Dio ha dato all’uomo la libertà.
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Gli ha però mostrato la via della felicità che è nell’aderire a lui. Ma l’uomo vuole emanciparsi e si allontana da Dio. Ed ecco che il potere, la ricchezza, il piacere, lo possono avvolgere, quando ricercati per sé-stessi, nelle loro false luci fino a renderlo schiavo delle sue passioni. Allora nel cuore non resta che il rimpianto di una libertà perduta. Lontano da Dio l’uomo infatti perde la sua vera fisionomia che è la somiglianza con Dio, perde la libertà di figlio di Dio e con sé può trascinare in rovina tutta la società e di conseguenza il mondo.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura (Gn 2,7-9; 3,1-7)
Fatto di terra, l’uomo ha in sé un soffio divino: l’anima. Attraverso questa Dio vuol far dell’uomo qualcosa di grande. Intanto gli affida il lavoro della terra per formare la personalità; gli dona autorità sugli altri esseri creati; lo associa alla sua opera creativa donandogli una donna, sua controparte che completa anche il suo essere. Ma vi è in progetto un’immensa esaltazione. Se l’uomo saprà ubbidire, camminerà verso l’unione con Dio e verso quindi la sua stessa deificazione. Qui entra il tentatore che indica una falsa via di esaltazione. Se l’uomo si impadronirà degli attributi di Dio e conoscerà il bene e il male, diventerà simile a Dio. All’amore si sostituisce l’orgoglio e l’uomo, abbandonato da Dio, si ritrova in un tragico isolamento.
Dal libro della Gènesi (Gn 2,7-9; 3,1-7)
Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Salmo Responsoriale Dal Sal 50 (51)
R. Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. R.
Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R.
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. R.
Seconda Lettura (Rm 5,12-19)
Decadendo dal suo stato di giustizia, Adamo ha rovinato tutta la sua discendenza. Occorre un Salvatore che restituisca all’uomo il favore di Dio. La disobbedienza di Adamo sarà riparata dall’obbedienza sovrabbondante del Cristo che giungerà fino alla morte di croce. «Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia». Basta innestarsi nel Cristo perché la grazia si riversi in abbondanza sugli uomini e li renda di nuovo giusti di fronte a Dio perché «Vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante» (cf. Lc 6,38).
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,12-19)
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
VANGELO

Il deserto, nella bibbia è il luogo dove Dio parla, letteralmente midbar, in ebraico, luogo che parla. Il Signore per mezzo del profeta Osea, disse: “Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16). (Deserto di Giuda).
Nelle tentazioni di Gesù nel deserto si delinea il carattere vero della missione del Figlio di Dio, che il tentatore cerca di falsificare come già con i nostri progenitori (cf. Gn 3,5) e con Israele nel deserto (cf. Es 16,4; 17, 1-7; 22, 20-23).Satana confonde gli interessi di Dio con il profitto personale, cerca di dare all’azione un carattere spettacolare, unisce religione e potere temporale. Gesù, fondandosi sulla Sacra Scrittura (Dt 8,3; 6,16; 6,13), confonde il tentatore. Egli vivrà solo per gli interessi del Padre: compiere la Sua volontà e opera. Edificherà un Regno che non è di questo mondo, e con la sua grazia anche noi trionferemo se, rifiutando ogni compromesso con il mondo, sapremo mettere sempre al di sopra dei nostri interessi temporali quelli del Regno di Dio che Gesù ha iniziato.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4,1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Gesù messo alla prova nel deserto con le 3 tentazioni di satana. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia.
ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA
Beato l’uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano (Gc 1,12).
Quando poi il Signore ci insegna a pregare: «E non c’indurre in tentazione», vuole forse dirci di pregare perché non siamo mai tentati? Come mai allora altrove ha potuto dire: «Chi non ha avuto delle prove, poco conosce», e di nuovo: «Considerate, fratelli, perfetta letizia quando subite ogni sorta di prove»? Ma entrare in tentazione vuol dire forse esserne sommersi? No, la tentazione è come un torrente che è difficile attraversare: gli uni, lungi dal venirne sommersi, diventano attraversandolo, valenti nuotatori – quelli che non si fanno trascinare dalle tentazioni –; gli altri si comportano in maniera opposta, e appena entrati ne sono sommersi. Così per esempio Giuda, entrato in tentazione d’avarizia, non seppe nuotare e ne rimase sommerso, affogando materialmente e spiritualmente; Pietro invece, entrato in tentazione di rinnegamento, non se ne fece sommergere appena entrato, ma riuscì con coraggio a nuotare e a vincere la prova.
