NT/ Gennaio 12, 2023/ Raccolte, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Come non è possibile di parlare di una persona che non conosciamo, così non è facile parlare di Gesù, che continua la sua incarnazione nel mondo, finché non l’avremo incontrato nella nostra vita e conosciuto profondamente. <!-more->

Icona copta, del VII secolo, raffigurante il Cristo e il suo amico Abba Mena, di Alessandria d’Egitto. L’icona detta dell’amicizia, si trova al Museo del Louvre a Parigi.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Is 49,3.5-6)

Il servo di Jahvé è predestinato sin dai primi istanti della sua esistenza, non solo a salvare e riunire Israele ma a portare la salvezza a tutte le genti: «Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza». Lasciamoci perciò attraversare e quasi trafiggere da questa luce cosicché la sua salvezza si compia in noi.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 49,3.5-6)

Il Signore mi ha detto:

«Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza
– e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».

Salmo Responsoriale, dal Sal 39 (40)

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. R.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». R.

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». R.

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. R.

Seconda Lettura (1 Cor 1,1-3)

Il credente, che in Cristo-Gesù è già santificato, è chiamato a impegnarsi per tutta la vita che Dio concederà, nella ricerca della sua santificazione. Allora si compiono in noi le parole dell’Apostolo: «Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo».

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1 Cor 1,1-3)

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

VANGELO

Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!

«L’Agnello di Dio», indicato da Giovanni, cancellerà il peccato del mondo liberando il popolo dalla schiavitù spirituale per introdurlo nella vera terra promessa: il Regno di Dio. La teofania, di cui ha fatto esperienza il Battista, ha la funzione di comunicarci questo momento di grazia e di salvezza.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,29-34)

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Gli evangelisti si sono spartiti gli intervalli temporali: Matteo, condensando il periodo prima che Giovanni Battista fosse imprigionato, si affretta agli episodi successivi, mentre l’evangelista Giovanni non solo non sintetizza, ma anzi vi indugia parecchio.
Il primo, dopo il ritorno di Gesù dal deserto, passa sotto silenzio tutto il tempo intercorso, ovvero quanto detto dal Battista, quanto detto dai Giudei con le loro ambasciate, omette tutto il resto, saltando subito alla prigionia; dice, infatti: Avendo saputo Gesù che Giovanni era stato consegnato se ne andò di là (Mt 14, 13 ).
Non così Giovanni, che omette il periodo nel deserto, dal momento che era stato raccontato da Matteo, ma narra ciò che segue la discesa dal monte e dopo essersi dilungato su questo aggiunge: Giovanni: infatti non era stato gettato in prigione (Gv 3, 24). (…) Per quale motivo Gesù adesso si presenta dal Battista, e non una volta sola, ma anche per la seconda volta? Matteo, infatti, dice che questa venuta era necessaria per il battesimo, e anche Gesù lo dimostra aggiungendo le parole: Conviene che adempiamo ogni giustizia (Mt 3, 15).
Giovanni, poi, lo mostra mentre si reca da lui una seconda volta dopo il battesimo, dicendo: Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Ebbene, perché si reca da Giovanni? Egli infatti non passa semplicemente, ma si dirige verso di lui. (…) Lo fa perché gli aveva amministrato il battesimo insieme a molti altri, in modo tale che nessuno poteva sospettare che si affrettasse verso Giovanni per lo stesso motivo per cui lo facevano gli altri, come per confessare i propri peccati ed essere lavato nel fiume come segno di pentimento.
Per questo si reca là, per dare a Giovanni l’occasione di dissolvere questo sospetto.
Infatti con le parole: Ecco l’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo, dissipa ogni fraintendimento. Colui che, infatti, è a tal punto puro da poter lavare via i peccati degli altri, è chiaro che non viene per confessare i suoi peccati, ma per concedere l’opportunità a quello straordinario araldo di imprimere le sue parole con più precisione in coloro che avevano ascoltato le prime (…) Egli dunque non aveva bisogno del battesimo e quel lavacro non aveva altra ragione se non quella di preparare in anticipo per tutti gli altri la fede in Cristo.
Non disse, infatti, «sono venuto a battezzare per purificare coloro che ricevono il battesimo», né «per liberarli dai loro peccati», ma perché egli fosse manifestato a Israele. Per quale motivo, infatti, credi che senza il battesimo non gli sarebbe stato possibile portarne l’annuncio e condurre a lui le folle? Certo, in tal modo non sarebbe stato per nulla semplice.
Infatti, le folle non si sarebbero riversate tutte insieme se I’ annuncio fosse stato fatto senza il battesimo, non avrebbero compreso la sua superiorità senza la possibilità di un paragone. La folla, dunque, non si radunò per ascoltare ciò che diceva, ma per cosa allora? Per essere battezzati
dopo aver confessato i propri peccati.
Una volta giunti là, tuttavia, venivano loro insegnati i misteri di Cristo e la differenza del suo battesimo. Il battesimo di Giovanni era superiore a quello giudaico, per questo motivo tutti accorrevano, eppure anche così era ancora imperfetto.
(S.Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 17,1; 2)

