Dio aveva prodigiosamente dissetato il popolo che seguiva Mosè nel deserto.
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Dio fatto uomo chiede da bere ad una donna samaritana che stava attingendo acqua ad un pozzo. Le parti si sono invertite: Colui che può far scaturire l’acqua nel deserto, Colui che può dissetare anche l’anima, chiede da bere. Egli, in verità, ha sete di dissetarci. E noi possiamo dissetarlo aprendo l’anima alla sua grazia divina perché la nostra anima inquieta, e in continuo cammino ha un desiderio incessante e a volte tormentoso di luce, di speranza e di pace.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura (Es 17,3-7)
Israele nel deserto è assetato. È sempre in cerca di oasi e di sorgenti. Spesso mormora contro Dio. Ed ecco che Dio fa scaturire l’acqua dalla roccia! Ma la roccia è Lui a cui Israele si deve dissetare (cf. Sal 94,1) è Lui la sorgente di acqua viva (cf. Ger 2,13), allora Signore donaci l’acqua dello Spirito, l’acqua viva di vita da bere.
Dal libro dell’Èsodo Es 17,3-7
In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
Salmo Responsoriale
Dal Sal 94 (95)
R. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». R.
Seconda Lettura
Mosè che procura l’acqua al popolo è figura di Cristo che ci disseta col suo sangue. L’acqua che sgorga dal cuore trafitto sulla croce (cf. Gv 19, 30-34) è il segno dell’amore di Dio per noi, che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,1-2.5-8)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
VANGELO
Nell’incontro con la samaritana, al pozzo di Giacobbe, Gesù mostra di aver sete. Egli ha veramente sete di quell’anima. Ed ecco che la situazione si capovolge! Gesù mostra di possedere un’acqua che soddisfa ogni sete e la donna ne vuole bere. L’acqua viva è il simbolo dello Spirito (cf. Gv 7,38-39) che la spinge a penetrare man mano nel mistero di Cristo. Esso si rivela successivamente. Gesù è più grande di Giacobbe, è Sacerdote, Re, Profeta, Messia, Verbo di Dio, Figlio di Dio, Redentore e Salvatore. Anche a noi lo Spirito insegna come possiamo incontrarci personalmente con Gesù-Dio ed avere così la felicità di dissetarci con l’acqua del suo amore, sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna e adorare così degnamente Dio in spirito e verità.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4,5-42)
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Parola del Signore.
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

«Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14). E uno tra i versetti più discusso della Bibbia: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7, 37b-38).
Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza (Is 12,3)
Cristo dal quale scaturisce una sorgente di vita per gli uomini, affaticato dal viaggio, stava seduto (cf. Gv 4,5-6) presso un pozzo di Samaria, ed era l`ora calda: era infatti circa l`ora sesta, dice la Scrittura, nel mezzo del giorno, quando il Messia venne ad illuminare coloro che erano nella notte. La sorgente raggiunse la sorgente per lavare, non per bere; la fontana d`immortalità è là accanto al ruscello della miserabile, come spogliata; egli è stanco di camminare, lui che, senza fatica, ha percorso il mare a piedi, lui che accorda gioia e redenzione.
Ora, proprio mentre il Misericordioso stava vicino al pozzo, come ho detto, ecco che una
Samaritana prese la sua brocca sulle spalle e venne, uscendo da Sicàr, sua città (cf.Gv 4,7). E chi non dirà beati la partenza e il ritorno di quella donna? Ella uscì nella lordura, e ritornò immagine della
Chiesa, senza macchia. Uscì e attinse la vita come una spugna; uscì portando la brocca, rientrò portando Dio. E chi non dirà felice quella donna? O meglio, chi non venererà colei che è venuta da una nazione straniera?
Infatti, ella è figura, e riceve gaudio e redenzione.
(San Romano il Melode, Inni XIX, n° 4-5)

Santa Fotina samaritana, romana e martire: fu gettata nel pozzo per ordine dell’imperatore Nerone. Icona ortodossa.
Una donna di Samaria
La donna è figura della Chiesa È significativo il fatto che questa donna, che rappresentava la Chiesa, provenisse da un popolo straniero per i Giudei: la Chiesa infatti sarebbe sorta dai Gentili, che per i Giudei erano stranieri. Ascoltiamo, allora, noi stessi in lei, in lei riconosciamoci e in lei rendiamo grazie a Dio, per noi.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,10)
La sete di Gesù per la fede della donna
La sua bevanda era fare la volontà di colui che lo aveva mandato. Per questo le aveva detto: Ho sete, dammi da bere, con l’intenzione di suscitare in lei la fede e bere quella fede e poterla così assimilare al suo corpo: al suo corpo che è la Chiesa.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,31)
Gesù ha sete per lei e per la salvezza del mondo
Il Salvatore chiede dunque dell’acqua alla donna e finge di avere sete per donare agli assetati la grazia eterna. E certo, infatti, non era possibile che la fonte provasse la sete, né colui in cui è l’acqua viva poteva attingere l’acqua piena del fango terreno.
Ma allora Cristo aveva sete? Sì certo, ma non di bevanda umana, bensì della salvezza del mondo, non dell’acqua del mondo, ma della redenzione del genere umano. Dunque, in modo straordinario, la Fonte, seduta sul pozzo, proprio lì produce una corrente di misericordia e con il suo flusso di acqua viva purifica la donna nel peccato col suo sesto uomo, un adultero, non un marito. Con un nuovo genere di miracolo la donna, che era arrivata da meretrice al pozzo di Samaria, torna a casa casta dalla fonte di Cristo. Colei che era venuta a cercare l’acqua ne riporta la purezza. Subito dunque, appena il Signore glieli addita, lei riconosce i suoi peccati, si confessa a Cristo, annuncia il Salvatore
e, lasciato il secchio per l’acqua, porta in città non un’anfora ma la grazia: pare che ritorni non gravata da alcun peso, ma piena di santità. Ho detto che torna piena: colei, infatti, che era giunta peccatrice torna predicatrice, colei che aveva lasciato l’anfora riportava la pienezza di Cristo, senza alcuna perdita per la sua città. Così, anche se non riporta acqua ai suoi concittadini, tuttavia è incappata nella fonte della salvezza: la donna torna dunque a casa santificata dalla fede in Cristo.
(Massimo di Torino, Sermoni 97)
I discepoli erano andati via
Il Signore si reca al pozzo come un cacciatore, domanda l’acqua per poterne donare, chiede da bere come un assetato per poter estinguere la sete. Fa una domanda alla Samaritana per poterla ammaestrare e, a sua volta, lei gli rivolge una domanda. Nella sua ricchezza il Signore non si vergogna a chiedere come un indigente, in modo da poter insegnare al povero a chiedere. Egli non teme di parlare con una donna da sola per potermi insegnare che chi dimora nella verità non può trovarsi in difficoltà. Si meravigliavano che parlasse con una donna. Aveva allontanato i suoi discepoli perché essi non facessero scappare la sua preda. Inizia la conversazione con una domanda tale da suscitare risposte sincere: Dammi da bere. Chiede acqua e poi promette I’ acqua della vita; domanda, ma poi smette di chiedere, come la donna che lascia il suo secchio. Egli mette da parte i pretesti perché la verità per la quale essi erano serviti si era ormai presentata.
(S.Efrem il Siro, Commento al Diatessaron 12, 16)
Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? Il rispetto per la Legge della donna samaritana.
È evidente che il beato Giovanni mediante questa narrazione ha voluto mostrare le virtù della donna, come colei che non facilmente sia stata a dargli da bere, ma dapprima abbia ricordato le norme della Legge. E così a causa della grande onestà non tollerava con estranei questa violazione della norma, che facilmente tuttavia, subito, quasi necessariamente si verificava. Per tal motivo, perché non sembrasse che la donna era ostile ai forestieri ovvero per cattiveria non voleva dar da bere a lui, l’evangelista ha aggiunto queste parole: I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani; onde apprendiamo in qual modo non come a estraneo alla sua fede, a motivo dell’inimicizia abbia rifiutato di dargli l’acqua, ma piuttosto perché voleva ammonirlo a non trasgredire la norma legale per l’impellenza della sete.
