NT/ Ottobre 31, 2022/ Raccolte, Vangelo, Padri Chiesa, Commenti Bibbia, Meditazioni, Riflessioni, Sacra Scrittura, Padri

 FESTA DI OGNISSANTI – TUTTI I SANTI

Quella di oggi è una festa di fede, di speranza di carità: celebriamo la nostra chiamata alla santità. La presente vita, di battaglia e di sofferenza (cfr. Gb 7,1), un giorno avrà termine anche per noi e finalmente raccolti da tutti gli orizzonti raggiungeremo l’immensa moltitudine di questi nostri fratelli che ci precedettero.  Essi vengono oggi a svegliarci dalla nostra abitudine accomodante per richiamarci a vivere la stupenda realtà del nostro morire-risorgere nella luce di Cristo, mediante un impegno serio nei doveri del nostro stato, fino a che la notte di questo mondo s’illuminerà dello splendore eterno (cfr. Sal 138,12) e con loro eleveremo il canto di vittoria a Cristo, re glorioso trionfante immortale.

LITURGIA DELLA PAROLA

PRIMA LETTURA (Ap 7,2-4.9-14)

Nella storia della salvezza due regni si affrontano: quello di Dio e quello di satana. L’apocalisse ci descrive questo combattimento con immagini drammatiche. E infatti la vita presente è un vero grande dramma. Quale protagonista di esso, l’uomo è chiamato a dare prova della sua appartenenza totale al Regno di Dio attraverso le prove e le varie sofferenze che delineano il cammino della sua vita, consolandosi al pensiero che se su questa terra «semina nelle lacrime» lassù «mieterà con giubilo» (cf. Sal 125,5) i frutti della vita. È quanto appunto ci dicono i Santi con il loro esempio e il pensarli è già avere “una parte di noi stessi nella terra dei viventi”.

 Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

 Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Il Signore gli disse: “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono” (cf. Ez 9,2-6).

SALMO RESPONSORIALE

Dal Sal 23 (24)

   R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:

il mondo, con i suoi abitanti.

È lui che l’ha fondato sui mari

e sui fiumi l’ha stabilito. R.

Chi potrà salire il monte del Signore?

Chi potrà stare nel suo luogo santo?

Chi ha mani innocenti e cuore puro,

chi non si rivolge agli idoli. R.

Egli otterrà benedizione dal Signore,

giustizia da Dio sua salvezza.

Ecco la generazione che lo cerca,

che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.

  SECONDA LETTURA (1Gv 3,1-3)

Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2,9).

Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2,9).

La nostra fedeltà cristiana si fonda sulla figliolanza divina; sulla certezza cioè di essere stati generati da Dio ad una “nuova nascita” mediante il Battesimo. Vita divina che si manifesta in noi quando, attraverso la necessaria purificazione, vedremo Dio come Egli È. «Sta infatti scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2,9). Ed è quanto vediamo realizzato nei Santi. Quindi perché il nostro culto sia “valido” «bisogna imitare la condotta di quelli che onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati e implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l’elogio» (Dal Discorso di San Bernardo sui Santi).

Dalla prima lettera di San Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.  Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

 

 VANGELO

 Dio che sul monte Sinai ha dato la legge a Mosè ora in Cristo Gesù la porta a compimento e allo stesso tempo a superamento promulgando la “legge” dell’amore capovolgimento del mondo. Il regno dei cieli è per i poveri, gli umili, gli afflitti, tutti quelli che con la loro giustizia non sopprimono i comandamenti che sono per sempre, sempre validi, eterni come Colui che li ha dati e nell’osservarli si realizza, si attua la vita, ma ora in Cristo-Gesù quest’ultimi sono, pur rimanendo nella continuità (unità AT- NT), “non sono infatti venuto per abolire ma per portare a compimento” (compimento che è pienezza che esce da se stessa, che va oltre e la supera, che è novità pur nella continuità, che è capovolgimento rovesciamento del mondo e della sua logica se così si può dire per far spazio sempre più ed in misura crescente alla logica di Dio che è senza misura nell’ amore Lui che misura tutte le cose), oltrepassati sospinti dalla brama di regnare con Cristo. Se adesso nel tempo attendiamo ad un servizio che è una copia e un’ombra delle realtà celesti, tenendo fisso lo sguardo al Modello che si è mostrato sul monte (cfr. Ebr 8,5) nell’eternità entreremo totalmente nella vita di Dio. E’ questa l’idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell’eternità.