Non più preparate*: questa parola non è più adatta al tempo, giacché ormai si vede e sta davanti agli occhi colui per cui fa la preparazione. (…) Ora, invece, il vero agnello, che una volta fu prefigurato, è condotto a essere ucciso come ostia immacolata per tutti, per allontanare il peccato dal mondo, per sconfiggere lo sterminatore dell’umanità, per abolire, morendo, la morte per tutti, per riscattare gli uomini dalla maledizione (…) Uno è l’agnello morto per tutti, che riacquista a Dio Padre tutto il gregge che è sulla terra.
Uno per tutti, per sottomettere tutti a Dio.

* Preparate fa riferimento a Is 40, 3 (Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio»). Il passo è citato dal Battista in Gv 1,23 con qualche cambiamento, fra cui proprio l’eliminazione di preparate.
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2,1)

L’agnello è simbolo di Gesù immolato e risorto che ci apre alla conoscenza del piano di Dio che rimane misterioso. (cf. Ap 5, 1-11; Ez 2, 9-10; Is 53,7; Es 12, 3-6).

Ci sono cinque animali che vengono offerti all’altare, tre terrestri e due volatili. Mi sembra importante chiedersi perché Giovanni chiami il Salvatore “agnello” e non un altro animale degli altri e, inoltre, perché della specie della pecora abbia nominato proprio l’agnello, visto che gli animali terrestri vengono offerti ciascuno a seconda delle tre età. Ora, questi sono i cinque animali: vitello, pecora, capra, tortora e colomba. (…) I tre tipi di pecore, classificati a seconda dell’età, sono ariete, agnello, agnellino. [. .. ] È l’agnello, tuttavia, che viene offerto nei sacrifici perpetui (cf. Es. 29, 38-44). (…) Quale altro sacrificio perpetuo può essere pensabile per un essere razionale se non quello del Verbo al suo apice, del Verbo simbolicamente chiamato “agnello”? (…)Se indaghiamo poi la ragione per cui Gesù sia indicato da Giovanni come agnello di Dio che toglie i peccati del mondo nella stessa economia della venuta del Figlio di Dio, che, incarnatosi, visse come uomo in mezzo agli uomini, penseremo che l’agnello altro non è che questa umanità. Egli era, infatti, come pecora condotta al macello, come agnello muto difronte ai suoi tosatori (Is 53,7), che dice: Io sono come un agnello mansueto che viene portato al sacrificio ( Ger 11,19). Per questo anche nell’Apocalisse si vede un piccolo agnello in piedi: come immolato (Ap 5,6). Questo agnello, invero, immolato per qualche misteriosa ragione, divenne l’espiazione per il mondo intero e accettò di immolarsi in accordo con l’amore del Padre verso l’umanità, riscattandoci con il suo sangue (cf. Ap 5, 9) da chi ci ha comprati quando ci siamo venduti al peccato.
Colui che condusse questo agnello al sacrificio, tuttavia, fu il Dio nell’uomo, il grande sommo sacerdote (Eb 8,1), che rivela ciò dicendo: Nessuno mi toglie la mia vita: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e ho il potere di riprenderla di nuovo (Gv 10,18).
(Origene, Commento al Vangelo di Giovanni  6, 264-265;268;270;273-275)

