NT/ Febbraio 11, 2023/ Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Vangelo, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Il vero cristianesimo deve essere costantemente animato dall’amore,

<!-more->

perché «Dio è amore», anche nell’osservanza della legge compendiata nei comandamenti, i quali ci mettono di fronte a una scelta libera, cosciente, responsabile. Dio volle lasciare l’uomo in mano al suo consiglio, per così dire, affinché esso cerchi spontaneamente il suo creatore e giunga liberamente con la sua adesione a Lui, ossia alla piena e beata perfezione perennemente rinnovantesi.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Sir 15, 15-20, NV 15, 16-21)

La legge che Dio ha donato ad Israele ha lo scopo di permettergli di operare delle scelte: «Se vuoi». L’osservanza quindi dei comandamenti non è l’esecuzione forzata di un precetto, ma una libera risposta d’amore a Dio, infinitamente grande, forte e potente, vero, bello, e buono. «A nessuno ha comandato di essere empio».

Dal libro del Siracide (Sir 15, 15-20, NV 15, 16-21)

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

Salmo Responsoriale Dal Sal 118

Beato chi cammina nella legge del Signore

Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore. R.

Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti. R.

Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge. R.

Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore. R.

Seconda Lettura (1 Cor 2,6-10)

La sapienza di Dio è il disegno misterioso da lui concepito per operare la nostra salvezza: quella salvezza che ci introduce nelle meraviglie della grazia e ci prepara quelle della gloria che «Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria».

Dalla Prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (1 Cor 2,6-10)

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Ma, come sta scritto:
«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano».
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

VANGELO

Cristo riconosce il valore della legge che Dio diede a Mosè, per questo non viene ad abolirla, ma a perfezionarla e superarla. Ci invita ad andare oltre il puro legalismo, dando alla stessa legge un valore più ampio: «Avete inteso che fu detto; ma io vi dico (…)». Non solo “non uccidere” è sottoporsi al giudizio di Dio, ma qualsiasi parola che offuschi la carità. Certo non è facile, ma la riconciliazione con il fratello non può essere aspettata, bensì promossa innanzitutto: «va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» a Dio.

Dal Vangelo secondo Matteo  (Mt 5, 17-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

 

 ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri (Gal 5,13).

+++

Ce ne sono molti che sembrano fare ciò che la legge comanda, ma agiscono per paura del castigo e non per amore della giustizia. Questa giustizia non è data da Dio, ma imposta dal comandamento. Quella che ci è data, l’Apostolo non la chiama nostra, ma giustizia di Dio, perché, pur diventando nostra propria giustizia viene però da Dio (…) Poiché solo chi adempie liberamente il precetto, l’adempie veramente, come solo chi è stato istruito da Dio, adempie interamente tutto ciò che ha imparato di dover fare. Proprio di questo modo d’insegnare parla il Signore quando dice: «Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui viene a ma» (Gv 6,45) (…) Quando Dio istruisce non con la lettera della legge, ma con la grazia delllo Spirito Santo, lo fa in maniera che colui che si degna d’istruire, non solo conosce perfettamente, ma ancora voglia sinceramente adempiere e adempia effettivamente ciò che ha imparato. Questo insegnamento non viene in aiuto alla sola facoltà naturale di volere, ma alla volontà stessa e all’opera della volontà.

(S.Agostino, La grazia di Cristo e il peccato originale)

Abbiamo letto poco sopra: Non sono venuto per abolire la Legge, ma per portarla alla perfezione. Intendeva asserire: sono venuto per aggiungere il compimento a ciò che era valutato minimo; in altre parole: a rendere migliori i comandi della Legge.
Nello stesso ordine di idee si domanda anche san Paolo: Forse che in forza della fede, vogliamo annullare la Legge? Niente affatto! anzi: intendiamo confermare la Legge (Rm 3, 31). A un popolo di dura cervice e grosso, qual era Israele, occorrevano i comandamenti relativi alla giustizia, che si trovano nella Legge; ma ad un popolo che giunge al momento della perfezione, a un popolo che è fedele, vengono affidati i comandamenti evangelici di una fede compiuta e di una giustizia che merita l’appellativo di celeste. La Legge ordinava che non si dovesse uccidere. L’Evangelo invece impone di non adirarsi nemmeno senza un motivo, con l’intento di svellere sin le radici della violenza dal nostro cuore, dato che è purtroppo provato che – per ira – si può addirittura arrivare anche ad uccidere.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 21, 1)

Avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere. Egli stesso aveva dato questi comandamenti, ma qui non ne cita l’autore. Se avesse detto: Avete udito che io ho detto gli antichi …, questo discorso sarebbe stato difficilmente accettato e approvato da tutti i suoi ascoltatori. D’altra parte, se avesse detto: Avete udito che il Padre mio ha detto agli antichi …, e avesse poi aggiunto: Io invece vi dico, poteva sembrare che si arrogasse un’autorità più grande di quella del Padre. Si limita quindi a citare questo comandamento, proponendosi una sola cosa sulla base di esso: mostrare, cioè, che era venuto il momento opportuno di rinnovare questo precetto. Dicendo fu detto agli antichi …, egli indica che era intercorso molto tempo da quando essi avevano ricevuto questo comando. Sottolinea questo fatto per spingere i suoi ascoltatori ad accostarsi a leggi più perfette, comportandosi come un maestro, che, rivolgendosi a un ragazzo pigro, gli dice: Non vedi quanto tempo hai perso riflettendo sulle lettere e sulle sillabe e occupandoti esclusivamente di esse? È qualcosa di questo genere che Gesù suggerisce ai giudei, ricordando loro gli antichi, per chiamarli finalmente verso comandamenti più grandi e elevati.
Come dicesse: È già molto tempo che voi meditate questi precetti; ora· dovete passare ad altri più sublimi. È bello anche il fatto che Gesù non muta l’ordine dei comandamenti, ma inizia là dove comincia la vecchia legge, per dimostrare anche così la consonanza delle due leggi.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 16, 5)

E chi dirà a suo fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio. Stupido, fratelli, non è una parola ma l’espressione di chi schernisce e un’ingiuria che suole manifestarsi o col cenno degli occhi o con l’arricciare del naso o col crepitio della bocca, in modo che la volontà predisponga le offese e non sia ignorata la specie dell’ingiuria.
Ma Dio, che osserva i voleri, vede i desideri e giudica i sentimenti, conduce lo schernitore del fratello al giudizio del concilio dei santi, perché l’irrisione di uno solo ha ridondato a offesa di tutti e la causa di un membro si è estesa al corpo e il dolore del corpo è salito al capo. Così l’irrisore si accorgerà e deplorerà che quell’ingiuria, che schernendo ha scagliato contro uno solo, contro suo fratello, è salita sino a Dio nel concilio celeste.
E chi· dirà: stolto, sarà condannato al fuoco della Geenna. Quello che l’irascibile nascondeva nel petto e quello che lo schernitore chiudeva in bocca, il male dico ha espresso con la voce, e perciò l’ingiuria confessata è condannata al fuoco della Geenna. Alle colpe segrete è destinato il giudizio per sentenza del Salvatore, affinché, in rapporto all’esame delle cause, sia confermata la giustizia del giudizio: una colpa manifesta, invece, è destinata evidentemente alla pena. Ma qualcuno dice: Qual è la forza tanto grande della parola, per cui chi dice stolto a suo fratello sarà condannato all’ estremo supplizio? Tanto grande, fratelli, tanto grande, perché nel fratello c’è Cristo, e Cristo è la sapienza di Dio. Chi dunque ha detto al fratello stolto, ha dichiarato stolta la sapienza di Dio.

(S.P. Crisologo, Sermoni 177, 6-7)

Con le espressioni <<in giudizio», «al Sinedrio» e «nella Geenna di fuoco» infligge lo stesso castigo: infatti, non indica cose diverse con differenti espressioni né una diversa punizione. Ma se non è possibile dire pazzo, come mai il Signore lo ha detto? Non è bene chiamare pazzo il fratello; l’espressione è infatti di collera e non di giustizia, e risulta anche empia quando la si pronuncia rivolta a un santo.
Ma il Signore definisce giustamente pazzi coloro che non appartengono affatto a lui e alla giustizia, non per ira ma per verità.
La Geenna è la punizione eterna simile al Tartaro.
(Teodoro di Mopsuestia, Frammento 28)