Dunque, questa .risposta della donna il Signore nostro colse quale occasione per il proprio insegnamento.
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4, 9)
La perspicacia e lo zelo della donna. I Samaritani non si servivano di tutte le Scritture, ma solo dei libri di Mosè e non usavano molto nemmeno i Profeti.
Essi erano ansiosi di proclamarsi di nobili origini giudaiche e orgogliosi di Abramo, considerandolo loro progenitore, dal momento che proveniva dalla Caldea, e chiamavano padre anche Giacobbe, poiché era della stirpe di Abramo. I Giudei però li disprezzavano accomunandoli a tutti gli altri […] Quando dunque la donna sentì «Dammi da bere» assai opportunamente chiese a Cristo: Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? Come capì che era Giudeo? Forse dagli abiti o dalla parlata.
Considera però quanto la donna sia stata perspicace. Se anche infatti era una situazione da evitare, spettava a Cristo preoccuparsene, non a lei. Non dice infatti: “I Samaritani non hanno rapporti con i Giudei”, ma il contrario. Tuttavia la donna, anche se immune da colpa, poiché pensava che un altro potesse cadere in errore, non tacque, ma corresse chi pensava che stesse violando la Legge.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 31, 2, 4)
I Giudei non usavano nemmeno i loro recipienti.
I Giudei non si servivano assolutamente dei loro recipienti; e la donna, che portava con sé un recipiente per attingere l’acqua, si stupì che un Giudeo le chiedesse da bere, cosa che i Giudei non erano soliti fare.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,11)
Perché allora le chiese da bere se la Legge non lo permetteva? Se rispondessimo: perché prevedeva che non gliene avrebbe dato, a maggior ragione non avrebbe dovuto. Ma perché allora? Perché lui era del tutto indifferente a queste osservanze. Colui che, infatti, voleva indurre altri a liberarsene, a maggior ragione avrebbe dovuto passarci sopra.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 31, 4)
Il dono di Dio: l’acqua viva. La sete placata dallo Spirito Santo. Chiede da bere e promette da bere.
È bisognoso come uno che aspetta di ricevere ed è nell’abbondanza come uno che è in grado di saziare. Se conoscessi – dice .,…. il dono di Dio. Il dono di Dio è lo Spirito Santo.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15, 12)
Dobbiamo provare anche che lo Spirito Santo è chiamato ”dono di Dio'” nelle Sacre Scritture? Se si desidera tale prova, la troviamo nel Vangelo di Giovanni che riferisce queste parole del Signore Gesù: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’acqua viva.
[…] Disse questo dello Spirito che avrebbero ricevuto quelli che avessero creduto in lui (Gv 7, 37-39). Per questo anche l’apostolo Paolo dice: Tutti siamo stati dissetati con un solo Spirito (1 Cor 12, 13). Ma qui è chiamata dono di Dio quest’acqua, che è lo Spirito Santo? Ecco ciò che è in questione.
Ma come troviamo che in, questo passo quest’acqua è chiamata Spirito Santo, così in un altro passo dello stesso Vangelo troviamo che quest’acqua è chiamata dono di Dio. […] Poiché quest’acqua viva,
come spiega l’evangelista, è lo Spirito Santo, non c’è dubbio che lo Spirito Santo è il dono di Dio, di cui il Signore parla qui. […] Perché ciò che dice: Dal suo intimo scaturiranno fiumi di acqua viva equivale a queste parole: Diventerà in lui sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna.
(S.Agostino, La Trinità 15, 19, 33)
L’acqua viva da Gerusalemme
Dunque, in quello stesso giorno del Signore – dice il profeta – uscirà acqua viva da Gerusalemme (Zc 14, 8). Questa è la bevanda spirituale e gradevole dell’insegnamento del Cristo, in grado di dare la vita e la salvezza, di cui egli stesso parlò, nel Vangelo secondo Giovanni, istruendo la Samaritana […] Proprio questa bevanda apportatrice di salvezza è uscita da Gerusalemme.
Da lì, infatti, si è diffuso il suo Vangelo e da ll i suoi inviati lo hanno diffuso nel mondo, cosa che è indicata nelle parole: Fino al primo mare e fino al mare ultimo uscirà acqua viva (Zc 14, 8). Parole queste che indicano i confini di tutta la terra: le terre verso l’oceano orientale sono chiamate primo mare, mentre quelle che si trovano verso occidente sono indicate mediante le parole mare ultimo, terre che sono state colmate dall’acqua viva dell’insegnamento evangelico che reca con sé la salvezza, a proposito del quale sempre il Cristo insegna dicendo: Chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno
(Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica 6, 18, 48-49)
L’acqua di sorgente è viva
Comunemente si chiama acqua viva quella che zampilla dalla sorgente. L’acqua piovana, che si raccoglie nei fossi o nelle cisterne, non viene chiamata acqua viva. Potrebbe anche essere acqua di sorgente, ma se è stata raccolta in qualche luogo e non è più in comunicazione con la sorgente, essendone tagliata fuori, non si può più chiamare acqua viva. Acqua viva si chiama solo quella che si attinge alla sorgente. Ora, tale era l’acqua che si trovava in quel pozzo.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,12)
L’acqua viva esce dallo Spirito e dalla potenza di Cristo.
Gedeone non mente quando dice che «l’acqua che dona il Salvatore esce dallo Spirito e dalla sua potenza». Egli ha interpretato le parole: Non avrà più sete in eterno con queste precise parole: «La vita che il Salvatore ci dona, infatti, è eterna e incorruttibile, come del resto, anche la prima vita che viene dal pozzo è destinata a rimanere: la grazia è il dono del Salvatore, infatti, non possono essere portati via, non si consumano e non periscono per chi ne ha parte» […] Non interpreta però in modo convincente lo “zampillare” e dice che coloro che partecipano dell’acqua riversata in abbondanza dall’alto a loro volta riversano ciò che hanno ricevuto per la vita eterna degli altri. Il Signore, inoltre, loda la Samaritana perché dimostra una fede salda e appropriata alla sua natura, nel momento in cui non dubita delle cose che egli le dice.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 59-60; 62-63)
La grazia dello Spirito
Questa fonte è senza dubbio la grazia spirituale, un fiume che procede da una fonte viva. Dunque fonte della vita è anchelo Spirito Santo […] La buona acqua, dunque, è la grazia spirituale. Chi darà al mio petto questa sorgente? In me prorompa, in me scorra il donatore della vita eterna.
Scorra in noi, non scorfa via da questa sorgente […] Come potrò conservare il mio vaso, perché il peccato non vi produca una fessura che ne faccia stillare fuori l’umore della vita eterna?
(S.Ambrogio, Lo Spirito Santo 1, 161-162)
La natura umana germoglia in una vita virtuosa
Chiama acqua viva il dono vivificante dello Spirito, per mezzo del quale soltanto, l’umanità, sebbene abbandonata completamente, come i tronchi sui monti, e secca, e privata dalle insidie del diavolo di ogni specie di virtù, viene restituita all’antica bellezza della natura e, assorbendo la grazia vivificante, viene coronata di ogni sorta di bene, germogliando all’amore della virtù, produce rami ubertosi dell’amore di Dio.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4)
Non tutti conoscono il dono di Dio, perché non tutti desiderano I’ acqua viva: se infatti la desiderassero, non ritarderebbero il sacramento- dd battesimo […] Non ritardare, o uomo, il rimedio per la tua salvezza, perché non sai quando la tua vita ti sarà richiesta.