Questa vittima era il Cristo di Dio, che, come era stato profetizzato fin dai tempi antichi, sarebbe venuto dall’alto agli uomini e sarebbe stato immolato come agnello a vantaggio di tutto il genere umano. Perciò il profeta Isaia dice di lui: Fu condotto come pecora al macello e come agnello, muto difronte al tosatore (Is 53,7).
E aggiunge: Egli ha preso su di sé i nostri peccati e soffre per noi: e noi abbiamo considerato che fosse nella pena, nelle percosse e nell’umiliazione; ma egli è stato trafitto per i nostri peccati e schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per la nostra pace si è abbattuto su di lui: dalle sue lividure siamo stati sanati. Il Signore lo consegnò ai nostri peccati (Is 53, 4-6). Egli, infatti, non commise peccato e non fu trovato inganno sulla sua bocca (Is 53, 9). Parlando del Cristo, anche Geremia, un altro profeta ebreo, proclama cose simili a queste quando dice: Io come agnello innocente condotto al sacrificio ( Ger 11,19). Giovanni il Battista conferma queste predizioni in seguito alla manifestazione del nostro Salvatore. Infatti, dopo averlo visto, e dopo aver indicato ai presenti che quello era proprio colui al quale si riferivano le profezie, annunziò solennemente: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.
(Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica 1, 10, 15-17)

In luogo di Cristo l’ariete, in luogo di Cristo l’agnello, in luogo di Cristo il vitello, in luogo di Cristo il caprone, ma è sempre il Cristo. L’ariete, perché va avanti al gregge: esso fu trovato tra gli spini, quando al padre Abramo fu ordinato, sì, di risparmiare il figlio, ma di non andarsene senza aver offerto un sacrificio. E Isacco era il Cristo, e l’ariete era il Cristo.
Isacco portava la legna per sé, Cristo, si era caricato il peso della propria croce.
In luogo di Isacco ci fu l’ariete; ma non fu Cristo in luogo di Cristo. Ma Cristo fu sia in Isacco che nell’ariete. L’ariete era impigliato con le corna tra gli spini; chiedi un po’ ai Giudei con che cosa abbiano coronato il Signore. Cristo è l’agnello: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.
(S.Agostino, Discorsi 19, 3)

Il passo dell’Esodo ebraico è stato letto e le parole del mistero sono state spiegate, come la pecora viene sacrificata e come il popolo viene salvato, e come il Faraone viene sferzato a causa del mistero.
Ebbene, comprendete ora, carissimi, come nuovo e antico, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale è il mistero della Pasqua. (…) Corruttibile la pecora, ma incorruttibile il Signore, non spezzato come agnello, risorto come Dio. Se infatti fu condotto al macello come pecora, tuttavia non era una pecora; se era agnello senza voce, tuttavia non era un agnello: egli venne come figura e la verità si manifestò.
Al posto dell’agnello ci fu infatti il Figlio e al posto della pecora l’uomo, e nell’uomo Cristo che abbraccia tutte le cose. (…) Generato come Figlio, condotto al sacrificio come agnello, immolato come pecora, sepolto come uomo, risorse dai morti come Dio, essendo per natura e uomo e Dio. Egli è tutte le cose (…), è Figlio in quanto generato, pecora in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in quanto risorge. Costui è Gesù, il Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
(Melitone di Sardi, Sulla Pasqua 1-2, 4-5, 8-10)