Il passo che dice: Qualora presenti la tua offerta e ciò che segue, spiega che Dio ha prescritto per i peccatori il pentimento come via di salvezza e scampo alla punizione, e dice anche che per chi è afflitto la cura allontanerà la punizione. Poiché colui che non ama suo fratello non ama il Signore, giustamente il Signore non accoglie colui che non prova dolore per il fratello, in quanto non si avvicina a lui in spirito di verità.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 50)

Per altare quindi allegoricamente, nell’interiore tempio di Dio, possiamo intendere la fede stessa, di cui è simbolo l’altare visibile. Infatti qualunque dono offriamo a Dio, sia la spiegazione della Scrittura, o l’insegnamento, o l’orazione, o un inno, o un salmo, o un altro qualsiasi dei doni dello Spirito che si presentano alla coscienza, non gli può esser gradito se non è sorretto dalla sincerità della fede e posto, per così dire, sopra di lei stabilmente fisso, in modo che ciò che diciamo sia senza detrazioni e senza errori.
(S.Agostino, Discorso del Signore sul monte 1, 10, 27)

Non ha detto: «Se tu hai qualcosa contro tuo fratello», ma: Se tuo fratello ha qualcosa contro di te, per importi il dovere della riconciliazione anche quando essa è più difficile. Fino a quando non riusciamo a far pace con lui, non possiamo conseguentemente offrire a Dio le nostre offerte.
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 5, 23)

Non dire: «Mi ha offeso lui, non io lui; egli deve chiedermi scusa, non io a lui». Dato che il Signore ti ordinò di realizzare l’amicizia in vista della gloria della tua salvezza, a maggior ragione se offeso devi chiedere di ottenere una duplice gloria.
Una per il fatto che hai subito un’offesa, l’altra perché hai chiesto la riconciliazione per primo. Se tu l’hai offeso e ti sei riconciliato con lui, Dio ti perdonerà dell’offesa perché per primo ti sei adoperato per la riconciliazione; tuttavia non avrai alcuna ricompensa per esserti riconciliato, dato che eri tu il colpevole. Se invece quello ti avrà danneggiato e tu ti sarai riconciliato per primo, otterrai una grande ricompensa. Affrettati dunque ad anticipare il tuo avversario nell’amicizia, per evitare che in seguito al tuo ritardo, egli ti prevenga nella riconciliazione e ti sottragga dalle mani la ricompensa della pietà. Se, infatti, egli ti ha offeso e ti chiede perdono, la tua amicizia non porta frutto: Che giustizia avrai realizzato dinanzi a Dio se ti sarai pacificato dopo essere stato pregato? Dio ti ordina di pregare per primo in vista della riconciliazione non con l’intenzione che tu ti sottometta ai suoi piedi, ma volendo che tu anteponga dinanzi ai tuoi occhi la gloria dell’ umiltà.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 11)

Egli infatti non dice semplicemente: Chiunque avrà un cattivo desiderio – cosa che può accadere anche a un eremita che vive sulla montagna o nel più remoto deserto – ; ma dice: Chiunque guarda con desiderio cattivo, il che equivale a dire: chiunque ha stimolato in sé un cattivo desiderio e, senza che nessuno lo costringesse, ha volontariamente scatenato contro la sua anima, che era in pace, questa specie di bestia feroce. Ciò non è più la conseguenza della nostra natura, ma è il risultato della nostra dissolutezza e negligenza.
L’antica Legge, del resto, ci faceva un analogo divieto dicendo: Non fermarti a guardare una bellezza straniera (Sir 9,8). Nel timore, dunque, che qualcuno dica: Che importa, dunque, se guardo una donna, senza esserne preso?, la Scrittura vieta ogni sguardo, per evitare cioè che usando troppo fiduciosamente di tale licenza, si finisca col cadere nel peccato.
Ma se io la guardo, voi direte, ammesso pure che abbia qualche cattivo desiderio, che male faccio, se non vado più in là del semplice desiderio? Ebbene, anche soltanto così vi collocate fra gli adulteri. Il legislatore ha dato la sua sentenza ed è inutile indagare curiosamente e discuterne oltre. Potreste infatti guardare in questo modo, una, due o tre volte e controllarvi; ma se vi comporterete frequentemente così, accenderete un fuoco dentro di voi che vi prenderà e consumerà completamente.
Voi non siete, infatti, fuori e al di là della natura umana. Quando noi vediamo un fanciullo prendere un coltello, sebbene non si sia ancora ferito, lo picchiamo e gli proibiamo di toccarlo in avvenire; così Dio ci vieta gli sguardi impuri, prima ancora degli atti di tale specie, allo scopo appunto d’impedirci di peccare. Chi una volta ha acceso nel suo cuore questa passione, anche quando la donna che ha guardato è lontana, si circonda continuamente di immagini detestabili, che lo spingono spesso a cadere nella colpa. Ecco perché Cristo condanna anche questa specie di adulterio, che si consuma soltanto nell’intimo del nostro cuore.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 17, 2)