Ascolta ancora un altro passo, dove il coro dei santi vittoriosi ringrazia Dio di essere scampato alla tentazione: «Dio, tu ci hai messo alla prova e ci hai passati al crogiuolo come l’argento; ci hai fatto cadere in un agguato e hai messo un peso ai nostri fianchi facendo cavalcare uomini sulle nostre teste; ci hai fatto passare per il fuoco e per l’acqua, ma poi ci hai sospinto verso il refrigerio». Vedi con quanta fiducia parlano, dal momento che hanno potuto subire i marosi della tentazione senza rimanerne sommersi? Dicono: «Tu ci hai sospinto verso il refrigerio». Giungere al luogo del refrigerio vuol dire essere stati liberati dalla tentazione.
Se l’espressione «non c’indurre in tentazione» fosse da intendere come preghiera di non essere tentati, Gesù non l’avrebbe concluso dicendo: «Ma liberaci dal maligno». L’avversario da cui preghiamo d’essere liberati è il maligno, il demonio.
L’amen finale che chiude come con un sigillo l’orazione, vuol dire: «Si compia tutto quello che il Signore ci ha insegnato a chiedere in questa orazione».
(S.Cirillo di Gerusalemme, 5° Catechesi Mistagogica, n° 17-18)
Allora Gesù … , riprende l’evangelista che vuol dire «allora»? Vuol dire che dopo la discesa dello Spirito Santo su Gesù, dopo che si era udita dal cielo quella voce che diceva: Questi è il mio diletto Figliolo in cui io mi sono compiaciuto.
Come non stupirci al vedere che lo Spirito conduce Gesù nel deserto per essere tentato? Siccome, però, Gesù venne in terra e sopportò ogni cosa per nostro insegnamento, volle anche essere condotto nel deserto e lottare con il diavolo, in modo che i battezzati, vedendosi aggrediti da più grandi tentazioni dopo il battesimo, non ne fossero turbati e non fossero colti per questo fatto dallo scoraggiamento, come accade quando ci si imbatte in qualche cosa di inatteso, ma sopportassero la prova con fermezza, considerandola un evento normale della nuova vita.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 13, 1)
Difatti, poiché Adamo nel Paradiso, trovandosi in mezzo alle comodità, si era volto al peggio a causa dell’inganno, necessariamente il diavolo lo conduce nel deserto affinché con maggiore perseveranza
potesse dissolvere la forza del demonio; e digiuna quaranta notti e quaranta giorni.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 17)
Le tre tentazioni
Se analizziamo il succedersi delle tentazioni in lui, ci rendiamo conto dell’immensa generosità con cui siamo liberati dalle nostre. L’antico avversario aggredì il primo uomo, nostro progenitore, con tre tentazioni, avendolo messo alla prova nella gola, nella vanagloria e nell’avarizia; e lo piegò nella sconfitta, perché lo sottomise a sé ottenendone il consenso. Lo tentò nella gola, mostrandogli il cibo dell’albero proibito e spingendolo a gustarne. Così avvenne per la vanagloria, dicendo: Sarete come dèi (Gn 3, 5). Lo tentò anche accennando a profitti dell’avarizia, con queste parole: Conoscerete il bene e il male (ibid.). L’avarizia non riguarda solo la bramosia del denaro, ma anche del prestigio, e si ricorre con proprietà a questo linguaggio quando l’ambizione mira a eccessivi traguardi. Se infatti l’appropriazione di onori non riguardasse l’avarizia, l’apostolo Paolo non avrebbe scritto dell’Unigenito Figlio di Dio: Non reputò una rapina essere uguale a Dio (Fil2, 6). Il demonio trascinò il nostro progenitore nella superbia spingendolo a questa forma di avarizia verso i più alti onori. Cristo fu vittorioso proprio in questi tre ambiti. – Attraverso le arti con cui sconfisse il