(S.Cesario di Arles, Sermoni 170,4)
Il pozzo è profondo
Il nostro Signore fa già aumentare la riverenza della donna nei suoi confronti facendole capire che egli non è una persona comune. Ella lo apostrofa in modo riverente con il titolo di “Signore”.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 31, 4)
La donna non comprende. Eppure, dal momento che la donna non comprendeva ancora queste parole, né sapeva cosa fosse l’acqua viva, gli dice: Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Ha mutato il tono della conversazione.
Prima ha detto con sicumera: Come mai tu, che sei giudeo; adesso in maniera conveniente premette alle proprie parole l’appellativo Signore. Là gli parlava così, sospettando che lui trasgredisse la Legge per l’urgenza della sete; qui invero, avendo compreso dalla risposta di lui e dalle parole pacate che quello non aveva chiesto da bere perché oppresso dalla sete, ha tributato l’onore dovuto con le sue parole: «Donde, dice, mi dai quest’acqua viva? Non hai neppure un secchio e il pozzo è fondo».
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 4, 11)
Non c’è bisogno di secchio. Prima dell’arrivo del Signore il pozzo era profondo e senza secchio nessuno poteva attingere acqua. Giunge il Signore, sorgente viva, per purificare i cuori di tutti, placare la sete, saziare le anime. Non ha bisogno di un secchio, ma si riversa da solo nelle menti di ciascuno.
(S.Cesario di Arles, Sermoni 170, 4)
Bere dal pozzo di Giacobbe
Le Scritture, dunque, sono introduzioni, dalle quali, poiché qui sono chiamate “pozzo di Giacobbe”, se comprese correttamente, si può risalire a Gesù, perché ci doni una sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna. Ma non tutti allo stesso modo attingiamo dal pozzo di Giacobbe […] Coloro che sono saggi nelle Scritture bevono come Giacobbe e i suoi figli; mentre quelli più semplici e ingenui, chiamati “pecore di Cristo”, bevono come le greggi di Giacobbe; quelli poi che fraintendono le Scritture e vi leggono blasfemie, con la scusa di averle studiate, bevono come la Samaritana prima che avesse la fede.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 37-39)
Giacobbe come padre.
I Samaritani, pertanto, erano stranieri, in quanto erano una colonia babilonese.
Ma essi rivendicavano Giacobbe come loro padre per due motivi. Poiché essi abitavano in un tenitorio confinante e vicino alla regione giudaica, seguivano alcuni culti di questa e cercavano di gloriarsi del padre giudeo. Un altro motivo, che è realmente vero, è questo: molti abitanti della Samaria discendevano dalla stirpe di Giacobbe.
Infatti, Geroboamo, figlio di Nat, staccate dieci tribù dal regno di Giuda e metà della tribù di Efraim, partito da Gerusalemme, durante il regno di Geroboamo, figlio di Salomone, occupò la Samaria, e qui costruì case e città.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4)
Gesù è più grande di Giacobbe.
Quando poi la donna obietta: Sei tu forse più grande del nastrò padre Giacobbe?
egli non risponde: «Sì, lo sono», poiché avrebbe dato l’impressione solo di vantarsi senza poter fornire ancora una prova; e tuttavia, così dicendo, si prepara proprio a dimostrarlo. [. . . ] Dice infatti: «Se veneri Giacobbe perché ti ha dato quest’acqua, se io posso procurartene una molto migliore, cosa dirai?».
[…] Il confronto, inoltre, viene fatto non sull’inferiorità di Giacobbe, ma sulla superiorità di Cristo. Egli non dice, infatti, che quell’acqua non ha valore, che è senza qualità o da disprezzare, ma mostra solo ciò che anche la natura testimonia: Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32,1)
Il miglior pozzo
La donna, in, altre parole, dice: «Non puoi dire che Giacobbe ci dette questa fonte, ma si servì di un’altra per sé: sia lui che i suoi figli, infatti, bevvero da qui, ma non l’avrebbero fatto se ne avessero avuta un’altra migliore. Nemmeno tu, dunque, potrai darmi acqua da questa fonte e non è possibile che tu ne abbia una migliore, a meno che tu non confessi di essere più grande di Giacobbe. Da dove viene, dunque, l’acqua che hai promesso di darci?».
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 31,4)
Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete
L’acqua che placa la sete «V’è grande differenza – dice – fra quell’acqua e questa che io prometto di dare. Quella infatti, quando l’hanno bevuta, placa per breve tempo la sete; poco dopo, invero, consumata secondo la sua natura, fascia nuovamente assetato chi poco prima l’ha bevuta. Invece, l’acqua che io do è di tal natura che non solò non è consumata, né lascia afflitto dalla sete chi la beve ma, al contrario, in lui diviene come fonte che sgorga in perpetuo. Come infatti l’acqua della sorgente non viene meno, dovendo esservi portata e immessa in quella, ma continuamente fornisce perpetuo godimento a quanti vogliono; similmente anche la potenza di quest’acqua offre soccorso eterno a chi la riceve, sempre lo custodirà né lo lascerà perire; così, dunque, non cadrà nella morte colui che ha ricevuto questa grazia». Ciò il Signore disse molto giustamente, essendo certo tale – la potenza dello Spirito-. Per questo anche adesso riceviamo da lui le primizie dello Spirito con la speranza della futura risurrezione, giacché nella figura si compie adesso questo evento, mentre allora attendiamo la grazia perfetta che deve essere ricevuta, dal momento che per la sua partecipazione rimarremo incorruttibili.
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4, 13)
Concetti che non soddisfano e concetti che placano la sete
Bisogna dunque cercare di capire che significa Avrà sete nell’espressione Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete […] Il senso primario potrebbe essere questo: «Chi attinge a concetti che si suppongono profondi, quand’anche sia per breve tempo soddisfatto, prendendo come verità profondissima ciò che ha fatto emergere e che pensa di aver scoperto, tuttavia in seguito ripensandoci sarà di nuovo colto da dubbi […].Io, invece, ho una parola tale da generare una sorgente di bevanda vivificante per colui che accoglie ciò che io annuncio. Chi riceve la mia acqua, poi, riceve un tale beneficio che in lui la sorgente è capace di trovare risposta a tutto ciò che cerca perché le sue acque balzano verso l’alto, la sua comprensione zampilla e si innalza dietro a quest’acqua così vivace, che lo conduce a saltare e zampillare a sua volta verso la vita eterna».
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13,13; 15-16)
Ma non dimentichiamo che il Signore prometteva un dono spirituale. Che vuol dire: Chi beve di quest’acqua avrà di nuovo sete? Questo vale per l’acqua naturale, e vale pure per ciò che essa significa. L’acqua del pozzo è simbolo dei piaceri mondani nella loro profondità tenebrosa; è da lì che gli uomini li attingono con l’anfora della cupidigia. Quasi ricurvi, affondano la loro cupidigia per poterne attingere il piacere fino in fondo; e gustano questo piacere che hanno fatto precedere dalla cupidigia. Chi infatti non manda avanti la cupidigia, non può giungere al piacere.
Fa’ conto, dunque, che la cupidigia sia l’anfora e il piacere sia l’acqua profonda.
Ebbene, quando uno giunge ai piaceri di questo mondo: il mangiare, il bere, il bagno, gli spettacoli, gli amplessi carnali; credi che non avrà di nuovo sete? Ecco perché il Signore dice: Chi beve di quest’acqua, avrà di nuovo sete; chi invece beve dell’ acqua che gli darò io, non avrà sete in eterno.
Ci sazieremo–dice il salmo-dei beni della tua casa (Sal 65, 5). Allora, qual è l’acqua che ci darà lui se non quella di cui è stato detto: È in te la sorgente della vita? E come potranno aver sete coloro che si saziano dall’abbondanza della tua casa (Sal 36,10.9)?
