NT/ Febbraio 19, 2023/ Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Studi, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Già fin dall’Antico Testamento veniva fortemente inculcato l’amore verso il prossimo (Cf. Lv 19,18).

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La perfezione di questo precetto si ha nel Nuovo Testamento. Sulle labbra di Gesù l’amore del prossimo diventa qualcosa di nuovo: (cf. il racconto del buon samaritano, Lc 10, 25-37). Per Gesù «prossimo» è ogni uomo, tutti gli uomini, senza distinzioni di razza o di religione bisognosi di aiuto.

Dipinto di Van Gogh, Il buon Samaritano, Kroller Muller museum, Otterlo, Olanda.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Lv 19,1-2.17-18)

Israele, scelto da Dio come popolo eletto è chiamato a partecipare alla santità di Dio mediante l’osservanza della legge. Deve cioè amare Dio e proibirsi sentimenti di rancore verso il prossimo. È una legge tuttavia limitata, perché nella mentalità dell’israelita «prossimo» è solo il compatriota o uno della stessa tribù. Sarà Gesù che più tardi perfezionerà questo comandamento dando al vocabolo «prossimo» il vero valore e significato fino all’amore dei nemici.

Dal libro del Levìtico (Lv 19,1-2.17-18)

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Salmo Responsoriale Dal Sal 102 (103)

R. Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.

Quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.

Seconda Lettura (1 Cor 3,16-23)

L’Apostolo ricorda ai corinti che sono una realtà sacra, «tempio di Dio», consacrato alla presenza dello «Spirito». Come l’antico Tempio era caratterizzato dalla presenza della «gloria di Dio» che si manifestava nella nube, il nuovo è caratterizzato dalla presenza dello «Spirito Santo» che inabita nell’intimo dei cuori. Perciò è un atto deplorevole profanare questo tempio con l’errore e soprattutto con spirito di fazione e divisione perché «Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1 Cor 3,16-23)

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per  diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

VANGELO

La legge antica viene rinnovata e superata da quella dell’amore: «Avete inteso» che fu detto (…) «ma io vi dico».  Gesù ci apre un orizzonte più vasto: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro (…) egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi». Il nostro amore non deve conoscere limiti, né calcoli egoistici anzi dobbiamo saper amare anche i nostri nemici.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,38-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

 

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo (Ef 4,32).

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Dei precetti importanti e salutari, divini e altissimi che il Signore nostro ha dato ai suoi discepoli, agli uomini risulta gravoso quello per il quale ordinò di amare i loro nemici. Oneroso il precetto, ma grande la ricompensa. Infine, notate che cosa abbia detto nell’esortare a ciò: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per coloro che vi perseguitano impariamo ad amare i nostri nemici. L’esempio ci è stato offerto da Dio Padre, che fa sorgere il sole su buoni e malvagi. Questo ha detto pure il Figlio di Dio, in seguito alla sua Incarnazione, con la bocca della sua carne che assunse per amore dei suoi nemici. Infatti, egli che ama i suoi nemici venne al mondo e trovò suoi nemici proprio tutti, non trovò alcun amico. Per i nemici versò il sangue: con il suo sangue, però, convertì i nemici. Cancellò con il suo sangue i peccati dei suoi nemici: cancellando i peccati, da nemici li rese amici.

(S. Agostino, dal discorso 317)

È necessario dire, quasi come un mezzo di purificazione quotidiana: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, che cosa farete? Voi avete dei nemici; infatti chi potrebbe vivere su questa terra senza avere dei nemici? Pensate al vostro bene: amateli. In nessun modo ti può nuocere un nemico feroce più di quanto nuocerai tu a te stesso, se non amerai il nemico. Egli infatti potrà nuocere alla tua villa o al tuo bestiame, alla tua casa, al tuo servo o alla tua serva, a tuo figlio o a tua moglie o, al massimo, al tuo corpo se gliene sarà dato il potere; potrà forse egli danneggiare l’anima tua come lo puoi tu? Sforzatevi di raggiungere questa perfezione, carissimi; vi esorto. Ma sono stato forse io a farvi questo dono? Ve l’ha fatto colui al quale dite: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Non vi sembri tuttavia una cosa impossibile: io so, conosco, so per esperienza personale che ci sono cristiani che amano i loro nemici. Se vi sembrerà una cosa impossibile, non la farete. Innanzi tutto dovete credere che è possibile; inoltre dovete pregare che si compia in voi la volontà di Dio. A che ti giova infatti il male del tuo nemico? Se fosse esente da ogni male, non sarebbe tuo nemico. Desidera per lui il bene: egli pone termine al male e non sarà più tuo nemico. Infatti in lui non ti è nemica la natura umana, ma una colpa. Ti è forse nemico per il fatto ch’egli ha un’anima e un corpo? Egli è quello che sei anche tu: tu hai un’anima, l’ha anche lui; tu hai un corpo, l’ha anche lui. È della stessa tua natura: insieme siete stati plasmati con la terra dal Signore, e siete stati dotati di un’anima. Egli è ciò che sei anche tu: consideralo come tuo fratello. In origine i nostri due progenitori erano Adamo ed Eva: padre l’uno e madre l’altra; noi dunque siamo fratelli. Lasciamo da parte la prima origine. Nostro padre è Dio, nostra madre la Chiesa; noi dunque siamo fratelli. ” Ma il mio nemico è pagano, è giudeo, è eretico “. Proprio per questo già da un pezzo ho detto: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. O Chiesa! Il tuo nemico è un pagano, un giudeo, un eretico; non è altro che terra! Se tu invece sei cielo, invoca il Padre ch’è nei cieli e pregalo per i tuoi nemici, poiché anche Saulo era nemico della Chiesa; così si pregò per lui e divenne amico. Non solo cessò d’essere persecutore ma si affaticò per essere collaboratore. E se vuoi sapere la verità si pregò contro di lui, cioè contro la sua cattiveria, non contro la sua natura. Prega anche tu contro la cattiveria del tuo nemico: muoia quella ed egli viva. Se infatti morisse il tuo nemico, potrebbe sembrare che non hai più il nemico ma non troveresti nemmeno un amico: se invece morirà la sua cattiveria, hai trovato anche un amico.