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Dal Vangelo secondo Matteo (5,1-12).

1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

ORIENTAMENTI PER LA PREGHIERA

La festa di Tutti i Santi: Loro che hanno fatto proprie, vivendole, realizzandole e attuandole nelle loro Vite: le Parole delle Beatitudini.

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Oggi la Chiesa riunisce in una stessa festa tutti i suoi figli giunti al Regno, assolutamente tutti. Non vuole tralasciarne nemmeno uno. I santi proclamati ufficialmente tali hanno già le loro feste durante l’anno. Allora questa è per tutti gli altri.

1) I santi anonimi, avvolti dal manto del silenzio. Quelli di cui non conosceremo mai il nome sulla terra. Quelli che, nascosti agli occhi degli uomini, costituiscono ancora il segreto del Padre.

2) I santi delle nostre famiglie. Non c’è nessuno tra di noi che non abbia dei santi nella sua genealogia. Che lo sappia o no. Io festeggio oggi tutti i miei antenati, o i più vicini: questi nonni o genitori, fratelli o sorelle che mi hanno preceduto nel Regno. Non sono il figlio delle loro lacrime, della loro preghiera, del loro amore? La grazia che ricevo oggi, non è forse in risposta all’amore di una donna sconosciuta, che recita il suo rosario la sera di un lungo giorno di lavoro nei campi? Anche questa è la comunione dei Santi. Sarò degno dei santi della mia famiglia?

3) I santi non dichiaratamente cristiani, semplicemente perché non hanno mai avuto l’occasione di incontrare Gesù, ma che non sono meno salvati da lui. I santi dei popoli pagani (la Bibbia ce ne dà qualche esempio), perché tutti i popoli hanno i loro santi. Quelli che hanno vissuto effettivamente le beatitudini, senza saperne la fonte. Che hanno vissuto il Vangelo, senza poter riconoscere il volto di Gesù nella sua Chiesa, sfigurato come era dalle infedeltà di troppi battezzati. Le frontiere della Chiesa non coincidono per forza con i muri delle nostre chiese. Alcuni araldi “fuori dalle mura” non hanno forse potuto vivere, paradossalmente, nel cuore della Chiesa? Lo sa Dio che vede nei cuori. “Nell’ineffabile presenza di Dio, molti che sembrerebbero fuori sono dentro, e molti che sembrerebbero dentro sono fuori” (Sant’Agostino, De Baptismo, 5, 27).

La festa dei miserabili di oggi: questa festa ce lo rivela: la santità non è sinonimo di perfezione morale. Si può essere naturalmente privilegiati dall’eredità, dalle origini, dall’ambiente familiare, dall’educazione, essere dotati di diverse qualità umane e di virtù naturali al punto di passare per santi, ed esserne ben lungi! Mentre esseri diseredati per natura, dalla psiche ferita e fragile, possono offrire allo Spirito Santo un terreno di prima qualità. Un alcolizzato che, per puro amore, si priva di un solo bicchiere, può fare un atto più eroico di un monaco che fa prodezze di ascetismo.