Anche Abele seppe .dividere: egli che offrì il sacrificio con i primi nati del gregge, per insegnare che Dio non avrebbe gradito i doni della terra, che era degenerata nel peccatore, ma quelli in cui risplendesse la grazia del divino mistero.
Pertanto profetò che noi dovevamo essere redenti dalla colpa mediante la passione del Signore, di cui sta scritto: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo. Offrì prendendo le vittime dai primi nati per indicare il primogenito.
Mostrò dunque che il vero sacrificio saremmo stati noi, di cui il profeta dice: Portate in dono al Signore i figli degli arieti (Sal 29,1). E giustamente viene approvato dal giudizio di Dio.
(Ambrogio, Il mistero dell’incarnazione del Signore 1, 4)

La veste di lutto è strappata: abbiamo indossato la veste bianca che per noi ha tessuto lo Spirito col vello purissimo dell’Agnello e Dio nostro. Il peccato è stato cancellato, ci è stata donata incorruttibilità, è manifesto il ritorno della grazia; e ce l’ha indicato con chiarezza il Precursore (…) O messaggio del Battezzatore o mistero in esso nascosto: infatti dice agnello il pastore e non soltanto agnello, ma che cancella le colpe: ha mostrato che è inutile il capro che essi mandavano nel deserto (cf. Lv 16,8). «Ecco- dice- l’agnello ora non c’è più bisogno del capro: ponete su di Lui le vostre mani, tutti quanti, confessando le vostre colpe, perché è venuto a prender su di sé, con le colpe del suo popolo, anche quelle del mondo intero». Dal cielo il Padre ha mandato a tutti il dono. Colui che è apparso illuminando ogni cosa.
(Romano il Melode, Kontakia – Epifania II: Adamo e il Battista 12-13)

Giovanni Battista pronunciava le parole dette, stante la narrazione dell’evangelista, come se il Signore fosse già venuto e camminasse tra le folle, senza che tuttavia lo conoscessero. Ora, invece, dal momento che si avvicina per essere battezzato, è indicato con le parole: Ecco l’agnello di Dio. Consideriamo in qual modo la Scrittura sia solita adeguare in maniera appropriata ai fatti le parole. Infatti, dicendo nel nostro caso: Questi è colui che toglie il peccato del mondo, non ha detto né Figlio di Dio né “chi è nel seno del Padre”, come risulta aver detto precedentemente. Nondimeno la grandezza della natura di costui sembrerebbe essere ora ben espressa, a conferma della promessa di quanto avrebbe dato. Ma non ha detto nulla di ciò, bensì ha chiamato “agnello”, nome con cui indica la sua passione. Infatti è chiamato “agnello” e “pecora” a motivo della sua morte, perché ha dissolto il peccato con la passione. Regnando infatti nella nostra condizione mortale il peccato e, viceversa – a causa del peccato – avendo potestà in noi la morte, venne il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, rimettendoci tutto questo; distrutta la morte con la sua morte, distrusse anche il peccato radicato nella nostra natura a causa della condizione mortale. Secondo la promessa ci ha resi già immortali, ma in seguito darà compimento alla realtà stessa, quando il dono dell’immortalità annullerà il peccato (…) Ha indicato anche per qual motivo abbia vissuto nel deserto (Il Battista). Questo in realtà è avvenuto per speciale disposizione di Dio, che – cioè- non avesse affatto alcun dialogo col Messia, cosa che necessariamente sarebbe accaduta tra loro che erano coetanei, a causa della parentela, qualora il Battista avesse vissuto in luogo abitato.
Ma per questo motivo facilmente sarebbe sorto il sospetto che faceva quelle attestazioni in ragione del precedente rapporto, a motivo dell’amicizia e della parentela. E dunque, per rimuovere tale sospetto, fin dall’adolescenza Giovanni è stato isolato e cresceva nel deserto. Onde giustamente ha detto: Io non lo conoscevo. «Non ho avuto con lui alcuna familiarità né amicizia; ma sono stato inviato a battezzare con acqua a causa sua, affinché, cioè, renda manifesto lui che, tuttavia non conoscevo». Mostra chiaramente che anche per questo battezzava, perché fosse fornita a tutti i Giudei, che accorrevano per il battesimo, l’occasione di udire il suo insegnamento e di vedere colui del quale rendeva testimonianza (…) Adesso è rivelato che lo Spirito che discendeva con l’aspetto di colomba sul Signore battezzato non fu visto da tutti gli astanti, ma dal solo Giovanni in una specie di visione spirituale, così come i profeti – in mezzo alla folla – erano soliti vedere quelle cose che erano a tutti invisibili.
In caso contrario sarebbe stato inutile dire che Giovanni aveva testimoniato e detto: Ho contemplato lo Spirito, se tutti gli astanti fossero stati partecipi di questa visione (…) Dice: «Non lo conoscevo; ma chi mi ha mandato ad annunciare innanzi a tutti che lui è venuto e per questo mi ha conferito anche la potestà di battezzare in acqua, mi ha predetto questo, che cioè sarebbe disceso su di lui lo Spirito». Questa parola, dunque, gli fu rivolta nel deserto e subito venne e si pose a fare queste cose. Quando, allora, venne da lui il Signore, immediatamente ebbe modo di riconoscerlo in visione e parlò, con pubblica testimonianza, della sua grandezza. Quando nel battezzare vide in visione spirituale discendere lo Spirito come gli era stato predetto, allora fu liberato da ogni dubbio perché vide che l’esito era conforme alla profezia.
(Teodoro di Mopsuestia, Commento al Vangelo di Giovanni I, 1, 29-33)

