Le parole e gli atteggiamenti di Gesù, specie quando sono intonati all’umiltà, alla mitezza e alla misericordia se, non apriamo il cuore per comprenderli, imitarli e quindi viverli, possono sembrarci paradossali, quasi incomprensibili, perché i nostri egoismi e la nostra superbia c’impediscono di capirli e di emularli; quando invece li facciamo nostri, li sperimentiamo come incorporandoli in noi sempre grazie a Lui, allora può succedere a volte che ci colpiscono e coinvolgono, ci emozionano fino anche a commuoverci, soprattutto quando ci sentiamo bisognosi di comprensione e affetto. È però la grazia di Dio, quando cerchiamo il rifugio in lei, per allontanarsi dal male e fare il bene sempre con l’aiuto di Dio che agisce, il quale in un amen può rendere un cuore di pietra in uno di carne, schiudendolo per poi dilatarlo e così conformarlo al Suo «mite ed umile» come è detto anche dal Signore per bocca del Profeta che cantava: «metterò dentro di voi uno spirito nuovo e vi darò un cuore nuovo!».
Prima Lettura
Questo brano proclama la promessa di un re pacifico. Egli avanzerà su un asinello: regnerà con la sua giustizia e la sua dolcezza. Lo riconosceranno e l’accoglieranno i miti ed umili di cuore; saranno il suo regno prediletto, destinato ad estendersi fino ai confini della terra ossia di tutto l’universo. Essi riceveranno con esultanza il suo messaggio di pace. Anche noi, siamo chiamati ad essere, secondo il dono ricevuto e le proprie possibilità, costruttori di pace. «Ecco, a te viene il tuo re umile. Egli è giusto e vittorioso».
Dal libro del profeta Zaccarìa (Zc 9,9-10)
Così dice il Signore:
«Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 144 (145)
R. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. R.
Seconda Lettura
Quali sono oggi le opere del corpo? Le stesse, come ai tempi di San paolo. La caratteristica di un mondo che non vuole adorare il vero Dio, è di adorare gli idoli. Oggi, si adora più di allora il denaro, o una posizione sociale di comando, ma anche la tecnologia o simili; L’Apostolo ci dice che tutti questi idoli conducono alla morte, mentre invece «Se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,9.11-13)
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Cf. Mt 11,25)
Alleluia.
VANGELO
Gesù invita i miti e gli umili, i piccoli per dargli sollievo e ristoro negli immancabili pesi della vita.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA
Il frutto dello Spirito è invece amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5, 22-23).
Perché la Sacra Scrittura, quando vuole lodare Mosè, lascia da parte i miracoli che ha fatto e ricorda solamente la sua dolcezza? Poiché non dice che Mosè ha castigato l’Egitto, ma dice che, solo, fu davanti a Dio nel deserto, quando Dio volle distruggere Israele, e chiese di essere distrutto con i figli del suo popolo. Egli pose davanti a Dio l’amore e l’iniquità degli uomini, dicendo: «Perdona loro, o cancellami dal tuo libro che hai scritto» (Es 32,31). Così parla colui che era il più mite di tutti gli uomini (Nm 12,3). Anche Davide fa appello alla virtù della dolcezza quando dice: «Ricordati, Signore, di Davide e di tutta la sua mansuetudine» (Sal 131,1). Acquistiamo anche noi questa dolcezza da Colui che ha detto: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29), affinché egli c’insegni le sue vie e ci faccia riposare nel Regno dei cieli.
Con la durezza e l’austerità non è possibile far cambiare qualcuno; un demonio non ne scaccia un altro. La benignità riconduce più facilmente sul buon sentiero lo smarrito. Anche il nostro Dio attira a sé gli uomini con la persuasione.
A Macario l’egiziano apparve un giorno il demonio e gli disse: «Macario, da te emana una grande forza, così che io non posso nulla contro di te; eppure faccio tutto quello che tu fai: tu digiuni, e io non mangio per nulla; tu vegli, e io non dormo affatto; vi è una cosa sola in cui mi vinci. “Quale?” Gli chiese padre Macario. “La tua umiltà; per questo non ho alcun potere su di te”.».
E in un apofotegma abba Antonio disse: «Vidi tutte le reti del Nemico stese sulla terra e gemendo dissi: “Chi potrà sfuggire?”. E udii una voce che mi disse: “L’umiltà”.».
