Il digiuno e la preghiera
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sono l’espressione «incarnata» del riconoscimento della nostra dipendenza da Dio, della fiducia esclusiva che in Lui riponiamo, nonché l’affermazione della nostra libertà nei confronti del “mondo” e dei potenti che pretendono di imporsi con la forza bruta.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura (Gn 12,1-4a)
La vocazione di Abramo, e la sua obbedienza alla voce divina, che lo chiama da tutte le certezze presenti verso un futuro grande, ma incerto e paradossale, è l’inizio della storia della salvezza. Perciò noi cristiani, destinatari di questa salvezza, siamo come Abramo «pellegrini dell’Assoluto», chiamati dal certo all’incerto, dal presente al futuro, a peregrinare nel deserto, dove tutto è instabile e imprevisto, verso una patria che non trova collocazione geografica su questa terra, verso una meta che è al di là della storia.
Dal libro della Gènesi (Gn 12,1-4a)
In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette
Tutte le famiglie della terra».
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
Salmo Responsoriale Dal Sal 32 (33)
R. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.
Retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra. R.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.
Seconda Lettura (2 Tm 1,8b-10)
Se si vuole essere discepoli e annunciare il Vangelo, bisogna prendere la propria parte di sofferenze unite alla chiamata e illuminazione di Dio per tutti i popoli affinché possa «risplendere» in noi la Sua «vita e l’immortalità».
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (2 Tm 1,8b-10)
Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.
VANGELO
Ogni volta che Gesù ha annunciato la sua passione e morte, ha aggiunto sempre: «ma dopo tre giorni risusciterò (Mt 16,21; 17,23; 20,19). Incoraggia così gli apostoli a spingere il loro sguardo oltre la sua morte e ai tre prediletti che assisteranno alla sua agonia nell’orto, si fa vedere trasfigurato, nei fulgori di un’anticipata risurrezione. Egli non vuole che si guardi al dolore in sé, ma come via per giungere alla gloria: «Il suo volto brillò come il sole».
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA
Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio (Eb 3,14).
Il motivo principale per cui nella legge antica le richieste rivolte a Dio erano permesse ed era opportuno che i profeti e i sacerdoti domandassero rivelazioni e visioni divine, sta nel fatto che la fede non era ancora ben fondata e la legge evangelica non era stata ancora promulgata. Era quindi necessario che interrogassero Dio e che Dio rispondesse loro per mezzo di parole, visioni e rivelazioni, o per mezzo di figure o di immagini, o infine si manifestasse in molti altri modi. Tutte le risposte di Dio, le sue parole, le sue opere e le sue rivelazioni erano misteri della nostra fede, la riguardavano o la preparavano. Ora, le verità di fede non vengono dall’uomo, ma dalla stessa bocca di Dio che le rivela personalmente; era quindi necessario che, come ho detto, interrogassero la stessa bocca di Dio. Per questo motivo Dio rimproverava i figli d’Israele quando non lo consultavano per avere il suo consiglio, e ciò affinché orientassero le loro azioni e gli avvenimenti della vita verso la fede che ancora non conoscevano, perché non ancora donata. Ma ora che la fede è fondata in Cristo e la legge evangelica è promulgata in quest’era di grazia, non c’è più motivo d’interrogare Dio come prima, perché parli o risponda come faceva allora. Avendoci, infatti, donato suo Figlio, che è l’unica sua Parola, egli non ha altra parola da darci. Ci ha detto tutto in una volta e una volta per sempre in questa sola Parola, e non ha altro da aggiungere.
Questo è il significato di quel testo, in cui san Paolo cerca d’indurre gli ebrei ad abbandonare le antiche pratiche e i modi di comportarsi con Dio consentiti dalla legge di Mosè, per fissare gli occhi solo su Cristo: Multifariam multisque modis olim Deus loquens patribus in prophetis: novissime autem diebus istis locutus est nobis in Filio: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1-2). L’autore di questo testo vuol far capire che Dio ora tace: non ha altro da dire, perché ciò che aveva detto in parte mediante i profeti, l’ha ora rivelato completamente nel suo Figlio, e ci ha donato così il Tutto, che è suo Figlio.