primo uomo, il diavolo fu, però, piegato dal secondo, quando si presentò per tentarlo. Cominciò con la gola, quando disse: Comanda a queste pietre di trasformarsi in pane. Poi con la vanagloria: Se sei Figlio di Dio, buttati giù. E anche con quell’avarizia che è bramosia di prestigio, mostrando tutti i regni del mondo e dicendo: Ti darò tutte queste cose se, prostrandoti; mi adorerai. Satana viene però sconfitto dal secondo Uomo proprio laddove si gloriava di aver riportato vittoria sul primo, e questo significa che egli deve uscire sconfitto dai nostri cuori, percorrendo la stessa via attraverso la quale, una volta entrato, ci soggiogava. Un altro dato dobbiamo considerare, fratelli carissimi, riguardo a questa tentazione del Signore; che cioè alle proposte del diavolo egli oppone i precetti della Scrittura, e, pur potendo con la sua parola – per essere egli il Verbo -, sprofondare nell’abisso il tentatore, non mostrò la grandezza della sua potenza, ma fece ricorso solo ai divini precetti, per dare un esempio di pazienza e renderci capaci di ricorrere alla verità e non alla vendetta quando subiamo oltraggio dai malvagi. Riflettiamo alla straordinaria pazienza di Dio, e all’impazienza nostra. Se siamo provocati da ingiurie o da qualche offesa, travolti dall’ira, o ci vendichiamo direttamente, se possiamo, o minacciamo di farlo, se ci mancano le possibilità. Il Signore tollerò l’affronto di Satana e non gli oppose che parole di mansuetudine, sopportò, pur potendo punire; e crescono, così, i motivi di rendergli lode, avendo egli sconfitto il nemico non annientandolo ma mediante la virtù della pazienza.
(S.Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 16, 2-3)
1) Prima tentazione: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane» (Mt 4,3b)
Il diavolo provoca il Signore per tentarlo; lo segue il Signore per sconfiggerlo.
È in questo modo che il nemico per eccellenza comincia la gara della tentazione; dice al Signore: Se sei il Figlio di Dio, di’ che questi sassi si trasformino in pani.
Ali’ oscuro dunque del piano divino di misericordia, non conoscendo il mistero, chiede per conoscere quanto non sa. L’espressione che egli ha detto è come quella di una persona che domanda di venire
liberata da un qualche dubbio; dice: Se sei il Figlio di Dio. Cerchiamo di vedere perché domanda, se è incerto; e perché interroga, se non lo sa. Aveva sentito che era stato annunciato precedentemente dall’angelo alla Vergine che ella avrebbe generato il Figlio di Dio (cf. Lc 2, 32).
Aveva potuto accertarsi dall’esperienza diretta dei magi: li aveva visti porsi in ginocchio ad adorare il nato fanciullo, dopo di che essi avevano rinunciato alla superstizione di una scienza vana. Era stato testimone della discesa dello Spirito Santo in forma di colomba dopo il battesimo di Gesù. Aveva anche ascoltato la voce del Padre che dal cielo proclamava: Questo è il mio Figlio. Un’ultima prova l’aveva avuta da Giovanni quando lo sentì pubblicamente attestare: Costui è quello che toglie il peccato del mondo (Gv 1, 29).
Il concorde giudizio di sì qualificate testimonianze l’aveva sconcertato. Per di più negli ultimissimi tempi, avendo sentito in particolare la testimonianza di Giovanni, ebbe motivo di temere di più, dato che proprio lui, il diavolo, aveva inondato il mondo di peccati: sentire che era venuto colui che avrebbe cancellato il peccato del mondo! Era stato atterrito da tante numerose e qualificate voci, è vero, ma non credeva ancora del tutto che fosse tale ciò che gli stava per così dire intorno.
