assopiti nel sonno inerte della loro negligenza indolente e intanto dormono estranei ai divini precetti.
Così pensa di essi l’Apostolo: Quelli che dormono, infatti; dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Ma noi non dobbiamo dormire come gli altri; restiamo invece svegli e siamo sobri (1 Ts 5, 7.6). Un sonno simile deve avere preso quelle vergini stolte, di cui si legge nell’Evangelo che non misero olio nei loro vasi; sonno d’inerzia e di mancanza di vigilanza. Giunto lo sposo, non poterono farglisi incontro. Comprendiamo come il diavolo, nemico dichiarato del genere umano, ci metta tutto il suo zelo per buttar sopra al grano più zizzania che può. Ma chi tiene lontano da sé il sonno dell’ignavia e cercherà d’essere sempre vigile nel suo animo davanti al Signore, non potrà certo cadere nelle mani del malvagio seminatore notturno, sì da divenirne preda […]; il buon seme sono i figli del regno; la zizzania sono i figli malvagi. Il Signore però diede ordine ai servi, vale a dire agli apostoli, che lasciassero crescere frumento e zizzania insieme, mentre essi avevano chiesto al padrone di poter subito sradicare la mala erba; la lasciassero crescere fino al momento della mietitura, cioè sino al compiersi dei secoli. Alla fine dei tempi egli avrebbe mandato i mietitori, cioè gli angeli: è quanto egli asserisce in modo chiaro; poi sarebbe stato diviso il grano dalla zizzania: questo in metafora; fuori metafora invece, vuol dire che sarebbe stata operata la cernita dei santi in mezzo ai malvagi; i primi saranno collocati -quale frumento scelto – nei regni celesti; i secondi, cioè tutti gli iniqui e tutti i peccatori – al pari della zizzania -, verranno cacciati giù a scontare il fuoco della Geenna, cioè per ardere perpetuamente.
Là sarà pianto eterno degli occhi e stridore di denti; anche questa è affermazione del Signore; dice: Là sarà pianto e stridore di denti. Poiché dice chiaro e tondo che si tratta di pianto e di stridore di denti, ha inteso sostenere che v’è la risurrezione non solo delle anime (fin qui arriva anche l’ammissione di taluni eretici), ma pure del corpo. Pianto e stridore di denti sono pene che si possono soffrire solo con il corpo. Perciò di quale errore siano schiavi quei tali eretici che negano darsi risurrezione dei corpi, lo si ricava in modo esplicito dalle parole medesime del Signore.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 51, 1.2)
Il buon seme
Considera dunque attentamente se l’affermazione: il buon seme sono i figli del regno possa intenderla in senso diverso dalle spiegazioni date prima, cioè che tutti gli elementi buoni che nascono nell’ anima umana sono seminati dal Logos di Dio, che in principio era presso Dio e si trovano ad essere frutti del regno di Dio, come i discorsi sani su ogni argomento rappresentano i figli del regno. Ma mentre dormono coloro che non mettono in pratica il comandamento di Gesù: Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione, il diavolo, che questo aspetta, semina la cosiddetta zizzania, le dottrine perfide, sopra quelli che taluni chiamano pensieri naturali e sopra i semi buoni che provengono dal Logos.
Ora, stando a questa spiegazione, si potrebbe dire che il campo è tutto il mondo e non soltanto la Chiesa di Dio; infatti è nel mondo che il Figlio dell’uomo seminò il buon seme, e il maligno la zizzania, costituita dai discorsi perversi che, per malizia, sono i figli del maligno.
Ma, alla fine del mondo, chiamata «consumazione del secolo», dovrà avvenire la mietitura, affinché gli angeli di Dio, incaricati di questo compito, raccolgano le dottrine nocive germinate nell’anima, le consegnino alla distruzione, gettandole nel cosiddetto fuoco, perché brucino. E così gli angeli e i servitori del Logos raccoglieranno da tutto il regno di Cristo tutti gli scandali esistenti nelle anime e i pensieri operatori di iniquità e per distruggerli li getteranno nella fornace del fuoco, che li brucia. Lì quelli che si saranno resi conto di aver accolto dentro di sé, per colpa del loro dormire, i semi del Maligno, piangeranno e saranno, in certo senso, adirati con se stessi: è questo lo stridore dei denti per cui nei salmi è detto: Contro di me digrigneranno i loro denti. Allora appunto i giusti brilleranno, non più in modo diverso, come agli inizi, ma tutti splenderanno come unico sole nel regno del Padre loro. Orbene, siccome il Salvatore sta indicando un mistero, sia mediante tutti i dettagli della spiegazione della parabola, sia soprattutto col dire: Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro, aggiunge: Chi ha orecchi per intendere, intenda!, e a quelli che ritengono che la parabola sia chiarissimamente spiegata dalla sua interpretazione, si da poterla intendere i primi che capitano, fa capire invece che gli stessi elementi della spiegazione della parabola hanno bisogno a loro volta di essere chiariti.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 10, 2)
Perché la zizzania non deve essere sradicata?