Pertanto, chi ora volesse interrogare Dio o chiedergli qualche visione o rivelazione, non solo farebbe una sciocchezza, ma anche offenderebbe Dio, perché non fisserebbe gli occhi unicamente su Cristo senza cercare altre cose o novità. Dio potrebbe rispondergli così: Se ti ho già detto tutto nella mia Parola, che è mio Figlio, non ho altro da aggiungere. Cosa ti potrei rispondere o rivelare di più? Fissa il tuo sguardo unicamente su di lui, perché in lui ti ho detto e rivelato tutto e troverai in lui anche più di ciò che chiedi e desideri. Tu domandi locuzioni e rivelazioni particolari, mentre, se tu fissi gli occhi su di lui, vi troverai l’intera rivelazione, perché egli è tutta la mia parola, tutta la mia risposta, tutta la mia visione e tutta la mia rivelazione. Ora, io ti ho già parlato, risposto, manifestato, rivelato, quando te l’ho donato come fratello, compagno, maestro, caparra e premio. Il giorno in cui, sul monte Tabor, scesi su di lui con il mio Spirito, ho detto: Hic est filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui, ipsum audite: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo (Mt 17,5). D’allora in poi ho interrotto ogni forma d’insegnamento e di risposta, rimettendo tutto nelle sue mani. Ascoltate lui, perché non ho altra verità di fede da rivelare né altre cose da manifestare. Se in passato parlavo, lo facevo per promettere la venuta di Cristo; e se mi interrogavano, rispondevo per orientare alla venuta e alla speranza di Cristo, nel quale avrebbero trovato ogni bene, come risulta chiaramente da tutta la dottrina degli evangelisti e degli apostoli. Ma se uno mi interrogasse adesso come allora e mi chiedesse qualche visione o rivelazione, sarebbe come se mi chiedesse un’altra volta il Cristo o più fede di quanta ne abbia già offerta in Cristo. In questo modo offenderebbe profondamente il mio amato Figlio, perché non solo mancherebbe di fede in lui, ma lo obbligherebbe anche a incarnarsi di nuovo, a ricominciare la sua vita e a morire di nuovo. Non desidererai, quindi, né chiederai rivelazioni o visioni da parte mia.
Guarda bene a lui e saprai che in lui ho fatto e detto molto più di quanto mi domandi.
Se vuoi che ti risponda con qualche parola di consolazione, guarda mio Figlio, a me obbediente e per amor mio sottomesso e sofferente, e avrai molte risposte. Se vuoi che ti spieghi qualche fatto o avvenimento misterioso, non hai che da guardare a lui e scoprirai i misteri nascosti, i tesori della sapienza e le meraviglie di Dio in lui racchiuse, come dice l’apostolo Paolo: In quo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae Dei asconditi: Nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3). Questi tesori di sapienza saranno per te molto più profondi, dilettevoli e utili di tutte le cose che vorresti sapere. Di queste si gloriava lo stesso Apostolo quando diceva: Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso (1Cor 2,2). Se tu volessi ancora altre visioni e rivelazioni divine o umane, contemplalo nella sua umanità e vi troverai più di quanto pensi, come afferma sempre l’apostolo Paolo: In ipso habitat omnis plenitudo divinitatis corporaliter: È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9).
Non è più opportuno, dunque, interrogare Dio come un tempo, tanto meno è necessario che egli parli ancora, poiché, avendo finito di rivelarci tutta la fede in Cristo, non ha altra verità di fede da rivelare, né ve ne sarà più. Chi volesse ancora ricevere per via soprannaturale alcune comunicazioni, con ciò accuserebbe Dio di non aver dato nel suo Figlio tutto ciò che ci era necessario. Ammesso che una persona agisca così per fede e creda negli insegnamenti che questa ci trasmette, allora manifesterebbe curiosità e fede imperfetta. Non ci si può, dunque, aspettare a motivo di tale curiosità dottrina alcuna né una qualsiasi comunicazione per via soprannaturale. Nel momento in cui Cristo, spirando sulla croce, ha esclamato: Consummatum est: Tutto è compiuto! (Gv 19,30), non solo sono finite tutte queste comunicazioni soprannaturali, ma altresì tutte le cerimonie e i riti dell’antica legge. Ora, perciò, deve guidarci in tutto la legge di Cristo uomo, della sua Chiesa e dei suoi ministri, che ci parlano in maniera umana e visibile. Solo in questo modo troveremo un rimedio alla nostra ignoranza e debolezza spirituale; per questa via troveremo abbondante medicina per tutti i nostri bisogni. Cercando altrove, manifesteremmo non solo curiosità, ma anche impudenza. Non si deve credere a nulla di ciò che ci viene per via soprannaturale, ma solo all’insegnamento di Cristo uomo e, ripeto, a quello dei suoi ministri, uomini anch’essi. Tant’è vero che san Paolo si esprime in questi termini: Quod si angelus de caelo evangelizaverit, praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit: Se anche un angelo dal cielo predicasse un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! (Gal 1,8).