Il motivo del suo dubbio consisteva nel fatto che vedeva semplice uomo colui che – per altro verso – aveva sentito chiamare Figlio di Dio. Lo vedeva in cane ed ossa, mentre aveva capito che avrebbe cancellato i peccati del mondo. Vuol vederci chiaro: vuol capire ciò che c’è di vero nelle notizie raccolte: si fa sotto pieno di paura e circospetto. Si aggiunga un altro particolare: aveva sì potuto vedere che il Signore aveva protratto il suo digiuno per lo spazio di quaranta “giorni e quaranta notti”; ma quel dannato non volle subito credere d’aver a che fare con il Figlio di Dio! Aveva in mente altri esempi: ricordava, ad esempio, che anche Mosè ed Elia avevano digiunato per ben quaranta giorni. Per rendersi conto senza margine di incertezza, pensa che un -qualche segno straordinario fatto dal Signore, può dargliene garanzia. Ecco la proposta: Se sei il Figlio di Dio – gli dice – fa’ in modo che questi sassi diventino pani.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 14, 2)
Sul grado e l’entità delle conoscenze possedute dal diavolo gli antichi esegeti furono molto incerti nell’ interpretare l’episodio delle tentazioni di Gesù; essi in genere tengono conto che il diavolo potesse aver sentore di chi fosse realmente Gesù, ma non ne fosse certo, e su questo presupposto fondano l’interpretazione del racconto evangelico.
Satana, volendo trarre Cristo a un sentimento di vanagloria, non gli disse «mangia», ma dai un segno. Faceva questo, non per trarne vantaggio, ma, come ho detto, per spingerlo alla vanità. Cristo, che conosceva l’intenzione, non gli obbedì; per lo stesso motivo non acconsentì ai farisei che volevano vedere da lui un segno; infatti non si accostavano a lui come Dio, con cuore privo di dubbi, ma lo mettevano alla prova come uomo. Valga perciò questa regola sicura per i santi nei confronti degli increduli e di chi li tenta a giovarsi senza alcuna utilità.
(Cirillo di Alessandria, Frammento 32)
Se tu sei il Figlio di Dio – gli dice – di’ che queste pietre diventino pane. Non dice: poiché tu hai fame, ma: se tu sei il Figlio di Dio, sperando di conquistarselo con quelle lodi. Non gli parla di fame neltimore che sembri volergli muovere un rimprovero: non comprendendo la grandezza dell’Incarnazione, il diavolo riteneva che Cristo si vergognasse della sua condizione umana. Perciò, adulandolo subdolamente, gli rammenta subito la sua dignità. Che fa allora Gesù? Per reprimere l’orgoglio del demonio e per mostrare che lo stato in cui si trovava non era ne vergognoso né· indegno della sua grandezza e della sua sapienza, scopre da se stesso ciò che il maligno aveva taciuto, per adularlo. Gesù, infatti, gli risponde: Sta scritto: Non di solo pane vive l’uomo. Gesù dichiara con le sue prime parole la necessità del mangiare. Ora, però, considerate la malizia di quello spirito malvagio, con quali mezzi comincia il suo assalto e come non ha dimenticato i trucchi che gli sono familiari. Egli aveva vinto il primo uomo per mezzo dell’intemperanza e in tal modo lo aveva fatto piombare in una infinità di mali: qui cerca di tendere lo stesso tranello, tentando di prendere Gesù allo stesso modo.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 13, 2-3)
Trovare il proprio alimento nella Parola
Il Salvatore però ne condanna la malizia con una mirabile risposta. Non fa ciò che dice il diavolo, perché non sembri che manifesti la gloria della sua potenza ad arbitrio dell’avversario; né tuttavia risponde di non poterlo fare, perché non poteva negare ciò che spesso aveva già fatto. Dunque né aderisce alla richiesta né risponde negativamente al tentativo d’indagine; e per tale motivo riserva al
suo arbitrio la potenza della propria forza e rintuzza con parole divine la malizia dell’avversario. Gli risponde dunque: Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola di Dio; cioè, non di pane terreno, non del cibo materiale con cui ha ingannato Adamo, il primo uomo, ma della parola di Dio, nella quale consistono gli alimenti della vita celeste. Ma la parola di Dio è Cristo Signore, come dice l’evangelista: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio (Gv 1,1). Chiunque si nutre della parola di Cristo, non cerca cibo terreno. Né può, infatti, desiderare il pane del mondo chi si ristora col pane del Salvatore. Il Signore, infatti, ha un suo pane, anzi il Salvatore stesso è pane, come insegnò dicendo: Io sono il pane disceso dal cielo (Gv 6, 41). Di questo pane il profeta dice: E il pane rafforza il cuore dell’uomo (Sai 103, 15).
