NT/ Novembre 5, 2022/ Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Raccolte, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri, Domenica

Per lungo tempo il corpo è stato considerato come la prigione dell’anima. Forma invece con l’anima un’unità che dà origine alla persona umana. La sua funzione è specifica così come la sua dignità. Va rispettato in vita ed in morte: alla fine del mondo risorgerà e si unirà all’anima in eterno.

Prima Lettura (2 Mac 7,1-2.9-14)

Durante la persecuzione i fratelli maccabei e la loro madre affrontarono il martirio con coraggio, pur di non trasgredire le “patrie leggi”. Da questi martiri dell’A.T è affermato il principio della resurrezione corporea. Il loro martirio diventa così la più alta affermazione della vita. È certezza di fede: «Dio ci risusciterà a vita nuova ed eterna»; «È bello morire a causa degli uomini per attendere da Dio l’adempimento delle speranze».

 

Per lungo tempo il corpo è stato considerato come la prigione dell’anima. Forma invece con l’anima un’unità che dà origine alla persona umana. La sua funzione è specifica così come la sua dignità. Va rispettato in vita ed in morte: alla fine del mondo risorgerà e si unirà all’anima in eterno.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura (2 Mac 7,1-2.9-14)

Durante la persecuzione i fratelli maccabei e la loro madre affrontarono il martirio con coraggio, pur di non trasgredire le “patrie leggi”. Da questi martiri dell’A.T è affermato il principio della resurrezione corporea. Il loro martirio diventa così la più alta affermazione della vita. È certezza di fede: «Dio ci risusciterà a vita nuova ed eterna»; «È bello morire a causa degli uomini per attendere da Dio l’adempimento delle speranze».

Martirio dei sette fratelli Maccabei
(dipinto 1861 di F.Balbi ; chiesa S.Bartolomeo, Roma)

Dal secondo libro dei Maccabèi
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Salmo Responsoriale
Dal Sal 16 (17)

R. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno. R.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole, R.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. R.

Seconda Lettura (2 Ts 2,16-3,5)

Paolo, nel continuare la trattazione sui segni della Parusia, mette in chiaro la morte e resurrezione di Gesù alla luce dell’amore divino che offre ai cristiani “consolazione e speranza”. La «consolazione divina» va oltre il tempo e lo spazio; «la speranza» è certezza che si fonde con e sulle divine promesse. Paolo insiste sulla fedeltà dell’amore di Dio, a cui deve corrispondere la fedeltà dei tessalonicési, con la «perseverante carità» nell’attesa del Cristo-Signore.

Dalla seconda lettera di S.Paolo apostolo ai tessalonicési
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

VANGELO

Secondo la legge mosaica, seguita dai sadducei, il fratello di un uomo, morto senza figli, doveva sposare la vedova per assicurare la discendenza al defunto. «Il primogenito che essa metterà al mondo andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questo non si estingua in Israele (Dt 25,6). Da qui la questione proposta a Gesù. La risposta conferma la realtà della risurrezione dei morti. Gli uomini risorti sono «come angeli» e «sono figli di Dio».

Dal Vangelo secondo Luca( 20,27-38)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

