NT/ Gennaio 3, 2023/ Raccolte, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri

Particolarmente ricca di contenuti cristologici ed ecclesiologici, la festa odierna ci richiama alla nuova Gerusalemme,<!-more->cioè alla Chiesa di Cristo che irraggia sul mondo intero, con mirabile capacità di accoglimento dei valori peculiari di tutti i popoli, fondata com’è sulla volontà di Dio di estendere l’adozione filiale a tutti gli uomini senza eccezioni o preferenze particolaristiche. La tematica dell’universalità della Chiesa mentre stimola all’oblazione di se-stessi come ostia e dono a Dio graditi, ci ricorda l’impegno della vigorosa testimonianza apostolica, quale risposta personale alle molteplici manifestazioni dell’amore e della potenza salvifica di Dio.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (Is 60,1-6)

La verità risplende e illumina coloro che la possiedono. Israele se n’era fatto un monopolio e si credeva il popolo prediletto perché possedeva, egli solo, la verità, mentre gli altri popoli rimanevano nelle tenebre. Ma Isaia gli rivela la sua missione. Israele deve rivelare l’unico Dio a tutte le genti che accorreranno alla sua luce per esserne illuminati. Israele è la Chiesa che accoglie tutti e, alla fine dei tempi, aiuterà i figli dell’antico Israele a ritornare a Dio. Per questo la gloria del Signore brilla sopra di te.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 60,1-6)

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

Salmo Responsoriale Dal Sal 71 (72)

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. R.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. R.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti. R.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. R.

Seconda Lettura (Ef 3,2-3a.5-6)

Dio vuole fare di tutte le nazioni un unico popolo, senza distinzioni di etnia. Si formerà così l’unità del Corpo mistico di Cristo, Capo e Re universale e la Chiesa, nuova Gerusalemme sarà madre universale di tutti i credenti. Tutti quelli che sono alla ricerca della verità, camminano verso di lei. Ogni scienza, ogni arte, ogni pensiero tende a raggiungerla. E la Chiesa, con Gesù, apre le braccia, il cuore per accogliere l’onda continua di questo fiume di anime, ora che è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni (Ef 3,2-3a.5-6)

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

VANGELO

Gentile da Fabriano Adorazione dei Magi

Lo studio degli astri e l’apparizione di una nuova stella misteriosa avevano annunziato ai Magi la nascita di un re dei giudei che doveva essere il Salvatore dell’umanità. Giunti a Gerusalemme, essi confrontano, senza orgoglio il frutto dei loro studi con quello dei saggi d’Israele. Conoscono così la vera essenza di questo re che è Dio e vanno ad adorarlo, offrendogli i simbolici doni che lo riconoscono come Dio e uomo. Quella stella che sembrava così in alto, brilla ora sulla povertà di un umile bimbo. Ma essi hanno fede e conquistano la verità. Attenti ai segni, disponibili alle avventure della fede, accettiamo anche noi, con umiltà, di essere indirizzati alla povertà del Bimbo di Betlemme che livella tutti, i ricchi e i poveri, ma rende tutti sapienti della sapienza di Dio.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.

(1Cor 12,13)

Alza la testa, Gerusalemme. Guarda la folla immensa di quelli che costruiscono e di quelli che cercano. Nei laboratori, negli studi, nei deserti, nelle officine nell’enorme crogiolo sociale, li vedi tutti questi uomini che faticano? Ebbene tutto ciò che per mezzo loro fermenta di arte, di scienza, di pensiero, tutto è per te. Orsù, apri le tue braccia, il tuo cuore, e accogli, come il tuo Signore Gesù, il flusso, l’ondata della linfa umana. Accoglila questa linfa poiché, senza il suo battesimo tu languirai senza desiderio, come fiore senz’acqua; e salvala, poiché, senza il tuo sole, essa si disperderà follemente in steli infecondi.