(Massimo di Torino, Sermoni 51,2)
Quanto a non di solo pane, il primo Adamo ha peccato a causa del cibo, invece Cristo prevale con la continenza e insegna che non ci si deve distaccare da Dio, anche se abbiamo fame. Questa è anche garanzia della futura condizione, che è già cominciata in Cristo, poiché gli uomini vivranno anche senza nutrimento.
(Teodoro di Eraclea, Frammento 22)
L’insegnamento della manna
Questa espressione è pronunciata dal Salvatore, e mostra a chi sa interpretare che, prima della manna, che era cibo del cielo, è necessario essere umiliati ed estenuati dalla fame, consumata l’abbondanza fornita dal cibo. Così è scritto: Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, tt’ ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che i tuoi padri non avevano conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive di solo pane (Dt 8, 2-3). Viene indicato che la manna era il logos, allorché Mosè rispose alla domanda dei figli di Israele, quando dissero: l’un l’altro: Cos’è questo? E Mosè rispose: Questo è il pane che il Signore vi ha dato come cibo (Es 16, 15). Questa è la parola che il Signore ha comandato. Dopodiché il diavolo procedette verso un’altra disfatta.
(Origene, Frammento 63)
Nutrirsi della parola di Dio
Trae questa testimonianza dal Deuteronomio (cf. Dt 8, 3). Ma il Signore ha così risposto perché si proponeva di vincer il diavolo con l’umiltà, non con la potenza. Dobbiamo inoltre considerare che se il Signore non avesse preso a digiunare, il diavolo non avrebbe avuto occasione di tentarlo, giusta le parole: O figlio che ti prepari a servire Dio, sta’ saldo nella giustizia e nel timore e prepara la tua anima alla tentazione. La risposta del Salvatore indica anche che è un uomo colui che qui affronta la tentazione. Non di solo pane vive l’uomo – dice-, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Chiunque dunque non si nutre della parola di Dio non vive.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo l, 4, 4)
La parola di Dio è nutrimento
Le Sacre Scritture c’insegnano che non solo il pane può nutrire la carne ma anche la nuda parola di Dio (cf. Dt 8, 3).
Se infatti egli mi comandasse di vivere anche senza nutrimento, volendolo egli fare, gli sarebbe possibile.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 19)ù
2) Seconda tentazione: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra» (Mt 4,6).
Lasciarsi condurre dal diavolo indica la forza e la pazienza di Cristo E il diavolo condusse Gesù nella città santa. Quando lo senti dire «condotto dal diavolo», non pensare affatto che la potenza del diavolo sia capace di condurre Cristo, ma ammira piuttosto la pazienza di Cristo che tollerò di essere condotto dal diavolo. Perciò nel Cristo che segue il diavolo non c’è debolezza ma pazienza; nel diavolo che conduce non vi è forza ma superbia: questi, non comprendendo che Cristo voleva assecondarlo, lo conduceva quasi come se quello non volesse seguirlo.
Cristo si fece condurre perché noi non seguissimo il volere del diavolo.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 5)
Il pinnacolo del tempio
Cerca con la tentazione di far discendere il Signore dalle altezze verso le regioni inferiori e di racchiudere nelle basse realtà colui che era stato posto sul pinnacolo del tempio, che si elevava cioè
al di sopra della Legge e dei profeti. Egli sapeva certamente che gli angeli erano pronti a servire il Figlio di Dio e che non poteva inciampare su una pietra colui che avrebbe camminato sull’aspide e sul basilisco e che avrebbe schiacciato il leone e il drago. Il diavolo non disse niente circa queste parole che erano state pronunciate a suo riguardo. Ma, ricordando quelle precedenti, egli vuole a tutti i costi strappare l’obbedienza a colui che ha tentato, per ricavarne gloria, nel caso in cui il Signore della maestà gli avesse obbedito, sia pure nella consapevolezza (dei suoi poteri).