paradiso-canto-31-gustave-dorè la contemplazione del paradiso Dante e Beatrice

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

Greci e samaritani ci fanno tante obiezioni.
L’uomo una volta morto è finito, il suo cadavere marcisce diventando un ammasso di vermi che a loro volta muoiono: come potrebbe risorgere un corpo in preda a tale putrefazione e dissoluzione?
Quanti muoiono annegati vengono divorati dai pesci che a loro volta saranno mangiati da altri. Quelli che combattendo con le fiere vengono maciullati da orsi
o leoni, e se ne sperdono persino le ossa. I cadaveri lasciati per terra, di cui fanno preda avvoltoi e corvi che divoratene la carne se ne volano per ogni parte del mondo, da quale parte verranno a ricomporsi nel corpo di prima se di questi uccelli voraci uno è andato a morire in India, un altro in Persia e un altro in Gallia?
Altri che morti vengono cremati, dei quali persino le ceneri sono disperse dal vento e dalla pioggia, da dove potranno tornare a ricomporre il loro corpo? Non misurare con la tua pochezza l’onnipotenza di Dio.
Per te, uomo così piccolo e debole, la distanza dalla Gotia all’India, dalla Spagna alla Persia, è grande, ma per Dio che tiene in mano tutto il mondo ogni terra è vicina.
Non misurare Dio con la tua pochezza. Non accusarlo di insufficienza, rifletti piuttosto sulla sua potenza. Se il sole, di piccole dimensioni rispetto all’universo che Dio ha creato, soltanto emettendo dei raggi riesce a riscaldare il mondo intero, e se l’uomo, creatura di Dio, è capace di raggiungere e abbracciare
qualsiasi parte dell’universo, si negherà a Dio, creatore del sole e degli uomini, di superare le distanze del mondo?
Supponi d’aver messo nel palmo di una sola tua mano dei semi diversi mescolati insieme -alla tua debole fede propongo un debole argomento, ma si tratta d’un paragone-; ti sarà facile o difficile, o uomo, separare i semi che tieni in mano l’uno dall’altro e raccoglierli distinguendo quelli d’una specie da quelli
dell’altra? Ma se è possibile a te distinguere quello che tieni in una sola mano, non sarà possibile a Dio distinguere e rimettere a suo posto quello che egli
sostiene nella sua? (…) L’albero tagliato ripullula e rifiorisce, e la vita recisa dell’uomo non potrà tornare a rifiorire? I chicchi di grano, prima sparsi per la semina e poi spighe mietute permangono sulle aie, e l’uomo falciato da questa vita non potrà attendere sotterra per diventare il frumento che andrà a finire sull’aia? I pampini della vite e certi rami degli alberi, tagliati e piantati, vivono e portano frutto, e l’uomo per cui queste creature sono state fatte non risorgerà dalla terra dov’è caduto?
Paragoniamo Dio a un artefice. Per questi sarà più difficile costruire una statua di sana pianta e quasi dal nulla o restituire al materiale precedente la stessa forma della statua abbattuta? Dio che ci ha creati dal nulla non potrà risuscitare dando vita a quelli che l’avevano e l’hanno perduta?
Tu non credi alla risurrezione perché non credi alla Scrittura e sei pagano. Esamina almeno la natura, ragiona a partire dai fenomeni naturali che vediamo
svolgersi fino ad oggi nello stesso modo.  Il chicco di frumento o se vuoi di altro cereale, quando è seminato e va a finire nel terreno, muore e marcisce, né è più buono per essere mangiato; eppure questo stesso chicco marcito si risveglia mutato in erba, caduto come umile seme risorge come spiga superba Ora, se muore e risuscita il grano, creatura fatta non per il suo ma per il nostro utile, come frumento da macinare o come grano da seminare, non risorgeremo da morte noi per cui muoiono e rivivono questi esseri creati?

(S.Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 18, 2-3;6)

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Il principio dell’esistenza corporale dell’uomo è il Cristo. La risurrezione non è una fase ulteriore dello svolgimento della vita come se, dopo la morte, una delle possibilità interne di questa vita, prendesse consistenza, ma essa è la risposta a un appello che viene dalla sovranità di Dio. Egli ha voluto l’uomo in qualità di uomo. Ora lo spirito è uomo per quanto si esprime e e opera in un corpo di uomo. L’organismo corporale è uomo in quanto si mantiene nella sfera di operazione dello spirito personale e non riceve da lui una struttura e un’efficacia, che non avrebbe mai potuto conquistare da se stesso; in quanto è il luogo stesso dello spirito, è posto nella storia, nella sua dignità e responsabilità. Risuscitare significa quindi che l’anima spirituale diventa ciò che la sua essenza vuole che sia, cioè l’anima di un corpo (…) Risuscitare significa, inoltre, che questa materia priva di anima ridiventa il corpo di una persona vivente e plasmata dallo spirito; in breve, un corpo umano, corpo di carne che non è più sottomesso, è vero, alle condizioni di spazio e di tempo, ma che secondo Paolo, riveste un’altra condizione, corpo spirituale, pneumatico. Come poi sarà conformato, non lo sappiamo; ma se teniamo conto delle diverse dichiarazioni delle lettere paoline come dell’Apocalisse, questo caso congiuntamente alla rappresentazione di “cieli nuovi” e di “terra nuova”, sembra essere esattamente il compimento dell’universo riscattato.