(P.Teilhard de Chardin, L’ambiente)

Il patriarca Giacobbe caratterizza esattamente questo tempo. Infatti dice: Non verrà meno il capo da Giuda né il condottiero da coloro che sono della sua stirpe, finché giunga (Gn 49, 10) colui per il quale questo è riservato. Produsse queste testimonianze per dimostrare anche in base a queste che tutto era accaduto secondo le profezie. Infatti il profeta aveva predetto che sarebbe nato a Betlemme (Mic 5, 2), e la predizione di Giacobbe indica che sarebbe nato nei giorni di Erode. Per prima cosa regnarono su costoro quelli che erano discendenti di Davide della tribù di Giuda, fratello di Levi, fino ai fatti di Babilonia. Dopo, i sommi sacerdoti ebbero anche il comando del popolo. Questi erano della tribù di Levi ma discendevano anche da Giuda, perché la tribù di Levi e soprattutto i sommi sacerdoti erano mescolati con la tribù regale, ossia quella di Giuda. Dopo questi fatti essendo venuti a lite i fratelli Aristobulo e Ircano e avendo combattuto accanitamente per il potere, alla fine il regno venne in potere di Erode che non era di stirpe giudaica. Era infatti figlio dell’idumeo Antipatro. Durante il suo regno comparve Cristo signore, quando avevano avuto fine i re e i capi di stirpe giudaica.

 (Teodoro di Mopsuestia, Frammento 6)

Essendo Gesù nato a Betlemme di Giudea. Betlemme, fratelli, in ebraico significa «casa». Con questa parola dunque, a buon diritto, viene designata la casa e chiamata la stirpe, perché si adempia l’impegno della promessa e la verità della profezia, come dice Giacobbe: Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli, la tua mano sarà sul dorso dei tuoi nemici, davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre (Gn 49,8). E dopo: Non mancherà un principe a Giuda, né un condottiero dalla sua discendenza, finché verrà Colui per il quale ciò è stato riservato, ed egli sarà l’attesa delle genti (Gn 49, 10). Perciò anche Davide dice: Giuda è mio re (Sal 60, 9).  Che significa il fatto che Dio discende sulla terra al tempo di un re nefando, la divinità si unisce alla carne, avviene uno scambio celeste con un corpo terreno? Che significa? E quando non viene un vero re per cacciare il tiranno, liberare la patria, rinnovare il mondo, restituire la libertà? Erode, fuggitivo dal popolo giudaico, occupò il regno, tolse la libertà, profanò il santuario, sconvolse I’ ordine, abolì ogni disciplina, ogni culto. Giustamente, dunque, perché erano venuti meno gli aiuti umani, soccorrono il popolo santo gli aiuti divini, e Dio stesso assiste il popolo cui non c’era uomo che portasse soccorso. Così Cristo verrà nuovamente per scalzare l’Anticristo, liberare la terra, restituire la patria del paradiso, perpetuare la libertà del mondo, togliere ogni servitù del secolo.

(Pietro Crisologo, Sermoni 156, 4-5)

Andate, interrogate, e quando lo avrete trovato, fatemelo sapere. Opportunamente disse fatemelo sapere, perché rinuncia sempre al diavolo chi ha fretta di raggiungere Cristo. Il futuro cristiano, quando ode dal vescovo: Rinunci al diavolo, risponde: Rinuncio. Propriamente, dunque, Erode dice che ai Magi che doveva essergli riferito, perché sapeva di stare al posto del diavolo, sapeva di fare la parte ,di Satana. Perché venga ad adorarlo. Vuole mentire, ma non può. Verrà, ma per curvarsi sotto i tormenti, per giacere sotto i supplizi, per essere prostrato sotto la pena colui che aveva finto di adorare, per infierire. Ma i Magi, quando ebbero superate le nubi della incredulità giudaica e rivedono nel sereno della fede cristiana la stella che avevano veduto, preceduti da essa, sotto la sua guida giunsero al luogo santissimo della nascita del Signore.