Prima aveva parlato della concupiscenza della donna; ora giustamente chiama «occhio» il pensiero e il desiderio che si volge a guardare varie cose. Con la mano destra e con gli altri membri del corpo indica il prender vigore della volontà e della passione, che ci spinge a compiere con le opere ciò che con la mente abbiamo concepito. Dobbiamo dunque stare attenti, per evitare che ciò che in noi è buono precipiti rapidamente nel vizio. Se infatti l’occhio destro e la mano destra sono occasione di caduta, quanto più lo saranno i membri che in noi stanno a sinistra!
Cioè, se l’anima cade, quanto più sarà incline al peccato il corpo! C’è un’altra interpretazione. Nell’occhio destro e nella mano destra sono raffigurati i sentimenti che nutriamo per i fratelli, la moglie, i figli, i parenti e gli amici. Se ci rendiamo cioè conto che tali sentimenti c’impediscono di vedere la vera luce, dobbiamo troncare ogni rapporto con essi, che sono parte di noi, per evitare di perderci per l’eternità mentre cerchiamo di guadagnare gli altri alla salvezza. Per questo sta scritto a proposito del sommo sacerdote la cui anima è dedicata al culto di Dio: Non si contamini neanche per il padre, la madre o i figli (Lv 21, 11).
(S.Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1, 5, 29)

Parla delle membra del corpo, ma con iperbole, perché in realtà non è necessario tagliare via le membra, ma è come se dicesse di mortificarle e renderle inefficienti quanto a peccare, come ha detto l’Apostolo, e di non risparmiare neppure le cose più necessarie se a causa loro corriamo il rischio di agire malamente.
(S.Apollinare di Laodicea, Frammento 23)

Penso che tune queste parole si riferiscano all’anima, come abbiamo detto prima. Parla perciò dell’occhio dell’anima, cioè della mente, per tramite della quale l’anima vede. Riguardo a questo anche altrove è detto: Se il tuo occhio sarà puro … (Mt 6, 22). L’occhio carnale non è l’occhio ma lo specchio dell’occhio interiore, cioè della mente. Anche il corpo infatti possiede la sua mente, così come la sua anima: lo attesta l’Apostolo quando parla a proposito della mente dell’anima: Se dunque con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato (Rm 7, 25). Della mente
del corpo così dice: Gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale, senza stringersi invece al capo (Col 2, 18-19). Allo stesso modo anche della mano e del piede.
La mano destra dell’uomo rappresenta la volontà dell’anima, la sinistra la volontà del corpo. Questa mano del corpo non è una mano ma uno strumento di quella mano. Se non la guidasse la volontà buona o cattiva, non si muoverebbe per niente. Perciò la mano destra dell’uomo rappresenta la volontà dell’anima, la sinistra la volontà del corpo. La parte riservata all’anima è chiamata destra, quella riservata al corpo sinistra.
L’ anima infatti è stata creata libera di volgersi a qualunque cosa desideri, al bene o al male; ed è stata creata sotto la Legge della giustizia, affinché rettamente veda, ascolti, agisca. La parte riservata al corpo è detta sinistra, perché la carne non è stata creata nel possesso della sua libertà così da volgersi a suo piacimento verso il bene o il male; ma è stata creata nel male sotto la legge del peccato e non può vedere né ascoltare né agire rettamente. Così ogni santo è definito destro, ogni peccatore sinistro.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 12)