Il Signore ci spiegò la parabola che aveva raccontata. Considerate che cosa dobbiamo scegliere d’essere nel suo campo: considerate come ci troverà il giorno del raccolto. In effetti il campo, ch’è il mondo, è la Chiesa sparsa per il mondo.
Chi è buon grano, continui ad esserlo fino al giorno del raccolto; coloro che sono zizzania, si cambino in buon grano. Ora, tra gli uomini e le vere spighe e la zizzania corre questa differenza: quanto alle cose ch’erano nel campo la spiga rimane spiga, la zizzania rimane zizzania; al contrario nel campo del Signore, cioè nella Chiesa, chi era frumento si cambia talora in zizzania, e quelli ch’erano zizzania si cambiano talora in frumento: poiché nessuno sa cosa avverrà domani. Ecco perché agli operai che s’erano irritati col padre di famiglia quando volevano andare ad estirpare la zizzania, ciò non fu permesso; poiché essi volevano sradicare la zizzania, non fu loro permesso di separarla.
Fecero ciò a cui erano adatti ma riservarono la separazione della zizzania agli angeli. In verità però essi non volevano riservare agli angeli la separazione della zizzania; ma il padre di famiglia, che conosceva tutti, e sapeva che si doveva rimandare la separazione, ordinò loro di tollerare la zizzania, non di separarla.
Avendo essi detto: Vuoi che andiamo a strapparla via? No – rispose – per non correre il rischio di sradicare anche il frumento, mentre volete strappar via la zizzania.
Allora, o Signore, sarà insieme con noi nel granaio anche la zizzania? Nel giorno del raccolto dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in piccoli fasci per bruciarla; tollerate nel campo quel che non avrete con voi nel granaio.
(S.Agostino, Discorsi 73A, 1)
Attenzione a non seminare la zizzania
Come ho già detto prima, dobbiamo adattare la nostra fede all’interpretazione che il Signore ci fornisce. La quale può essere brevemente riassunta così, trascurando la nostra personale interpretazione.
Gli uomini che dormono sono i maestri della Chiesa; i servi del padrone di casa altro non sono che gli angeli che ogni giorno vedono il volto del Padre. Il diavolo è chiamato nemico dell’uomo perché ha cessato di essere Dio. Nel nono Salmo sta scritto: Sorgi o Signore, non prevalga l’uomo (Sal 9, 20). Per questo non deve dormire chi è posto alla guida della Chiesa, per evitare che, per la propria negligenza, il nemico dell’uomo semini il loglio, cioè le dottrine degli eretici.
Le parole che il padrone di casa dice: No, per timore che, cogliendo il loglio, sradichiate, insieme a quello, il grano, lasciano una possibilità alla penitenza e ci ammoniscono a non tagliar via troppo presto da noi il fratello: può darsi infatti che mentre oggi è corrotto dall’eresia, domani egli si penta e cominci a difendere la verità.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 2, 13, 37)
È probabile che Daniele, sapendo che la luce del mondo sono i saggi e la moltitudine dei giusti che differiscono nella gloria, abbia detto la frase: E i saggi brilleranno come lo splendore del firmamento e per la loro moltitudine i giusti brilleranno, come astri per i secoli e per sempre (Dn 12, 3 ).