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 3, 4)
Perché il diavolo inizia tutte le sue tentazioni con le parole: Se tu sei il Figlio di Dio? Ciò che fece nei riguardi dei nostri primi progenitori, lo fa anche ora: allora egli parlò male di Dio, dicendo: «nel momento in cui mangerete questi frutti, i vostri occhi saranno aperti»; con queste parole voleva far credere che erano stati delusi e ingannati e non avevano ricavato nessun vantaggio. Così anche ora vuole indicare la stessa cosa: Invano Dio ti chiama suo figlio; t’inganna dandoti questo nome. Ma se le cose stanno così, ebbene dacci una prova della tua potenza.
E il diavolo, siccome Gesù gli aveva risposto citando un passo della Scrittura, porta a sua volta la testimonianza di un profeta.
(S:Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 13, 4)
La falsa interpretazione delle Scritture da parte del diavolo
Gettati di sotto, poiché sta scritto (…) Il diavolo, che sempre desidera che tutti precipitino, dicendo: Gettati di sotto (…), può convincerlo a buttarsi, ma non può farlo precipitare. Agli angeli suoi ha dato
ordine a tuo riguardo: essi ti porteranno sulle mani; affinché tu non abbia a urtare il piede contro qualche pietra. Lo stesso concetto leggiamo nel novantesimo salmo, anche se in quel passo la profezia non si riferisce a Cristo ma all’uomo santo.
Il diavolo dunque adopera male la Scrittura. Certamente, se conosceva ciò che era stato scritto a proposito del Salvatore, avrebbe dovuto dire anche le parole che, in quello stesso Salmo, sono scritte contro il diavolo stesso: Camminerai sopra l’aspide e il basilisco, e schiaccerai sotto i piedi il leone e il drago (Sal 90,13). Il diavolo parla dell’aiuto degli angeli come se Gesù fosse un uomo debole: tace invece, tergiversando, sul fatto che il Signore lo schiaccerà.
Ma Gesù gli disse: «Sta anche scritto: “Non tenterai il Signore Dio tuo”» (cf. Dt 6, 16). Gesù infrange le false frecce che il diavolo trae dalle Scritture, servendosi del vero scudo delle Scritture. È da notare poi il fatto che Gesù invoca soltanto dal Deuteronomio le testimonianze che gli servono, per manifestare i misteri della seconda legge.
(S:Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 4, 5-7)
Non tentare il Signore
La tentazione è vinta dalla pazienza Che fa allora Cristo? Non si adira né si irrita, anzi risponde con molta mitezza, ricavando ancora una volta la sua risposta dalla Scrittura Gesù – continua l’evangelista – gli: disse: «Sta scritto pure: Non tenterai il Signore, Dio tuo». Perché risponde così? Con queste parole il Salvatore c’insegna che non si deve vincere il diavolo con i miracoli, ma con la pazienza ferma e invincibile e con la grandezza d’animo; ci fa capire inoltre che non dobbiamo mai fare niente per ostentazione o soltanto per vanità.
(S:Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 13, 4)
Non dobbiamo agire semplicemente per amore della notorietà Se Gesù avesse combattuto il diavolo in quanto Dio, non avrebbe fatto nulla di grande avendo vinto l’angelo apostata che era stato creato da lui, né la vittoria sarebbe stata attribuita all’umanità. Ma come uomo ha prevalso su di lui con la sopportazione, insegnandoci che, non con i prodigi, ma con rassegnazione e sopportazione si deve vincere il diavolo e non si deve far niente solo per fare sfoggio o per ambizione.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 20)
3) Terza tentazione: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» ( Mt 4,9-10).
L’economia salvifica del Signore è espressa anche nella tentazione Il fatto che il diavolo «lo condusse» deve essere interpretato in relazione al disegno della divina provvidenza, perché, essendo Cristo ben disposto a fare questo e cercandolo, si predisponeva la chiara sconfitta di colui che invano si adoperava a tentarlo.
E infatti riguardo a Giobbe viene detto: Il diavolo disse a Dio (Gb 1, 7). Chi è così sciocco da pensare che il diavolo conversasse con Dio? Ma, dato che lo voleva, Dio permetteva che fosse messa alla
prova la saldezza di Giobbe. Così, anche in questa circostanza, viene applicato al diavolo ciò che è predisposto, dato che quello voleva essere al di sopra di tutti.