È quanto mai vero, dunque, che dobbiamo attenerci a ciò che Cristo ci ha insegnato. Tutto il resto è nulla, perciò non dobbiamo crederlo se non è conforme al suo insegnamento.
(S.Giovanni della Croce, Salita al monte Carmelo, II, 22, 3-8)
Dopo sei giorni
Anche in un fatto come questo ci sono un disegno, un numero, un esempio, cui fare attenzione. Sei giorni dopo il Signore si manifesta nel suo aspetto glorioso: questo prefigura la gloria del regno dei cieli, dopo che sarà trascorso un periodo di seimila anni. Il fatto che prese tre apostoli indica la futura elezione del popolo all’interno delle tre stirpi di Sem, Cam e Iafet.
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 17, 2)
La conta dei giorni
Cerchiamo di capire perché dopo sei giorni li prende con sé e li conduce in disparte sulla vetta del monte, mentre l’evangelista Luca afferma che li prese con sé nell’ottavo giorno. Facile è la risposta: Matteo si riferisce ai giorni che intercorrono tra il rimprovero di Pietro e la trasfigurazione, mentre Luca aggiunge ai sei anche questi due giorni. Luca non dice infatti che questo avvenne dopo otto giorni, ma «nell’ottavo giorno».
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 1)
Perché solo tre discepoli?
Perché prende con sé solo questi? Perché questi erano superiori agli altri.
Pietro manifestava la sua eccellenza per il fatto che lo amava molto; Giovanni, per il fatto che era molto amato, e Giacomo per la sua risposta, insieme al fratello, quando disse: Possiamo bere il calice, e non solo per la risposta, ma anche per le opere e, fra l’altro, per quelle con cui adempì ciò che aveva detto. Era così impetuoso e molesto per i giudei che Erode pensò che avrebbe fatto un grandissimo dono ai giudei, se lo avesse eliminato. Perché non li conduce subito sul monte? Perché gli altri discepoli non provassero qualche umana debolezza. ·
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 56, 1)
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Il Sole di giustizia
Ti chiederai se egli, allorché fu trasfigurato davanti a coloro che aveva condotto su un alto monte, si fece vedere da loro nella condizione di Dio, in cui era prima, avendo assunto per quelli di quaggiù la condizione di servo, e per quelli invece che lo avevano seguito sei giorni dopo, non più in questa condizione, bensì in quella divina. Intendi però (se ne sei capace) queste parole in senso spirituale; nello stesso tempo fa’ bene attenzione: non è detto semplicemente fu trasfigurato, ma c’è un’aggiunta essenziale, riferita da Matteo e Marco: per entrambi fu trasfigurato davanti a loro. Ne concluderai, appunto, essere possibile che Gesù nello stesso momento davanti ad alcuni realizzasse
questa trasfigurazione, davanti ad altri no. Ma se vuoi vedere la trasfigurazione avvenuta davanti a coloro che erano saliti sull’alto monte, in disparte e in disparte e in sua compagnia, mi devi guardare quel Gesù che dai Vangeli è compreso in maniera certo più semplice e, per così dire, conosciuto secondo la carne da parte di coloro che non si elevano, con opere e con parole superiori, sull’alto monte della sapienza, ma conosciuto non più secondo la carne, bensì proclamato Dio in tutti i Vangeli e contemplato nella condizione divina secondo la loro conoscenza. È davanti a costoro che Gesù è trasfigurato, davanti a nessun altro di quaggiù. E quando sarà trasfigurato, anche il suo volto brillerà come il sole, perché si manifesti ai figli della luce che hanno deposto le opere delle tenebre, si sono rivestiti delle armi delta luce, non più figli delle tenebre e della notte, ma divenuti figli del giorno, camminando onestamente come di giorno. Una volta manifestato, Gesù non brillerà semplicemente come sole, ma dimostrerà loro di essere il Sole di giustizia.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 37)
Le sue vesti divennero candide come luce
Chiaramente dimostra che il Signore si è trasfigurato in quella gloria nella quale verrà in futuro nel suo regno. La trasfigurazione non fa sparire il suo viso; ma a esso aggiunge lo splendore. Ammettiamo per ipotesi che si sia trattato di un corpo spirituale; anche le sue vesti allora si sarebbero mutate, le quali erano così candide, che un altro evangelista precisa: quali non riuscirebbe a farle un lavandaio sulla terra? Ma ciò che un lavandaio sulla terra può fare è corporeo e può essere toccato, non è spirituale e immateriale, come ciò che sfugge agli occhi e si può vedere solo in un fantasma.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 2)
Il suo volto brillò come il sole
Sì, proprio Gesù in persona, proprio lui divenne splendente come il sole, per indicare così simbolicamente di essere lui la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Ciò che è· per gli occhi del corpo il sole che vediamo, lo è lui per gli occhi del cuore; ciò che è il sole per i corpi, lo è lui per i cuori. I suoi vestiti sono la sua Chiesa. Se i vestiti non fossero tenuti ben stretti da colui che l’indossa, cadrebbero. Di questi vestiti un orlo per così dire estremo -, era Paolo. Lo dice lui stesso: Io infatti sono il più piccolo degli’ Apostoli; e in un altro passo: Io sono l’ultimo degli Apostoli. Orbene, in un vestito l’orlo è la parte estrema e più piccola.