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,16)
L’acqua di vita eterna-Immortalità e Spirito Santo
Egli dice che l’acqua visibile può spegnere la sete per poco tempo, ma l’acqua invisibile disseta per sempre una persona, perché non c’è più sete della vita quando l’immortalità zampilla su di te. Ciò che segue dimostra che lo Spirito Santo è ciò che qui viene promesso gratuitamente […] Lo Spirito della saggezza, la cui presenza è costante, dona la sua abbondanza in modo gratuito.
(Apollinare di Laodicea, Frammenti su Giovanni 17)
Il fuoco e l’acqua dello Spirito
La Scrittura chiama la grazia dello Spirito a volte “fuoco”, a volte invece “acqua”, rendendo chiaro che questi nomi non indicano la sua sostanza ma la sua operazione. Lo Spirito, infatti, non è composto da differenti sostanze, in quanto è invisibile e di una sola specie […] Così chiama. lo Spirito con l’appellativo di “fuoco”, alludendo al potere di stimolare e riscaldare proprio della grazia, e a quello di distruggere i peccati; lo chiama invece “acqua” per il suo potere di purificare e di rinfrescare le menti che lo accolgono. Infatti rende l’anima pronta a riceverlo come un giardino fitto di alberi di ogni tipo, carichi di frutti e sempre in fiore, impedendo che sperimenti le angustie e gli inganni di Satana.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32,1)
Il battesimo estingue le fiamme dell’inferno
Spesso vediamo verificarsi questo: che l’acqua versata ha a potere di spegnere le fiamme, ma anche, al contrario, che talvolta le vampe di un fuoco immenso fanno evaporare le correnti delle acque e che come da un nutrimento proveniente dalle acque si accrescano con sempre più forza, cosicché non sembra che l’acqua estingua gli incendi, ma li alimenti.
Qual è dunque quell’acqua che spegne il fuoco ma non ne è vinta? Si tratta, credo, di quella che sgorga nel lavacro dalla fonte di Cristo, che non viene consumata dai peccatori ma estingue le fiamme della Geenna. E l’acqua che, mentre viene versata attraverso il battesimo negli uomini, estingue le fiamme dell’inferno e continua a vivere negli uomini […] In modo mirabile, dunque, l’acqua di Cristo, con una sola operazione, vivifica ed estingue: infatti da una parte vivifica le anime, dall’altra porta via i peccati. Le anime sono guarite dal refrigerio di questo lavacro, i peccati sono consumati dal suo flutto. Inoltre, per ciò che riguarda la superiore grazia del battesimo, nei cieli se ne celebra il mistero, mentre negli inferi la Geenna viene estinta: qui scorrono le acque, giù il fuoco si raffredda; qui l’uomo viene immerso nel fonte, giù viene liberato dall’inferno. Non meravigli il fatto che nel sacramento del battesimo l’inferno viene aperto mentre il cielo rimane ancora chiuso: si aprono, infatti, questi luoghi perché la libertà e la grazia possano riunirsi nel lavacro di Cristo, la libertà predisposta per chi è destinato a risorgere e la grazia per chi è destinato a regnare.
(S.Massimo di Torino, Sermoni 98)
Lo Spirito è la sorgente dei divini insegnamenti
Bisogna sapere, inoltre, che il Salvatore chiama acqua la grazia dello Spirito Santo, e se uno sarà partecipe di lui, avrà in se stesso la sorgente dei divini insegnamenti, sì da non dover aver più bisogno dei consigli degli altri, e da poter esortare coloro ai quali accade di avere sete della parola divina e celeste. Tali erano, mentre si trovavano in questa vita e sulla terra, i santi profeti e gli apostoli e i successori al loro ministero. Di essi è scritto: Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza (ls 12,3).
(Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di· Giovanni 2,4)
La donna credette immediatamente apparendo molto più saggia di Nicodemo, anzi non solo più saggia, ma anche più coraggiosa. Quello, infatti, pur avendo udito migliaia di insegnamenti simili, né chiamò nessun altro ad ascoltare, né si sentì libero di parlarne. Lei invece mostrò atti da apostolo, annunciando a tutti ciò che aveva udito e chiamandoli da Gesù, trascinando da lui tutta quanta la città.
Quando, invece, egli ascoltò Gesù, disse: Come può accadere questo? (Gv 3, 9), e dopo che Cristo ebbe impiegato con chiarezza il paragone del “vento”, egli tuttavia non accolse le sue parole. Non così la donna, che dopo l’iniziale titubanza, ricevuta la Parola senza dimostrazione ma in forma di asserzione, subito si affrettò ad accoglierla. ·
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32,1)
La Samaritana venera Gesù più di Giacobbe
Vedi come a poco a poco sia condotta verso i misteri più alti? All’inizio pensava che Gesù fosse un giudeo trasgressore della Legge […], poi, sentendo parlare di acqua viva, credette che parlasse di un’acqua sensibile. Infine, comprendendo che si trattava di discorsi spirituali, credette che l’acqua può estinguere la necessità della sete, ma non sapeva ancora che cosa mai fosse quest’acqua, ancora dubitava, ritenendo che si trattasse di qualcosa superiore alle cose sensibili.
[…] Signore – gli dice la donna – dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua: vedi come preferisce lui al patriarca Giacobbe?
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32, 2)
Tuttavia la Samaritana continua a intendere il linguaggio di Gesù in senso materiale. È allettata dalla prospettiva di non dover più patire la sete e crede di poter intendere in questo senso materiale la promessa del Signore. Certamente il Signore estinguerà la nostra sete, ma lo farà quando i morti risorgeranno. La Samaritana, invece, voleva che si realizzasse fin d’ora quello che un tempo il Signore aveva concesso al suo servo Elia, il quale per quaranta giorni non patì né fame né sete (cf. 1 Re 19, 8). Colui che aveva concesso questo per quaranta giorni, perché non poteva concederlo per sempre? A questo aspirava la Samaritana: a non aver più alcun bisogno, a non dover più faticare. Ogni giorno doveva recarsi a quella sorgente, venir via carica, e di nuovo ritornare alla sorgente non appena l’acqua attinta era esaurita; e tutti i giorni la stessa fatica, perché quel bisogno, momentaneamente soddisfatto, non si estingueva […] Il bisogno la costringeva alla fatica, che la sua debolezza mal sopportava. Oh, se avesse sentito l’invito: Venite a me, quanti siete affaticati e oppressi: e io vi ristorerò (Mt 11,28)! Infatti Gesù le diceva queste cose, perché non si affaticasse più. Ma lei ancora non capiva.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15, 15, 17)
È come se avesse già qualcosa dell’acqua che zampilla per la vita eterna, quando dice […] : Io non ho marito, condannandosi per il rapporto intrattenuto con un uomo simile.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13,50)
La donna lo sollecita per ottenere il dono, ed egli le dice: Va’ a chiamare tuo marito, come per suggerire che era necessario che anche lui partecipasse di quel dono. Lei però aveva fretta di ottenerlo e cercando di nascondere la sua colpa, come se parlasse a un uomo, dice: Io non ho marito. Sentendo ciò, Cristo opportunamente le rivolge l’accusa, esponendole con precisione entrambe le questioni, ovvero enumerando tutti i precedenti mariti e rivelando quello adesso nascosto.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32, 2)
La sapienza divina
Bisogna tener presente che davvero in quel momento la Samaritana non aveva marito, ma conviveva con un marito illegittimo, che quindi più che un marito era un adultero. […] E affinché ella non credesse che il Signore le aveva detto: Hai detto bene: “Io non ho marito” perché l’aveva appreso da lei e non perché questo lo sapesse in quanto era Dio, aggiunge una cosa che la donna non aveva detto: Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,20)
Chi non capisce chiaramente che al Salvatore non sfuggiva che lei non avesse un marito legittimo, ma che l’invito ad andare a cercare il marito era un’occasione per svelare le cose nascoste?