(S. Agostino,  Discorso 56 ,10;  14)

Bisogna amare i nemici anche se ci riescono pochi.

Continuate pure a dire: “Ma chi ci riesce? Chi lo fa? “. Lo faccia Dio nei vostri cuori. Lo so anch’io: pochi lo fanno, sono magnanimi quelli che lo fanno, lo fanno le persone spirituali. Sono forse tali nella Chiesa tutti i fedeli che si accostano all’altare e ricevono il corpo e il sangue di Cristo? Sono forse tutti così? Eppure tutti dicono: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Dio potrebbe rispondere loro: ” Perché mi chiedete di fare ciò che ho promesso, dal momento che voi non fate ciò che io ho comandato? Che cosa ho promesso? Di rimettervi i vostri debiti. Che cosa ho comandato? Che anche voi li rimettiate ai vostri debitori. Come potete mettere in pratica questi precetti, se non amate i vostri nemici? “. Che cosa faremo dunque, fratelli? A tanto poche si riducono le pecorelle di Cristo? Se devono dire: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, soltanto quelli che amano i propri nemici, non saprei che fare, non saprei che dire. Potrei forse dirvi: ” Se non amate i vostri nemici, non pregate “? Non oso dirlo; al contrario, anzi, pregate perché li amiate. Potrei forse dirvi: Se non amate i vostri nemici, nell’orazione insegnata dal Signore non dite: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Supponi che io dica: ” Non lo dite “. Se non lo direte, non vi saranno rimessi: ma se lo direte e non farete quel che dite, non vi saranno rimessi. Si deve dunque dire e fare [quel che si dice] affinché siano rimessi.

(S. Agostino, Discorso 56, 11; 15)

Per tutto il tempo in cui viviamo in questo mondo in cui domina il diavolo, di necessità abbondano i calunniatori, i violenti, i persecutori. Se cominciamo a rendere a tutti male per male conformemente al precetto della Legge, tutti diventeremo malvagi e sarebbe abolito lo scopo della Legge che, mentre ha intenzione di rendere buoni i malvagi, ottiene l’effetto opposto. Se invece, secondo il comandamento di Cristo, non si oppone resistenza al malvagio, anche se i malvagi non ne trarranno danno, tuttavia i buoni rimarranno buoni e così attraverso questo comandamento sarà adempiuto anche il precetto della Legge. Chi infatti adempie il precetto della Legge non adempie al contempo al comandamento di Cristo; chi invece adempie il comandamento di Cristo nello stesso tempo realizza anche quello della Legge.

(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 12)

Il Signore vuole che la speranza della nostra fede, orientata verso l’eternità, sia provata dai fatti stessi, di modo che la stessa pazienza nel dimenticare le offese renda testimonianza nel giudizio futuro. La Legge si serviva della paura per mantenere Israele infedele nella paura e reprimeva l’inclinazione all’offesa con il contraccambio di un’offesa. La fede invece non consente che il risentimento per un’offesa sia tanto grande da richiedere una vendetta e da erigersi a vendicatori dell’offesa ricevuta. Nel giudizio di Dio infatti c’è una consolazione maggiore per coloro che sopportano l’offesa e un castigo più severo per coloro che la commettono. Così i Vangeli non solo ci prescrivono di astenerci dal male, ma richiedono anche di dimenticare l’offesa da vendicare. Ci viene comandato, se riceviamo uno schiaffo, di porgere l’altra guancia, e, se trasportiamo un peso per un miglio, di farne due, affinché, aumentando il torto subìto, accumuliamo una vendetta più grande. Anche il Signore delle potenze celesti infatti, per accrescere la sua gloria, ha offerto le sue guance ai pugni e le sue spalle alle frustate.