(MACARIO 11, ANTONIO 7, Detti editi cit., in L’ Ascesi nei Padri del deserto)
Io ti benedico, o Padre
Gesù dice: Ti ringrazio (secondo l’usanza degli uomini, al posto di: «ti sono grato», ovvero «ti glorifico»*. Infatti era costume negli scritti ispirati da Dio interpretare in siffatto modo il termine che indica il ringraziamento.
Perciò è scritto: Siano rese grazie, Signore, al tuo nome grande, poiché è tremendo e santo (Sal 99, 3). E ancora: ti ringrazierò Signore con tutto il mio cuore (Sal 9, 1; 111, 1).
Ma coloro che stravolgono il significato, dicono: Ecco, come mai, rende grazie al Padre, se non gli è inferiore?
A questo riguardo uno di coloro che sanno ben difendersi con la dottrina di verità potrebbe rispondere: Che cosa impedisce, o ottimi, di accettare la consustanzialità del Figlio e di lodare suo Padre, che per mezzo di lui salva la terra? Se tu credi che col rendimento di grazie egli si dimostra inferiore al Padre, guarda anche ciò che segue. Rende grazie al Signore del cielo e della terra e lo chiama Padre.
Il Figlio di Dio che governa su tutto, certamente è con lui padrone di ogni cosa, non in quanto sottomesso o di diversa sostanza, ma come Dio da Dio, coronato della stessa gloria, che per sostanza è in
tutto uguale a lui.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 145) *Cirillo rileva che qui il verbo greco è adoperato non nel significato normale di «confessare, ammettere, riconoscere», ma in quello di «glorificare».
Signore del cielo e della terra
Padre mio, Signore del cielo e della terra, Padre di colui per mezzo del quale è stata creata ogni cosa. Poiché quando si dice: «cielo e terra», con queste due parole viene definito brevemente l’intero mondo creato; per questo il primo libro della Sacra Scrittura, In principio
– dice – Dio fece il cielo e la terra (Gn 1,1); e: Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra (Sal 120, 2). Ma col termine «cielo», si intende tutto ciò che è nel cielo, e col termine «terra» tutto
ciò che è sulla terra: così con queste due parti del creato non si tralascia nessuna creatura, poiché si trova nell’una o nell’altra. Il Figlio dunque dice al Padre: Ti confesso, e ci ricorda che a Dio si deve fare la «confessione» non riguardo ai soli peccati. Il più delle volte quando nelle Scritture si sente: confessate al Signore, molti di coloro che sentono, si battono il petto: essi credono che confessione non significhi se non quella che fanno di solito quelli che si pentono confessando i propri peccati e aspettando da parte di Dio ciò che si meritano di soffrire, ma ciò che egli si degna di fare per sua misericordia. E se la «confessione» non fosse in rapporto alla lode, non avrebbe detto: Ti confesso (ti lodo) Padre, colui che non aveva alcun peccato da confessare. In un libro della Scrittura è detto anche: Confessate al Signore, e nella confessione direte così: Tutte le opere del Signore sono assai belle (Sir 39, 20- 21). Anche qui c’è la confessione di lode, non delle colpe.
(S.Agostino, Discorsi 68, 2)
[Gesù], prevedendo che il messaggio evangelico sarebbe passato alle genti pagane a causa della disobbedienza di Israele, inneggia al Padre e lo glorifica per noi che saremmo stati beneficati.
Ringrazia il Padre, Signore del cielo e della terra, egli che è il Signore, conformandosi ai servi e offrendo il ringraziamento per loro a colui che è il padrone.
Dice che per disposizione del Padre è stato tenuto nascosto a Israele, che è il popolo sapiente, il mistero che lo riguardava, invece sarà rivelato alle genti pagane, che prima erano stolte. In questo modo dimostra che non è sfuggito a Dio ciò che sarebbe avvenuto, né la venuta di Cristo ha fallito lo scopo che era stato prefissato, ma tutto questo è avvenuto come Dio ha previsto, preordinando la conversione dovuta alla grazia.
Qui si passa sotto silenzio la giustizia della compiacenza divina, ma la si rivela altrove. Infatti non è immotivata la compiacenza di Dio, e gli uomini non conseguono conoscenza e sapienza soltanto con le loro forze.