(Pietro Crisologo, Sermoni 158, 8-9)

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Come i Magi rappresentano la fede futura. Volgiamo ancora lo sguardo a ciò che ci può essere utile e al tempo a cui allude l’evangelista riferendosi alla nascita di Cristo cioè: Al tempo del re Erode, per provare il compimento della profezia di Daniele secondo cui Cristo sarebbe nato dopo 70 settimane di anni (cf. Dn 9, 24). Infatti dal tempo di Daniele al regno di Erode trascorsero proprio 70 settimane di anni. Essendo a conoscenza della perfidia dei giudei, cioè che, dopo avere crocifisso il vero Cristo, avrebbero atteso un altro Cristo, l’Anticristo, per eliminare il pretesto della loro incredulità, Dio mostra loro il tempo in cui sarebbe nato Cristo, affinché crediamo in quel Cristo che è nato 70 settimane di anni dall’epoca di Daniele. Al tempo del re Erode. Fino a quando il popolo dei giudei era governato da sovrani giudei, seppur peccatori, per sanare questa situazione erano inviati i profeti. Alla necessità corrispondeva adeguato soccorso. Ora, invece, al tempo in cui la legge di Dio si trovava sottoposta al potere di un re malvagio, cioè la giustizia divina era oppressa dalla dominazione romana, nasce Cristo, poiché una malattia grande e disperata richiedeva un medico dotato di maggiore abilità. Ecco i magi’ giunsero da Oriente a Gerusalemme dicendo: Dov’è il re dei giudei che è nato? Ecco, cioè subito appena nacque, essi mostrarono sia con parole che con atti e con i doni stessi che un grande Dio si celava in un fanciullo. Con parole dicendo: Dov’è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella in Oriente e siamo venuti· per adorarlo: con gli atti poiché appena lo videro lo adorarono. In loro si trovò una fede più profonda dell’aspetto esteriore dal momento che alla vista di cose umili ne compresero il significato più elevato. Con i doni infine, poiché gli offrirono oro, incenso e mirra come mostreremo in seguito. Vennero al giudizio dei popoli e al pregiudizio dei giudei, per profetizzare la fede futura dei primi e condannare la presente incredulità degli altri. O beati magi, che hanno meritato di divenire i primi fedeli tra tutte le genti! Quei magi stavano a rappresentare la Chiesa futura. Come essi, solo col credere, cercavano un re che non avevano mai visto e confidavano in lui, così noi che siamo delle genti pagane, credendo in Dio che non abbiamo mai visto, ogni giorno lo cerchiamo e confidiamo nella sua potenza (…) Gli elementi cosmici offrono il loro tributo a Cristo. Ed ecco la stella che avevano visto in Oriente, li precedeva, affinché, tenendo conto dell’ossequio della stella, comprendessero la dignità del re e dicessero a sé: «Come può essere una creatura terrena questo re che è servito dalla stella?». Che cosa c’era di straordinario se la stella divina serviva il sole di giustizia che stava per nascere? Li precedeva per mostrare che tutti gli elementi del creato sono al servizio degli uomini in cerca di Dio: se tu reputi di grande importanza che la stella rendesse ossequio a Cristo, considera come soro di certo maggiori quegli elementi che sono al servizio di te che sei uomo. Ecco infatti che il sole corre per te e la luna non smette di risplendere. Se gli elementi del creato sono al servizio di te uomo, che cosa c’è cli strano se la stella porgeva ossequio a Cristo? Se tali elementi sono al servizio cli te che sei incline a peccare, che cosa c’è di strano se la stella correva davanti a quelli che erano in cerca cli Cristo? E se gli angeli creati da Dio per servire lui e non gli uomini sono al servizio degli uomini, che cosa c’è di straordinario se quegli elementi che sono stati creati per gli uomini servono gli uomini? Ascoltando ciò, bisogna che allo stesso tempo proviamo gioia e timore, perché quanto più grandi sono i benefici destinati agli uomini, tanto più dure sono le condanne stabilite per chi pecca. E la stella si fermò sul capo del bambino, come se dicesse: «È questo», per mostrarlo col solo fatto di stargli posta sopra poiché non poteva mostrarlo a parole. Al vedere la stella essi provarono una grandissima gioia: perché la loro speranza