Ecco perché quella donna che soffriva di perdite di sangue guarì toccando l’orlo del mantello del Signore; così la Chiesa proveniente dai pagani fu salvata dalla predicazione di Paolo. ·
(S.Agostino, Discorsi 78,2)
Lo stesso evangelista ha rivelato il quinto motivo, perché è questo il quinto oltre a quelli già indicati. Qual era? Mostrare la gloria della croce, confortare Pietro e quelli che avevano paura della passione e risollevare il loro animo. Difatti, arrivati là, non tacevano, ma parlavano della gloria che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme, vale a dire la passione e la croce, perché la chiamano sempre così.. Li incoraggiava non solo in questo modo, ma anche con la stessa virtù di quei personaggi, che soprattutto richiedeva a loro. Poiché aveva detto: Se qualcuno vuole venire dietro a me) prenda la sua croce e mi segua, presenta coloro che avevano affrontato innumerevoli volte la morte per ciò che piaceva a Dio e per il popolo a loro affidato. Difatti ciascuno di questi, perdendo la propria vita, la trovò. Ciascuno parlò con franchezza davanti ai tiranni, l’uno all’egiziano, l’altro ad Acab, e in favore di gente ingrata e indocile, e furono spinti ai pericoli più gravi da quegli stessi che avevano salvato. Ciascuno di essi voleva liberare dall’idolatria, ciascuno era un privato cittadino; l’uno era lento a parlare e dalla voce debole, l’altro era alquanto rustico. Entrambi si conformavano ad uno stile di grande povertà; Mosè non possedeva nulla e Elia non aveva niente se non il mantello. E questo avveniva nell’ Antico Testamento, senza aver ricevuto una così grande grazia di miracoli.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 56, 2)
Agli scribi e ai farisei, che gli avevano chiesto un segno del cielo, non lo volle concedere; al contrario, neutralizzò la loro insistenza con una sapiente risposta. Qui, invece, per accrescere la fede degli apostoli, compie un prodigio dal cielo, facendo discendere Elia dal cielo dov’era salito e facendo risorgere Mosè dall’inferno (per bocca d’Isaia sappiamo che anche Acaz fu invitato a chiedere un prodigio dal cielo o dall’inferno).
Qui sta scritto: Ecco apparire Mosè ed Elia, che parlavano con lui; in un altro Vangelo si legge che essi gli annunziavano quanto doveva subire a Gerusalemme: sono apparsi dunque la Legge e i Profeti, per annunziare, con voce insistente, la passione e la risurrezione del Signore.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 3)
Farò qui tre tende
Sbagli, Pietro, come attesta anche un altro evangelista. Non sai quello che, dici.
Non cercare tre tende, quando una sola è la tenda del Vangelo, nella quale dovranno essere ricapitolati la Legge e i Profeti.
Se pensi a tre tende, in nessun modo riunifichi i servi attorno al Signore. Fa’ pure tre tende; anzi, fanne una sola per il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, affinché, come una è la loro divinità, una sola sia la tenda nel tuo cuore.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 4)
Pietro non sapeva ciò che stava dicendo, poiché prima della passione, della risurrezione e della vittoria del Salvatore sulla morte e la corruzione, sarebbe stato impossibile per Pietro essere con Cristo ·ed essere ammesso alla tende, che sono in paradiso. Queste cose sarebbero avvenute solo dopo la risurrezione del Salvatore e la sua ascesa al cielo.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 200)
Eccitato da queste rivelazioni di realtà segrete, l’apostolo Pietro, rifiutando il mondo e disprezzando le cose terrene, fu preso da una passione eccessiva per le cose eterne. Riempito dalla gioia dell’intera visione desiderava vivere là con Gesù, dove poteva bearsi della gloria manifesta di Cristo. Allora Pietro disse: Signore, è bello per noi restare qui se vuoi farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Ma il Signore non diede risposta al suo suggerimento, poiché esso non era cattivo, ma solo inappropriato, visto che il mondo poteva essere salvato solo dalla morte di Cristo.