(Origene, Frammento 239)
La grazia rivelata agli umili
Chiama i giudei proprio così: sapienti, o perché a loro erano stati affidati i decreti di Dio o perché operavano il male ed erano abili nel fare così; chiama di contro piccoli gli apostoli. Ovvero: chiama sapienti solo gli scribi e i farisei che non possedevano in realtà la sapienza, ma
solo un’apparenza per l’abilità dei loro discorsi, «piccoli» invece [chiama] i pescatori, perché ingenui nel fare il male.
Nel farsi conoscere dai semplici si evidenzia la grazia di Dio.
Tuttavia Cristo parla in questo modo non perché se ne compiaccia, ma perché è preferibile che i malvagi non conoscano l’efficacia delle parole divine, per evitare che, conoscendole e disprezzandole, incorrano in una punizione più grave. Soprattutto Cristo ha fatto tutte queste cose; ma, nel ringraziare il Padre per ciò che aveva fatto, fa conoscere che una sola è la volontà di entrambi e uno solo l’amore per noi, per cui lo ringrazia di tutto quello che ci fa di bene.
(Teodoro di Eraclea, Frammento 80)
E le rivelò ai piccoli. A quali piccoli? Non ai piccoli d’età ma a coloro che sono piccoli quanto al peccato e alla malvagità.
A loro ha rivelato di cercare i beni del paradiso e ciò che avverrà nel regno dei cieli, poiché così è stato stabilito dinanzi a Dio, che verranno dall’Oriente e dall’Occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; mentre i figli che si sono dati al nemico saranno scacciati fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti.
(Epifanio latino, Interpretazioni dei Vangeli 26)
Gradito a Dio
Non dice il motivo per cui a Dio piacque così, ma solo ringrazia il Padre, perché a lui è piaciuto così. Pertanto non discutere le decisioni di Dio, non ti chiedere la ragione del suo operare, ma in qualunque modo volle regolare il suo agire, a te, che rendi grazie, basti come testimonianza la natura stessa di Dio: egli infatti non fa nulla senza ragione e senza giustizia. Egli ti ha creato non perché tu lo mettessi in discussione ma perché lo onorassi, né ha voluto che fossi giudice dei suoi atti ma servo dei suoi precetti.
Spetta al buon signore il compito di provvedere a tutto ciò che sia utile al suo servo; spetta al buon servo di agire fedelmente e non mettere in discussione le azioni del proprio signore.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 28)
Conoscere il Padre per mezzo del Figlio
Tutto mi è stato dato dal Padre mio. Devi comprendere in senso mistico che cosa significhi il Padre che dà e il Figlio che riceve. Altrimenti, se intuiamo questi concetti secondo la nostra terrena limitatezza, finiamo con l’ ammettere che quando comincia ad avere colui che riceve, comincia a non avere più colui che dà. Quando si dice che a lui tutto è stato dato, non dobbiamo intendere il cielo e la terra e gli elementi e tutte le cose che egli stesso ha fatto e creato; dobbiamo intendere invece gli uomini che, per mezzo del Figlio, hanno accesso al Padre, e che mentre prima erano ribelli, poi hanno cominciato a sentire Dio.
(Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 2, 11, 27)
Nessuno conosce il Padre se non il Figlio
E affinché non si pensi che in lui ci sia qualcosa in meno di ciò che c’è in Dio, afferma che tutto gli è stato dato dal Padre, che solo il Padre lo conosce e che il Padre è conosciuto solo da lui o da colui al quale egli avrà voluto rivelarlo.
Ed egli lo avrebbe rivelato a colui che gli avesse chiesto di rivelarlo. Questa rivelazione ci insegna che l’identità di sostanza dell’uno e dell’altro è fondata sulla mutua conoscenza. Così chiunque conosce il Figlio deve riconoscere anche il Padre nel Figlio, poiché tutto gli è stato dato dal Padre. E ciò che gli è stato dato non è altro che ciò che nel Figlio è conosciuto solo dal Padre, e ciò che è conosciuto solo dal Figlio è ciò che appartiene al Padre. E così in questo segreto della loro mutua conoscenza si comprende che nel Figlio non è manifestato niente altro se non ciò che è inconoscibile nel Padre.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 11, 12)
Colui al quale il Figlio lo voglia rivelare
Ma non si limita a questo e aggiunge qualcosa di più elevato ancora, per innalzare più in alto il tuo spirito. E nessuno conosce il Figlio se non il Padre; né alcuno conosce il Padre se non il Figlio. A quanti non hanno sufficiente discernimento, queste parole potranno forse sembrare prive di connessione con quelle che le precedono, ma in realtà tra esse vi è uno stretto legame. Dopo aver detto che ogni cosa gli è stata data dal Padre, sembra aggiungere: Perché vi stupite se io sono il Signore di tutte le cose, quando io ho un potere ancora più grande, cioè quello di conoscere il Padre e di essere della sua stessa sostanza? E infatti anche quest’ultima realtà il Signore vuol far intendere velatamente, col fatto che egli solo conosce in tal modo il Padre. Quando dice infatti: Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, egli vuol dire ciò. E notate il momento in cui il Signore afferma questo: si decide a parlarne ai discepoli solo dopo aver loro dato attraverso le sue opere la prova della sua potenza, e non solo facendo vedere che egli compie miracoli ma che pure essi possono farne nel suo nome.