“Supponendo un’uguale fedeltà innata alla grazia, e dunque un’uguale santificazione nel mistero, vi sono due specie di santi: vi sono i santi dalla psiche disgraziata e difficile, la compagnia degli angosciati, degli aggressivi e dei carnali, tutti quelli che portano il peso di determinismi. Vi sono quelli che non affascineranno mai gli uccelli e non accarezzeranno mai il lupo di Gubbio; quelli che cadono, e cadono ancora; quelli che piangeranno fino alla fine, non perché avranno sbattuto la porta un po’ troppo forte, ma perché commettono ancora quella colpa. V’è l’immensa folla di quelli la cui santità non brillerà mai quaggiù nella loro vita psichica, e non si alzerà che l’ultimo giorno per risplendere infine in perpetuas aeternitates. Sono i santi senza nome, di fianco a loro, vi sono i santi dalla psiche felice, i santi casti, forti e dolci, i santi modello, canonizzati e canonizzabili; quelli il cui cuore liberato è grande come le sabbie sulle spiagge del mare, quelli la cui psiche canta già come un’arpa armoniosa la gloria di Dio; i santi ammirevoli che suscitano il rendimento di grazie, nei quali tocchiamo l’umanità trasformata dalla grazia. I santi riconosciuti, festeggiati, i grandi santi che lasciano la loro traccia splendente nella storia”

(Padre Beirnaert, “Etudes carmelitaines”, 1951).

Immensa speranza del nostro tempo! Tutti i Santi è la festa dei giovani d’oggi! Modello di perfezione o figlio del perdono? A nuovi bisogni, santi nuovi. Dio aggiorna il Vangelo: lo Spirito modella nuovi profili. Eccoci entrati nell’era della santità dei miserabili. Tempo della grande miseria, tempo della grande misericordia. Le grazie che sembravano riservate ai santi più grandi, eccole riservate ai più piccoli. Vedendo i giovani tanto perturbati, se non traumatizzati, si potrebbe credere: la stoffa umana è ormai a brandelli, non avremo più eroi. Non più eroi, ma molti santi. Forse non santi da offrire come esempio di “perfezione”, ma amici di Dio da ricevere come un segno di consolazione. Un santo sarà sempre meno un modello di perfezione, e sempre più un figlio del perdono. Santi che si esiterà forse a canonizzare, ma che Dio non per questo avrà santificato meno. Della razza del buon ladrone. La bellezza di un santo non è quella di un indossatore, ma quella di un volto ferito: la santità si misurerà dalla vulnerabilità. Poiché ecco che tutto è rovesciato. Più un uomo porta un handicap pesante, più questo stesso peso lo trascina nel fondo del cuore di Dio. E questo stesso peso è la sua gloria. Più un essere è ferito dalla vita, più è amato da Maria. Più è rifiutato dagli uomini, più è protetto da Dio. Tanto più ferito, tanto più amato. Anche se non lo sa, è così. Tristezza infinita se non lo sa. Felicità indicibile se lo sa. Chi dunque griderà questo messaggio di folle speranza nel deserto del nostro mondo, atrocemente sottoalimentato, privo del nutrimento più elementare, privo del latte materno? Avevo scritto: “Dio trasforma i difetti psicologici, le ferite affettive, in grazie di purificazione passive ed attive”. Aggiungo: Dio fa diventare delle fonti queste stesse ferite. Tante più ferite, tante più fonti. Fonti dello Spirito Santo per il nostro mondo. Fonti di guarigione per la nostra umanità malata. Sono i più malati tra i suoi figli che diverranno i medici dei popoli. Gli orfani del nostro mondo diverranno i rivelatori del Padre. I giovani sono i primi a contrarre le malattie del nostro fine secolo. Tutto il male che attraversa la nostra umanità li colpisce in pieno. Troppo fragili per sopportare il colpo, essi cadono e soccombono: “Noi abbiamo a che fare con giovani che hanno pagato in anticipo il prezzo dei colpi che non hanno meritato, hanno subito ogni sorta di traumi senza esserne responsabili”

(Card. Lustiger).