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2,4)
«Se vuoi ch’io ti dia fiumi d’acque pure, I va’, chiama tuo marito; non voglio imitare il tuo pensiero, per questo non dirò: – Sei Samaritana, come mai chiedesti acqua? – Non rimprovero la tua sete; sono io infatti che con la mia sete ti ho spinto ad avere sete. Ho recitato la parte dell’assetato, ho finto il tormento di un assetato per rivelare che tu eri assetata. Va, dunque, chiama tuo marito e ritorna con lui». Ma la donna rispose: «Non ho marito, ahimè». E a lei il Creatore: «Non hai marito, lo so; ne avesti cinque infatti, e il sesto non lo avrai a procurarti gioia e redenzione». O sapienti enigmi, o sapienti simboli! La storia della Chiesa è raffigurata nella fede della santa con colori veri, che non invecchiano. Al modo in cui la donna che tanti mariti aveva avuto ha rinnegato suo marito, così la Chiesa ha rinnegato e abbandonato molti dèi come fossero mariti, e a un solo Sovrano si è promessa cominciando dalle acque. Cinque mariti ebbe quella donna e il sesto non l’ebbe; la Chiesa invece ha lasciato or ora i cinque dell’empietà e come sesto dalle acque prende te gioia e redenzione […] Tali errori, dunque, ha abbandonato la sposa che viene dalle genti e accorre al pozzo del fonte battesimale rinnegando le credenze di un tempo, come un giorno fece la Samaritana; questa infatti non nascose nulla a colui che conosce ogni cosa prima che accada, ma disse: «Non ho marito». Non disse infatti: «Non ne ho avuti», e dicendo così credo volesse dire: “Anche se prima ebbi dei mariti, ora però non voglio avere quelli che avevo: adesso infatti ho te che mi hai preso nella tua rete pescandomi per virtù della fede dal fango dei miei peccati, affinché io possa ricevere gioia e redenzione.
(Romano il Melode, Kontakia -La Samaritana 11-12; 14)
Questa donna abbandonò i suoi cinque mariti (i cinque libri di Mosè) e anche il sesto (l’eresia di Dositeo) che si vantava di avere, per trovare il vero Messia, l’autentico Salvatore.
(S.Girolamo, Lettere 108, 13)
La conoscenza di Cristo
La donna non si adirò, né allontanatasi fuggì, né pensò che fosse un’offesa, ma ammira di più il Signore e persevera ancora: Signore, vedo che tu sei un profeta […], dove il vedo significa: “Mi sembra che tu sia un profeta”. Poi, dove averlo sospettato, non gli chiede nulla sulla vita sensibile o sulla salute del corpo […] La donna non si preoccupa della sete, ma le sue domande seguenti riguardano i dogmi della fede.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 32, 2-3)
I nostri padri hanno adorato su questo monte. “I nostri padri” significa Abramo. Con le parole I nostri padri intende Abramo, che si pensava avesse offerto su quel monte il figlio Isacco.
(S.Giovanni Crisostomo; Commento al Vangelo di Giovanni 32,2)
Riguardo all’espressione “i nostri padri” e quel che segue, bisogna sapere che la separazione dei Samaritani dai Giudei nacque relativamente a quello che essi ritenevano il luogo santo: i primi, infatti, ritenendo santo il monte chiamato Garizìm, vi adoravano Dio, dal momento che Mosè nel Deuteronomio dice: In quello stesso giorno Mosè diede quest’ordine al popolo: «Ecco quelli che, una volta attraversato il Giordano, staranno sul monte Garizìm per benedire il popolo» (Dt 27, 11-12). […] I Giudei, invece, ritenendo Sion un luogo santo e adatto a Dio, pensano che quello sia il luogo scelto dal Padre di tutte le cose, e per questo motivo dicono che Salomone abbia costruito lì il tempio e che lì si tiene tutto il culto dei leviti e dei sacerdoti. Sulla base di ciò l’uno e l’altro popolo ritenevano che i loro padri avessero adorato Dio su questo o su quel monte.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 77-79)
Cristo chiama alla fede
Dappertutto, carissimi, c’è bisogno della fede, della fede che è madre dei beni, che è il farmaco della nostra salvezza. Senza di essa non possiamo ottenere alcuno dei grandi misteri. Anzi, sembriamo quelli che tentano di attraversare il mare senza una nave, in grado per poco di servirci delle mani e dei piedi mentre nuotiamo, ma progrediti oltre subito veniamo sommersi dai flutti. Nello stesso modo coloro che si servono dei loro ragionamenti prima di aver appreso qualcosa incappano in un naufragio […] Per essere sicuri che non capiti anche a noi, attacchiamoci alla sacra ancora con la quale Cristo ora trasporta la Samaritana.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 33,1, 2)
L’adorazione dei cristiani non è legata a un luogo
Condanna insieme l’ignoranza di tutti, dicendo che il modo di adorazione usato da ambedue si sarebbe trasformato in un altro più vero. Non si cercherà più un luogo, egli dice, dove si pensi che abiti realmente Dio, ma ciascuno adorerà dal suo posto, come dice uno dei santi profeti, il Signore che riempie l’universo e che può contenerlo. Dice poi che l’ora e il tempo per abrogare tali consuetudini è la sua venuta nel mondo col corpo.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2,4)
La Chiesa costruita con pietre vive
I Giudei, dal momento che da loro viene la salvezza, sono immagine di coloro che seguono dottrine “sane”, mentre i Samaritani sono immagine degli eterodossi, e per questo divinizzano il Garizìm, che significa appunto “divisione” o “distinzione”, dato che lì avvenne la divisione e distinzione delle dieci tribù dalle altre due, ai tempi di Geroboamo […] I Giudei, invece, divinizzano Sion, che significa “osservatorio” […] Del resto, dunque, non era ancora giunta l’ora annunciata da Cristo, quando né su questo monte né a Gerusalemme avrebbero adorato il Padre, e bisognava evitare allora il monte dei Samaritani e adorarlo a Sion, dove appunto è Gerusalemme, dal momento che Cristo dice che Gerusalemme è la città del gran re (Mt 5,35). E quale potrebbe essere la città del gran re, la vera Gerusalemme, se non la Chiesa costruita con pietre viventi, dove vi è il santo sacerdozio, dove le offerte spirituali vengono presentate a Dio ( cf. 1Pt 2,5) da uomini spirituali che hanno compreso la legge spirituale? Quando invece si appressi la pienezza del tempo (Gal 4,4), allora non dobbiamo pensare che la vera adorazione e il culto perfetto si attuino ancora a Gerusalemme, giacché non si sarà più nella carne ma nello spirito e nulla sarà più in figura, ma nella verità: ebbene ognuno allora sarà predisposto a essere uguale a quei veri adoratori che Dio cerca (cf. Gv 4, 23).
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 81; 83-85)
L’adorazione e la salvezza vengono dai Giudei
Cristo è nato dai Giudei. Due differenti pareti convergono nella pietra angolare: da Una parte i Giudei, dall’altra i Gentili; da punti diversi ma non in una diversa direzione: Potete osservare che le pareti sono tanto più distanti l’una dall’altra quanto più sono lontane dall’angolo di congiunzione. A mano a mano che si avvicinano all’angolo, tanto più si avvicinano tra di loro. E quando sono all’ angolo, aderiscono. Qμesto fece Cristo […] Quelli che vennero dalla parte dei Giudei peraltro sono inseriti nella buona parete; quelli, s’intende; che vennero, che non rimasero nella rovina. Siamo poi diventati una cosa sola: loro e noi, ma in lui, non in noi. Donde è nato Cristo? Dai Giudei.