(R.Guardini, I Novissimi)

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I sadducei costituivano una setta dei Giudei che non credeva nella risurrezione, e i Giudei di fronte al problema che essi ponevano loro, non sapevano rispondere, restando nell’incertezza perché credevano che carne e sangue potessero ereditare il regno, passando dalla corruttibilità all’incorruttibilità. Venne colui che è la Verità e gli fu posta quella domanda dagli stessi sadducei con l’intenzione di trarlo in inganno, mentre erano loro in inganno.
Il Signore che sapeva bene che cosa dire e voleva portarci a conoscere quello che ignoravamo, risponde con l’autorità della sua maestà, dicendo quello che dobbiamo credere. L’Apostolo da parte sua l’ha esposto come gli è stato concesso.
Noi a nostra volta cerchiamo di capire per quanto possiamo.
(Agostino, Discorsi 362, 15, 18)

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Il Salvatore ha dimostrato la grande ignoranza dei sadducei anche con la testimonianza del loro capo Mosè, che era chiaramente a conoscenza della risurrezione dei morti. Egli ci ha mostrato Dio che diceva nel roveto: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe (Es 3, 6). Di chi è Dio se essi, in accordo con l’argomentazione dei sadducei, hanno smesso di vivere? È il Dio dei viventi. Essi certamente risorgeranno quando la sua misericordiosa destra prenderà loro e tutti coloro che sono lì sulla terra. ·
Che ci siano persone che non credono che questo accadrà è forse conforme all’ignoranza dei sadducei, ma è del tutto inappropriato per coloro che amano Cristo.
Noi crediamo in colui che dice: Io sono la “risurrezione e la vita ( Gv 11, 25).
Egli farà risorgere all’improvviso i morti, in un batter d’occhio, e all’ultimo squillo di tromba. Essa risuonerà, i morti risorgeranno in Cristo incorruttibili, e noi subiremo un cambiamento (cf. 1 Cor 15, 52). Cristo, il nostro comune Salvatore, ci porterà all’incorruttibilità, alla gloria e ad una vita incorruttibile.


(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 136)

 

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Le parole dei profeti sono applicabili a coloro che peccano senza rendersi
conto del loro peccato. Un peccatore che abbia ricevuto il battesimo, sebbene possa morire nella propria anima perché non si rende conto del suo peccato, è ancora vivo per Dio in forza della grazia del battesimo che possiede. Questo concorda con le parole: Dio è il Dio non dei morti ma dei viventi perché essi vivono tutti in lui.
(Filosseno di Mabbug, L’inabitazione dello Spirito Santo 1)

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«Tutto il mondo diventerà la bellezza di Cristo».

( Dostoevskij, L’idiota)