Dopo aver detto che il Padre ha rivelato i misteri ai semplici Gesù mostra che questa rivelazione è opera sua dichiarando: né alcuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 38, 2)
Chi vede il Figlio, che ha in sé l’immagine del Padre, vede proprio il Padre.
Infatti il Figlio rivela il Padre in quanto si mostra a lui con la sua prima rappresentazione e insieme fa vedere nella propria forma il modello archetipo. Tali concetti devono essere intesi in modo degno di Dio.
Quanto poi a dire: Ogni cosa mi è stata data, affinché non sembri di essere di altro genere e inferiore rispetto al Padre, ha aggiunto tale affermazione, per mostrare che la sua natura è nascosta e incomprensibile come quella del Padre.
Solo la natura divina della Trinità conosce se stessa. Solo il Padre conosce il Figlio, frutto della sua stessa natura. Solo colui che è stato divinamente generato conosce colui dal quale è stato generato, solo lo Spirito Santo conosce «la profondità di Dio», cioè il pensiero del Padre e del Figlio. ·
(Cirillo di Alessandria, Frammento 148)
Colui che ha ascoltato la chiamata, si è avvicinato e si è unito a colui che l’ha chiamato, questi si ristora. Tenendovi lontani da dottrine peccaminose e dall’inclinazione alla carne – dice – e volgendovi ad azioni degne di approvazione, venite a me, per essere partecipi della natura divina e associati allo Spirito Santo.
Chiama tutti e non solo quelli di Israele, in quanto creatore e Signore di
tutti; dice «affaticati» i giudei in quanto non sono capaci di portare il giogo della Legge, dice «oppressi» gli idolatri, in quanto oppressi dal diavolo e appesantiti da quantità di peccati. Voi – dice – o giudei, tendete alla verità e riconoscete che io sono vostro protettore e signore, e subito ne ritrarrete profitto. Vi libero infatti dalla schiavitù della Legge, a causa della quale sopportate molta fatica, e non siete capaci di porvi fine facilmente, dato che vi siete procurati da voi stessi un «carico» grandissimo di peccati, per cui tanto più vi conviene comportarvi in conformità di quanto prescrive la Legge.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 149)
Imparate dalla mia umiltà e mitezzaAbbiamo sentito nel Vangelo che il Signore pieno di gioia nello spirito, rivolse a Dio Padre le seguenti parole: Ti lodo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai fatte conoscere ai piccoli. Sì, Padre, poiché così tu hai voluto.
Tutto è stato affidato a me dal Padre mio e nessuno conosce il Figlio tranne il Padre e nessuno conosce il Padre tranne il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà farlo conoscere. Nel parlare ad alta voce noi ci stanchiamo e voi vi stancate nell’ascoltare.
Ascoltiamo dunque lui che continua a parlare e dice: Venite da me tutti voi che siete stanchi. Perché tutti siamo stanchi, se non perché siamo uomini mortali, fragili, deboli, che abbiamo dei recipienti di fango che si procurano angustie a vicenda?
Ma se si trovano nelle angustie i recipienti di carne, si dilatino gli spazi
della carità. Perché dunque dice: Venite da me voi tutti che siete stanchi, se non perché non siate stanchi? La sua promessa infatti è facile; poiché aveva chiamato a sé quelli che erano stanchi, questi avrebbero forse chiesto per quale ricompensa furono chiamati: E io – rispose – vi farò riposare.