Vittime, sì, ma innocenti! Se solamente potessero sapere che qualcuno li ha preceduti in questo cammino di innocenza schernita. Qualcuno che dà un senso a questa gigantesca quantità di sofferenza, che al di fuori di lui non può che schiacciare. Ma anche di questo essi non dubitano. Noi non sappiamo, non osiamo dire, scusate (…) rivelare loro: “Voi siete gli agnelli che portate il peccato del mondo, ma per toglierlo. Voi siete innocenti del male, ma salvatori del mondo. Ad una condizione: semplicemente, accogliere questo nella vostra vita!”. Sì, coloro che il male metterà in croce saranno coloro che l’amore avrà segnato. La gioia di Dio: luce a fior di terra, giacimento fantastico, ancora così poco sfruttato! Le nostre città sono popolate da molti più santi che assassini. Ed anche gli assassini possono diventare santi, poiché il primo canonizzato – e da Dio stesso! – lo era senza dubbio: il bandito crocifisso di fianco alla luce. Scoprendovi il suo Re e il suo fratello. Mettiamoci dunque a risvegliare la santità. Presso chiunque: i bambini, i giovani, i poveri, tutti, tutti… Perché, alla fine, che cos’è la santità, se non la felicità? La semplice felicità di esistere! Come essere felici senza rispondere, corrispondere alle preferenze, al sogno di amore del Signore su di me? Come essere pienamente me stesso, senza coincidere con questo sguardo laser, che non cessa di posarsi su di me? Chi dunque è più felice di un santo? La piccola Chiara di Castelbajac osava gridare: “Amo talmente la vita! Vi rendete conto di quanto sono felice? Talmente felice che se morissi ora credo che andrei diritta in cielo… Sono in una beatitudine finora mai sperimentata! È incredibile che io sia così felice, a causa di tutto, e nonostante tutto. Imparo dall’esperienza che c’è sempre una felicità più profonda di quanto si creda”. Felicità contagiosa: “Ho voglia di rendere tutti felici: questa dev’essere la gioia dei figli di Dio”. E queste parole folgoranti scarabocchiate nella Terra Santa: “Credo di essere stata scelta da Dio per essere la più felice della mia generazione” (23 settembre 1974). Quattro mesi più tardi entrava per sempre nella gioia del Signore. Aveva ventidue anni. La Chiesa sceglie oggi come Vangelo l’inno alla gioia, composto, suonato, cantato su una collina di Galilea sulla riva del lago. Carta della santità, questo canto di otto strofe. Un solo ritornello: Beati! Beati! Beati! E chi canta? Colui che è la gioia stessa del Padre, la gioia dei poveri. Un autoritratto: egli vi ha disegnato il proprio volto. Chi dunque come lui è stato povero, ha pianto, è stato perseguitato? Ma anche: chi più di lui ha consolato, seminato la pace, guarito mille ferite? Otto strofe: i colori dell’arcobaleno in cui si riflette l’unica luce della gloria. Impossibile viverne una senza che tutte le altre seguano. A volte una più di un’altra, ma sempre tutte là, inscindibili. Altrettanti doni dello Spirito Santo. Tutto il cielo (il regno, le lacrime asciugate, il banchetto finale) è già qui, ma con tutto ciò che dobbiamo vivere sulla terra (la povertà, le lacrime, la persecuzione). Cielo e terra si intrecciano uno nell’altra. Un santo: colui il cui cuore si apre al cielo, diventa cielo, diventa regno: presso di lui abita il re. Inno che ha attraversato i continenti e le generazioni. Che ha affascinato i poveri e i piccoli di tutti i tempi. Che taglia in due la storia del mondo. Che rovescia tutti i valori umani. Formidabile rivoluzione copernicana, che non ha ancora finito di metterci sottosopra.

(D. Angel, Compostella, 1993: 1 novembre Solennità Tutti i Santi).

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L’inno alla città del Signore:

Gerusalemme nuova, immagine di pace,
costruita per sempre nell’amore del Padre.

Tu discendi dal cielo come vergine sposa,
per congiungerti a Cristo nelle nozze eterne.

Dentro le tue mura, risplendenti di luce,
si radunano in festa gli amici del Signore:

pietre vive e preziose, scolpite dallo Spirito con la croce e il martirio
per la città dei santi.

Sia onore al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo,
al Dio trino ed unico
nei secoli sia gloria. Amen.