Così infatti è scritto: La salvezza viene dai Giudei·; ma non per i soli Giudei. Infatti non è scritto: «La salvezza per i Giudei», ma: La salvezza dai Giudei.
(S.Agostino, Discorsi 375, 1)
Il voi letteralmente si riferisce ai Samaritani, ma anagogicamente agli eterodossi relativamente alle Scritture. Il noi, sempre letteralmente, sono i Giudei, ma allegoricamente significa: lo, il Verbo, e quelli conformati a me, che abbiamo la salvezza dalle Scritture dei Giudei. Infatti, il mistero ora rivelato era già stato dischiuso dalle Scritture dei profeti e dalla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo (cf. Rm 16, 26; 2 Tm 1, 10).
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 101)
I santuari scompariranno. Ottimamente adesso dice: Credimi, dopo che in modo evidente ha dimostrato la verità delle sue parole, cioè con quanto le ha detto prima: Viene l’ora in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. «Vuoi- dice – essere edotta in questo. Sappi dunque che avverrà che entrambi i luoghi abbiano fine». Eppure, perché i Giudei e i Samaritani non sembrino dover essere equiparati, per il fatto che ha predetto la fine di entrambi i santuari, dice: Voi adorate ciò che non conoscete – cioè «voi Samaritani» – noi invece adoriamo ciò che conosciamo – cioè «noi Giudei»; poi aggiunge: perché la salvezza viene dai Giudei. Non ha detto «nei Giudei», ma dai Giudei. Infatti la salvezza non è stata in essi ma da essi, ché da essi è venuto il Cristo-nella-carne. «Pertanto – dice – la verità è presso i Giudei; pur tuttavia entrambi i santuari saranno annientati».
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4, 21-22)
Adorare il Padre in spirito e verità
I figli adorano il Padre. Due volte è scritto Viene l’ora, ma la prima non è seguita dalle parole ed è adesso, mentre la seconda volta l’evangelista dice ma viene l’ora ed è adesso. Credo che la prima volta si riferisca all’adorazione fuori dai corpi che avverrà nella perfezione, mentre la seconda all’adorazione di quelli che sono perfetti in questa vita secondo quanto l’umana natura consente di avanzare. È possibile, dunque, adorare il Padre in spirito e verità non solo quando viene l’ora ma anche adesso […] Come, infatti, gli angeli non adorano il Padre a Gerusalemme, perché la loro adorazione supera quella di chi adora il Padre a Gerusalemme, così coloro che per disposizione interiore hanno ottenuto di essere uguali agli angeli (cf. Lc 20, 36) non adoreranno il Padre a Gerusalemme, ma lo faranno in modo migliore […] Ebbene, quando non si adora né su questo monte né a Gerusalemme, dal momento che giunge l’ora, adora con fiducia il Padre, essendo divenuto figlio. […] I veri adoratori adorano il Padre in spirito e verità non solo nel tempo futuro, ma anche nel presente. Ma gli adoratori in spirito, poiché adorano per ciò che hanno ricevuto, nel presente adorano sulla base di una caparra dello Spirito (cf. 2Cor 5, 5), ma quando riceveranno tutto lo Spirito, allora adoreranno il Padre nella pienezza dello Spirito.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13,86-88; 99-100; 112)
Essa venne a sapere che Dio è spirito e non è adorato in un luogo, bensì è adorato nello Spirito, e venne a sapere che Cristo è il Messia e che pertanto chi è ancora atteso dai Giudei è già venuto. Udite queste parole, la Samaritana, che è una rappresentazione della Chiesa, conobbe i misteri della Legge e credette.
(S.Ambrogio, Isacco o l’anima 4, 26)
Adorare la Trinità
Che significa che «il Padre è adorato in Cristo», se non che «il Padre è in Cristo » e che «il Padre parla in Cristo» e che «il Padre rimane in Cristo»? Certamente non come un corpo in un corpo (che Dio non è corpo) […] Non si viene a intendere, dunque, un’inserzione di un corpo in un altro ma l’unità della potenza divina. Mediante l’unità della potenza divina Cristo è adorato nel Padre, dal momento che Dio Padre è adorato in Cristo. Allo stesso modo, dunque, per mezzo dell’unità della medesima potenza, è adorato in Dio anche lo Spirito, mentre Dio è adorato nello Spirito […] Quando si dice che Dio è adorato nella verità, per il significato peculiare di quella precisa parola, che viene spesso pronunciata nello stesso senso, si deve intendere che anche il Figlio è adorato. Allo stesso modo è adorato anche lo Spirito, poiché Dio viene adorato nello Spirito. Dunque, il Padre è adorato con il Figlio e con lo Spirito, poiché è adorata la Trinità.
(S.Ambrogio, Lo Spirito Santo 3, 82; 85)
L’illuminazione dello Spirito ci permette di adorare
L’adorazione nello Spirito fa sì che l’attività della nostra mente sia svolta nel la luce, come puoi apprendere dalle parole dette alla Samaritana. Abituata a credere erroneamente, secondo la consuetudine del suo paese, che l’ adorazione si dovesse fare in un luogo, il Signore nostro la disingannò, insegnandole invece che bisogna adorare nello Spirito e nella verità, chiaramente presentando se stesso come la verità. Al modo in cui parliamo di un’adorazione nel Figlio, come nell’immagine di Dio e Padre, così anche parliamo di un’adorazione nello Spirito, come in colui che mostra in se stesso la divinità del Signore. Perciò anche nell’adorazione lo Spirito Santo è inseparabile dal Padre e dal Figlio. Fuori di lui non potresti in alcun modo adorare, se sei in lui invece non potrai separarti da lui, come non riuscirai a separare la luce da ciò che vedi. È impossibile infatti
vedere l’immagine di Dio invisibile, se non nell’illuminazione dello Spirito. Chi fissa gli occhi sull’immagine è incapace di separare la luce dall’immagine: la causa del vedere necessariamente si vede insieme alle cose viste. Così giustamente dunque per l’illuminazione dello Spirito noi vediamo lo splendore della gloria di Dio: attraverso l’impronta noi siamo condotti a colui cui appartengono l’impronta e il sigillo della medesima forma.
(S.Basilio di Cesarea, Lo Spirito Santo 64)
Chi cammina nello Spirito adora nello Spirito
Tra quelli che sostengono di adorare il Creatore, alcuni non sono più nella carne, ma nello Spirito, perché camminano nello Spirito e non soddisfano la brama della carne, altri invece non sono nello Spirito, ma nella ,carne e combattono secondo la carne. Bisogna allora dire che sono veri adoratori quelli che adorano il Padre nello Spirito e non nella carne, nella verità e non in figura, mentre non sono veri adoratori coloro che sono in condizioni diverse.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 109)
Veri adoratori per mezzo di Gesù
Se il Padre cerca, cerca per mezzo del Figlio che è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto (Lc 19, 10), ovvero coloro che egli rende veri adoratori purificandoli e ammaestrandoli con la sua parola e con i veri dogmi […] Poiché, per la vita che chiamiamo “mediana” e comune, noi siamo vivificati appunto dallo Spirito, che stando attorno a noi soffia il cosiddetto alito di vita, in senso corporale, ritengo che da questo sia derivato che lo Spirito sia chiamato Dio che ci conduce verso la vera vita. Lo Spirito, infatti, secondo la Scrittura (cf. 2Cor 3,6), è detto vivificante, ed è chiaro che vivifica non la vita mediana, ma quella più vicina a Dio: la lettera, del resto, uccide e produce morte non nel senso, che separa l’anima dal corpo, ma perché separa l’anima da Dio, dal suo Signore e dallo Spirito Santo.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13,119; 140)
Lo Spirito, sussurro di una brezza leggera, svelato dal Figlio
Nel terzo libro dei Re lo Spirito del Signore, sceso su Elia, suggerisce queste considerazioni riguardo a Dio: Disse: «Domani esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passa come vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non è nel vento (in altri testi troviamo: nel vento del Signore).
Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non è nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non è nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera (1Re 19, 11-12). Forse, si mostra attraverso queste cose in quanti elementi bisognerà trovarsi per avere conoscenza del Signore […] Ma del resto, a chi spettava parlarci di Dio se non al Figlio? Nessuno conosce il Padre se non il Figlio (Mt 11, 27), affinché anche noi, quando il Figlio ce lo svela, conosciamo come Dio sia Spirito e ci adoperiamo per adorarlo nello Spirito che dà la vita e non nella lettera che uccide (cf. 2 Cor 3, 6) e per venerarlo nella verità e non più in figura né nelle ombre e nelle immagini riflesse, proprio come gli angeli non lo servono in immagini o ombre, ma secondo realtà intellegibili e celesti (cf. Eb 8, 5).
(Origene, Commento al Vangelo di san Giovanni 13, 145-146)
(Nel dettato evangelico] troviamo scritto: Dio è spirito [… . A ciò che credeva la Samaritana, ovvero che Dio viene adorato più o meno giustamente in base alle prerogative dei luoghi materiali […], il Signore risponde che chi vuole seguire Dio deve lasciar perdere le preferenze accordate a luoghi corporali e dice: Viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità. Si noti come risulta conseguente il rapporto tra lo spirito e la verità, così da nominare lo spirito in opposizione ai corpi e la verità in opposizione all’ombra o all’immagine. Coloro che adoravano a Gerusalemme, infatti, adoravano Dio ponendosi al servizio dell’ombra e dell’immagine delle realtà celesti (cf. Ef 8, 5), non in spirito e verità, e allo stesso modo coloro che adoravano sul monte Garizìm. Confutata, dunque, per quanto abbiamo potuto, ogni interpretazione che tende a intendere Dio come qualcosa di corporeo, affermiamo secondo verità che Dio è incomprensibile e imperscrutabile.
(Origene, I principi 1, l, 4-5)
Lo Spirito è una sostanza, non un vento
Dal momento che Dio è invisibile, dalla sua invisibilità consegue la sua incorporeità.
Essendo dunque incorporale è invisibile. Se le cose stanno così, ciò che qui è detto “spirito”, non sarà aria passibile di movimento. Infatti, non perché presso gli uomini lo spirito indica il vento, ne consegue che questo si applichi anche a Dio. Come dunque Dio è detto “luce”, dal momento che illumina non la vista ma la mente, ma non è un corpo, bensì luce intellettuale; quando viene chiamato “amore”, non si tratta di una disposizione dell’animo, ma di una sostanza che ama ciò che crea e di cui si occupa. Così Dio, che qui viene chiamato “spirito”, non è vento, ma una sostanza incorporea e vivificante. Chiunque abbia appreso che Dio è spirito, adorandolo in modo spirituale, in spirito e verità, non in modo figurato; adora il Dio di tutte le cose. Dunque, per distinguerlo dalla lettera dice in spirito, mentre per distinguerlo dalla figura dice in verità. Queste cose, infatti, valevano
finché era il loro tempo, ma quando venne la verità, ovvero quando Cristo si manifestò, giunsero alla loro fine.
(Didimo il Cieco, Frammenti su Giovanni 1)
Dio è incorporeo ed è ovunque
Infatti Dio è di natμra incorporea, né è circoscritto da luoghi, ma è dovunque e secondo tale nozione bisogna che sia adorato.
Questi è il vero adoratore, colui che adora in spirito e verità (cf. 4, 16-26) con il dovuto zelo gli tributa onore, e in coscienza limpida crede di poter dovunque parlare con l’Immenso.
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 4, 24)
La libertà con la conoscenza nell’adorazione
La donna, ,quindi, memore delle tradizioni dei padri, pensava che Dio doveva essere adorato o sul monte, come in Samaria, o nel tempio, come in Gerusalemme.
[…] Gli uni e gli altri presumevano di racchiudere Dio – in cui sono tutte le cose e – che non può essere contenuto da alcunché di esterno a lui – o sulla cima di un monte, o all’interno di una costruzione. Visto quindi che Dio è invisibile, incomprensibile e immenso, il Signore dice che è giunto il tempo in cui Dio non si deve adorare né sul monte né nel tempio, perché Dio è Spirito, e lo Spirito non è né circoscritto né limitato, lui che per la potenza della sua natura è ovunque, non è assente da alcun posto e sorpassa in tutto tutte le creature.
Ecco allora i veri adoratori, quelli che lo· adoreranno in spirito e verità. Per coloro che nello spirito adoreranno Dio Spirito, il primo avrà una funzione, il secondo riceverà un onore, perché c’è distinzione tra colui che deve essere adorato e colui nel quale lo si deve adorare. Pertanto, il fatto di aver detto Dio è Spirito, non elimina né il nome né il dono dello Spirito Santo […] E così è stata indicata la natura del dono e di colui al quale si rende l’ onore, quando il Signore ha insegnato che nello spirito occorre adorare Dio Spirito.
Ha mostrato quindi sia la libertà e la conoscenza degli adoratori, sia l’infinitudine di colui che deve essere adorato, dal momento che Dio Spirito viene adorato nello spirito.
(S.Ilario di Poitiers, La Trinità 2, 31)
Se vuoi pregare, hai bisogno di Dio, che dona la preghiera a chi prega (cf. 1 Sam 2, 9). Invocalo, dunque, dicendo: Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno (Mt 6, 9-10), cioè lo Spirito Santo e il tuo Figlio unigenito. Questo, infatti, il suo insegnamento quando ha detto di adorare il Padre in spirito e verità. Chi prega in spirito e verità non onora più il Creatore a partire dalle creature, ma lo canta partendo direttamente da lui stesso. Se sei teologo pregherai veramente, e se preghi veramente sei teologo.
(Evagrio Pontico, La preghiera 58-60)
Prega nel tempio dopo esser divenuto il tempio
E tu pensi davvero di essere più vicino a Dio perché stai su un monte, e che più presto ti potrà esaudire, quasi tu lo invocassi da vicino? Certo, Dio abita in alto; ma guarda le umili creature (Sal 137, 6). Il Signore è vicino; ma a chi? forse a quelli che stanno in alto? No: Il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore contrito (Sal 33, 19). Cosa mirabile! Egli abita in alto, e si avvicina agli umili: riguarda all’umile, e da lontano conosce il superbo. Vede i superbi da lontano, e tanto meno si avvicina a loro quanto più essi si ritengono alti.
E tu cercavi un monte? Discendi, se vuoi raggiungere Dio. Ma se vuoi ascendere, ascendi; solo non cercare un monte. C’è un salmo che parla di ascensioni nel cuore; nella valle del pianto (cf. Sal 83, ·6-7). La valle è in basso. Cerca di raccoglierti dentro di te. E se vuoi trovare un luogo alto, un luogo santo, offriti a Dio come tempio nel tuo intimo. Santo, infatti è il tempio di Dio, che siete voi (1 Cor 3, 17). Vuoi pregare nel tempio? Prega dentro di te; ma cerca prima di essere tempio di Dio, affinché egli possa esaudire chi prega nel suo tempio.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 15,25)
Il Messia
Anche i Samaritani aspettavano Cristo. Come mai i Samaritani aspettavano la venuta di Cristo, dal momento che accoglievano solo gli scritti di Mosè? Senz’altro sulla base di quegli stessi libri […] Giacobbe aveva profetizzato: Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gen 49,10). E lo stesso Mosè dice: Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i suoi fratelli: un profeta pari a me (Dt 18, 25).