Le parole «gli mostrò» evidentemente non significano che ha realmente fatto vedere, dato che è impossibile trovare un monte talmente alto, dal quale è possibile vedere, a chi lo vuole, tutto il mondo; ma s’intende con l’immaginazione, come è usuale costume dei demoni, di cui è segno distintivo ingannare abilmente, in quanto sanno mostrare molte cose che non ci sono come fossero presenti e reali.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 22)
Il tentativo di corrompere con l’ambizione Ma, la terza volta, si mette in azione ormai tutta l’ambizione di potenza del diavolo. Avendo deposto il Signore su un monte altissimo, gli offrì tutti i regni del mondo con la loro gloria, alla sola condizione che lui stesso fosse adorato. Già una duplice risposta aveva superato l’opinione derivata dal sospetto. Egli aveva sedotto Adamo con il cibo e lo aveva allontanato dalla gloria del paradiso per condurlo verso il luogo del peccato, cioè nella regione dell’albero proibito. In terzo luogo, lo aveva corrotto con l’ambizione del titolo divino, promettendogli che sarebbe diventato simile agli dei. Così contro il Signore c’è ora l’assalto di tutta la potenza del mondo, e il possesso di questa terra è offerto al suo creatore, di modo che, seguendo l’ordine dell’antica impostura, colui, che non era stato sedotto dal cibo né allontanato dal suo posto, fosse ora corrotto dall’ambizione. Ma la risposta del Signore ha segnato un progresso conveniente rispetto a ciò che precede. Disse: Vattene, Satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto
( cf. Dt 6, 13). Egli riportò un risultato conforme a una così grande temerarietà, allorché sentì che i suoi misfatti erano designati col nome di Satana e seppe che il Signore suo Dio doveva essere adorato in un uomo. Mediante l’efficacia di questa risposta il Signore ci ha offerto anche un grande esempio, perché noi, disprezzata la gloria della potenza umana e rigettata l’ambizione del mondo, ci ricordassimo che solo il Signore Dio deve essere adorato, poiché tutto l’onore del mondo è affare del diavolo. Dopo questa fuga del diavolo, gli angeli si mettono a servire Cristo.
Questo ci mostra che, se noi vinciamo e schiacciamo la testa del diavolo, non ci verranno meno il servizio degli angeli e i benefici delle potenze del cielo. .
(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 3, 5)
Gesù fu condotto perché noi avessimo la forza di reagire alla volontà del male. Ti darò tutte queste cose se prostrandoti se mi adorerai. Tu considera che ogni sua promessa è irragionevole e falsa. Certo non poteva offrire a uno solo tutte le cose senza sottrarle a tutti gli uomini; e se ciò avvenisse, n9n sarebbe adorato da nessuno dal momento che il diavolo non è adorato da alcuno per amore o per timore ma per il solo fatto che promette ricchezze o le concede. Come sarebbe convenuto al diavolo sottrarre tutto a tutti e darlo ad uno solo così da essere odiato da tutti ed onorato da uno solo? Ma non possiamo dire neanche che ciascuno sia in possesso di ciò che è suo, costui invece
sia al di sopra di ogni cosa. Non c’è nessuno al di sopra del mondo intero, né vi è stato talvolta né può esserci uno tale che tutti siano a lui sottomessi. In primo luogo a causa di Dio, perché non permette al diavolo di poter fare ciò; in secondo luogo, a causa del diavolo stesso. Infatti la gioia, la gloria, il potere del diavolo, in che cosa consistono se non nella superbia, nell’invidia, nell’ira, nella vanagloria e in cose simili? Nel momento in cui tutto questo è praticato, un solo regno non può esistere, ma necessariamente deve dividersi in più regni. Quando invece questi peccati non sono praticati, il diavolo non viene adorato né regna.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 5)
Prostrati a me e adorami: L’inconsistenza della promessa demoniaca
Pone fine alla tentazione del diavolo con queste parole: Vattene Satana, affinché non prosegua ulteriormente nel tentare. Il diavolo, così come spetta alla ragione comprendere, cioè come si può comprendere ragionevolmente, si allontanò non in quanto obbediva a un ordine, ma o la divinità di Cristo stesso o lo Spirito Santo che era in lui scacciò di lì il diavolo.