non era stata delusa ma ancor più ampiamente confermata, dato che avevano intrapreso un viaggio tanto faticoso non senza motivo: tramite l’indicazione della stella, che si faceva loro incontro a tempo debito, comprendevano che in modo divino era loro mostrata la nascita del re. E tramite il mistero della stella capivano che la dignità del re allora nato superava la misura di tutti i sovrani della terra: era necessario dunque che ritenessero più glorioso della stella quel re al quale la stella rendeva ossequio in maniera così devota: e come non avrebbero creduto che gli uomini dovessero essere sudditi di colui al quale anche gli ornamenti del cielo erano sottomessi? Come poteva la terra ribellarsi a colui al quale anche il cielo prestava servizio? (…) Essi provarono una grandissima gioia I Magi, con la loro adorazione, sono un segno reale della divinità del bambino. Entrati nella casa videro il bambino e sua madre. Consideriamo quale straordinaria gloria abbiano visto quei Magi che affrontarono un tale viaggio faticoso alla ricerca del re, nel bambino, e ne abbiano gioito. Forse videro un palazzo splendido di marmi? O sua madre cinta di un diadema distesa su un letto d’oro? O il bambino avvolto in oro e porpora? O una corte regale che risuona delle voci di popoli diversi? Che cosa? Trovarono un albergo buio e sporco, più adatto ad animali che a uomini: nessuno era contento di recarvisi se non costretto dalle necessità del viaggio: sua madre a stento aveva una sola tunica non per ornamento del corpo ma solo utile a coprire le sue nudità, tunica che poteva possedere la moglie di un carpentiere e per giunta in viaggio; il bambino era avvolto in stracci di pessima qualità ed era adagiato in una ancora più ignobile mangiatoia, perché quel posto era talmente stretto che non si trovava neanche uno spazio dove collocare il neonato. Se dunque, nella loro ricerca di un re terreno si fossero imbattuti in tale situazione, certo i magi avrebbero dovuto provare turbamento piuttosto che gioia, dal momento che si erano sottoposti alla fatica di un tale viaggio senza motivo; ora, invece, dato che cercavano il re dei cieli, pur non notando nulla di regale in lui, tuttavia provavano gioia soddisfatti della testimonianza della sola stella. I loro occhi non potevano considerare degno di disprezzo il bambino poiché lo spirito nel loro cuore glielo mostrava degno di timore. Inoltre, se avessero cercato un re terreno, trovatolo sarebbero rimasti presso di lui, come suole accadere nel mondo, cosicché, abbandonato il loro sovrano, si sarebbero volti a un altro. Ora, invece, i magi adorarono questo re ma ritornarono al proprio perché consideravano questo il re celeste delle loro anime, quello il sovrano terreno dei loro corpi mortali. E lo adorarono. Pensi forse che avrebbero adorato un bambino che non capiva l’onore dell’adorazione se non avessero creduto che in lui c’era qualcosa di divino? Perciò non offrirono il loro onore a un bambino che non comprendeva nulla ma alla divinità che era in lui e che tutto conosceva. E la qualità stessa dei doni offerti testimoniava che essi avevano una qualche consapevolezza della divinità racchiusa nel bambino (…) Doni offerti a tutte le nazioni. Aperti i loro scrigni, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra, adempiendo la professione di fede dei popoli in Cristo e manifestando il compimento della profezia espressa per bocca di Isaia: Tutti verranno da Saba portando oro e pietre preziose per proclamare la salvezza, dono del Signore; tutte le greggi di Kedar si raduneranno da te, i montoni dei Nabatei giungeranno e saliranno come offerta gradita sopra il tuo altare (Is 60, 6-7). Comprendendo subito e aprendo i loro tesori, tramite i doni, fecero un’offerta adeguata alle genti che credono in Cristo. Riconoscendolo re, primizia pura e preziosa dei santi, offrirono l’oro che avevano tenuto in serbo per lui; comprendendo la sua origine divina e celeste, gli offrirono il profumo dell’incenso, simbolo della pura preghiera offerta al dolce profumo dello Spirito Santo. Comprendendo la sua sepoltura di uomo che vive nel tempo, gli offrirono la mirra.