(S.Ilario di Poitiers, Commentario a Matteo 4, 25)

Per questo aggiunge: Io invece vi dico di non resistere al maligno. Non c’invita a non resistere a nostro fratello, ma a non resistere al maligno, mostrando chiaramente che è il diavolo l’ispiratore e l’istigatore della violenza che ci vien fatta, riducendo e placando sensibilmente in questo modo la nostra ira verso colui che ci ha fatto del male, in quanto la colpa dell’offesa è fatta ricadere su un altro, sul diavolo. Ma come! – voi mi direte – allora non si deve resistere alla malvagità? Certo che si deve resistere, ma non nel modo che voi credete. Si deve resistere nel modo che Gesù stesso ci comanda, essendo cioè pronti a sopportare il male che ci vien fatto. Solo così potrete vincerlo. Non è col fuoco che si spegne il fuoco, ma con l’acqua.

(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 18, 1)

Non ha prescritto le norme secondo il puro senso letterale, invitandoci a ricercare attentamente la loro finalità. Infatti non prescrive di dare sempre a chi chiede, anche se uno non ha da dare: sarebbe impossibile; e nemmeno se ha, dato che non potrebbe chiedere in modo non conveniente. Infatti si fa male a dare quando uno chiede per intemperanza e licenziosità e non per necessità, perché allora chi dà gli da occasione di praticare la sua intemperanza. Allora in che senso è scritto negli Atti degli Apostoli: A ciascuno era distribuito secondo la sua necessità (At 4, 35)? Ciò è proprio non di coloro che danno senz’altro a chi chiede, ma di coloro che dispensano secondo necessità. Altrimenti, perché sarebbe stato detto: «Uno è accetto per quello che ha, non per quello che non ha», e non si deve angariare voi per sollevare gli altri (2 Cor 8,12-19), e quante altre cose dice per dimostrare che conviene dare in relazione a ciò che uno effettivamente ha?

(Teodoro di Eraclea, Frammento 37)

 

Offrire l’altra guancia non si riferisce solo alla pazienza quando dice di porgere oltre la guancia destra anche l’altra; infatti è contro natura e chi colpisce lo fa con arroganza. Perciò chi è pronto, imbattendosi in uno che è di cattivo carattere, a parlare in difesa della fede che è in lui, non opporrà resistenza. Cioè, a chi gli percuote la guancia destra, vale a dire la dottrina razionale, porgerà anche dottrine morali, per far cessare l’accusa che riguarda il progresso verso le realtà più divine e che scandalizza coloro che non comprendono il discorso [della fede].

(Origene, Frammento 108)

Dona la tua tunica e il tuo mantello. Distaccati da qualsiasi contesa giudiziale. Dopo che siamo riusciti a tollerare le ingiurie che colpiscono il corpo, il Signore vuole condurci fino al disprezzo delle cose di questo mondo. Ci vuol così distaccati da qualsiasi lite o contesa giudiziale, che se – ad esempio – v’è uno che ci calunnia o ci mette alla prova, e, magari, per saggiare la nostra fede, intenta una lite contro di noi, con lo scopo di strapparci quanto ci appartiene, non solo dovremmo essere disposti a dargli (è così che vuole il Signore) quanto ingiustamente pretende da noi, ma addirittura ad offrirgli di nostra iniziativa quel che ci chiede.

(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 12)

Vedete l’elevatezza e l’eccellenza del precetto? Dopo aver donato la vostra tunica e il vostro mantello – dice Gesù -, se il vostro nemico vuole che lo serviate, sebbene ridotti a questa nudità, per qualche altro lavoro e per altre fatiche, voi non dovete opporvi. Cristo vuole che tutto sia in comune tra noi; non soltanto i nostri beni, ma anche i nostri corpi, per porre gli uni a disposizione dei poveri e gli altri a chi ci insulta; nel primo caso ciò è l’effetto della bontà, nel secondo caso della fortezza. Per questo ci invita a fare due miglia con chi vuole obbligarci a farne uno con lui. Ci innalza, insomma, ancora più in alto e comanda di avere la stessa generosità come nelle altre occasioni. Se per i comandi espressi precedentemente, pur essendo molto inferiori a questi ultimi, si riceverà grande ricompensa, pensate quale premio dovranno attendersi coloro che avranno praticato questi precetti così sublimi; e come essi diverranno, ancor prima di ricevere il premio celeste, se dimostrano una totale impassibilità pur trovandosi ancora in un corpo mortale e soggetto alle passioni.