Il Signore prosegue nel suo insegnamento: Avete sentito che fu detto agli antichi: «Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio». Ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio. Il Signore e Salvatore nostro riforma in meglio i diritti dell’antica legge in tutte le sue disposizioni.
Pareva che nel Vecchio Testamento fosse consentito di dare l’atto di ripudio per qualsiasi ragione; la concessione apparente di Mosè era codificata per un popolo, quello giudaico, che conduceva vita disordinata e, spesso, dedito al servizio dei suoi piaceri. Ma non era per sé nello spirito della Legge che si concedesse una tale facoltà; la causa in radice era la natura di un popolo senza freni morali, tutto dedito ai piaceri della carne: per un popolo di tal genere il rigore della disciplina della Legge non riusciva certo a tenere a freno una passione sfrenata. Perciò ci fu questa tolleranza, come si ha da un altro testo evangelico, là dove il Signore è polemico con i sadducei che intendevano metterlo in difficoltà a proposito del divorzio.
Essi si appellavano a Mosè, che aveva permesso che si concedesse l’atto di ripudio; il Signore disse chiaro e tondo: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso che venisse rilasciato l’atto di ripudio; ma al principio non fu così (cf. Dt 24, 1). Ora perciò il Signore e Salvatore nostro, abolito quell’abuso, propone di nuovo con forza i principi su cui aveva fondato, fin dall’inizio, l’istituto del matrimonio. Egli comanda che l’unione coniugale del matrimonio venga fondata su di un vincolo indissolubile, facendo vedere che tale era il matrimonio fin dal suo nascere. Dice infatti il Signore: l’uomo non separi ciò che Dio ha unito strettamente.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 24, 1)

Per questo ci proibisce di giurare per il cielo e per la terra, affinché non diamo alla creazione dignità superiore alla creazione stessa, rendendola come Dio. Infatti coloro che giurano – ·dice – giurano per
qualcosa di più grande, come ha detto l’ Apostolo. Ma proibisce anche il giuramento su Gerusalemme, dato che la «Gerusalemme terrestre» è figura della «Gerusalemme celeste» e Dio giura solo su se stesso, e cioè sulla propria gloria. Perciò dato che l’analogia ci trascende, non dobbiamo giurare per noi stessi, cioè giurare per la gloria di noi stessi. Non siamo infatti liberi come Dio, ma siamo sotto il suo potere.
(S.Cirillo di Alessandria, Frammento 63)

Il Signore ci proibisce di giurare o per il cielo, o per la terra, o per Gerusalemme; pure in tali espressioni va individuato un duplice senso. In primo luogo il Signore ha inteso liberarci dal costume di giurare e dal pericolo di cadere in errore, perché chi giura in nome di tali elementi (il cielo, la terra, Gerusalemme) non finisca poi per ritenerli degni di quella venerazione che spetta unicamente a Dio e non ad una creatura; nel caso che avesse giurato in nome di tali elementi, gli consentirebbe di ritenersi esente dall’imputazione di spergiuro, poiché è detto: Non ha giurato a danno del suo prossimo (Sal 23, 4). Il Signore condanna sia l’errore della infedeltà dei giudei che quello di tutto il genere umano, il quale, lasciato il culto dovuto a Dio come creatore, ha prestato culto alla creatura; lo nota l’Apostolo che dice: Hanno venerato ed adorato la creatura al posto del creatore (Rm 1, 25). La seconda interpretazione è la seguente: quando si giura per il cielo, si finisce per giurare in nome di colui che ha fatto cielo e terra, come il Signore stesso chiarisce in un altro passo evangelico: Chi giura per l’altare, giura per l’ altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il trono di Dio, giura per il trono e per colui che vi è assiso (Mt 23, 20.22). Non giurare poi – egli comanda – per Gerusalemme, perché è la città del grande re.
Vuol significare: Gerusalemme è tipo del corpo di Cristo: di quel corpo di Cristo che è la Chiesa spirituale e celeste. Non giurare – aggiunge – nemmeno per la tua testa. Noi sappiamo dall’Apostolo che il Crtisto è il capo dell’uomo (1 Cor 11, 3 ).
Per cui chi giura o per Gerusalemme o per la propria testa, giura per colui che è creatore di tutte queste realtà.
(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 24, 3)