(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 2)

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I re Magi offrono al Re: oro, incenso e mirra.

La fede dei Magi. Ma forse qualcuno si meraviglierà e si domanderà come possano i Magi aver riconosciuto la nascita del Salvatore solo per il segno di una stella. In primo luogo va detto che è stato un dono della divina condiscendenza. In secondo luogo si legge nei libri di Mosè che, in qualche modo, Balaam fu quasi un profeta dei pagani; egli per parte sua per quanto ne fosse capace profetizzò la venuta di Cristo e l’incarnazione ad opera di una vergine. Profetizzò difatti (lo abbiamo ricordato poco sopra) nelle formule della sua profezia, tra le altre espressioni, anche in questi termini: Sorgerà una stella da Giacobbe e da Israele si alzerà un uomo. È per questo che sembra che i Magi, di cui si parla, traggano la loro discendenza dal profeta Balaam; essi che videro la nuova stella in Oriente; ed è per la stessa ragione che aggiungono: Sorgerà una stella da Giacobbe e da Israele si alzerà un uomo. Visto il segno della nuova stella, essi credettero subito, perché avevano compreso che erano stati chiamati a dar compimento alla profezia del loro antenato, dimostrando in pratica non solo di essere discendenti di Balaam, ma pure eredi della sua fede. Il profeta Balaam vide in spirito quella stella che costoro poterono scorgere con gli occhi, e così pervennero alla fede. Colui profetizzò che Cristo sarebbe venuto; costoro, già venuto, lo scorsero con gli occhi della fede. Appena vista la stella, dice l’evangelista, essi andarono da Erode chiedendo: «Dov’è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Essi cercarono il re dei giudei, il nato Cristo Signore, presso coloro dai quali sarebbe nato, come essi avevano sentito dal loro profeta Balaam. Ma proprio qui sta la condanna dei giudei: sta nella fede dei magi. Costoro prestarono fede all’unico profeta che ebbero; i giudei non credettero nemmeno a un grandissimo numero di profeti. I magi intuirono che con la venuta di Cristo sarebbero finiti i compiti delle arti magiche; i giudei non vollero capire i divini misteri della Legge. I magi confessano un uomo che non conoscono; i giudei nemmeno riconoscono chi loro appartiene strettamente. Leggiamo difatti che egli è venuto nella sua proprietà, ma i suoi non l’hanno accolto. È vero, sì, che la stella era scorta da tutti; ma non tutti ne compresero il senso. Allo stesso modo il Signore e Salvatore nostro è nato per tutti, uno solo è nato per tutti, ma non tutti lo hanno accolto, non tutti lo hanno capito. Fu capito dai gentili, non lo fu dai giudei. Venne riconosciuto dalla Chiesa, non venne riconosciuto dalla sinagoga (…)