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 33 ,2)
Il Messia è lì con lei
Adesso i Giudei si battono ancora per il tempio e noi per il monte; quando il Messia verrà, ripudierà il monte e distruggerà il tempio, e c’insegnerà davvero ad adorare in spirito e verità. Ella sapeva dunque chi poteva ammaestrarla, ma ancora non si rendeva conto che il maestro era già li con lei. Però, ormai era degna che egli le si rivelasse. Messia vuol dire unto; unto in greco è Cristo, e in ebraico Messia; e nella lingua punica, “Messe” significa “ungi”.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 15,27)
La graduale rivelazione di Gesù
Se tu sei re, perché mi domandi dell’acqua? Egli le si rivela progressivamente, prima come giudeo, poi come profeta, poi come il Cristo. Egli la conduce di passo in passo fino al gradino più elevato. Ella vede da principio uno che ha sete, poi un Giudeo, poi un profeta e infine Dio. Ella ha persuaso colui che aveva sete, ha provato avversione per il Giudeo, ha interrogato il saggio, è stata corretta dal profeta e infine ha adorato il Cristo.
(S.Efrem il Siro, Commento al Diatessaron 12, 18)
Il comportamento di Gesù con la donna
Impariamo allora che egli è mite e umile di cuore (Mt 11, 29), non disdegnando di parlare di simili argomenti con una portatrice d’acqua, che esce dalla città spinta da una grande povertà e si affatica per portare l’acqua. I discepoli, giunti, si meravigliano, dal momento che avevano già contemplato la grandezza della sua divinità, e si stupiscono che uno così grande parli in quel modo con una donna. Ma noi, condotti da arroganza e superbia, disprezziamo quelli più semplici dimenticando che è detto per ogni uomo: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gen 1, 26).
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 166-167)
L’uguaglianza di uomo e donna nel Vangelo
Egli dimostra con ciò che, essendo uno solo il Creatore, dà la sua vita, per mezzo della fede, non solo agli uomini, ma anche alle donne, attirandole alla fede.
E prenda, come esempio, questo fatto chiunque insegna nella Chiesa, e non si rifiuti di giovare alle donne. Non dobbiamo tener dietro ai propri voleri, ma all’utilità del messaggio.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 5)
Prima di predicare, lascia là tua anfora
Dopo aver udito: Sono io, io che ti parlo e dopo aver accolto nel cuore Cristo Signore, che altro avrebbe potuto fare se non abbandonare l’anfora e correre ad annunziare la buona novella? Gettò via la cupidigia e corse ad annunziare la verità. Imparino quanti vogliono annunciare il Vangelo: gettino la loro idria nel pozzo. Ricordate quello che vi ho detto prima a proposito dell’idria? Era un recipiente per attingere l’acqua; in greco si chiama hydria perché in greco acqua si dice hydor come se noi dicessimo: acquaio.
La donna, dunque gettò via l’idria che ormai non le serviva più, anzi era diventata un peso: era avida ormai di dissetarsi solo di quell’acqua. Liberatasi del peso ingombrante, per annunziare il Cristo andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto!».
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 15,30)
La Samaritana come un apostolo
Egli si serve di questa donna come un apostolo, egli l’aveva accesa con le sue parole a tal punto che, lasciata l’anfora, la donna corse in città per annunciare agli uomini: Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?, e poi: Uscirono dalla città e andavano da lui […] Penso che non invano l’evangelista abbia scritto dell’abbandono dell’anfora, lasciata la quale la donna andò in città.
Letteralmente sottolinea la grande fretta della Samaritana nell’atto di lasciare l’anfora, non preoccupandosi tanto del suo compito corporale e meschino quanto piuttosto dell’utilità di molti. Si muove, infatti, spinta da un grandissimo senso di umanità nel desiderio di annunciare il Cristo ai suoi concittadini, attraverso la testimonianza che lui le ha detto tutto quello e lei ha fatto. Li invita poi a vedere l’uomo che ha una parola superiore a quella di ogni altro: ciò che infatti di lui era visibile con gli occhi era un uomo. Bisogna allora che anche noi, dimenticati e accantonati i bisogni corporali, ci affrettiamo a condividere con gli altri la grazia di cui siamo stati resi partecipi: a questo, infatti, ci esorta l’evangelista tramite l’elogio della donna per coloro che lo sanno leggere.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 169; 173-174)
Che sia lui il Cristo?
Come gli apostoli lasciarono le loro reti quando furono chiamati, così lei lascia la sua anfora per svolgere il compito di un evangelista, non per chiamare una o due persone, come fecero Andrea e Filippo, ma per chiamare una città intera.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 34, 1)
Gustare la fonte per credere
Non si vergognò di dire: Mi ha detto tutto quello che ho fatto, anche se avrebbe potuto dire: «Venite a vedere un profeta»: quando l’ anima è stata accesa dal fuoco divino, non vede più nulla di terreno, non la fama, non l’infamia, è mossa solo dall’ardore della fiamma […] Ella voleva indurli a credere non in base alle sue parole, ma che, ascoltato lui, condividessero con lei il suo parere […] Non disse: «Venite e credete», ma Venite a vedere, molto più semplicemente. Sapeva infatti che, se si fossero dissetati a quella fonte, sarebbe accaduto a loro ciò che aveva sperimentato lei.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 34, 1)
Giovanni non ha scritto che i Samaritani gli chiedevano di entrare in Samaria o di entrare in città, ma di rimanere da loro […] . Nel seguito poi non dice «rimase in quella città due giorni», oppure «rimase in Samaria», bensi rimase là, cioè presso coloro che glielo chiedevano. Gesù, infatti, rimane presso coloro che lo pregano, soprattutto quando chi lo prega esce dalla propria città e si reca da Gesù, in qualche modo sull’esempio di Abramo, che obbedì a Dio che gli diceva: Vattene dalla tua terra dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre ( Gen 12, 1).
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 345-346)
Molti di più credettero per la parola di Gesù
Cosa disse Gesù ai Samaritani? Essi non confessarono che egli era un cristo tra tanti, che egli era veramente il Salvatore. Ebbene, chi videro essi a essere salvato? Udirono solo le sue parole, e dissero ciò che avrebbero detto se avessero visto anche molti e grandi miracoli. E per quale motivo gli evangelisti non ci riferiscono queste parole e ciò che fu detto ai Samaritani di così ammirevole? Affinché tu comprenda che essi tralasciano molti eventi importanti, e tuttavia dal loro compimento hanno mostrato tutto. Persuase infatti tutto il popolo e l’intera città con le sue parole. Dove invece non credono, allora sono obbligati a riportare le sue parole, affinché a causa dell’indifferenza degli ascoltatori non si sia portati a biasimare il predicatore. ·
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 35,1)
Essi rifiutano la fede ottenuta tramite la parola della donna, riconoscendo che è meglio aver ascoltato il Salvatore in persona piuttosto che lei; cosicché essi poterono anche apprendere che questi è veramente Il salvatore del mondo […] Non c’è nulla di strano, allora, nel sentir dire che alcuni camminano nella fede e non nella visione, mentre altri camminano nella visione, che è più grande rispetto alla fede.
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 13, 352; 362)
Alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo»: i discepoli hanno superato il maestro […] Vedi come hanno capito in fretta che egli stava per attirare a sé il mondo e che era venuto per la comune salvezza e che non avrebbe circoscritto la sua provvidenza solo ai Giudei, ma che seminava il suo verbo dappertutto? […] Dicendo che egli è il Salvatore del mondo, intendevano che il mondo è perduto. Molti, infatti, erano venuti a salvarlo, profeti e angeli, ma solo lui era il vero salvatore, colui che porta la vera salvezza, non solo una temporanea […] Avendo poi sentito che la donna diceva dubitando: Che sia lui il Cristo?, non dicono anche loro: «Noi dubitiamo», ma: «Noi crediamo».
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 35, 1)