(S.Leone Magno, Sermoni 3 8, 5)
Io penso che Dio distolga Pietro dal fare tre tende sotto le quali, secondo la sua intenzione, avrebbero dovuto trovare dimora, e gli indichi una tenda migliore, diciamo così, e di gran lunga superiore: la nube. Se, infatti, funzione della tenda è quella di fare ombra e coprire colui che vi
abita, la nube luminosa li coprì con la sua ombra: come dire che Dio aveva costruito per loro una tenda più divina e insieme più luminosa come figura del riposo futuro.
Una nube luminosa, infatti, avvolge con la sua ombra i giusti che vi trovano riparo e, in contempo, li illumina e li fa risplendere. E quale potrebbe essere quella nube luminosa che con la sua ombra
avvolge i giusti, se non la potenza paterna?
Di lì proviene la voce del Padre, che dà testimonianza al Figlio, dichiarandolo diletto e oggetto del suo compiacimento, e esorta coloro che sono sotto la sua ombra ad ascoltare lui, e nessun altro.
E lui, come ha fatto altre volte e come fa sempre, parla per. mezzo di coloro che vuole. Questa nube luminosa può darsi che sia anche lo Spirito Santo: i giusti li copre nella sua ombra e parla in profezie, perché è Dio che agisce in questa nube e dice: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Oserei dire che tale nube luminosa è anche il nostro Salvatore.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 42)
Questi è il Figlio mio prediletto
Poiché ha rivolto a Gesù una domanda poco saggia, e quindi non merita risposta dal Signore, è il Padre che risponde al posto del Figlio, onde si adempiano le parole del Signore, che aveva detto: Non sono io a rendere testimonianza a me stesso, ma è il Padre che mi ha mandato, che ha reso testimonianza per me. Appare una nube luminosa e li avvolge; perciò coloro che cercavano una tenda fatta di terrene fronde o di tela, vengono coperti dall’ombra di una nube splendente.
E si sente anche la voce del Padre che parla dal cielo, voce che rende testimonianza al Figlio. Pietro vinto l’errore, apprende la verità; anzi, per mezzo di Pietro l’apprendono anche tutti gli altri apostoli. Questo, dice, è il mio Figlio diletto: a questo Figlio si deve edificare una tenda, a lui si deve obbedire. Questi è il Figlio; gli altri sono servi: Mosè ed Elia debbono anch’essi preparare, insieme con voi, un ricettacolo al loro Signore nel segreto dei loro cuori.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 5)
Dalla promessa al suo compimento. Il Padre sta evidentemente rivelando il Figlio, quando la voce squillante dal cielo risuona così alta. Con essa egli rivela a tutti la testimonianza celeste. Non dobbiamo pensare, però, che la voce di Dio sia udibile. Né si può percepire materialmente un essere incorporeo. Come nessuno ha mai visto Dio (cf. Gv 1, 18), così nessuno ha mai udito Dio. La parola.”ascoltatelo” ha il potere di fare una necessaria distinzione. Infatti (il Padre) dice di ascoltare Gesù piuttosto che Mosè o il profeta, che erano stati introdotti, perché è ora il momento di andare avanti e di avanzare dall’introduzione al compimento, dalla prefigurazione alla vera realtà.
(Apollinare di Laodicea, Frammento 85)
Una voce dalla riube disse: Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo. Mi sono manifestato attraverso la sua predicazione. Mi sono glorificato nella sua umiltà. Ascoltatelo, dunque, senza esitazione. Egli è la verità e la vita ( cf. Gv 14, 6). Egli è la mia forza e la mia sapienza. Ascoltate colui che i misteri della Legge hanno prefigurato, di cui le bocche dei profeti hanno cantato. Ascoltate colui che con il suo sangue ha redento il mondo, che lega il diavolo (cf. Ap 20, 2) e sequestra i suoi arredi, che infrange il debito del peccato e la “schiavitù dell’iniquità. Ascoltate colui che apre la via al cielo e con il dolore della croce prepara per voi i gradini dell’ascesa al suo regno.