Prendete di voi il mio giogo e imparate da me; non a fabbricare il mondo, non a creare tutte le cose visibili e invisibili, non a compiere miracoli nel mondo e risuscitare i morti, ma che io sono mite e umile di cuore. Vuoi essere alto? Comincia dal più basso. Se pensi di costruire
l’edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell’umiltà. Quanto più grande è la mole dell’edificio che uno desidera e progetta di innalzare, quanto più alto sarà l’edificio, tanto più profonde scaverà le fondamenta. Mentre l’edificio viene costruito, si innalza bensì verso il cielo, ma colui che scava le fondamenta scende nella parte più bassa. Dunque anche una costruzione prima di innalzarsi si abbassa e il coronamento non è posto se non dopo l’abbassamento.
(S.Agostino, Discorsi 69, 1-2)
Come differisce il giogo di Cristo da quello di Mosè
Come è possibile che anche lui richieda tanta scrupolosità?
[Gesù risponde]: Non avete ancora ricevuto prova di me e per questo credete così queste cose. Se andrete sotto il mio giogo e crederete a ciò che è offerto da me, troverete che c’è grandissima differenza tra i miei insegnamenti e quelli di Mosè. Da parte mia infatti c’è pazienza e molta bontà;· vedendo, infatti, una tale massa di peccati: omicidi, egoismo, e altri più abominevoli di questi, <sopporto> e tollero i colpevoli, non respingendoli, ma pazientando, se talora cambiando atteggiamento dovessero pentirsi; subito perdono tutto, essendo indulgente con loro.
La Legge, invece, non è così, ma subito, appena si è peccato, punisce chi ha peccato, non conoscendo pentimento per le azioni seguenti, non promettendo perdono.
Quando io esamino una disposizione d’animo, non mi occupo tanto dell’esame delle cose accadute, quanto invece mi accontento che l’anima con una sincera intenzione scelga il bene.
La Legge punisce anche le piccole mancanze e sottomette alla maledizione il trasgressore. Invece il giogo è «dolce» grazie al perdono, e il carico è «leggero», perché non ci sono molti precetti e svariate osservanze, ma si bada alla decisione dell’anima. Così invece del bene si sceglie il meglio, col conforto della verità e della disposizione favorevole di Dio.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 67)
Cosa comporta il giogo dolce
Chi vuole la vita e desidera vedere i tempi buoni, deponga il giogo dell’iniquità e della malvagità, come dice il profeta: Rompiamo le loro catene e scagliamo lontano da noi il loro giogo. Nessuno che non si getti alle spalle il giogo dell’iniquità, cioè tutto ciò che alimenta i vizi, può prendere su di sé il giogo dolce e leggero di Cristo. Ma se il giogo di Cristo è tanto dolce e leggero, come mai la santa religione sembra essere opprimente e dolorosa agli uomini? Appare dolorosa perché il cuore, contaminato dai desideri terreni, non è in grado di amare le cose celesti, e non giunge ancora a Cristo per prendere sopra di sé il suo giogo ed imparare da lui, che è mite ed umile di cuore. Perciò, dilettissimi fratelli, a seguito dell’insegnamento del nostro Signore siamo avvisati che, senza essere miti e umili di cuore, non si può portare il giogo di Cristo.
(Epifanio latino, Interpretazioni dei Vangeli 26)
La grazia vi sostiene
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero. Sebbene i peccatori non siano oppressi nel corpo né siano travagliati, tuttavia le loro anime sono oppresse e travagliate, come dice il profeta a proposito del peso dei peccati: Le mie iniquità hanno superato il mio capo, come carico pesante mi hanno oppresso (Sal 37, 5). E di nuovo Zaccaria scrive che l’iniquità siede su un talento di piombo (Zc 5, 7).
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore. O peso graditissimo che conforta coloro che lo portano! Il peso dei signori della terra opprime a poco a poco le forze di coloro che servono, il peso di Cristo invece aiuta coloro che lo portano, poiché non siamo noi a portare la grazia ma la grazia a portare noi. Né noi siamo stati destinati ad aiutare la grazia ma la grazia piuttosto è stata destinata a questo fine.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 29)
Se il giogo è dolce e il carico leggero, come mai ha chiamato la strada stretta? Stretta è per i pigri; per colui che è zelante le prescrizioni del Signore sono leggere.
Se infatti per un po’ sopporta una fatica materiale, il timorato di Dio, in quanto educato a buona speranza, la sopporta agevolmente.
(S.Apollinare di Laodicea, Frammento 67)