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La Benedictus Deus afferma la visione beatifica delle anime come un visione intuitiva. Di per sé si tratta di una forma di conoscenza sconosciuta all’uomo nel tempo, visto che l’uomo conosce con la ragione e non con l’intuizione, dunque conosce attraverso la mediazione del concetto, non immediatamente. La visione beatifica, in qualche modo è la partecipazione al modo di conoscenza proprio di Dio. Nel tempo infatti l’uomo non vede mai l’essenza divina se non attraverso le creature, attraverso la realtà creata. Nella visione beatifica non v’è alcuna mediazione. Cosa può dunque aggiungere ancora la riunificazione con il corpo? Si tratta dell’interrogativo più radicale: come possa il finito salvarsi, non essere assorbito nell’Infinito. E se questa domanda è drammatica quando il finito in questione sono io, è percepita in modo ancora più drammatico quando il finito in questione è la persona amata, infatti “la libertà dell’uomo si verifica molto di più nell’esperienza dei rapporti con ciò che gli appartiene, che neanche direttamente con se stesso. Un uomo accetterebbe più volentieri di perdere se stesso piuttosto che di perdere la persona amata”46. È la domanda che secondo Romano Guardini ha ispirato il genio di Dante a scrivere la Divina Commedia: “Come può Dio essere tutto in tutto, e Beatrice rimanere se stessa? Che cosa è un essere umano di fronte a Dio, fosse anche il più nobile, il più bello, il più caro? Non impallidirà, non diventerà inessenziale, quando irradierà la gloria di Dio? Ma che cosa accadrebbe se l’essere umano venisse in tal modo svalorizzato? E svalorizzato davanti al cuore stesso di chi ama: perché il suo stesso cuore sarebbe costretto a denunciarlo per tale, se l’infinito valore di Dio lo inondasse! Non è questa l’angoscia più profonda dell’amore: la possibilità di ammettere, anzi la necessità di giudicare che la persona amata, secondo la norma suprema, non è degna del più grande amore? E ancora: come può Dante trovare Dio e conservare Beatrice?”47. Non ho mai trovato espresso in modo così acuto il problema: ovvero come possa essere salvato il finito dentro l’Infinito, la distinzione dentro l’unità più profonda. Mi spiego con un paragone. È incantevole la luna, ma in cosa consiste l’incanto della luna? Nel suo splendore.
Ma il suo splendore non è che il riflesso del sole. Se uno andasse sulla luna non troverebbe che terra. Ora, lo splendore della luna svanisce col sorgere del giorno. Eppure “perché Dio aveva fatto tutto ciò? Se la notte è destinata al sonno, all’incoscienza, e al riposo, all’oblio di tutto, perché farla più bella del giorno, più dolce dell’alba e della sera; e perché quell’astro lento e incantevole, più poetico del sole… perché rendeva le tenebre così trasparenti? …A chi era destinato un così sublime spettacolo, una simile abbondanza di poesia gettata dal cielo sulla terra?”48. Perché lo splendore della finitezza illuminata dall’Infinito se fosse destinata al nulla? Io non voglio il sole solamente, io voglio anche la luna illuminata, ovvero, io voglio il sole attraverso la luna. Né la luna senza il sole, né il sole senza la luna. La luna è Beatrice. Dove consiste la bellezza della donna che ami se non nel fatto d’essere segno dell’Infinito? Dunque col sorgere dell’Infinito nel giorno senza fine dell’eternità, non sbiadirà la bellezza di Beatrice?
La risposta può venire soltanto dall’Incarnazione: “È la domanda circa il senso del finito (…)
La risposta può soltanto venire…, appunto, da dove? Non semplicemente da Dio – il semplice rapporto diretto con Dio non è cristiano – ma dalla scaturigine della realtà cristiano-storica stessa, dall’Incarnazione”49.
Solo perché Dio si è fatto uomo, l’uomo ha assunto un valore infinito, così che in Dio non si perde la sua identità, ma al contrario essa viene esaltata. Nel compimento infatti non solo godremo Dio, ma anche “Dio tutto in tutto” (1Cor 15,28), ovvero la pienezza dello splendore della luna.
Si potrebbe dire che l’anima separata coincide con la visione del sole direttamente. Il corpo di per sé non è capace di vedere Dio direttamente, essendo Dio puro spirito, ma vedrà in pienezza secondo la sua capacità, ovvero vedrà la pienezza dello splendore della luna, ovvero Dio tutto in tutto. È ciò che afferma anche san Tommaso quando spiega che i beati non vedranno Dio dopo la resurrezione con gli occhi corporali, perché questi percepiscono soltanto colori e dimensioni, che in Dio non ci sono; degli occhi corporali i beati potranno servirsi per vedere le bellezze del mondo redento e l’umanità di Cristo50. Potremmo dire con Dostoevskij: “Tutto il mondo diventerà la bellezza di Cristo”.

(A. Pizetti, Escatologia di fase unica)*
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44 GIOVANNI PAOLO II, L’Assunzione di Maria, verità di fede, udienza del mercoledì 2/7/1998, citata in: J. L.
BASTERO DE ELEIZALDE, op. cit., 202-203.
45 DS 1000-1002.
46 GIUSSANI L., All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, 79.
47 GUARDINI ROMANO, Paesaggio dell’eternità, in: “Dante”, Morcelliana, Brescia 1999, 133-373, 202.

48 MAUPASSANT G. D., Chiaro di luna, in: “ Tutte le novelle”, vol 1, Mondadori, Milano 19994, 665-670, 669.
49 GUARDINI ROMANO, Paesaggio dell’eternità, Morcelliana, Brescia 19994, 203.
50 Cfr. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, sup., q.92, a.2.

*Studio di Angelo Pinzetti documento completo Link:

https://drive.google.com/file/d/1yN9gu3l8Rdu3d7OZumDYiK5wXIgGe4wb/view?usp=sharing

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