La profezia sulla nascita di Gesù a Betlemme

Quando dunque i Magi, dopo una lunga ma gloriosa traversata, giunsero a Gerusalemme, alla ricerca del re dei giudei, subito – come ha detto l’evangelista – il re Erode e tutta Gerusalemme, sconvolti dalla loro fede, si riuniscono con i principi dei sacerdoti e gli scribi del popolo; viene loro richiesto dove doveva nascere il Cristo. Fu loro risposto: In Betlemme di Giudea: corrispondeva proprio all’annuncio profetico. Difatti era scritto: E tu, Betlemme di Giudea, non sei davvero il più piccolo capoluogo tra i principi di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo d’Israele (Mt 2, 6). Non fu certo per ignoranza se Erode e Gerusalemme disprezzarono il Signore nostro, Cristo; poiché lo disprezzarono con scienza certa. Difatti indagano con l’ausilio delle profezie, e vengono a sapere che il Cristo sarebbe nato in Betlemme. Il nome stesso, del resto, di Betlemme, luogo dove è nato il Signore, aveva in sé una significazione profetica molto antica. La traduzione di Betlemme vuol dire «casa del pane», poiché proprio lì bisognava che nascesse il Figlio di Dio, lui che è il pane di vita, secondo l’attestazione diretta dell’Evangelo, dove il Signore di sé dice: Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6, 35). Testo che trova un parallelo nel profeta che afferma: Dio scenderà dal Libano e quel santo da un monte tutto avvolto nella nube (Ab 3, 3). Con tali parole intende designare l’amenità del luogo e il suo posto. Ciò che dice qui il profeta concorda alla perfezione con la definizione precedente, là dove sostiene che il Signore sarebbe nato a Betlemme. Qui asserisce: Dio scenderà dal Libano, mentre là, dopo aver affermato: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo d’Israele, aggiunge: Le sue origini dall’inizio dei giorni (Mic 5, 2).

(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 4, 1-2; 3)

Betlemme: casa del pane.

 In una culla Colui che il mondo intero non può contenere Ma osserviamo a questo punto, dopo aver fatto attenzione al servizio che la stellà aveva reso, terminato il viaggio dei Magi, osserviamo quale straordinaria gloria e quale dignità consegua il nato re. Subito infatti i Magi si buttano in ginocchio per adorare il nato Signore, e, mentre egli è ancora nella cuna, offerti i loro doni, venerano il neonato che vagisce. Perché una è la realtà che essi scorgono con gli occhi naturali, altra è quella che essi comprendono alla luce della fede. È visibile un umile corpicciolo che il Verbo ha assunto; ma non è loro nascosta la gloria della divinità. Si vede un bimbo infante; ma essi adorano Dio. E quanto grande è il mistero della condiscendenza divina! L’eccelsa ed eterna natura divina non disdegna di prendere sopra di sé, per noi, le fragilità della nostra carne mortale! il Figlio di Dio, che è il Dio di tutto, nasce uomo in corpo caduco. Accetta di venir posto in una mangiatoia colui che racchiude dentro di sé i cieli! È dentro una culla colui che il mondo intero non può contenere! Si percepisce la voce di un infante che sa solo gemere, ed è quello al cui grido, nel tempo della passione, il mondo intero è stato scosso. I magi dunque vedono questo innocente, e lo riconoscono: è il Dio della gloria e il Signore della maestà. Anche Isaia l’aveva vaticinato e come bimbo, e come Dio, e come re eterno, quando scrive: Perché un bambino è nato per voi vi è stato dato un figlio; sulle sue spalle è il segno della sovranità (Is 9, 6).

(Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 5, 1)

Non la parola dei Magi agitò Erode ma la divulgazione di questa da parte di tutti i conoscitori della Legge che portavano fede alle parole dei profeti. I Magi difatti cercavano il re, mentre i giudei predicevano che sarebbe nato Cristo. Perciò Erode, avendo lasciato andare i magi e avendo richiamato i giudei, chiese dove sarebbe nato Cristo, quello che ora voi profetizzate, avendo ascoltato i Magi. I nemici della verità persino senza volerlo dicono la verità e interpretano a caso tutta la profezia. Infatti non presentarono il resto. Chiama ambasciatori i magi perché, appena giunsero dal re di Israele per compiere una missione e perché ci fosse la pace tra loro e gli israeliti, si facesse dei pagani e dei giudei un solo gregge e un solo pastore. Giacobbe fu chiamato per la prima volta Israele (Gn 32, 12) quando vide la scala e gli angeli che salivano e scendevano su di lui, e quando lottò con colui che gli era apparso e si sentì dire da quello: Il tuo nome non è più Giacobbe ma Israele. Con questo nome fu chiamato tutto il popolo dei giudei, in quanto nome eccezionale, divino e tale da distinguere i giudei dagli altri popoli. Il significato di Israele è «colui che vede Dio». Perciò anche la Chiesa dei popoli pagani è stata chiamata Israele non secondo la carne ma secondo la grazia divina.