Perciò giustamente è scritto nel Vangelo: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza. Lo Spirito scende in tutti i fedeli, ma è soltanto nel Mediatore che a titolo singolare rimane, perché non ha mai abbandonato l’umanità del Redentore, dalla cui divinità procede (…) Ma la bocca della verità, parlando di questo medesimo Spirito, dice ai discepoli: Egli rimane presso di voi e sarà in voi (Gv 14,17). Come mai allora la voce divina dichiara che l’inabitazione dello Spirito è il segno caratteristico del Mediatore? (…) Si può facilmente comprendere distinguendo i doni del medesimo Spirito. Ci sono alcuni doni senza i quali non si può raggiungere la vita, altri che manifestano la santità della vita a utilità altrui. La dolcezza, l’umiltà, la pazienza, la fede, la speranza, la carità sono doni dello Spirito senza i quali non si può in alcun modo raggiungere la vita. (…) Con i doni senza i quali non si può pervenire alla vita, lo Spirito Santo rimane (…) Ma con quei doni che, manifestandolo, non assicurano la nostra salvezza, ma procurano quella degli altri, non rimane sempre (…) Qualche volta si sottrae ad essi (…), affinché usufruiscano della sua virtù tanto più umilmente in quanto essi sono incapaci di conservarli in modo permanente. Ma il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù, possiede sempre, continuamente e in tutto, la presenza dello Spirito Santo.
(S.Gregorio Magno, Commento a Giobbe 2, 90-92)

È un testimone molto serio colui il quale riferisce ciò che veramente ha visto. Infatti non ignora, forse, ciò che è scritto: Ciò che i tuoi occhi hanno visto quello riferisci (Pr 25 , 8). Egli, dunque, dice: «Ho visto il segno e ho riconosciuto colui che veniva significato per mezzo di quello.
Io testimonio che egli è il Figlio di Dio, il quale fu predicato da Mosè per mezzo della Legge e della voce dei santi profeti.
Inoltre, poi, mi sembra che il beato evangelista dica molto opportunamente: Costui è il figlio di Dio, cioè egli solo per natura, egli erede della proprietà paterna, al quale anche noi, come figli adottivi, ci conformiamo, e per mezzo del quale siamo stati chiamati alla dignità dell’adozione mediante la grazia».
(S.Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni 2, 1)

A Dio onnipotente, che creò dal nulla la creatura universale, non era difficile formare un vero corpo di colomba senza l’aiuto di altri colombi, come a lui non fu difficile formare un vero corpo, senza concorso umano, nel grembo di Maria.