L’Apostolo, nel passo: Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, altro lo splendore degli astri perché un astro è differente da un altro per splendore, così è anche la risurrezione dei morti (1 Cor 15, 41-42), dice la stessa cosa di Daniele, avendo attinto questo pensiero dalla sua profezia. Qualcuno pertanto chiederà come mai gli uni parlino di differenza dello splendore tra i giusti, mentre il Salvatore dice il contrario: splenderanno come un unico sole. Orbene, io suppongo che al principio della beatitudine di quelli che sono salvati, poiché non sono stati ancora purificati coloro che puri non sono, si diano tra i salvati queste differenze di splendore; ma qui – come abbiamo spiegato – saranno raccolti da tutto il regno di Cristo tutti gli scandali, e i pensieri operatori di iniquità e verranno gettati nella fornace ardente, le realtà di male saranno consumate e, una volta avvenuto questo, ne avranno preso coscienza coloro che hanno accolto i pensieri figli del Maligno, allora i giusti, divenuti come un unico fulgore di sole, splenderanno nel regno del Padre loro. Ma per chi splenderanno, se non per gli inferiori che godranno della loro luce, a somiglianza del sole che ora splende per coloro che sono sulla terra? Non splenderanno certo per se stessi! Non sarà forse possibile scrivere tre volte le parole -splenda la vostra luce davanti agli uomini sulla larghezza del cuore, secondo il detto di Salomone (Pro 22, 20)? In modo che adesso la luce dei discepoli di Gesù brilla davanti agli uomini; dopo l’esodo (della morte), brillerà prima della risurrezione, e, dopo la risurrezione, brillerà fino a che tutti giungano fino all’uomo perfetto e diventino tutti un unico sole. Allora splenderanno come il sole nel regno del Padre loro.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo, 10,3)
Fino alla Mietitura
Le parole che seguono, e cioè: Lasciate che l’uno e l’altro crescano fino alla mietitura, sembrano essere in contraddizione col precetto che dice: Togliete il male di mezzo a voi, e col consiglio del profeta di non mantenere alcun rapporto con coloro che usurpano il nome di fratelli, mentre sono adulteri e fornicatori.
Se infatti ci viene proibito di sradicare il loglio e se dobbiamo aver pazienza fino alla mietitura, in che modo potremo allontanare il male che sta in mezzo a noi?
Tra il grano e la zizzania, che noi chiamiamo loglio, finché questa resta erba e il suo stelo non produce la spiga, grande è la somiglianza e poca o nessuna la differenza che li distingue. Ebbene, il Signore ci ammonisce, sulle cose dubbie, a non trinciare giudizi con troppa sommarietà; riserbiamo pertanto a Dio il giudizio definitivo, affinché, quando verrà il giorno del giudizio, egli allontani dalla famiglia dei santi non chi è sospetto, ma chi è manifestamente reo. E quanto dice poi, e cioè che i fasçi di loglio saranno gettati nel fuoco mentre il grano sarà raccolto nel granaio, chiaramente indica che gli eretici e quanti nutrono una fede ipocrita saranno arsi nel fuoco della Geenna. I santi invece, raffigurati nel grano, saranno accolti nel granaio, cioè nelle dimore celesti.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 2, 13, 29-30)
Il regno dei cieli è come un granellino di senapa – Il più piccolo diventa il più grande

È uno tra i più piccoli semi, forse il più piccolo; ma come ci dice Gesù quando cresce diventa un albero tanto che gli uccelli si riparano alla sua ombra.
Siccome Gesù aveva detto che i tre quarti della semente sarebbero andati perduti, che una sola parte si sarebbe salvata e che nella parte restante si sarebbero verificati tanti gravi danni, i suoi discepoli potevano bene chiedergli: ma quali e quanti saranno i fedeli? Egli allora toglie il loro timore inducendoli alla fede mediante la parabola del granello di senape e mostrando loro che la predicazione della buona novella si diffonderà su tutta la terra.
Sceglie per questo scopo un’immagine che ben rappresenta tale verità. È vero che esso è il più piccolo di tutti ì semi; ma cresciuto che sia, è il più grande di tutti i legumi e diviene albero, tanto che gli uccelli dell’aria vengono a fare il nido tra i suoi rami.
Cristo voleva presentare il segno, la prova della loro grandezza. Così – egli spiega – sarà anche della predicazione della buona novella. In realtà i discepoli erano i più umili e deboli tra gli uomini, inferiori a tutti; ma, siccome in loro c’era una grande forza, la loro predicazione si è diffusa in tutto il mondo.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo, 46)
Un piccolo seme diventa un grande albero
Il granello seminato e nascosto
Il Signore si è paragonato a un granellino di senape, acre al massimo e il più piccolo di tutti i semi, la cui forza e potenza è accresciuta da tribolazioni e afflizioni.