(Cirillo di Alessandria, Frammento 10;11)

La stella guidò i Magi verso Gesù

Una casa normale, una stella non comune. Ed ecco la stella che avevano vista in Oriente andar loro innanzi. La stella si era nascosta affinché essi, privati della sua guida, fossero costretti a chiedere informazioni ai giudei e in tal modo fossero indotti ad annunziare a tutti l’eccezionale fatto che era accaduto. Ma non appena ebbero interrogato i giudei ed ebbero ottenuto le informazioni che cercavano, la stella subito riapparve. Ammirate, vi prego, l’ordine perfetto di tutte le circostanze. Non appena la stella cessa di guidarli, essi vengono ricevuti dai giudei e dal loro re, e da loro apprendono le profezie che parlavano del bambino. Quando hanno ascoltato le profezie, l’angelo continua ad informarli e li rende edotti cli tutto; nel frattempo la stella riappare e li conduce da Gerusalemme a Betlemme. Essa indica loro di nuovo la strada, per farci ancora una volta comprendere che non è una stella comune. Nessun’altra stella, infatti, ha una simile natura. Essa non si muoveva soltanto, ma andava innanzi ai Magi, guidandoli e quasi traendoli per mano anche in pieno giorno.

Ma quale necessità – voi mi chiederete – essi avevano della guida di questa stella, dato che ormai conoscevano il luogo della nascita cli Gesù Cristo? Ma non si trattava soltanto cli sapere il nome della città, era necessario conoscere anche il bambino. Difatti non c’era niente che potesse indicarlo. La casa ove era nato non era affatto appariscente e sua madre non era illustre, né aveva qualche particolare distinzione. Era perciò necessario che la stella si arrestasse e li facesse fermare proprio nel luogo esatto. Perciò essi tornano a vederla uscendo da Gerusalemme; perciò essa non si arresta più finché non è giunta sulla stalla, fino a quando non ha aggiunto miracolo a miracolo: il miracolo dell’adorazione dei Magi al miracolo della stella che guida i Magi. Questo duplice prodigio avrebbe potuto, credo, attrarre a Gesù Cristo anche le anime cli pietra. Se i Magi avessero detto che avevano appreso la nascita del Messia dai profeti, oppure che un angelo l’aveva annunziata loro privatamente, non sarebbero stati creduti; ma l’apparizione cli una stella del cielo è un prodigio capace di chiudere la bocca agli uomini più impudenti.

Quando la stella giunse sopra il bambino, si fermò: e ciò poteva farlo soltanto una potenza che gli astri non hanno: prima, cioè, nascondersi e appare di nuovo e infine arrestarsi. A questa vista è certo che i Magi sentirono crescere la loro fede. Essi si rallegrarono cli avere finalmente trovato colui che avevano tanto cercato, cli essere stati, cioè, messaggeri di verità e cli non aver intrapreso inutilmente un così lungo viaggio. Questa gioia nasceva dall’amore per Gesù Cristo, di cui ardevano. La stella si arrestò sulla testa del bambino, per fare intendere che egli era il Figlio di Dio. E, fermandosi, essa condusse ad adorarlo non dei semplici stranieri, ma quelli che erano i più sapienti tra loro. Vedete, quindi, per quali giusti motivi la stella è loro apparsa di nuovo. Essi ne avevano ancora bisogno, anche dopo la testimonianza dei profeti e l’interpretazione dei gran sacerdoti e degli scribi.

(Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 7, 3)

Distinguere un segno silenzioso da una profezia pronunciata. Dobbiamo però chiederci perché, alla nascita del Redentore, un angelo apparve ai pastori in Giudea, mentre una stella, e non un angelo, guidò dall’Oriente i Magi ad adorarlo. Questo avvenne perché ai giudei, la cui mente era già in contatto con la Verità rivelata, un essere razionale, come l’angelo, doveva recare l’annuncio, mentre i pagani – non ancora, con la loro mente, in quella condizione – sono guidati alla conoscenza di Dio non dalla parola ma dai segni. Anche I’ apostolo Paolo infatti scrive: Le profezie sono state date ai fedeli non a quanti non credono, mentre i segni sono rivolti a chi non ha fede, non ai fedeli (1 Cor 14, 22): ai giudei, già nella fede e non quindi infedeli, sono rivolte le profezie; mentre ai pagani sono rivolti i segni, essendo essi infedeli rispetto almeno alla fede cristiana. Si deve anche notare che gli apostoli annunciano ai pagani il nostro Redentore quando è in età adulta, mentre è la stella che lo annuncia alle genti quando è un bimbo e non ancora in grado di esprimersi con una propria umana parola, perché una razionale disposizione dei fatti esigeva che i predicatori ci presentassero, con la loro voce, il Signore ormai giunto all’età della parola, mentre i muti elementi dovevano condurre a lui, quando era ancora un bimbo senza l’uso della parola.

(Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 10, 1)

Venuto a conoscenza della natura del nostro Re, Erode fa ricorso agli strumenti dell’astuzia, per non essere privato del suo regno terreno. Chiede di essere informato sul luogo dove si poteva trovare il bambino, finge di volerlo adorare, meditando però di ucciderlo (come se gli fosse concesso di poterlo trovare). Ma che può la malvagità umana contro il disegno di Dio? Sta infatti scritto: Non c’è sapienza, né prudenza né consiglio contro il Signore (Prv 21, 30). Infatti la stella che era apparsa riprende a guidare i Magi, che trovano il nato Re, offrono i doni e sono avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, che non riesce, così, a trovare Gesù, che cercava. Da questo personaggio, chi sono designati se non gli ipocriti, che, fingendo di essere alla ricerca del Signore, non meritano mai di incontrarlo?

(Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 10, 3)

Oro, incenso e mirra.

Offrire la saggezza, la parola e la volontà.

È tuttavia possibile vedere nell’oro, nell’incenso e nella mirra altri richiami simbolici. L’oro designa infatti la sapienza, come attesta Salomone: Un tesoro prezioso sta sulla bocca del sapiente (Prv 21, 20). Con l’incenso, che viene bruciato in onore di Dio, si esprime la virtù dell’orazione, come attesta il salmista: La mia preghiera si diriga, come incenso, al tuo cospetto (Sai 141, 2). Con la mirra è simboleggiata la mortificazione della nostra carne, e per questo la santa Chiesa dice dei suoi fedeli che lottano sino alla morte: Le mie mani stillarono mirra (Ct 5, 5). Noi, dunque, offriamo oro al Re che è nato se brilliamo al suo cospetto per lo splendore della soprannaturale sapienza. Offriamo incenso se bruciamo sull’altare del cuore i pensieri terreni attraverso il santo anelito della preghiera, così da poter effondere al cospetto di Dio come un profumo soave in forza del desiderio delle cose celesti. Offriamo la mirra se reprimiamo i vizi della carne in forza dell’astinenza. Attraverso la mirra, come si disse, si ottiene che la carne morta non vada soggetta a putrefazione. Il corrompersi della carne, nella morte, rappresenta la schiavitù del nostro corpo mortale di fronte agli assalti della lussuria, come dice, di alcuni, il profeta: I giumenti imputridirono nel loro letame (Gl 1, 17). Questo corrompersi dei giumenti nel loro sterco simboleggia gli uomini carnali che distruggono la loro vita nel fetore della turpitudine. Offriamo dunque la mirra a Dio, quando preserviamo il nostro corpo mortale dal marcire nella lussuria, rendendolo olezzante con la continenza.

(Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 10, 6)

Benedetto XVI, messa della notte (2010).

 

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