(S.Agostino, Il combattimento cristiano 22, 24)

Noi vi amiamo in Cristo; ed è in Cristo che voi, a vostra volta, dovete amarci.
E il nostro amore vicendevole gema verso Dio: è, questo, il gemito della colomba.
Se dunque gemere è proprio della colomba, come tutti sappiamo, e se la colomba geme per amore, ascoltate allora ciò che dice l’Apostolo, e non vi meraviglierete se lo Spirito Santo s’è voluto manifestare sotto forma di colomba: Poiché non sappiamo cosa chiedere nella preghiera né come bisogna chiederlo lo stesso Spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili (cf.Rm 8, 26). Che diremo dunque, o fratelli miei? Che lo Spirito geme, mentre egli gode piena ed eterna beatitudine insieme al Padre e al Figlio? Lo Spirito Santo è Dio, come è Dio il Figlio, come è Dio il Padre. […] Non geme quindi lo Spirito Santo in sé e presso di sé, in quella Trinità, in quella beatitudine, in quell’eterna essenza; ma è in noi che geme, perché ci fa gemere. […] Chi, invece, sente I’ oppressione di questa vita mortale, e sa di essere esule dal Signore […] geme, […] il suo gemito è buono: è lo Spirito che gli ha insegnato a gemere, è dalla colomba che ha imparato a gemere.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 6, 1-2)

Giovanni dice: Sono io che devo esser battezzato da te (Mt 3, 16), come se già conoscesse Cristo. Ché se non avesse già conosciuto colui dal quale voleva esser battezzato, non avrebbe avuto senso la sua frase […] Dunque, conosceva il Signore.
Ma se lo conosceva, perché dice: Non lo ·conoscevo: ma chi m, inviò a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere come colomba e fermarsi lo Spirito, è lui quello che battezza nello Spirito Santo. Che cosa diremo? Che non sappiamo quando distese la colomba? Per non rimanere nell’incertezza, ricorriamo agli altri evangelisti, il cui racconto è più esplicito, e molto chiaramente vedremo che la colomba discese allorché il Signore uscì dall’acqua. Il cielo si aprì sul Cristo battezzato e Giovanni vide lo Spirito discendere (cf. Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3, 21-22). Ma se lo conobbe allora, dopo averlo battezzato, come mai gli dice, mentre si avvicinava per ricevere il battesimo: Sono io che devo essere battezzato da te? […] Giovanni, quando vide il Signore che si avvicinava al fiume, lo conosceva, ma appare chiaro che in un certo senso lo conosceva, e in un certo altro senso non lo conosceva ancora. Senza questa spiegazione Giovanni risulterebbe menzognero.
[…] Dunque, per mezzo della colomba il Signore si manifestò a Giovanni, non come a colui che non lo conosceva affatto, ma come a colui che del Signore conosceva solo qualche cosa e qualche cosa non conosceva. Sta a noi cercare di sapere che cosa Giovanni non conosceva ancora del Signore, e che apprese per mezzo della colomba […] Questo vide Giovanni in lui, e conobbe ciò che ancora non sapeva. Sapeva che Gesù era il Figlio di Dio; sapeva che egli era il Signore e il Cristo; sapeva anche che egli era colui che doveva battezzare in acqua e Spirito Santo; tutto questo lo sapeva; ma ciò che non sapeva, e che apprese per mezzo della colomba, è che il Cristo avrebbe riservato a sé la potestà di battezzare e non l’avrebbe trasmessa a nessun ministro. È su questa potestà, che il Cristo riservò a sé e non trasferì in nessun ministro, sebbene si sia degnato servirsi di loro per battezzare, è su questa potestà che si fonda l’unità della Chiesa, che è simboleggiata nella colomba della quale è stato detto: Unica è la mia colomba, unica è per sua madre (Ct 6, 8). Da chi fu mandato, allora, Giovanni? Se rispondiamo: dal Padre, diciamo la verità; e la verità diciamo, rispondendo: dal Figlio. Più chiaro, però, se diciamo: dal Padre e dal Figlio […] Come poteva dunque Giovanni non conoscere colui che lo aveva mandato? […] se fu il Figlio, insieme al Padre, che ti mandò, come potevi non conoscere colui che ti aveva mandato? Colui che tu avevi visto nella verità, è quello che t’inviò affinché fosse riconosciuto nella carne, e disse: Colui sul quale vedrai lo Spirito discendere come una colomba e posarsi su di lui, è lui quello che battezza nello Spirito Santo.
A Giovanni furono rivolte queste parole perché egli potesse conoscere colui che prima non aveva conosciuto, oppure per poter conoscere meglio colui che già conosceva? […] Giovanni rese testimonianza, perché vide. Quale testimonianza rese? Che lui è il Figlio di Dio. Era necessario che a battezzare fosse colui che è il Figlio di Dio unico, non adottivo. I figli adottivi sono i ministri del Figlio unico; l’Unico ha la potestà, gli adottivi il ministero.
(S.Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni 4,16; 5,1-2; 6,6; 7,4)