(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 18, 3)

Vi furono di coloro che ritennero che il detto del Signore andasse inteso in base all’intelligenza spirituale. Dicono che l’espressione: Colui che è costretto a fare un miglio, ne faccia con quel tale altri due, si debba intendere così: chiunque non ancora illuminato dalla fede, oppure che ancora non ha raggiunto la conoscenza della verità, ed abbia parlato del solo Dio Padre, creatore di tutte le cose, e magari sia giunto alla sua conoscenza seguendo la strada della Legge, tu possa accompagnarti a costui per altre due miglia; cioè dopo la professione di fede nel Padre, possa camminare sulla via della verità, fintanto che ti sia consentito condurlo a fargli conoscere anche il Figlio e lo Spirito Santo, con fargli capire che non basta credere nel solo Padre: ma che gli è necessario (se vorrà raggiungere la salvezza) confessare egualmente il Figlio e  lo Spirito Santo.

(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 25, 3)

Se riteniamo che queste parole si riferiscano soltanto alle elemosine, è chiaro che molti poveri non potranno osservarle. E anche i ricchi, se sempre daranno, non potranno per sempre continuare a dare. Agli apostoli, e cioè ai maestri, al di là del precetto dell’elemosina è prescritto il precetto di dare gratuitamente ciò che gratuitamente hanno ricevuto. Questo genere di ricchezza non finisce mai; quanto più vien dato, tanto più si accresce. Quando irriga i campi sottostanti, l’acqua di questa fonte non si esaurisce mai.

(S: Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 5, 40)

Saggiamente ha detto: Sopra i giusti e gli ingiusti, e non «sopra gli ingiusti» come sopra i giusti, perché i beni di Dio sulla terra non sono per tutti gli uomini ma per pochi santi. Egli infatti preferisce che i peccatori immeritatamente godano dei beni di Dio, piuttosto che i giusti immeritatamente ne siano privati. Analogamente, quando il Signore è spinto all’ira dai peccatori, invia il suo castigo non ai buoni ma solo ai peccatori; tuttavia colpisce nello stesso modo i buoni e i peccatori. Come infatti non divide i peccatori dai giusti nel godimento dei beni, così non li divide nel subire i mali. Non separa i peccatori dai giusti nel godimento dei beni affinché i primi, in seguito alla divisione, non pensino di essere stati rifiutati e perdano così ogni speranza; nei mali non distingue i giusti dai peccatori affinché i primi, divisi, non pensino di essere stati scelti e se ne glorino: specialmente perché i beni non giovano ai malvagi ma piuttosto nuocciono loro, né i mali nuocciono ai buoni ma piuttosto sono loro di giovamento.

(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 13)

L’imitatore di Dio e di Cristo fa sorgere sopra i cattivi e i buoni, come sole, la parola, che è in lui, e la giustizia che in lui brilla, e la sua parola attraverso la bocca cade come pioggia provvidenziale sui giusti e sui peccatori.

(Teodoro di Eraclea, Frammento 42)

Chi ama gli amici li ama per sé non per Dio, e per questo non riceve ricompensa: trova diletto nell’atto stesso di amare. Chi invece ama il suo nemico, non lo ama per sé ma per Dio: per questo sarà grandemente ricompensato poiché fa forza ai suoi sentimenti: dove infatti si semina fatica, là si miete frutto. Siate dunque perfetti; come è perfetto il Padre vostro celeste. Chi ama un amico non commette peccato ma non opera in funzione della giustizia. È un bene dimezzato l’allontanarsi dal male senza seguire il bene. È invece bene perfetto quando non solo rifugge dal male ma compie anche il bene. Perciò dice: Siate perfetti, così da amare gli amici per evitare il peccato e i nemici per possedere la giustizia, poiché quello libera dal castigo, questo conduce alla gloria. Né è perfetta quella immagine di Dio che non sia simile a Dio tramite le opere.

(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 13)

Quel che viene appresso: Affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli si deve intendere sulla base di quel principio, per cui anche Giovanni afferma: Diede loro la facoltà di divenire figli di Dio (Gv 1, 12). Uno solo per natura è Figlio ed egli non può assolutamente peccare; noi invece, ottenutane la facoltà, diventiamo figli in quanto eseguiamo quei doveri che da lui ci vengono imposti. Per questo l’insegnamento dell’Apostolo considera adozione quella con cui siamo chiamati all’eterna eredità affinché possiamo essere coeredi di Cristo (Rm 8, 17; Gal 4, 5). Diventiamo dunque figli con una rinascita spirituale e siamo adottati al regno di Dio, non come estranei, ma come ideati e creati da lui.

(S. Agostino, Discorso del Signore sul monte 1,23, 78)

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