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Qual è questa città? È la Chiesa dei santi riguardo alla quale dice il profeta: Di te si sono dette cose stupende, città di Dio (Sal 86, 3). I suoi cittadini sono tutti fedeli di cui l’Apostolo dice: Voi siete concittadini dei santi e familiari di Dio (Ef 2, 19). Questa città è collocata su un monte, che significa gli apostoli, i profeti e gli altri dottori confermati nella fede in Cristo.
Infatti il monte è Cristo di cui dice Daniele: Ed ecco una pietra si staccò non per mano di uomo, divenne una grande montagna che riempì tutta la terra (Dn 2, 34s.). Ora, con un altro paragone, vuole mostrare perché Cristo stesso renda manifesti i suoi santi e non lasci che rimangano nascosti. Ciò perché coloro che accendono una lucerna, non lo fanno per metterla sotto il moggio ma sopra il candelabro, affinché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Chi sono coloro che accendono la lucerna? Il Padre e il Figlio. Quale è quella lucerna? La parola di Dio di cui fu detto: lampada per i miei passi è la tua parola (Sal 118, 105). Affinché faccia luce, cioè si mostri e illumini quelli che sono nella casa della Chiesa o nella casa del mondo intero. Che cos’è il candelabro? La Chiesa che porta la parola di vita. Di conseguenza anche Paolo dice: Tra questi dovete splendere come astri nel mondo, tenendo ferma la parola di vita (Fii 2, 15-16). Perciò ogni uomo che fa parte della Chiesa, in possesso della parola di Dio, è definito candelabro. I moggi sono gli uomini del mondo, privi di Dio e di tutto ciò che è di Dio. Sono chiamati moggi poiché, come questi, sono vuoti sopra e pieni sotto; allo stesso modo tutti coloro che amano il mondo e la carne non possiedono né conoscono le verità spirituali e divine che a ragione sono definite superiori mentre sembrano avere in abbondanza e intendere bene i beni inferiori, cioè quelli legati al mondo e alla terra.
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 10)

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Mettete a confronto la vergogna terrena con la gloria celeste e riflettete se non sia di molto minor conto ciò che soffrite in terra rispetto alle aspettative celesti.
Ma tu potresti dire: Chi può, non dirò, gioire ma almeno sopportare con fermezza, se sarà stato calunniato falsamente? Chiunque non si compiace di una gloria effimera. Chi desidera ardentemente
le cose celesti non teme gli insulti sulla terra né bada a che cosa gli uomini dicano di lui ma al giudizio di Dio su di lui. Chi infatti si compiace della lode degli uomini, quanto si rallegra tanto si rattrista: prova rincrescimento per le offese degli uomini e si rattrista tanto quanto si rallegra. Chi invece non si gloria della lode degli uomini, non è umiliato dall’ offesa.
Dove cerca la gloria, là ognuno teme la vergogna. Chi cerca la gloria sulla terra, teme la vergogna sulla terra; chi invece non cerca la gloria se non presso Dio, quello non teme la vergogna, se non quella che viene da Dio. Se il soldato affronta il pericolo della guerra con la speranza del bottino che segue alla vittoria, quanto più non dovete temere gli insulti del mondo voi che siete in attesa del premio del regno dei cieli?
(Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 9)

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Quando Gesù dice che coloro che piangono saranno consolati, che i misericordiosi troveranno misericordia, che coloro che hanno il cuore puro vedranno Dio e che i pacifici saranno chiamati figli di Dio, è sempre il regno dei cieli che egli designa in tutte queste varie ricompense, poiché coloro che ne godranno conseguiranno senza alcun dubbio quel regno.
Non crediate, quindi, che il regno dei cieli sia solo il premio dei poveri di spirito: è il regno anche per coloro che hanno fame e sete di giustizia, per i mansueti e per tutti gli altri beati, senza alcuna eccezione.
Per questo Gesù, affinché nessuno si aspetti soltanto alcunché di sensibile e di terreno, promette appunto a tutti la beatitudine. Non potrebbe certo essere beato colui che ricevesse soltanto una ricompensa effimera, che finisce con questa vita e scompare più rapidamente dell’ ombra.


(Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo dì Matteo 15, 5)

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