Lo Spirito Santo discese mentre il Signore veniva battezzato, perché non passasse inosservata la dignità di colui che stava ricevendo il battesimo […] Per la dignità di colui che era disceso nell’ acqua, dice il Vangelo, si aprirono i cieli: Ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui (Mt 3, 16).
Fu lui, lo Spirito Santo, a prendere autonomamente la decisione di discendere, perché doveva – spiegano alcuni – dare così inizio e potenza all’evento della grazia battesimale, di cui è autore il Salvatore fonte della medesima grazia per l’umanità.
Secondo alcuni, discese in forma di colomba, figura della purezza, innocenza, semplicità e tenerezza che egli ha per i figli, che genera e ai quali viene in aiuto quasi con gemiti di preghiera per farli rialzare dopo le loro cadute. La Cantica però riferisce allo Sposo l’immagine, facendogli rivolgere le parole: I suoi occhi sono come colombe su ruscelli d’acqua ( Ct 5, 12). Secondo alcuni, ne fu tipo in qualche modo, e in qualche misura anche la colomba di Noè: come infatti ai tempi di Noè la colomba fu figura della salvezza che ebbero mediante il legno sulle acque gli uomini che diedero inizio a una nuova generazione, e come la colomba tornò da Noè sul far della sera con un ramoscello d’olivo in bocca, così pure dicono – lo Spirito Santo discese sul vero Noè autore della seconda generazione e riunì insieme attorno a lui genti di diverse etnie per costruire una nuova arca, antitipo della prima dove si salvarono tutte le specie viventi.
Dal momento in cui egli scese, i lupi e gli agnelli in senso mistico pascolano insieme; la Chiesa accoglie il vitello e il toro che pascolano insieme al leone, sicché oggi vediamo i principi secolari seguire come discepoli gli uomini di Chiesa. Secondo alcuni esegeti, la mistica colomba discese al momento del battesimo per additarci chi salvò i credenti col legno della croce e con la sua morte verso sera procurò il bene della salvezza.
(S.Cirillo di Gerusalemme, Le catechesi 17, 9-10)

Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

(Eb 10,5-6; 10)

Eleazaro aveva dato in sposa Rebecca presso il pozzo delle acque (cf. Gen 24, 1-67), lo stesso fece Giacobbe con Rachele (cf. Gen 29, 1-21) e Mosè con Zippora (cf. Es 2, 16-21). Tutte furono figura del nostro Signore, che conduce in sposa la sua chiesa attraverso il battesimo di Giovanni.
Nello stesso modo in cui Eleazaro presentò Rebecca a Isacco, suo signore, mentre questi si faceva avanti attraverso i campi, così Giovanni ha introdotto il nostro Redentore mentre esce dal Giordano: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.


(S.Efrem il Siro, Commento al Diatessaron 3, 17)

 

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