Di nuovo qui, quando Gesù vieta all’uomo di giurare per la sua testa, non lo fa come in considerazione del valore dell’uomo, altrimenti anche l’uomo sarebbe stato adorato; ma egli vuole anche in questa circostanza riferire la gloria a Dio e mostrare che l’uomo non è padrone di se stesso e neppure, quindi, è padrone di giurare per la sua testa (…) Infatti, anche se la testa è vostra, tuttavia essa appartiene a Dio, perché è opera sua. E siete tanto lontani dall’esserne padroni, che vi è impossibile fare ad essa il minimo cambiamento.
E per fare bene intendere questo concetto, non dice che gli uomini non possono far crescere uno solo dei loro capelli, ma che non possono neppure cambiare la qualità di uno solo di essi. A questo punto voi potreste dirmi: Ma se qualcuno mi obbliga a giurare, mi impone di farlo, che debbo fare? Vi rispondo che il timore di Dio deve essere più forte della necessità e delle imposizioni di qualsiasi uomo. Se vi mettete a obiettare e a sollevare pretesti di questo genere, non osserverete nessuno dei comandamenti di Dio. Ciò che è in più del sì e del no, è il giuramento, non lo spergiuro; quest’ultimo è tanto chiaramente di origine diabolica, è non solo superfluo ma contrario e malvagio, che non occorre che qualcuno ce lo dica. Ciò che è in più è invece il superfluo, quanto va oltre il necessario e si aggiunge per ridondanza: tale, appunto, è il giuramento. Ma perché – voi potreste chiedermi – Gesù afferma che il giuramento viene dal maligno? E, se ha tale origine, perché era ammesso nell’antica legge? Potreste chiedermi la stessa cosa a proposito del ripudio della moglie. Perché, infatti, ora è ritenuto adulterio ciò che era un tempo permesso? Cosa possiamo noi rispondere a queste domande, se non osservare che le leggi di allora erano state adattate alla fragilità e alla debolezza di coloro che le ricevettero? Era, del resto, quanto mai indegno di Dio essere onorato con il fumo dei sacrifici di animali, così come il balbettare è indegno del filosofo.
Ma ecco che il ripudio è ritenuto adulterio e il giuramento è vietato in quanto viene dal maligno, ora che Cristo ha dato i mezzi per vivere con maggior perfezione la virtù. Tenete conto, d’altronde, che se le vecchie leggi avessero avuto per autore il demonio, non avrebbero certo potuto avere tanti benefici effetti. Se infatti la legge antica non avesse preceduto la nuova, questa non sarebbe stata tanto facilmente accolta.
Non state a considerare oggi la virtù di quelle leggi, quando la loro applicazione è ormai superata. Esse sono state utili quando le circostanze le richiedevano.
Anzi, se vogliamo, possiamo dire che servono pure oggi. Niente mostra meglio, anche ora, la bontà e l’ utilità dell’antica legge, quanto il rimprovero che oggi noi muoviamo contro di essa. È la sua più grande gloria essere così giudicata. Se essa, infatti, non ci avesse ben nutrito con cibi adatti, e se non ci avesse messo in grado di capire e di compiere cose più grandi, noi non potremmo oggi giudicarla ormai superata.
È così che la mammella appare inutile quando ha cessato di nutrire il bambino e lo ha fatto capace di mangiare cibi solidi. I genitori, che prima la ritenevano indispensabile alla vita del piccolo, ora non la considerano più importante.
Molti, poi, cercano di allontanargliela non solo usando le parole, ma mettendo sulla mammella qualcosa di amaro, così che, se le parole non riescono a convincere il bambino a staccarsi dal seno materno, il cattivo sapore almeno lo induca a rinunziare al suo desiderio.
Nello stesso senso anche il Salvatore dichiara che il giuramento ha origini diaboliche, non per affermare che l’antica legge ha come autore il diavolo, ma per spingere gli uomini con maggior vigore a distaccarsi dall’antica osservanza.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 17,5-6)

Share this Post