Questo granellino, dopo che è stato seminato in un campo, quando cioè, catturato dal popolo e condannato a morte, egli è stato sepolto con una specie di semina del suo corpo in un campo, cresce più grande degli altri legumi e si eleva al di sopra di tutta la gloria dei profeti.
Come una pianta, infatti, la predicazione dei profeti è stata somministrata a Israele come a un malato. Ma ora fra i rami dell’albero, che si eleva dal suolo verso il cielo, si annidano gli uccelli del cielo.
Con questi rami noi comprendiamo che sono indicati gli apostoli, i quali si spandono a partire dalla potenza di Cristo ed estendono la loro ombra sul mondo.
Verso di essi i pagani voleranno nella speranza della vita e si riposeranno su di essi, come sui rami di un albero affaticati dalla bufera dei venti, cioè dal soffio e dall’alito del diavolo.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 13, 4)
La fede è come un granello di senapa
L’uomo che semina nel suo campo è dai più ritenuto il Salvatore, che semina nelle anime dei credenti. Secondo altri, chi semina nel suo campo è colui che semina in se medesimo, nel suo cuore. Ebbene, chi è questo seminatore se non la nostra intelligenza, il nostro animo, che, ricevendo il granello della predicazione e nutrendolo con la linfa della fede, lo fa germogliare nel campo del suo cuore? La predicazione del Vangelo è fatta di piccoli insegnamenti. Annunziando lo scandalo della croce, la predicazione dapprima non presenta altre verità da credere che quella dell’Uomo-Dio e di Dio morto.
Paragona una siffatta dottrina alle teorie dei filosofi, ai loro libri, allo splendore della loro eloquenza, all’armonia delle parole, e vedrai quanto la semente del Vangelo sia più piccola rispetto a tutti questi altri semi. Ma quando questi crescono, non dimostrano di avere niente di vitale, niente di ardente, né di vivo: flaccidi, molli e putridi, questi semi germogliano in ortaggi, in erbe, che rapidamente inaridiscono e si corrompono. Invece questa predicazione, che all’inizio sembrava tanto piccola, quando è seminata nell’anima del credente, o meglio in tutto il mondo, non sboccia in ortaggio, ma cresce in albero, tanto che gli uccelli del cielo (in cui dobbiamo riconoscere le anime dei credenti, o le potenze che son poste al servizio di Dio) verranno e abiteranno sui suoi rami. Credo che i rami dell’albero evangelico che è nato dal granello di senape siano le diverse verità, sulle quali ogni uccello si sostiene e riposa.
Prendiamo anche noi le penne della colomba, per volare in alto e abitare sui rami di quest’albero e farci su di essi dei nidi di dottrina e avvicinarci così, rifuggendo dalle cose terrene, alle celesti. Molti, leggendo che il granello di senape è il più piccolo di tutti i semi e ascoltando quanto dicono nel Vangelo i discepoli: Signore, accresci la nostra fede, e quanto a essi risponde il Salvatore: In verità vi dico che se avrete tanta fede quanto un granello di senape e direte a questo monte: “spostati”, esso si sposterà, suppongono che gli apostoli si limitino a chiedere una piccola fede, oppure che il Signore con quella espressione dubiti della loro poca fede; mentre l’apostolo Paolo considera grandissima la fede paragonata dal Signore al granello di senape. Infatti l’Apostolo dice: Se avessi una fede tale da trasportar le montagne, e non ho la carità, io sono un niente (1 Cor 13, 2). Per concludere: le opere che si possono compiere con la fede che il Signore paragona al granello di senape, per l’Apostolo sono il frutto che deriva da una fede completa.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 2, 13,31)
Il regno dei cieli è come il lievito Impastato perché tutta la farina si fermenti
Come il lievito diffonde la sua forza in tutta la pasta, così anche voi – vuol dire Gesù – dovete trasformare il mondo intero.