Ciò è per noi di gran conforto, poiché il diavolo non tenta gli uomini di Dio tanto a lungo quanto vuole ma fin tanto che glielo permette Cristo o lo Spirito Santo che è in loro.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 5)
Il rovesciamento dell’offerta del diavolo
Ma Gesù gli ripose: «Vattene, Satana.’ Sta scritto infatti … ». Al contrario di quanto credono molti, Satana e l’apostolo Pietro non vengono condannati allo stesso modo. A Pietro infatti Gesù dice: Vattene dietro di me, satana’, cioè: seguimi, poiché sei in contrasto con la mia volontà.
Il diavolo invece si sente dire: Vattene, Satana, senza l’aggiunta «dietro di me.», perché è sottinteso: va’ nel fuoco eterno, che è stato preparato per te e per gli angeli tuoi.
«Adorerai il Signore, Dio tuo, e a lui solo servirai». Il diavolo, dopo aver detto: «Se, prostrandoti; mi adorerai», si sente rispondere proprio il contrario, e cioè che è lui che deve adorare il Signore e Dio suo.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 4, 10-11)
Il Signore catturò il diavolo
Eccoci ora alla prefigurazione della tentazione; il profeta Zaccaria aveva già descritto la lotta, là dove narra che Gesù era rivestito di vesti imbrattate, mentre gli si contrapponeva il diavolo per accusarlo (Zc 3, 1). Evidentemente non si deve ritenere che il profeta lo asserisca di Gesù, il figlio di Giuseppe, in modo che risulti sconveniente, dal momento che il Signore ha voluto ricevere un corpo dalla schiatta degli uomini peccatori; è quanto stanno ad indicare le vesti imbrattate dei sacerdoti. Giustamente anche Salomone attestò che non è possibile riscontrare le tracce del serpente sulla roccia; «Serpente» vale «diavolo»; esso non ha in alcun modo potuto lasciare segno di peccato nella tentazione, di cui si parla qui in Matteo, sul Signore, che, per definizione, è stato chiamato pietra. E la stessa affermazione di David che parlando del Signore si esprime in codesto modo: Nessuna pestilenza potrà avvicinarsi alla tua abitazione (Sal 90, 10), poiché nessun peccato che è di origine diabolica poté aver luogo nel corpo di Cristo. Il Signore affrontò le tentazioni montate dal nemico, per consentire all’uomo di riportare la vittoria, per illudere il diavolo; lo aveva previsto anche David: Questo dragone che tu hai fatto perché scherzi con lui (Sal 103, 26). Ed anche: Umilierà il calunniatore (Sai 71, 4). Infine: Tu hai spezzato la testa del drago che si trastulla sulle acque (Sal 73, 14.13). Il libro di Giobbe aveva preannunciato – ma è attestazione del Signore – che il drago di cui ci si sarebbe fatto beffe e che sarebbe stato ingannato, è quello della tentazione del deserto; dice infatti: Tu poi farai sì che il dragone vada ad impigliarsi nell’amo (Gb 40, 20).
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 14, 5)
Servire un solo Dio
I limiti del potere demoniaco nella tentazione
Allora il diavolo lo lasciò e gli’ angeli di Dio gli si accostarono e lo servirono.
Non è detto: Scendendo gli angeli di Dio lo servivano, per mostrare che gli angeli erano sempre al suo servizio sulla terra; ma allora, su ordine del Signore, si erano allontanati da lui per lasciare spazio al diavolo contro Cristo, per evitare che alla vista degli angeli attorno a lui il diavolo rinunciasse ad avvicinarglisi. Così avviene invisibilmente a ogni cristiano.
Due sono gli angeli che rimangono accanto a ogni uomo: uno buono e uno malvagio. Per tutto il tempo in cui al nostro fianco c’è l’angelo buono, l’angelo del male non può mai indurci in tentazione.
Ma in base alla disposizione divina, l’angelo del bene si allontana un po’: in realtà non si allontana ma si nasconde, rendendosi invisibile dinanzi al diavolo, dato che se non vuole, non viene visto dal diavolo. Perciò si sottrae alla vista, per offrire al diavolo la possibilità di tentare, e stando immobile attende l’esito della tentazione.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 5)