(S.Leone Magno, Sermoni 38, 7)
Pieni di timore. Perché, udito ciò, rimasero sbigottiti? Eppure, anche in precedenza si era levata una voce simile al Giordano ed era presente una folla di persone, ma a nessuno capitò nulla di questo genere. E ancora successivamente, quando dicevano che era stato un tuono; ma nemmeno allora provarono niente di simile. Perché dunque sul monte caddero a terra? Perché era un luogo deserto, elevato, c’era una grande quiete, una trasfigurazione che dava i brividi, una luce pura, una nube estesa; tutto ciò li gettò in una grande agitazione.
Lo sbigottimento proveniva da ogni parte, e caddero a terra impauriti e al tempo stesso adoranti.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 56, 4)
Caddero con la faccia a terra. In preda a grande timore i discepoli caddero con la faccia a terra, e il Salvatore li fece rialzare. Questo mostra che se Gesù non si fosse incarnato e non fosse diventato il Mediatore fra Dio e l”umanità, e non avesse rinforzato la debole natura di questa, gli uomini non avrebbero sopportato di udire la voce di Dio.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 199)
Per una triplice causa sono presi dallo spavento: in primo luogo, perché si sono accorti di avere sbagliato; poi, perché una nube luminosa li ha ricoperti; e infine, perché hanno udito la voce di Dio Padre. La fragilità umana non può reggere infatti di fronte alla vista della gloria divina e – mentre tutto l’animo e il corpo sono scossi dal tremito -, s’annienta a terra.
Quanto più grandi sono le cose che uno chiede, tanto più in basso egli scende, se ignora la sua misura umana.
Ma Gesù s’avvicinò e, toccandoli … Poiché essi giacevano a terra e non erano capaci di risollevarsi, con clemenza s’ accosta a loro e li tocca, affinché il suo tocco metta in fuga lo spavento e rinvigorisca le membra affrante. Egli disse: Alzatevi: non temete! Dopo averli guariti con la mano, li risana con il suo comando. Non temete!, dice. Prima bisogna scacciare il timore per poter poi donare l’insegnamento.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 6-7)
Sollevando gli occhi videro solo Gesù. Considera se puoi dire, in merito, che i discepoli compresero che il Figlio di Dio, trattenutosi con Mosè, era lo stesso che aveva detto: Nessuno vedrà il mio volto e vivrà, e accolsero la testimonianza di Dio sul suo conto, ma siccome non sopportavano i raggi del Verbo, furono umiliati sotto la potente mano di Dio. E dopo che il Verbo li ebbe toccati, levati i loro occhi, videro solo Gesù e nessun altro: Mosè, la Legge, ed Elia, il profeta, sono infatti diventati una cosa sola con Gesù, con il Vangelo! Non sono più nella condizione di prima, quando erano tre, ma i tre sono diventati una sola cosa.. Queste cose le devi intendere a livello di realtà mistica.
(Origene, Commento al Vangelo di Matteo 12, 43)
Non parlate a nessuno di questa visione finché il Figlio dell’uomo non sarà risorto.
Infatti quanto più sublimi erano le cose che si dicevano di lui, tanto più erano difficili da accettare allora da parte della gente, e quindi aumentava maggiormente lo scandalo che derivava dalla croce. Perciò ordina di tacere, e non senza motivo, ma ricorda ancora la passione, quasi indicando anche il motivo per cui aveva ordinato di tacere. Non ordinò di non dirlo a nessuno per sempre, ma finché non fosse risorto dai morti. Tacendo l’aspetto spiacevole, manifesta soltanto quello positivo.
Ebbene, dopo non si sarebbero scandalizzati? Per niente affatto, perché il problema era il periodo di tempo anteriore alla croce. Dopo infatti furono ritenuti degni dello Spirito, avevano la voce, che proveniva dai miracoli, che parlava in loro difesa e tutto quanto dicevano era accettabile, perché erano i fatti a proclamare la sua potenza in modo più chiaro di una tromba e nessuno scandalo di quel genere era di impedimento alla loro azione.
(S.Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 56, 4)
Non parlatene a nessuno. Sul monte si era manifestata la prefigurazione del futuro regno e la gloria del trionfatore. Gesù non vuole che tutto questo venga annunziato al popolo, perché ciò che è accaduto non sia considerato incredibile per la sua stessa grandezza, e la croce, venendo subito dopo la rivelazione di una sì grande gloria, non sia di scandalo agli animi semplici.
(S.Girolamo, Commento su Matteo 3, 17, 9)