Considerate la sapienza del Salvatore. Egli vuol far intendere questo: Come è impossibile che i fatti naturali non si realizzino, così quanto io ho preannunciato avverrà infallibilmente. Non venite a dirmi che non potrete far nulla, essendo dodici soltanto tra un’immensa moltitudine di uomini. Proprio in questo la vostra forza risplenderà, quando cioè, essendo in mezzo al mondo, non fuggirete. Come il lievito fermenta la massa quando lo si accosta alla farina, e non semplicemente lo si accosta, ma ve lo si mescola – Gesù non dice che la donna mette il lievito nella farina, ma ve lo nasconde dentro, impastandolo con essa – , così anche voi, quando sarete spinti dentro e vi troverete in mezzo alle folle che da ogni parte vi faranno guerra, allora le vincerete. E come il lievito si diffonde in tutta la pasta senza perdersi, ma anzi pian piano trasforma tutta la pasta nella sua sostanza, così lo stesso fatto accadrà della predicazione del Vangelo.
Non abbiate quindi timore delle sciagure di cui vi ho parlato. Questi ostacoli saranno la vostra gloria, e li supererete tutti. In questa parabola si parla di tre misure di farina per indicarne molta: sappiamo infatti che tale numero si usa per una notevole quantità.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 46, 2)
Tre misure di farina
La donna che prende il lievito e lo impasta con tre staia di farina finché tutta la pasta non sia fermentata, mi sembra l’immagine della predicazione degli apostoli, oppure della Chiesa, che è sorta dall’impasto di genti diverse. Essa prende il lievito, cioè la conoscenza e la comprensione delle Scritture, e lo impasta con tre staia di farina, affinché lo spirito, il corpo e l’anima, diventati una cosa sola, non abbiano a contrastarsi tra loro, ma, riuniti in due o tre, ottengano dal Padre quanto gli avranno chiesto.
Questo passo si può spiegare anche in altro modo. Leggiamo in Platone e nelle dottrine dei filosofi che tre sono le passioni dell’anima umana: «razionale»; «irascibile», e «concupiscibile». Quel filosofo ritiene che l’anima razionale abbia sede nel cervello, l’irascibile nella bile, e la concupiscibile
nel fegato. Ebbene, anche a noi, se accoglieremo il lievito evangelico delle Sante Scritture, di cui sopra abbiamo parlato, le tre passioni dell’anima umana le porteremo all’unità; nella ragione troveremo l’incentivo alla saggezza; nell’ira, all’odio dei vizi; e nella concupiscenza l’incentivo alla brama delle virtù. E tutto questo si compirà in noi per mezzo della parola evangelica, che a noi ci dà la madre Chiesa.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 2, 13, 33)
Come il lievito
Dalla farina si ricava il lievito, che restituisce alla massa da cui ha avuto origine la forza ricevuta. Il Signore si è paragonato al lievito che una donna, cioè la sinagoga, ha preso e ha nascosto con un giudizio di morte, accusando i Vangeli di distruggere la Legge e i profeti. Questo lievito, ricoperto da tre misure di farina, cioè dalla Legge, dai profeti e dai Vangeli in modo uguale, fa di tutti questi una sola cosa, di modo che ciò che la Legge ha stabilito e i profeti hanno annunciato sia portato a compimento dal progresso dei Vangeli. Ogni cosa riceve dallo Spirito di Dio la stessa forza e la stessa disposizione di spirito e non si troverà disaccordo tra l’una e l’altra cosa, poiché tutte sono state fermentate in misura uguale.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 13, 5)
Potrei certamente ricordare che molti hanno pensato che le tre misure di farina dovessero riferirsi al mistero della fede, cioè all’unità del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, e anche alla chiamata dei tre popoli usciti da Sem, Cam e Jafet.
Ma io non so se queste opinioni siano autorizzate dalla logica, dal momento che, anche se la chiamata di tutti i popoli avviene in misura uguale, in essi tuttavia il Cristo non è nascosto ma mostrato, e in
una tale moltitudine di infedeli non tutto è stato fermentato. Inoltre nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo tutto è una cosa sola e non c’è bisogno in Cristo di un fermento aggiunto dal di fuori.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 13, 6)
Unire insieme ebrei, greci e samaritani: Si dice che le tre misure di farina siano gli ebrei, i greci e i samaritani. Il lievito messo dentro questi tre ha prodotto la natura unica per tutti e l’abbondanza.
Infatti il mio insegnamento ha reso gli uomini, separati in queste cose, di fatto un solo popolo. In tal senso anche l’Apostolo dice: Uno solo in Cristo Gesù…, non greco, non giudeo e quanto segue (cf. Gal 3, 28).
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 74)